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Autore: Ode To Joy    13/11/2017    0 recensioni
ABBANDONATA
[Lotor x Lance]
Post-S3
”I tuoi occhi sono blu…”
Lance avvertì una nota sorpresa nella sua voce. Sorrise.
“Adesso, però, devi dirmi di che colore sono i tuoi.”

Dopo una battaglia finita male, Lance si ritrova solo ed incapace di vedere a causa di un danno irreversibile subito agli occhi.
"Mi permetterai di vedere il tuo viso, prima che tutto questo finisca?"
Viene salvato e fatto prigioniero da un giovane generale Galra senza nome che ha tutte le intenzioni di sfruttare il Paladino a suo vantaggio.
"Hai già visto molto più di quello che avresti dovuto, Paladino Blu."
Ma ogni strategia ha i suoi punti deboli.
[Questa storia partecipa al contest “Humans +” a cura di Fanwriter.it!]
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, McClain Lance
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Interludio:
Stelle




“Allora ho urlato: se volevi baciarmi, dovevi farlo! Poi…”

“Non ho capito.”

Lance smise di parlare, le labbra dischiuse in una frase lasciata a metà. “Cosa?”

Keith non aveva emesso un suono nè si era mosso per tutto il tempo, ma ora lo fissava come se avesse parlato di colpo in una lingua sconosciuta. “Non ho capito,” ripeté confuso.

Lance aprì e chiuse la bocca un paio di volte. “Keith, mi stai guardando con la stessa espressione che avevi quella volta del io dico Vol….”
“Non ho mai capito nemmeno quella,” ammise Keith guardandolo come se l’idiota fosse lui.

Il Paladino Blu nascose il viso tra le mani e fece appello a tutta la sua pazienza. “Va bene,” disse prendendo un respiro profondo e puntando gli occhi blu in quelli viola di Keith. “Che cosa c’è che non ti torna?”

“Tutto!” Ammise il mezzo Galra irritato. “Mi stai prendendo in giro, Lance?”

Lance sgranò gli occhi. “Prego?”

“Ti ho chiesto se mi stai prendendo in giro!”

“Ho pianto per metà del tempo e pensi che ti stia prendendo in giro?”

Keith storse le labbra. A Lance aveva sempre ricordato un gatto con quell’espressione… Peccato non fosse altrettanto sveglio.

“Hai permesso a Lotor di pilotare Red!” Soffiò il micio.

Lance strinse le labbra ed annuì molto lentamente. “Complimenti, la tua reazione è in ritardo di almeno mezz’ora,” disse, “ma questo lo hai capito, vittoria!”

“Hai permesso a Lotor di pilotare Red!” Ripeté Keith come se l’altro non riuscisse a comprendere la gravità del gesto..

“E lei si è fatta pilotare da lui!” Ribatté Lance. “Ci hai pensato?”

Keith abbassò lo sguardo per un istante. Quando tornò a guardarlo, era risentito quanto prima. “Perchè hai fatto pilotare Red da Lotor?”

Lance alzò gli occhi al cielo. “Sei riuscito a registrare qualche altra informazione o ho parlato da solo per tutto il tempo?”

Keith emise un suono gutturale simile ad un ringhio. “Tutto questo deve essere uno scherzo,” sibilò. “Perchè se non lo è, Lance, allora mi stai confessando di aver passato informazioni che ci riguardano al nemico!”

Gli occhi di Lance si fecero grandi. “Sei impazzito?” Domandò. “Hai ascoltato una sola parola di quello che ti ho raccontato?”

“Ti ho ascoltato molto bene!” Urlò Keith. “Ti sei confidato con Lotor! Gli hai parlato di noi! Gli hai fatto pilotare Red!”

Lance artigliò le lenzuola del suo letto. “Pensi che vi abbia tradito?” Era arrabbiato. “Pensi che vi abbia venduto a Lotor?” Non lo era mai stato così tanto in tutta la sua vita.

