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Autore: Silvianap    11/10/2017    4 recensioni
Storia Braime scritta da hardlyfatal, che mi ha gentilmente concesso di TRADURRE.
SPOILER!! per chi non è in pari con la settima stagione.
- Brienne perde sé stessa e Jaime è cambiato per sempre. Un'ipotesi su come Jaime potrebbe riunirsi con Brienne, ora che ha lasciato Cersei ed Approdo del Re per andare a Nord a combattere contro gli zombie ghiacciati.
Humor, drama, risvolti hot ed inaspettati... cosa volete chiedere di più? -
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brienne di Tarth, Jaime Lannister, Podrick Payne, Tormund Giantsbane
Note: Traduzione | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Premessa ---> Ringrazio chiunque stia leggendo e commentando questa meravigliosa storia e avverto tutti che per il capitolo 4 potrebbe volerci un po' più tempo visto che è lunghissimo, difficilissimo ma soprattutto importantissimo, quindi vorrei lavorarci su con calma. 
Intanto, godetevi questo terzo capitolo! ;) 
Silvia



 
Capitolo 3
 


Le tre settimane successive furono le più particolari della vita di Jaime. Le più particolari e, in qualche modo, le più piacevoli, nonostante la totale assenza di sesso, ma con l’aggiunta di varie persone con le quali non avrebbe mai pensato di poter passare del bel tempo in compagnia.

Questo includeva, in particolare, quella di Sandor Clegane.

Non più il Mastino, Clegane aveva subito una sorta di cambiamento dopo aver disertato la sua posizione nella guardia del Re. Il suo carattere era ancora terribile, ma il contorno brutale che sembrava tenerlo sempre nel costante baratro verso l’instabilità, non c’era più. Cose che in passato avrebbero potuto farlo reagire squarciando una persona a metà, dalla gola all’inguine, non avevano più effetto su di lui allo stesso modo. Il colpevole poteva guadagnarsi l’appellativo di schifoso e osceno se non addirittura essere liquidato con un annoiato ‘fanculo’.

Effettivamente, sembrava che a Brienne piacesse. Lei rideva alle sue battute, sempre avvolte in un sarcasmo così arido che era difficile associarle all’humor, e partecipava con entusiasmo nelle discussioni che avevano riguardo alle tecniche di combattimento. Entrambi si dichiaravano desiderosi di finire il viaggio in modo da avere del tempo libero per combattere ‘seriamente’ tra di loro. Quale differenza c’era tra il combattere quasi ogni giorno e quello che avevano intenzione di infliggersi l’un l’altro una volta arrivati a Grande Inverno, a Jaime non fu mai spiegato.

“Sarete una bella coppia di guerrieri”, commentò ad un certo punto, facendoli sorridere entrambi, una scena orribile.

Era tardi, erano passati sia la cena che l’allenamento serale, e tutti i combattenti si stavano rilassando intorno al fuoco fino al momento di andare a dormire. Circa un quarto del fuoco era occupato da Jaime, Brienne, Podrick e Clegane.

“Si”, disse Brienne, “lo eravamo”.

“Avete combattuto in passato?”, chiese Jaime. Doveva ancora farle rivelare altri dettagli riguardanti le sue avventure nel periodo in cui erano stati separati, anni prima.

“Mi ha ucciso”, disse Clegane mentre era impegnato ad affilare le sue asce. “Era dannatamente vicina a mangiarmi via l’altro orecchio e poi mi ha buttato giù da una rupe”.

“Sembri piuttosto vivo malgrado il tuo prematuro trapasso, devo dire”.

“Nuovo taglio di capelli”, disse Clegane con il volto di pietra. “Può fare miracoli su un uomo”.

Podrick sorrise; Brienne ridacchiò. Jaime rimase a fissarlo. Chi era quell’uomo? Aveva le sembianze del Mastino che tutti avevano conosciuto e temuto soltanto dall’apparenza.

“Sai una cosa? Resta così”, disse Jaime. “Sei molto più terrificante di quanto tu lo sia mai stato. L’esercito dei morti non sa a cosa va incontro”.

