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Autore: Francine    11/10/2017    3 recensioni
Tutti abbiamo degli scheletri nell'armadio, segreti che non vorremmo che mai e poi mai fossero rivelati, giusto? Bene. Anche Milo di Scorpio ne ha uno. E bello grosso, pure. Che proviene dritto dritto dal suo passato. E che salta fuori, all'improvviso, da un anonimo quaderno con la copertina bordeaux...
[Baby!Gold Saint!]
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Aries Shion, Scorpion Milo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Scripta Manent'
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Il sole tramonta comunque.
Sia sul giorno migliore, sia sul giorno peggiore.
(Jeffery Deaver)

 
 
 


«Secondo me ci siamo persi…»
Étienne ha perso il conto di quante volte gliel’ha sentito ripetere. Ignoralo, si dice avanzando sotto il sole. Ignoralo e la smetterà.
Ma non funziona, perché Milo no, non la smette. Sia mai! Continua a ripetere quella stessa frase con cadenza regolare mentre cammina alle sue spalle strascinando i piedi e calciando tutti i ciottoli che hanno la sfortuna di incappare sul suo cammino.
Il concerto delle cicale prosegue, inarrestabile, e il sudore scorre sulle tempie, le sopracciglia, il collo. Ovunque.
Non ce la faccio più, pensa Étienne. Io lo sgozzo. Lo. Sgozzo.
Il problema è che Milo può avere ragione.
Anzi, Milo ha ragione. Sono scappati dal rifugio di Saga in fretta e furia, nemmeno dall’acqua dovesse uscire una qualche bestia dell’Apocalisse, e forse – sicuramente – hanno preso la strada sbagliata.
Étienne stringe i pugni. Avrebbero dovuto fermarsi e controllare la strada sulla cartina, ma il giovane Aquario aveva fretta di mettere quanta più strada possibile tra loro e Saga, e Milo era troppo elettrizzato al pensiero di una sirena che usciva dall’acqua per incontrare Saga, e non se l’è sentita di rischiare.
Cosa sarebbe successo se Milo fosse tornato indietro e la sirena se ne fosse accorta?
Un sacco di guai.
E ad Étienne non andava di mandare in fumo il complesso e delicato equilibrio che Saga aveva costruito con perizia e pazienza. E Milo non avrebbe tenuto la bocca chiusa, nemmeno difronte ad una crisi politica. Anzi.
«Secondo me ci siamo persi…»
Étienne sa che dovrebbero fermarsi e controllare la mappa, ma sa anche che a quel punto Milo lo tartasserebbe coi suoi trionfanti «Te l’avevo detto!», e lui non è certo di riuscire a non strozzarlo colle sue stesse mani.
Sarebbe sbagliato e il Sacerdote non la prenderebbe bene; ma sarebbe tanto liberatorio, pensa Étienne asciugandosi il sudore dalla fronte mentre il sole brilla sulle onde.
Il mare è un confidente discreto. Discreto e perennemente affamato. Tratterrebbe il cadavere il tempo necessario e al Sacerdote racconterebbe una balla.
È caduto in acqua.
S’è sfracellato sugli scogli.
L’ha rapito un mostro marino e se l’è mangiato in un sol boccone.
No, questa scusa non va bene, anche se Milo è così chiassoso che la sua voce potrebbe risvegliare il Leviatano o il Kraaken, ma persino loro risputerebbero uno come Milo, altroché!
No, meglio puntare su una tragica fatalità. Le acque dell’Egeo sono calme, ma piene di grotte e anfratti e correnti marine capricciose, e se un bambino dovesse cadervi dentro, avrebbe ben poche probabilità di salvarsi, specie se dovesse sbattere la testa su qualche roccia. Santo o non Santo di Athena.
Ci sono tanti di quegli scogli qui, e dentro di sé Étienne sa che al Sacerdote non dispiacerebbe affatto avere un po’ di quiete al Santuario.
Anzi.