Keith lo guardava con disprezzo e Lance avrebbe voluto cancellargli quell’espressione dal viso a pugni. Non era mai stato un violento, il Paladino Blu. Aveva punzecchiato il compagno di squadra in più di un’occasione, sì, ma non lo aveva mai fatto con l’intenzione di mettergli le mani addosso.

Tuttavia, in quel momento…

“Rimangiatelo…” Lance avrebbe voluto urlare ma il nodo che gli stringeva la gola a stento gli permetteva di respirare.

Keith rimase in silenzio, gli occhi gelidi.

Lance non poteva crederci. “È questo che credi di me?”

L’espressione del mezzo Galra divenne un poco più gentile, forse perchè vide le lacrime che gli erano salite agli occhi. Scosse la testa, si alzò in piedi ma non per andarsene. Rimase lì, al centro della stanza. Lance non poteva più guardarlo in faccia ma riusciva comunque ad immaginare l’espressione combattuta sul suo volto.

“Perchè ti sei aperto con lui?” Domandò il Paladino Rosso.

Lance chiuse gli occhi. “Ecco fatto…” Mormorò. “È questo che t’infastidisce.”

Keith strinse i pugni. “Tutto quello che hai detto m’infastidisce, Lance! Tutto!”

Il Paladino Blu prese un respiro profondo. “Sì… Mi ero aspettato una reazione del genere da parte tua.”

Keith si voltò di scatto. Gli occhi viola erano grandi, animati da qualcosa che era un po’ rabbia ed un po’ confusione. Almeno, però, non erano più gelidi. “Allora perchè hai voluto parlare con me?” Domandò. “Hai detto che solo io potevo capire! Perchè?”

Lance abbassò lo sguardo. Tremava. “Perchè ho bisogno che tu mi capisca, Keith,” disse con voce tremante. “Capisci? Ne ho bisogno.”

Suo malgrado, Keith gli tornò accanto. “Lance…” Si sedette sul bordo del letto. “Perchè solo io, allora? Pensi che Hunk e Pidge non ti ascolterebbero? Erano distrutti per te!”

Le labbra di Lance si piegarono in un sorriso amaro. “È una cosa diversa…”

“Perchè?”

“Perchè sei tu che hai passato settimane a cercare Shiro in ogni angolo dell’universo.”

Si guardarono. Lance stava per scoppiare a piangere ma era Keith quello con l’espressione più vulnerabile. “Lance, che genere di storia mi stai raccontando?”

Il Paladino Blu ridacchiò e tirò su col naso. “Sai cosa è davvero triste, Keith? Se ti avessi detto che mi aveva torturato, non avresti battuto ciglio.”

“Questa è una stronzata, Lance!” Esclamò Keith. “Avrei solo avuto una ragione in più per volerlo morto!”

“E ora che ragioni hai per desiderarlo?” Domandò Lance completamente serio.

“Sei serio, Lance? Lotor è il figlio di Zarkon!”

“E tanto basta per volerlo morto?”
“È un nemico di Voltron! Un nostro nemico!”

“Non mi ha toccato con un dito, Keith!”

“Hai detto che voleva usarti per arrivare a noi,” replicò Keith. “Solo le circostanze glielo hanno impedito.”

Lance scosse la testa. “Non siete voi ad avermi trovato!”

Keith inarcò le sopracciglia. “Che diavolo stai dicendo? Red ha mandato un segnale! Ti ha tratto in salvo! Sei fuggito da lui!”

“È stato Lotor a mandare quel segnale!” Urlò Lance ed allora le lacrime scesero a bagnargli le guance. “È stato Lotor a trascinarmi su Red!”