“Mi ha dato un calcio nel-” e Brienne si fermò, scegliendo un modo più delicato per raccontare del combattimento. “In un posto dove generalmente soltanto gli uomini ricevono calci”. Fece una pausa. “Fu piuttosto doloroso”.

“Non sembra, da come usi raccontarlo”, rispose subito Clegane.

Davanti ad un Jaime scioccato, Brienne rise. Davvero tanto. E poi disse, “L’unico di noi che usa qualcosa qui è Pod”.

Lo scudiero abbassò la testa, strofinando più furiosamente la sella che stava oliando. A Jaime girava la testa; non era abituato ad una Brienne che faceva battute oscene. E l’idea che Podrick fosse un maestro di virilità era anch’essa incredibile.

Clegane provò a guardarlo. “Dovremmo combattere, io e te. Ho usato due armi per combattere, di recente, invece di una grande spada, e potrei fare più pratica con la mano sinistra”. Diede un’occhiata obliqua alla protesi dorata. “E poiché tutto quello che hai è la mano sinistra, ora…”

“Può ancora tenere uno scudo col braccio destro”, disse Brienne, sempre in sua costante difesa, aggiungendo, “Ne ho commissionato uno dal ragazzo fabbro, in modo che sia pronto non appena raggiungeremo Grande Inverno”.

“Il bastardo di Robert?” chiese Clegane. Brienne annuì.

“Aspettate. Cosa?” disse Jaime. “E se io non volessi combattere con uno scudo? E… uno dei bastardi di Robert è qui? E fa il fabbro?”

“Ed è una femminuccia”, aggiunse Clegane. “Ma è un fabbro decente”.

“Hai bisogno di uno scudo”, affermò Brienne. “Da quando la tua coordinazione è compromessa, dovendo usare la mano sinistra, hai bisogno di un modo per attutire i colpi che non puoi parare”.

“Probabilmente non ha senso che io combatta, in assoluto”, si lamentò Jaime. La perdita della mano, che lo aveva reso tutto tranne che utile, gli faceva ancora contorcere le interiora. “Potrei anche sedermi nelle retrovie con le donne e gli anziani mentre i veri soldati combatteranno”.

“Sederti nelle retrovie con chi?” chiese Brienne freddamente, non colpita dal suo commento. “La tua auto-commiserazione non è produttiva. Sei ancora giovane e forte e questo sarà necessario nella guerra che verrà. Non eri esperto con la mano destra prima di fare pratica per anni. Devi soltanto allenarti e imparare ad usare la mano sinistra, invece”.

“Non sarà mai buona come la mano destra”.

“Ma è tutto quello che hai”, disse Clegane, crudele e conciso.

Jaime aprì la bocca, pronto a rispondere in modo irritante alla cosa, ma Brienne lo interruppe.

“Avevi la fortuna di avere tutto e non l’hai mai apprezzato finché non hai perso una cosa. Una cosa, Jaime”. Lei lo guardò attentamente. “Prova a nascere senza qualcosa di davvero importante”. Brienne fece segno tra lei e Clegane. “Io sono nata donna, e anche brutta. Clegane ha avuto a che fare con quel mostro di suo fratello, poi con le cicatrici. Tuo fratello è nato nano, e peggio, ha dovuto relazionarsi con tuo padre e tua sorella. Ma siamo tutti ancora qui”.

“Anche tu sei ancora qui. Devi solo superare la cosa, fichettina viziata”. Clegane sogghignò e tornò a passare la pietra sulla lama dell’ascia.

Brienne e Podrick rimasero in silenzio, osservando la reazione di Jaime.  Lui provava una sensazione particolare, come se il modo in cui avrebbe risposto avrebbe avuto effetto sul suo futuro più di quanto potesse prevedere.

Sarebbe potuto passare oltre, mandare a Clegane un rovente insulto, che senza dubbio gli sarebbe ritornato con gli interessi, e distruggere il fragile rapporto che si era creato tra tutti loro. E mostrare di essere, come era stato definito, uno che si auto-commiserava e una fichettina viziata, incapace di accettare la realtà o di utilizzare le critiche per migliorare.