«Secondo me ci siamo persi…» Pausa. «Io torno indietro.»
Tu dove vai?, pensa Étienne. E poi glielo dice.
«Tu dove vai?»
«Indietro», risponde Milo, le mani in tasca e l’espressione serafica. «Così stiamo girando a vuoto, come trottole impazzite.»
Étienne stringe i pugni. Ha ragione. Merde.
«Ci siamo persi», rincara la dose Milo. «Non peggioriamo la situazione.»
Étienne socchiude gli occhi. Cos’è quel tono di voce arrendevole e assennato? Qui gatta ci cova.
«D’accordo, fammi prendere la cartina e…», diamo un’occhiata, ma Milo lo precede e gli dice:«No.».
«No?»
«No.»
«Come sarebbe a dire no?!»
«Sarebbe a dire no», ribatte Milo. «Io torno da Saga.»
«Tu cosa?»
«Torno. Da. Saga.»
«Stai scherzando?»
«Mai stato più serio.» Pausa. «Basterà tornare indietro e chiedere informazioni a Saga. Conoscerà la strada, no?»
«Non possiamo tornare indietro», ribatte Étienne, con la consapevolezza di star parlando al muro. «Saga stava aspettando una sirena. Ricordi?»
«Oh, sì», e gli occhi di Milo si illuminano di una luce che regala un brivido gelido lungo la schiena di Étienne.
«Tu non…»
«Oh, sì», ribatte l’altro. «Oh. Sì.»
«Non fare l’imbecille! Rischieremmo di far saltare tutto il piano di Saga!!»
«Non mi vedranno.»
«E come farai a chiedere le indicazioni senza che Saga e la sirena ti vedano?!»
Milo si stringe nelle spalle. «Saga s’inventerà qualcosa», risponde. Come se quello non fosse un problema suo. «Io voglio vedere la sirena.»
Ah, è questa la verità. «Non essere ridicolo!!»
«Non rompere!», sbotta Milo. «Io. Voglio. Vedere. La. Sirena.»
«O vuoi vedere le tette della sirena?»
Milo ghigna in risposta. «Trombé.»
«Si dice touché
«È lo stesso.»
«No che non lo è!»
Milo scuote la testa, poi fa un gesto sul suo petto, come a mimare il seno di una donna. «Tu non vuoi vederle?»
Sì. «Non è questo il punto!»
«Sì che lo è!»
«No che non lo è», replica Étienne. «Abbiamo una missione, ricordi? Dobbiamo portare indietro il messaggio di Saga. Il Sacerdote aspetta il nostro ritorno.»
«E noi non possiamo tornare indietro se ci siamo persi tra questi quattro scogli. O no?»
«Sì, ma…»
«Sì, ma un cazzo! Noi ci siamo persi. Saga conosce la strada. Torniamo indietro, aspettiamo che la sirenetta tolga il disturbo e domandiamo a Saga qual è la strada corretta.» Pausa. «O hai un’idea migliore?»
«Non sappiamo quanto tempo potrebbe restare, la sirenetta. E se si fermasse a dormire con Saga?»
«Probabile», ribatte Milo. Serafico. Come se desse per scontato una liaison amorosa del Santo dei Gemelli con la sirenetta doppiogiochista. «Anzi, se fossi nei panni di Saga, anche io userei il mio fascino per portarmi a letto il nemico. Sai come si dice, no? Due piccioni con una fava…»
«Tu? Ma chi vuoi rimorchiare, tu? Al massimo puoi ambire ad una medusa, o una tracina…
«Ah, ma abbiamo un cabarettista, qui…», ribatte Milo, piccato. «Io, comunque, torno indietro. Tu fai un po’ come ti pare. Non mi riguarda.»
E così dicendo, Milo gira sui tacchi e torna da dove sono venuti, dritto alla casupola di legno. No, pensa Étienne. Non posso permetterlo.
C’è troppo in ballo. La missione, il lavoro di Saga, l’alleanza con la sirena.