A quel punto, Keith fu incapace di parlare. Lance non aveva semplicemente una storia da raccontargli, aveva dei segreti da confessare, dei pensieri a cui dare voce e delle emozioni da confidare. Nel momento in cui il compagno di squadra gli aveva chiesto di ascoltarlo, Keith non si era aspettato un rapporto distaccato ed oggettivo di quanto gli era successo ma, forse, non aveva realizzato quanto intimo fosse quello che Lance aveva scelto di portare alla luce.

Keith ingoiò a vuoto ed annuì. “Va bene. Aiutami a mettere insieme i pezzi e magari riuscirò a vedere il quadro completo. Lotor ti ha salvato la vita. Non sapevi che fosse lui perchè non potevi vederlo ed avete cominciato a parlare.”

Lance annuì.

“Voleva usarti come esca contro di noi. Non ti hanno torturato ma eri loro prigioniero… Fino a che Lotor non è stato dichiarato un ricercato dall’Impero e lo hai aiutato a fuggire dagli uomini di Zarkon.”

Lance scrollò le spalle. “Ci ho provato. Mi sono cacciato nei guai e lui mi ha salvato di nuovo.”

“E avete continuato a parlare anche dopo che hai scoperto chi era,” proseguì Keith.

“È stato allora che abbiamo cominciato a parlare davvero,” sottolineò Lance. “Non c’erano più…” Sorrise e scosse la testa. “Non è vero, non sono riuscito a far breccia in tutte le mura dietro cui si nasconde Lotor. Sta sempre sulla difensiva, pronto ad attaccare in qualsiasi momento… Un po’ come te.”

Keith corrugò la fronte. “Che centro io?”

Lance si guardò bene dal continuare quel discorso. “Niente.” Accennò un sorriso: sarebbe stato un buon argomento di conversazione per un’altra volta. “Lui aveva bisogno di capire delle cose su Voltron, su suo padre ed io sono un Paladino…”

“Quindi voleva informazioni da te!” Keith ripartì subito all’attacco.

Lance scosse la testa. “Non era una questione bellica!” Esclamò. “Lotor non vuole il trono! Non vuole dominare l’universo!”

Keith assurse l’espressione più smarrita del suo repertorio. “Non ho capito…”

Il Paladino Blu sbuffò esasperato. “Ci risiamo!”

“Lotor è il Principe dei Galra,” disse Keith sollevando il pollice della mano destra. “Combatte contro di noi,” sollevò l’indice. “Zarkon lo vuole morto.” Concluse distendendo il dito medio. “Perchè qualcuno dovrebbe fare tutto questo se non per dominare l’universo, Lance?!”

“Non urlare, mi fai venire il mal di testa!”

“Che cosa può averti mai detto Lotor per convincerti che non è il potere quello che vuole?”

“È complicato, Keith!”

“E allora rendilo più chiaro!”

“Ci sto provando!” Sbottò Lance. “Ma tu ti sei inceppato non appena ho detto che mi aspettavo un bacio da lui!”

A quel punto, Keith reagì nel modo meno maturo possibile: si premette i palmi contro le orecchie e scosse la testa.

Lance sgranò gli occhi. “Sei serio, Keith?!” Sbottò afferrandogli i polsi e costringendolo ad abbassare le mani.

Era un gatto arruffato. Miglior modo per descrivere Keith in quel momento, Lance non lo conosceva. “Lance, ti sei fatto rubare Blue perchè una ragazza ti ha concesso la sua attenzione!” Gli ricordò il Paladino Rosso.

Lance si sentì avvampare. “Perchè stiamo parlando di cose successe secoli fa?”

“Perchè tu sei così!” Esclamò Keith. “Tu credi che ci sia del buono nelle persone! Qualcuno ti tratta gentilmente e tu gli dai fiducia! Lotor si è dimostrato lontanamente umano con te e tu…”

“Keith,” Lance sorrise pazientemente stringendogli le mani in un gesto d’affetto. “Quello che abbiamo vissuto io e Lotor è stato… Non so come descrivertelo.”

La faccia di Keith divenne una maschera di puro orrore. “Descrivermi cosa?”