Jaime seppellì la faccia nella mano, sfregandosela con forza. “È tutto così ridicolo”.

“Cosa, mio Signore?”, chiese Podrick.

“Ogni cosa. Tutto. Tutti noi. Ridicolo. Niente ha più senso. Se si costruisse un muro intorno a Westeros, all’interno si avrebbe un grande manicomio”.

“Ora hai capito”, disse Clegane. Raschiava, raschiava e raschiava con la pietra. "Se rinunci a dare per forza un senso a tutto, allora non avrai niente per cui inveire quando un senso non c’è”.

Era troppo. Il cervello disastrato di Jaime non avrebbe retto ancora. Si alzò e incespicò un passo dopo l’altro verso la tenda del Re, che era stata data loro in uso esclusivo per il viaggio, e crollò sul letto, il volto seppellito nel triste e piatto cuscino che Brienne aveva definito come un lusso per un accampamento.

“Spòstati”, disse lei con voce divertita. Jaime provò ad aprire un occhio e la trovò inginocchiata sul letto accanto a lui. Si sollevò, solo per posizionarsi meglio in modo da poter far cadere la testa sul suo grembo. Lei non disse niente, ma un attimo dopo la sua mano scese sui suoi capelli, accarezzandoglieli leggermente.

“Da quando Clegane è un saggio mistico?”, mormorò Jaime sulle sue cosce. “Da quand’è che tu fai battute volgari? E cos’era tutta quella storia su Podrick e la sua vita amorosa più attiva delle vostre? Questo suggerisce che tu e Clegane abbiate una vita amorosa, per cominciare, il che è terrificante”.

“Tutti hanno una sorta di vita amorosa, Jaime”, disse lei con pazienza, ma ancora divertita. “Persino persone brutte come Clegane e me stessa”.

“Non intendevo in quel senso, donzella”. Si mosse un po’, portandosi in una posizione più comoda e sfregando la guancia sul ginocchio di lei. “Stavo parlando più del suo modo di comportarsi che del suo aspetto”.

“E il mio, di comportamento? Se non è il mio aspetto, allora che cosa spaventa così tanto gli uomini?”

“Me”, disse lui automaticamente, senza pensarci. “Non attirerai mai nessuno se ti sto intorno tutto il tempo”.

“Non ho mai avuto un singolo corteggiatore nella mia vita, prima di incontrarti, né per molto tempo dopo, mentre eravamo separati. Sempre a causa tua?”

“Sempre a causa mia”, confermò. “Anche quando siamo lontani, gravo su di te come una nuvola scura”.

“Ah”, disse Brienne, la sua mano che ancora si muoveva tra i capelli di Jaime. “È così, eh?”

“Si”, mormorò lui, e si addormentò.
 
 
                                                                                  *****
 
 
Alla fine, arrivò il momento in cui dovettero lasciare la Strada del Re per dirigersi ad ovest, verso Grande Inverno. Erano rimasti soltanto altri pochi giorni di viaggio prima di raggiungere la loro destinazione.

Jaime aveva sentimenti contrastanti riguardo la cosa perché, una volta a Grande Inverno, senza dubbio gli avrebbero assegnato la propria stanza -o cella, a seconda di quanto sarebbe stata calda l’accoglienza da parte delle lady del castello, visto che Jon aveva detto che non si sarebbe opposto a nessuna delle decisioni prese dalle sorelle nei suoi confronti- e quella sarebbe stata la fine dei suoi abbracci notturni con Brienne.

Aveva tante probabilità di svegliarsi abbracciato a lei quante ne aveva di ritrovarsi rannicchiato nell’incavo del suo corpo. Chiunque dei due fosse all’esterno, avrebbe avvolto il braccio libero intorno all’altro e seppellito il volto nella curva del suo collo, della sua spalla o tra i suoi capelli. In un primo momento, Jaime si era sentito inquieto, quelle volte in cui si trovava all’esterno, perché non voleva che lei si sentisse a disagio nell’accorgersi dell’insistente pressione contro il suo fondoschiena.