Tu non vai proprio da nessuna parte.
«Aspetta un attimo», dice – grida – Étienne, e si ritrova a rincorrere Milo, trotterellandogli dietro nel caldo, nell’afa del tardo pomeriggio e nel canto ossessivo delle cicale.
Ma quand'è che tramonta il sole? Lo raggiunge alla prima curva, dietro una combriccola sgangherata di tamerici e scogli accatastati a casaccio. Non è solo. Con lui c’è una donna. Una bagnante con un bikini giallo sole di una taglia più piccolo, un pareo legato in vita e una borsa di paglia a tracolla. E uno stacco di coscia di almeno un metro.
La donna sorride, un lampo dei denti bianchissimi contro il rossetto color ciliegia, e la coda di cavallo che si muove nell’aria, con fare civettuolo.
Che ci fa qui una bagnante?, pensa Étienne avvicinandosi. Milo non si è accorto di lui. È tutto preso dal sorriso smagliante e dal decolté più che generoso della donna che gli sta sorridendo dietro un paio di occhiali da sole.
«Ma che ci fa un bel bambino come te tutto solo da queste parti?», chiede la donna.
Ha la voce strana, pensa Étienne. È bassa e roca, come quella di Maman Louise, o quella di Rémy quando ha la raucedine.
«Milo?», lo chiama, ma Milo non dà segno di averlo sentito. Ma tu guarda che stronzo!, pensa Étienne. Lo sta facendo a posta! «Milo?!»
«Oh, ma non sei solo. E tu chi sei? Un suo amichetto?»
La donna sta guardando lui, adesso. Si è sfilata gli occhiali e lo sta fissando con un paio di occhi di un verde innaturale da risultare finto e affascinante allo stesso tempo. È come sostenere lo sguardo di un rettile, pensa Étienne.
«Sì, sono un suo amico.»
«E che ci fanno due bei bambini come voi in un posto sperduto come questo?», domanda la donna, fissando lui, ma accarezzando il viso di Milo con una mano. Ha le unghie lunghe e laccate di rosso, come le porta Julie, ma c’è qualcosa di poco rassicurante, in quello smalto. Sembra sangue rappreso, pensa Étienne.
«Torniamo a casa.»
«A casa? E dov’è la vostra casa?»
«Atene.» Più o meno, pensa Étienne, ma è bene non fornire troppe informazioni agli sconosciuti. Specie a quelli troppo curiosi, ripete sempre Rémy. «Atene è un po' lontanuccia.»
«Stiamo tornando a Capo Sunio.»
«Da soli?», cinguetta la donna, sollevando il viso di Milo verso il suo, due dita sotto al mento e un sorriso luccicante come una tagliola che brilla nell’oscurità. «Potreste perdervi.»
«Ci siamo persi.» La voce di Milo è strana. Assomiglia al balbettio confuso e impastato di chi parla nel sonno. Che cazzo sta succedendo qui?, pensa Étienne avvicinandosi passo passo, mentre Milo aggiunge: «Può indicarci la strada, signorina?».
Ma non volevi chiederla a Saga?!, si dice Étienne.
La donna sorride. «Ma certo, tesorucci», risponde, dando un buffetto a Milo, ma guardando Étienne fisso negli occhi. «Vi riporto indietro io. Tra poco sarà buio, e stasera c’è la luna nuova, non si vede un tubo.»
Luna nuova, pensa Étienne. Qualcosa lo mette in allarme, ma il giovane Aquario non riesce a mettere a fuoco cosa.
«Non ce n’è bisogno, grazie», risponde.
La donna rimane impassibile. Poi sorride di nuovo, una schiera di denti bianchissimi, tutti allineati come bravi soldatini in livrea schierati davanti al re. O come un plotone d'esecuzione pronto a far fuoco. Ha i canini un po’ affilati, pensa Étienne, sbattendo le palpebre.