In un’altra occasione, Lance l’avrebbe anche trovato divertente ma era il segreto più importante della sua vita quello che stava per rivelargli ed aveva bisogno che lo prendesse sul serio. “Keith, io e Lotor…”

“No,” lo interruppe il Paladino Rosso con espressione terribilmente seria.

Lance inarcò le sopracciglia e fece per chiedere qualcosa ma Keith si liberò della stretta delle sue mani e si alzò in piedi. “No,” ripetè con convinzione ed uscì dalla camera da letto a passo di marcia.

Una volta rimasto solo, Lance nascose il viso tra le mani e lasciò andare una risata nervosa terribilmente simile ad un singhiozzo. “Avevo ragione,” mormorò alla stanza vuota. “Hai capito, Keith.”



Keith si era innamorato per la prima ed unica volta a quindici anni e – come se il destino non lo avesse già messo alla prova abbastanza dal giorno in cui era nato – era accaduto con la persona che più gli era vicina, l’unica che non avrebbe mai potuto avere.

“Keith?”

Gli occhi viola si allontanarono dalle stelle e si fissarono in quelli grigi del giovane uomo che negli ultimi tempi non era più certo di conoscere. “Oh, Shiro…” Non lo aveva sentito entrare. Non sapeva nemmeno a cosa servisse quella stanza dalle basse luci verdognole, ma Shiro vi si era rifugiato dopo la morte di Ulaz e Keith vi tornava ogni volta che sentiva il bisogno di stare da solo.

Di norma, quel sentimento non avrebbe riguardato anche Shiro ma Keith si ritrasse, come se fosse stato colto di sorpresa in un momento spiacevole.

Shiro riadagiò lungo il fianco la mano con cui l’aveva toccato. Se aveva notato qualcosa di strano, non disse nulla. “Come sta Lance?”

In un’altra occasione, Keith non sapeva se sarebbe riuscito a mentirgli o, forse, non avrebbe sentito nemmeno la necessità di farlo. Gli occhi di Shiro, però, erano troppo spenti perchè la dolcezza del suo sorriso fosse completamente autentica.

Era così da un po’... Da quando Black lo aveva guidato da lui e lo avevano salvato per un pelo. Nemmeno dopo un anno nelle mani dei Galra, Keith aveva avvertito un simile cambiamento e ne soffriva. Lo faceva in silenzio perchè non sapeva dargli una spiegazione ma l’eco di quel dolore doveva essere arrivato a Lance, in un modo o nell’altro.

Doveva essere quello che lo aveva spinto a scegliere lui come custode del suo segreto.

Un segreto che non gli aveva nemmeno dato il tempo di rivelare

“Non molto bene,” rispose.

“Hunk e Pidge sono andati da lui,” disse Shiro. “Ha parlato di tutto e niente per un po’ e poi ha detto di essere stanco.”

Keith scrollò le spalle. “Allora che si riposi.”

“Anche Allura ha provato a farlo parlare,” aggiunse Shiro. “Non è riuscito nemmeno a guardarla negli occhi.”

Keith si morse l’interno della bocca e non disse nulla.

“Keith,” Shiro gli strinse la spalla. “Se Lance avesse detto qualcosa d’importante, me lo diresti, vero?”

In quel momento, Keith non seppe se odiava Lance più per la storia sua e di Lotor – qualunque essa fosse – o perchè lo obbligava a rendersi conto di quanto fosse divenuto semplice per lui mentire a Shiro. “Certo…” Rispose e, per un istante, riuscì a guardarlo negli occhi. “Sai che te lo direi.”

E la cosa peggiore era che Shiro gli credeva.



