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Autore: usotsuki_pierrot    11/10/2017    2 recensioni
[Hamilton: An American Musical]
E se oltre ad Hamilton, Laurens, Lafayette e Mulligan ci fossero state altre due ragazze scatenate e in vena di fare la rivoluzione come loro? E se una di queste si fingesse un ragazzo? E se fosse innamorata di Aaron Burr e avesse avuto tresche adolescenziali con lui?
Una versione di "the story of tonight (reprise)" reinventata da me che racconta in prima persona le emozioni di Katelyn/Keith!
Genere: Angst, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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«I may not live to see our glory!
But I've seen wonders great and small~
'Cause if the tomcat can get married (if Alexander can get married), there's hope for our ass after all!».


Con questi versi Laurens, Lafayette e Mulligan avevano iniziato a prendersi amichevolmente gioco di Hamilton, che si sarebbe sposato a breve e nientepopodimeno che con Elizabeth Schuyler.
L'oscurità della sera inoltrata aveva invaso ogni vicolo, riempito il cielo di stelle e i cuori di una melanconia comune, coperto ogni edificio; la facciata del locale davanti al quale ci eravamo come sempre ritrovati per bere insieme e brindare alla rivoluzione imminente era colpita dalle fiammeggianti luci delle nostre candele, così come i nostri visi. L'espressione gioiosa sul volto di Hamilton aveva contagiato Lafayette e Mulligan, che continuavano imperterriti e senza alcun freno inibitore a mandar giù abbondanti sorsi di birra, ad intonare canzoni imbarazzanti e ad intavolare interessanti discorsi sulla possibile vita di coppia del nuovo arrivato e della sorella Schuyler.
«Mon ami... Lasciatelo dire... Ti sei scavato la fossa!».
«Ma che dici, piuttosto si è sistemato a vita! Non dimenticarti che stiamo parlando di Elizabeth Schuyler».
«C'est vrai... Ma un matrimonio è un matrimonio, e una donna è pur sempre una don-».
Una gomitata al fianco da parte di Laurens per poco non costrinse il francese a riversare a terra la birra ingerita fino a quel momento. Ma l'occhiata scoccatagli da Lizzy, poco lontano da lui, lo colpì ancor più duramente.
«Yo, Keith! Dì qualcosa anche tu!».
Sorrisi, essendomi sentita presa in causa dalla potente voce di Mulligan. Mi distesi più che potei sulla sedia, chiudendo gli occhi e lasciando che un braccio cadesse a penzoloni lungo lo schienale della stessa.
«Che posso dire... Le donne sono esigenti...».
Era quello il lato positivo nel fingersi un uomo: potermi comportare come loro.
«Ma sentitelo!», esordì Laurens con una risatina. «Non ti dispiace di certo quando cadono ai tuoi piedi, ah!».
Ok, un altro punto a favore.
«Ti abbiamo visto tutti ballare insieme a Peggy al ballo...».
«Ah, quindi non eri solo impegnato a prenderti una delle altre due», lanciai un'occhiata maliziosa ad Hamilton, che in tutta risposta rise.
«Dicci il tuo segreto, avanti!». Mulligan posò il bicchiere di birra sul tavolo di legno, piegandosi ampiamente in avanti per attirare la mia attenzione; potevo vedere la grande aspettativa della mia risposta nei suoi occhi, ma non avevo intenzione di soddisfare la sua vorace curiosità così in fretta. Dopotutto, nessuno a parte Lizzy in quell'allegra compagnia sospettava anche lontanamente che fossi in verità una donna. Sogghignando, portai la mano fino a poco tempo prima penzolante sul mento, alzando gli occhi chiari al cielo nel mero tentativo di apparire combattuta.
«Mh, il mio segreto? Beh, insomma, dovrei pensarci su, passare notti e notti insonni per decidere se aprirmi così inconsciamente e senza limiti a qualcuno, dovrei-».
«Ti offro una birra».
«Dovrei rinunciare ad essere l'unico a saperlo, e chi mi garantisce che non andrete a riferirlo ad altri? E poi-».
«Te ne offro due!». Ghignai guardandolo e alzai tre dita della stessa mano che prima riposava sul mento.
«Facciamo tre ed è fatta...».
Le risate soffocate di Laurens risuonavano nell'aria, rendendo vani i tentativi di Lafayette di bloccargli la bocca con il palmo della mano. Mulligan non ci fece troppo caso, concentrato com'era sul nostro "affare"; mise il broncio in un'espressione seria che in quella situazione era così fuori luogo da risultare quasi ilare, mentre con gli occhi fissi sembrava analizzare il materiale marroncino del tavolo. Il pensiero che da un momento all'altro potesse uscire del fumo dalle sue orecchie a causa della fatica rischiò di farmi scoppiare a ridere prima di una sua risposta, rovinando il tutto.