Poi, però, si rese conto che quello non la metteva a disagio, a meno che le sue facoltà mentali non fossero andate a farsi fottere, visto che riusciva a sentire la tensione nel corpo di Brienne, i rapidi, leggeri respiri che prendeva e –se lei confidava particolarmente nel fatto che Jaime fosse profondamente addormentato- il modo in cui, davvero molto attentamente, si premeva contro di lui.

D’altra parte, lui era alquanto sollevato di terminare suddetti abbracci notturni perché da essi non derivava nulla e, in ogni caso, lo lasciavano con una persistente erezione, di cui si sarebbe dovuto sbarazzare una volta che lei e Podrick avessero lasciato la tenda. Furtivamente, sperando con tutto sé stesso che nessuno facesse ritorno prima che lui avesse finito, si sarebbe liberato mentre pensava a scene veramente bizzarre.

Non erano per lui le perversioni di molti dei suoi coetanei, o di suo fratello. No, le fantasie di Jaime erano soltanto delle dita callose che gli accarezzavano la pelle e un palmo forte che si muoveva duramente lungo il suo membro, lunghe gambe muscolose che gli circondavano i fianchi; brillanti occhi azzurri che si riempivano di confuso desiderio, incatenati ai propri, e il suo nome sulle sue labbra, il suo nome, ancora e ancora.

“Jaime”, avrebbe urlato lei, tremandogli intorno, e lui avrebbe raggiunto il culmine in modo così forte da fare quasi male.

“Hai un livido, proprio qui”, commentò Brienne, un giorno, indicando l’area in generale dove lui era solito mordersi il labbro per soffocare i gemiti di estasi, ogni mattina.

“Ah, davvero?”, mormorò appena, in risposta. “Clegane deve avermele suonate, ieri”.

Non era sicuro di quanto a lungo ancora potesse sopportare quella situazione.

Come distrazione dalla sua tragica situazione, Jaime si gettò a capofitto nell’ideare delle strategie con il Re e la Regina, mentre il resto del tempo lo passava a capire come combattere l’armata dei morti che arrivava verso di loro, e tentando di affinare i bordi delle sue abilità di combattimento.

Clegane gli suggerì di rinunciare alle spade, le quali dipendevano dalla destrezza o dalle quali non avrebbe ricavato molto usando la mano sinistra, e scegliere le armi smussate.

“Non ti consiglio una mazza chiodata, non importa quanto possa piacerti l’idea di trasformare qualcuno in un puntaspilli. Le punte si incastrano. Difficili da tirare fuori da una cazzo di persona una volta che l’hai colpita con quella. Ma una mazza flangiata… dèi, i danni che puoi infliggere con una mazza flangiata”. Clegane sospirò con nostalgia. “Non c’è assolutamente bisogno di precisione, ma solo di una buona spalla forte. Colpisci con una mazza, uniscila ad uno scudo e sarai inarrestabile”.

“E allora cosa farò con questa?”, chiese Jaime, battendosi il fianco da dove pendeva Lamento di Vedova.

Clegane guardò con disprezzo verso il pomello dorato dell’elsa. “Falla riforgiare in una mazza”, disse. “Poi, se sopravvivrai fino alla fine, restituirai questa e Giuramento agli Stark”.

Clegane, come Podrick, sembrava avere profondità nascoste.

Jaime chiese in prestito una mazza flangiata e uno scudo ad uno degli armieri e, in breve tempo, si trovò a saper allegramente colpire con violenza chiunque si avvicinasse a lui. Le sue spalle e le sue braccia gli fecero male per settimane, mentre si abituava ad usare diversi muscoli in una maniera a lui sconosciuta.

Quando Podrick era impegnato, Brienne accettava di spalmare l’unguento sulla sua pelle al suo posto, quindi Jaime organizzò per lo scudiero degli incontri con alcune delle ragazze che seguivano l’accampamento, altamente raccomandate da Tyrion. Il ragazzo sarebbe scomparso per almeno un’ora ogni sera dopo gli allenamenti, lasciando Jaime dolorante ma felice mentre Brienne si avvicinava a lui con un barattolo di balsamo e un’espressione triste.