Keith tornò da Lance mentre tutti erano a cena: non sarebbe riuscito a buttare giù un singolo boccone e non era nel suo carattere lasciare le cose in sospeso. Non era la prima volta che Keith fuggiva da una situazione caotica a livello emozionale ma essere codardo non era nella sua natura e se Lance aveva scelto lui…

Non era certo di quello che stava per fare ma sapeva che se ci avesse riflettuto troppo, sarebbe finito col non fare niente. Non era un’opzione accettabile.

Appena mise piede nella camera da letto, Lance si sollevò a sedere. Aveva ancora gli occhi rossi e l’espressione stanca. Il bisogno di riposare era stato solo una scusa per rimanere solo con i suoi pensieri.

“Te lo chiederò solo una volta,” disse Keith con voce fin troppo intimidatoria. “Ti ha fatto del male?”

Lance scosse appena la testa e gli angoli della sua bocca si sollevarono un poco in un sorriso tristissimo. “Mi ha spezzato il cuore,” rispose. “Ma penso di averlo ferito anche io in qualche modo, in più di un’occasione.”

Keith si strinse nelle braccia ma non aveva freddo. Si sentiva come se si stesse preparando a ricevere un colpo. Sapeva che stava per arrivare ma non sapeva dove avrebbe colpito o quanto male avrebbe fatto. “Come sai di me e Shiro?”

Lance si fece serio, gli occhi grandi. “Oh, Keith…” Pareva dispiaciuto.

“Non fingere di non saperlo,” sibilò il Paladino Rosso. “Ti sei fidato di me per il modo in cui ho cercato Shiro dopo lo scontro contro Zarkon. Lo sapevi.”

Lance scosse di nuovo la testa, quella volta con più urgenza. “Non lo sapevo, lo giuro,” disse. “Stando con lui ho ripensato a delle cose e le ho guardate con occhi diversi.”

Keith avvertì un brivido lungo la schiena. “Hai intuito che c’è un legame particolare tra me e Shiro stando con Lotor?”
Lance scrollò le spalle. “È come quando impari a riconoscere le stelle. All’inizio sono solo puntini luminosi lontanissimi. Qualcuno brilla meno, qualcuno di più ma, di fatto, sono tutte uguali. Solo dopo vedi le costellazioni ed allora cominci a comprenderne il senso… E solo allora ti rendi conto di quanto sia bello il cielo.”

Era la miglior metafora sulla scoperta dell’amore che Keith avesse mai sentito ma decise che a Lance non l’avrebbe mai detto. “Lotor ti ha insegnato a riconoscere le stelle?”

Il Paladino Blu si umettò le labbra. “Vogliamo parlarne in codice, Keith?”

“Rispondi e basta.”

Lance non esitò oltre. Non arrossì nemmeno. Non provava vergogna o imbarazzo per quel suo segreto, così come non l’aveva provato Keith quando si era innamorato del giovane pilota che era suo tutore.

“Sì,” rispose. “Sì, Lotor mi ha insegnato a… Riconoscere le stelle.”

Keith aveva ripromesso a se stesso di mantenere la calma. Si era detto che avrebbe incassato quel colpo con nonchalance e che avrebbe permesso a Lance di continuare a raccontare la sua storia nel modo più libero ed onesto possibile.

Keith, però, era un ragazzino.

Sì, un ragazzino mezzo Galra, trascinato al centro di una guerra universale e con particolari problemi a gestire le proprie emozioni… Sentirsi addosso anche quelle di Lance fu una cosa devastante.

Perchè Keith aveva già imparato a riconoscere le stelle ed era stato bellissimo prima di divenire terribile.

Anche per Lance era stato così? C’era qualcosa di familiare in quegli occhi blu, qualcosa che Keith aveva trovato riflesso nello specchio dopo che la missione su Kerberos era stata data per fallita.

Lui, però, aveva avuto Shiro.

Lance, invece…

Si voltò ed uscì dalla stanza senza aggiungere una parola di più.

“Keith!” Lo chiamò Lance esasperato.

Non gli diede ascolto.



C’era una scorta di Nunvill sotto il bancone della cucina.