«E va bene!», esclamò alla fine, concedendoci di respirare.
«Oh, hai fatto un ottimo affare, te lo dico io! Dunque, sei pronto a scoprire il mio segreto segretissimo per conquistare tute le pollastrelle in circolazione?». Mulligan annuì deciso e più volte, con gli occhi che brillavano dall'emozione.
«Beh...», continuai. «Io ho il fascino del ragazzo benestante...». Sorrisi maliziosa, tentando di non lasciarmi sopraffare dal desiderio di farmi una grassa risata.
«Il fascino dell'uomo benestante, eh?», ripeté lui; se solo la confusione più totale non avesse regnato sul suo volto avrei temuto che avesse capito lo scherzo.
«Non ti preoccupare, amico... È un percorso lungo e difficile, ma alla fine capirai...», gli posai una mano sulla spalla per dare un tocco di maggior enfasi a quell'affermazione quasi tragica e terminai la discussione; più per non macchiarmi della morte di Laurens e Lafayette, che stavano ridendo ormai da minuti interi.
Mi rimisi comoda con la schiena interamente appoggiata allo schienale della sedia, e lo stesso fece Mulligan, che pareva già intento a decifrare le parole senza senso che gli avevo imboccato. Chiusi gli occhi portandomi il boccale alla bocca e godendomi la sensazione di bruciante freschezza della bevanda prima sulle labbra e poi sulla lingua, e la leggera risatina di Lizzy che giungeva alle mie orecchie. Era raro sentirla ridere.
«Guardate un po' chi si vede, Aaron Burr!».
Sentii il mio battito cardiaco fermarsi per qualche istante, le vie respiratorie bloccarsi e ogni muscolo del mio corpo irrigidirsi. Allontanai il boccale posandolo senza troppa delicatezza sul tavolo. Tossicchiai più volte in cerca di ossigeno, portandomi la manica della maglia sulle labbra per limitare il rumore. Chiusi un occhio e alzai lo sguardo per constatare se non fosse stato tutto uno scherzo di cattivo gusto di Hamilton.
Le mie speranze vennero frantumate nel giro di qualche secondo dall'avvicinarsi di una figura che riconobbi essere proprio Aaron. Un'ondata di calore si concentrò sulle mie guance non appena sollevai la palpebra chiusa e il mio sguardo incontrò il suo. Serio, imperscrutabile, a tratti scocciato, come suo solito. Se fino a pochissimi istanti prima temevo che il mio cuore si sarebbe fermato, in quel momento era tutto il contrario; pareva correre all'impazzata dentro il mio petto, come se avesse preso vita propria solo ed esclusivamente per raggiungerlo lui stesso.
«Sei riuscito a venire alla fine, Burr!». La voce allegra di Hamilton mi risvegliò dai miei pensieri; sembravano passate ore. Sentii lo sguardo di Lizzy puntato addosso, e non appena incrociai i suoi occhi chiari distolsi l'attenzione da tutti i presenti per fissarli al terreno.
«Oh, sono solo di passaggio...».
«Cooosa? Ci abbandoni subito così?».
«Sei il peggiore, Burr». Lafayette gli scoccò un'occhiata di cui il diretto interessato non sembrò curarsi.
«Sono solo venuto per congratularmi con te, Alexander. Ma vedo che tutta la banda è qui». Non appena ebbe finito di pronunciare quella frase non priva di un pizzico di disprezzo, notai Aaron ricercare nuovamente il mio sguardo. I suoi occhi si fissarono nei miei, scrutandomi come se fossi l'unica persona presente sulla scena. Per un attimo credetti che il tempo si fosse fermato. Perché ogni volta che mi guardava avevo l'impressione che sapesse tutto di me? Perché mi sentivo sempre così spogliata di ogni scudo e finzione?
"È perché lui sa che sono una donna, è semplice", mi dicevo, tentando di auto-convincermi che quella fosse la risposta esatta. Dopotutto era la verità, Aaron mi conosceva da quando eravamo adolescenti scapestrati e le nostre fuggevoli avventure risuonavano ancora con la stessa bruciante passione nei miei ricordi. Non erano rare le notti in cui faticavo a prendere sonno e la mia mente cominciava a giocare brutti scherzi, scavando nella mia memoria in quei giorni senza pensieri: il suo tocco delicato ma deciso mi era rimasto impresso sulla pelle, la dolcezza delle sue labbra pizzicava le mie ogni qualvolta lo incontravo nel presente, la sua voce riscaldava le parti più recondite del mio corpo, le stesse che fingevo non esistessero quando mi trasformavo in Keith.
Persino in quell'istante, quando fino ad un attimo prima eravamo immersi nei festeggiamenti e non pensavo ad altro che a divertirmi, mi ero sentita improvvisamente leggera al solo sentire le semplici frasi pronunciate da lui.