Semmai si fosse sentito un po’ patetico, dovendo ricorrere a quei sotterfugi per avere le sue mani su di lui, ignorò quella sensazione. E se lei fosse stata sospettosa, non glielo fece mai capire, sembrava soltanto impaurita, come se Jaime le stesse imponendo di farlo con la forza. Ma alla fine, le forti mani di Brienne strofinavano l’unguento sul suo busto ogni notte, e tutto era giustificato.

Era particolarmente difficile addormentarsi dopo quel processo, comunque. Il sangue pompava dritto verso il suo inguine ed ogni minimo movimento o spostamento da parte di Brienne al suo fianco, vicina abbastanza da toccarlo lungo un intero lato del corpo, lo faceva sentire come attraversato da un terremoto.

Una settimana prima di giungere a Grande Inverno, il loro corteo venne raggiunto da un gruppo di sopravvissuti del Forte Orientale. Avevano viaggiato giorno e notte, quasi senza cibo, per arrivare a Grande Inverno prima dell’esercito dei morti che, fortunatamente, non era veloce nel marciare. Il loro leader de facto, un certo Beric Dondarrion, pianse non appena ritrovò i suoi ex compagni attorno a lui, che portarono in salvo gli ultimi dei suoi uomini. Non aveva mangiato o dormito per giorni e appariva quasi spaventoso quanto l’essere che Jon e Daenerys avevano portato ad Approdo del Re.

“Non c’è bisogno di piangere, siete al sicuro con noi, ora”, borbottò Clegane mentre reggeva facilmente l’uomo come un bambino tra le sue braccia per portarlo su un carro foderato da paglia e calde pellicce.

Come lui, anche uno dei capi dei Bruti non era messo bene, i capelli e la barba erano di una tonalità particolarmente lurida di arancio. Aveva ricevuto un terribile colpo alla testa ed era stato privo di sensi per giorni. Una volta sveglio, aveva continuato a delirare, ancora e ancora, parlando di come lui avrebbe sposato un gigante. Insieme, avrebbero avuto i più grandi e forti bambini del mondo.

Ascoltando questo, quando Beric raccontò la storia il giorno seguente, una metà dell’assemblea si trovò confusa, mentre l’altra metà divertita. Con l’eccezione di Brienne, pareva. Sembrò sapere esattamente cosa significasse, ma non l’aveva trovato nemmeno un po’ divertente. Lanciò a Jon, che stava sorridendo scioccamente, una sorprendente occhiata ostile –facendo ridacchiare il Re, solitamente stoico- e si allontanò.

“Di che cosa stava parlando?”, chiese Jaime pacatamente, ma morendo di curiosità, mentre la seguiva attraverso l’accampamento.

“Di niente”, mormorò lei, occhi fissi davanti a sé e guance arrossate. “Assolutamente niente”.

“Mia Signora”, chiamò una voce da dietro di loro, e si voltarono per trovare Beric Dondarrion che si avvicinava. Si era ripreso eccezionalmente bene, dopo aver dormito per un’intera giornata e aver mangiato diversi ottimi pasti, e a quel punto sembrava soltanto quasi morto invece di già morto e recentemente riesumato.

“Ser?”, disse Brienne con quel tono che Jaime riconobbe essere quello che lei usava quando si sforzava di essere cortese mentre cercava di mantenere il controllo.

“Riguardo Tormund…”

Jaime la avvertì irrigidirsi sentendo il nome dell’uomo.

“Si?”

“Ha chiesto di te, mia Signora”, disse Beric dispiaciuto. “Ha spesso parlato del suo desiderio di rivederti, almeno un’ultima volta prima di morire”.

“Sta morendo?” chiese lei, il che indignò Jaime, perché invece avrebbe dovuto chiedere ‘Come mai questo pazzo pensa a me mentre è sull’orlo della morte?’