Keith non ricordava come era venuto a conoscenza di quell’informazione ma non l’aveva trovata di alcuna utilità, fino a quel giorno.

Attraversò la sala da pranzo come se non ci fosse nessuno e non fece caso al silenzio che calò al suo passaggio, nè alle cinque persone che lo fissarono confuse mentre spariva nella stanza accanto.

Quando Shiro si decise ad alzarsi dal suo posto e raggiungerlo, Keith aveva già tracannato metà della sua prima bottiglia di Nunvill, pallido in volto per lo sforzo che ingoiare quel veleno senza strozzarsi implicava.

Ci volle l’intervento di tutti per impedirgli di arrivare alla seconda bottiglia e Shiro dovette portarlo in bagno di peso per evitare che vomitasse tutto sul pavimento della cucina.

Fu uno schifo ma ne valse la pena: per qualche ora, riuscì a non pensare a Lance e Lotor.



Lance sapeva che gli altri erano andati a dormire.

Hunk, Pidge e Coran erano passati poco prima che le luci si spegnessero per convincerlo a mangiare qualcosa. Il Paladino Blu aveva rifiutato con un sorriso stanco ma si era arreso all’evidenza che non sarebbe potuto restare lontano dai suoi compagni per sempre.

Prima o poi, Hunk e Pidge si sarebbero chiesti che fine aveva fatto il buffone della squadra e Coran sarebbe tornato ad interrogarlo sui dettagli degli interventi medici a cui era stato sottoposto. Evitare Allura a lungo sarebbe stato impossibile e così anche Shiro.

Poi c’era Keith…

Keith che sapeva tutto pur non sapendo nulla e non riusciva ad accettare la sua verità nemmeno così, raccontata a metà.

Forse, dopo tutto quello che gli era successo, era stato troppo chiedergli di portarsi sulle spalle anche il suo segreto. Forse, era stato troppo frettoloso nel giudicare Keith in grado di ascoltare la sua storia e di capire i suoi sentimenti.

Ma se non lui, chi altri?

”Non ci posso credere, sei proprio come Keith! Siete tutti uguali! Vi fanno in serie, per caso? Nel vostro habitat naturale di battaglie e continui pericoli di morte siete espressione di pura e letale perfezione! Fuori da quello… Siete una sintesi ben bilanciata di stupidità e disastro!”
“Più parli di questo Keith e meno capisco se si tratta di una persona o di un insulto.”
“Tutti e due!”


Lance sorrise, poi premette il viso contro il cuscino in un futile tentativo di arginare le lacrime che erano tornate a bagnargli il viso.

“I mezzi Galra sono tutti stupidi…”

“Che cosa hai detto?”

Lance sobbalzò e picchiò la fronte contro la parete per lo spavento. Quando si voltò, Keith era in piedi accanto al suo letto, con un cuscino stretto al petto e l’espressione più miserabile con cui Lance l’avesse mai visto.

“Che cosa ti è successo?” Domandò il Paladino Blu con voce stridula.

“Fatti più in là,” gemette Keith dandogli praticamente il cuscino in testa e quasi cascandogli  addosso. “Non riesco a reggermi sulle gambe per più di cinque minuti.”

Lance lo fissò con occhi e bocca spalancati. “Ti sei ubriacato?”

“No,” Keith s’infilò sotto la coperta senza chiedere il permesso. “Mi sono stordito con un po’ di Nunvill.”

“Il Nunvill?” Urlò Lance. “Keith, quello per noi è veleno!”

Il mezzo Galra si premette le mani contro le orecchie. “Non urlare!” Si lamentò.

“Non urlare? T’infili nel mio letto dopo aver cercato di avvelenarti e dovrei anche restare calmo?”

“Non riesco a dormire,” si giustificò Keith fissando il soffitto.

Lance si coricò con uno sbuffo assicurandosi di mettere tra di loro tutto lo spazio possibile. “E cosa vuoi da me?”