«Sai Burr, ultimamente si parla spesso di te... e di quella tua persona speciale...». Laurens si era avvicinato a lui circondandogli le spalle con un braccio; le parole "persona" e "speciale" penetrarono nel mio cervello, martellandolo incessantemente.
No... Tutto, tranne quello...
Sapevo che Burr era innamorato. Che non lo era di me. Chi fosse la donna che gli aveva rubato il cuore, e che aveva frantumato il mio in centinaia di minuscoli pezzettini. Me ne aveva parlato lui stesso, in fondo.
"Kat, devo parlarti", aveva detto qualche giorno prima, raccontandomi come fosse venuto a conoscenza di una certa Theodosia. Era stato un amore a prima vista, un amore che nei miei confronti non era mai sbocciato. Tanto che quando finivo a provarci con lui per effetto dell'alcool, interpretava i miei insulsi tentativi come scherzi, considerandoli alla stregua dei meri complimenti che lanciavo alle ragazze nei panni di Keith. Fu il primo momento in cui mi pentii di aver dato inizio quella mia doppia vita. E Aaron non l'avrebbe mai saputo.
«Vorrei tanto che avessi portato questa ragazza qui con te stasera, Burr...». Hamilton continuò.
«Temo sia impossibile».
«Mh? Cosa intendi dire? Dai, non ci cred-».
«È sposata». Vidi l'espressione allegra dipinta sul viso di Hamilton rabbuiarsi.
«Non lo sapevo... Mi dispiace...».
«È sposata con un ufficiale britannico».
«Oh, merda...». Il silenzio cadde. Nessuno osò proferire parola. Al pronunciare la nazionalità del soldato, Aaron si irrigidì; fui l'unica a notarlo. Il suo volto solitamente imperturbabile si aprì in un lieve sorriso sincero ma dal tono cupo e sconfitto da un destino che pareva invincibile. Capace persino di separare due amanti così tragicamente travolti dalla passione.
«Non dimenticarti, Alexander. Smile more». Socchiuse gli occhi, pronto ad allontanarsi dalla scatenata combriccola.
«Aspetta, Burr!». Hamilton riuscì a posare la mano sulla sua spalla prima che riuscisse ad andarsene. «Non ti capirò mai... Se ami questa donna, va' da lei! Non puoi arrenderti!».
«Ha ragione». Allontanai il boccale di birra senza sollevare lo sguardo, alzandomi dalla sedia. Sentivo l'attenzione di tutti addosso; Hamilton, che probabilmente era emozionato all'idea di non avere torto per una volta nella sua vita, Laurens, Lafayette e Mulligan, confusi ma estremamente curiosi di sapere come mai mi fossi introdotta nella conversazione in quel modo, Lizzy, preoccupata di come avrei potuto reagire alla situazione e consapevole delle difficoltà che stessi affrontando, e infine Aaron.
Li raggiunsi, e il breve tragitto che li separava dal tavolo sembrò infinito sotto il peso del silenzio in cui eravamo caduti. Quando fui abbastanza vicino, posai una mano sul petto dell'uomo, che non smise un secondo di guardarmi. Alzai lo sguardo per incrociare il suo. Tentai di mantenere un'espressione il più seria e tranquilla possibile, per mascherare la paura.
«Talk less». Passò una decina di secondi da quella mia semplice frase, prima che qualcuno ricominciasse a parlare. Secondi che rischiarono di farmi perdere negli occhi scuri di Aaron, e nelle sue labbra, talmente vicine che avevo dovuto trattenermi con tutta la forza che avevo in corpo per non baciarle.
La risatina maliziosa di Mulligan interruppe quel momento di tortura fisica e psicologica in cui mi ero trovata, e fui in grado di distogliere lo sguardo e rompere quel misero contatto tra il palmo della mia mano e il suo petto, coperto dal morbido tessuto della giacca.
«A quanto pare Keith non fa breccia soltanto nei cuori delle ragazze, ah?».
Raccolsi tutte le forze che riuscii a trovare, tutta l'energia che sentivo scorrere nelle vene e battere all'unisono con il mio cuore; un battito irregolare, che in quel momento lottava per continuare a vivere, per sopravvivere a quell'angosciosa melanconia.
Chiusi gli occhi. Rivolsi un lieve sorriso all'uomo che amavo, invitandolo a raggiungere un'altra donna, in cui risiedeva la sua felicità più completa. Lui ricambiò. Mi concesse un'ultima opportunità per sentire il calore diffondersi nel petto. Un'ultima chance per annegare nella speranza di poter essere io, la fonte della sua passione. E così feci.
Lo guardai allontanarsi. Un vento gelido, invisibile, mi colpì.
«Smile more... Please».

   
 
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