Ma non sembrava confusa per il comportamento del bruto, appena rinsavito. Era quasi come se si fosse aspettata quel comportamento. Che Tormund avesse perseguitato Brienne, tempo prima?

“Non sta morendo. Non più, almeno”, disse Beric, valutando la situazione. “Ma probabilmente dovrà rimanere fermo a letto per un po’ di tempo, e morire dalla noia”. Fece una pausa. “In verità, tutti apprezzeremmo una tregua dalla sua frustrazione e speravamo che tu potessi fargli visita, anche solo per un momento? Nell’eventualità di poterlo rendere meno…”

Si zittì, tentando la diplomazia, ma la bocca di Brienne si piegò in un sorrisetto malizioso.

“Fastidioso?” Lo disse come se avesse molta esperienza nel sopportare i tratti più difficili di un uomo.

Quanto bene lo conosceva? Era possibile che ricambiasse le sue attenzioni?

Molti fili sciolti all’improvviso si legarono insieme in un brutto nodo: poteva essere Brienne ‘il gigante’ con cui Tormund avrebbe voluto avere dei bambini?

E avrebbe potuto, in qualche modo, ricambiare il suo affetto?

L’idea che lei avrebbe potuto avere una sorta di rapporto con un bruto, chiamato Tormund Veleno dei Giganti oltretutto, provocò in Jaime un impulso violento, quasi più forte di quanto potesse fare per resistervi. Dovette usare un enorme resistenza per evitare di andare a cercare la tenda del Bruto e fracassare il suo già-danneggiato cervello con la mazza che aveva preso in prestito.

Mia, urlò il suo cuore. Mai tua.

Ma lei non era sua, e mai lo sarebbe stata.

Jaime placò il suo desiderio di distruzione e cercò di concentrarsi su quello che lei e Beric si stavano dicendo.

“Bene”, sussurrò lei. “Verrò a trovarlo. Ma per poco tempo, soltanto. Ho la lezione serale con Podrick, ed ho promesso di allenarmi un’ultima volta con Clegane, e-”

“Ti ringrazio, mia Signora”, la interruppe Beric, ma cortesemente. “Gli dirò di aspettarti”.

Brienne sospirò di nuovo, ma non si mosse per seguirlo quando lui si allontanò per raggiungere la tenda sul lato opposto dell’accampamento. Scosse la testa con divertimento, voltandosi per guardare Jaime, ma dovette aggrottare le sopracciglia.

“Che c’è che non va?”, chiese lei. “Sembri…”

Si interruppe, apparentemente a corto di parole adatte per descrivere come le appariva. Il che fu un bene; lui era a corto di parole adatte per descrivere come si sentiva.

Jaime si sforzò di sogghignare. “Andiamo a vedere che cosa vuole il bruto”.

Lei arrossì di nuovo e abbassò la testa. “Lo so che cosa vuole. Tu puoi… perché non vai a cercare Clegane o Pod, per allenarti un po’?”

Brienne avrebbe incontrato un altro uomo –un uomo che voleva sposarla ed essere padre dei suoi figli- e lui non avrebbe avuto il permesso di andare con lei? La sua rabbia aumentò, ricadendo anche su di lei, oltre che su questo Tormund. Non c’era rima né ragione, lui non aveva nessun accordo con lei, nessuna promessa, ma gli sembrò quasi di essere ingannato.

“Hai di nuovo quello sguardo”, lo accusò Brienne. “Che cos’hai che non va?”

“Niente”, quasi ringhiò lui, e poi riportò sé stesso sotto controllo. “Vai a fare la tua visita. Ci vediamo dopo”.

In modo altezzoso, si avviò in direzione di dove Clegane stava trascorrendo il suo tempo libero dopo cena demolendo sistematicamente tutti gli sfidanti. Quando Jaime passò accanto ad una tenda, però, imboccò un’altra strada e vide Brienne cominciare a camminare nella stessa direzione che avevo preso Beric. Accelerò il passo e arrivò sul retro della tenda del bruto quasi nello stesso momento in cui lei arrivò da davanti.
 
 
   
 
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