«Sì, invece», insiste lei. Sollecita. È normale, si dice Étienne: chiunque si preoccuperebbe se incontrasse un paio di marmocchi che se ne vanno a zonzo, soli soletti, tra scogli e tamerici attorno a Capo Sunio mentre sta per calare la sera. Il crepuscolo non esiste, a queste latitudini. Un momento è ancora giorno, e l'istante successivo è già notte.
Però lo stesso potrebbe dirsi di lei. Non è usuale prendere il sole da queste parti. Non c’è nemmeno un sentiero che scenda al mare. E dove ha preso il sole? Sugli scogli? Lontano dall’acqua?
Sarebbe come gettarsi nudi in una friggitrice, pensa Étienne.
«Non posso lasciarvi qui. Non me lo perdonerei mai. Venite. Ho la macchina proprio qui dietro e il sole sta tramontando», insiste lei, tornando in posizione eretta e prendendo Milo per la mano.
«Milo, non dobbiamo dare confidenza agli sconosciuti, ricordi?», lo chiama Étienne, ma Milo non sembra sentirlo. Non sembra percepire affatto la sua presenza.
«Ma io non sono una sconosciuta», ribatte la donna. «Io sono Pelagia. E adesso andiamo. Vieni anche tu, Étienne?»
«E tu come lo sai come mi chiamo?»
La donna adesso non sorride più. La sua mano si stringe – si serra – attorno alle dita di Milo. «Me l’ha detto lui. Prima che arrivassi.»
«No.» No, non l’ha fatto, pensa Étienne. Non ha potuto farlo. «Lui non conosce il mio nome.»
Il sorriso ricompare sulle labbra della donna, arcuandosi come una falce di luna crescente. «Che peccato. Così carino e così rompiscatole…», dice Pelagia. Étienne lo prende come un complimento. «Vorrà dire che ingoierò te, per primo.»
Lascia andare Milo, che si affloscia a terra come una bambola di stracci. A lui penserò dopo, si dice Étienne, gli occhi fissi sulla donna. Il sole morente proietta una luce aranciata su di lei e sulla sua pelle abbronzata, e sembra quasi che i suoi capelli stiano per prendere fuoco, ma è l’ombra che si allunga sul terreno a preoccupare Étienne. C’è una coda che spunta da sotto al pareo. Una coda d’asino. E le gambe sono troppo lunghe e magre per essere umane, specie quando terminano in uno zoccolo, come quello dei cavalli.
Non è umana, pensa Étienne fissando la silhouette di quelle mani scheletriche, munite di unghie lunghe e affilate che il sole proietta sul terreno. Cosa diamine è questa creatura?, si domanda, scartabellando nella memoria quale mostro li stia fronteggiando. Lo stia fronteggiando. Milo è fuori combattimento. Non può contare su di lui. Non l’avrei fatto comunque, pensa Étienne, concentrandosi sul suo nemico. Aspetto femminile. Zampe equine. Coda. Artigli affilati. Occhi di un colore impossibile. Denti aguzzi, come quelli dei predatori. O dei vampiri. Luna piena.
Cosa diamine sei, si chiede Étienne, prima di ricevere un’illuminazione e trasecolare. La luna piena. Ma certo! «Merde! Tu sei…»
«Esatto, tesoruccio…»


 




Sono una disgraziata. Lo so.
Suppongo che vi siate dimenticati di questa storia, vero?
Sui ceci e sui cocci, vi porgo le mie scuse.
Nell'ultimo mese abbiamo adottato un gattino e abbiamo dovuto spendere un po' di tempo per farlo ambientare in casa - non sapete quanto ami mordicchiare fili e filetti di ogni sorta! - così ne ho approfittato per revisionare alcune storie lasciate a decantare per troppo tempo, mentre gli facevo compagnia e mi sinceravo che non morisse fulminato in qualche modo.
Voi ci siete sempre, vero?
Vero?!
Buona lettura!
   
 
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