Keith lo guardò con espressione stanca. “Capire…” Confessò.

Il viso di Lance si addolcì immediatamente. Sospirò. “Hai tentato il suicidio per quello che ti ho detto?”

“Non ho tentato il suicidio,” ribatté Keith indignato. “Volevo solo stordirmi un po’...”

Lance sollevò l’angolo destro della bocca. “Quando mi pensi lo fai tanto intensamente?”

“Fanculo, Lance.”

“Linguaggio, giovanotto!” Lo rimproverò il Paladino Blu ma rideva. “Che cosa vuoi capire?” Aggiunse, dopo un sospiro.

“Che cosa è successo,” rispose Keith. “Tutto quello che è successo… Anche quello che potrebbe darmi fastidio.”

Lance si accomodò su di un fianco. “Da quanto lo ami?”

Keith sospirò. “Da quanto lo amo o quando l’ho capito?”

“Sempre il solito lento, Keith.”
“Fanculo di nuovo…”

“Oh, essere ubriaco ti rende una boccaccia!”

“Non sono ubriaco. Sono stordito!” Keith prese un respiro profondo e chiuse gli occhi per un istante. “Non farmelo chiedere, Lance. Dimmelo e basta.”

Lance abbassò lo sguardo ed il suo viso si tinse di sfumature che il Paladino Rosso conosceva fin troppo bene. “È successo e basta, Keith.”

“Sì, me lo sono detto anche io, Lance.”

“È la verità. La prima volta che ho desiderato che mi baciasse, non sapevo nemmeno che aspetto avesse. Di lui conoscevo solo quello che potevo vedere attraverso le mie mani.”

Keith inarcò le sopracciglia. “La prima volta?” Domandò. “Pensavo fossi tornato a vedere solo dopo che ti abbiamo tolto quell’arnese dalla faccia.”

Lance annuì. “In via definitiva, sì.”

“Che significa in via definitiva?”

“È successo qualcosa prima dell’intervento,” spiegò Lance. “Per un po’, i miei occhi sono guariti completamente.”

Keith non gli chiese come: era certo che lo avrebbe scoperto ascoltando il resto della storia. “Non conosci solo la sua voce,” concluse.

Lance accennò un sorriso e scosse la testa. “No. Conosco tutto di lui.” Strinse le federe del cuscino tra le dita. “O meglio, conosco tutto ciò di lui che si può vedere o che si può toccare. Quello che ha nella testa è un po’ più complicato.”

“Tutto ciò che si può toccare?” Keith sentì la rabbia ed il panico risalire su per la gola come un altro conato di vomito. Strinse le labbra e decise di sopportare.

C’era dell’imbarazzo nell’espressione di Lance ma non allontanò gli occhi dai suoi. “Lo volevo, Keith,” lo rassicurò. “Lo volevo davvero.”

Il Paladino Rosso nascose il viso tra le mani. “Cazzo, Lance…”

“Non vi ho mai venduti,” aggiunse Lance velocemente. “Lotor non vi ha più minacciati dopo la mia cattura. Sì, all’inizio faceva parte del piano ma…”

“E se fosse cambiato qualcosa solo perchè Zarkon lo ha accusato di tradimento? Perchè credi che Lotor ti avrebbe lasciato libero anche se avesse avuto l’opportunità di agire liberamente?”

Lance strinse le labbra per un istante e cercò di ricacciare indietro le lacrime. “Perchè è per me che è divenuto un traditore.”

Keith sgranò gli occhi.

“No, non credo di esserne stata la causa in sè per sè,” ammise Lance. “Zarkon aveva bisogno di una conferma e Lotor gliel’ha data. Io ero solo un mezzo… Uno strumento…”

“Che conferma?” Domandò Keith. “Che cosa voleva Zarkon?”

“Voleva che Lotor mi uccidesse.”



 
   
 
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