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Autore: __roje    11/10/2017    2 recensioni
-- QUESTA STORIA CONTIENE SCENE DI SESSO ESPLICITE! --
Ryu è un ragazzo di appena sedici anni praticamente invisibile al mondo intero, ma che un bel giorno si trova a fare la conoscenza del ragazzo più ammirato e desiderato della sua scuola, Hara. Solo che quell'incontro darà il via a tutta una serie di episodi tutt'altro che piacevoli per il nostro protagonista. Infatti finirà con lo scoprire che proprio Hara nasconde un carattere davvero particolare e schivo sulla propria vita privata, e spetterà proprio a Ryu scoprire il perchè del suo atteggiamento. Con determinazione e amore Ryu dovrà passo dopo passo arrivare al cuore di una persona che non sa che significa amare, e dovrà combattere contro i suoi demoni.
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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CAPITOLO 43

Com’era stato quel viaggio? Pieno di sorprese, e per la maggiore parte non proprio belle. Mi sentivo addirittura più stanco di quando ero partito, e una parte dell’allegria dell’andata era morta. Non ero stato più me stesso dal giorno in cui Mizumi era stata cacciata e da li in poi la vacanza aveva preso una piega che per molti non era pesata, ma per me era diverso.
Eppure ero stato io stesso a causare tutto ciò, sia il fatto di Mizumi che la partenza per quella vacanza. Se avessi rifiutato fin dall’inizio tante cose non sarebbero successe.
“Tutto bene?” mi domandò ancora Takeru seduto accanto a me in treno.
Lo guardai e cercai di sorridergli, non meritava il mio malumore. Annuii, e poggiai di nuovo la testa contro il vetro del finestrino dal quale scorrevano paesaggi magnifici ai quali non prestai attenzione.
Per quasi tutto il viaggio di rientro preferii dormire e lasciarmi alle spalle ogni pensiero e preoccupazione, e chissà come finalmente sprofondai in un sonno profondo dal quale mi svegliai solo una volta arrivati e da li, le strade di tutti si divisero. Hara alla stazione, prima di andarsene non riuscì nemmeno a guardarmi in faccia, e io altrettanto. Sembravamo tornati agli inizi.
Tornato a casa salutai i miei genitori, e senza troppi particolari dissi loro che ero davvero molto stanco così mi rinchiusi in camera mia ma non avevo affatto sonno. Restai appoggiato alla porta, schiena contro legno e lasciai cadere a terra il borsone. Hara... strizzai gli occhi cercando di mandare via quel nome, ma era inutile, la mia ormai era una vera ossessione a cui non c’era cura.
“Ryuchi!” Sussultai, incredibile che mi fossi addormentato ancora. Molto stonato mi sollevai dal materasso e guardai in direzione della porta. “Ryuchi!”
“Mamma?”
“Finalmente! Ti sto chiamando da ore.. hai visite.” Visite? La fissai perplesso per quella notizia. Guardai di sfuggita l’orario dall’orologio posto sulla scrivania, erano le cinque e mezza e avevo lasciato tutti gli altri da tipo due ore. Chi poteva essere? “Muoviti su, non farlo aspettare.”
Usò il maschile e uno strano presentimento nacque dentro di me, sapevo perfettamente chi era nel mio subconscio e in parte lo speravo, ma dall’altra parte speravo di no.
Seguii la mamma al piano di sotto, e entrati in cucina trovai proprio Hara seduto al nostro tavolo che sorseggiava una tazza di tè. Ma cosa diavolo? Pensai immediatamente. Perché era li. “Ehi” disse con un cenno di capo.
“Ehi..”
Mia madre ci scrutò attentamente ad entrambi ma non parve notare il disagio che c’era nell’aria tanto che propose: “Perché non lo porti di sopra eh? Vi porterò qualcosa da mangiare.”
“Non si preoccupi signora, sarà una cosa molto breve.”
Una cosa molto breve, COSA? Ero terrorizzato. Le uniche volte che era venuto lui da me erano state per scenate, ma facendo un rapido resoconto delle ultime ore non avevo fatto nulla. Anzi, gli avevo dato spazio, mi ero comportato forse un pò più normale del solito.
“Vieni con me.” Dissi a malincuore e feci strada fino alla mia camera, che parve diventare un patibolo. Avevo l’aria di chi sarebbe stato presto fustigato per qualcosa di male. E mentre salivo le scale sentivo i suoi passi pesanti dietro di me, oltre che percepire il suo inconfondibile profumo. Cazzo! “Accomodati pure.” E lo invitai ad entrare per primo chiudendo la porta alle mie spalle. “Se devi farmi la ramanzina per qualcosa facciamo presto perché non ho proprio vogl-“
Non ebbi nemmeno il tempo di finire il discorso che la bocca mi fu tappata con le sue stesse labbra in un bacio improvviso dal sapore di tè. Hara mi bloccò le mani, e con forza prese possesso della mia bocca senza neppure chiedere se fossi d’accordo ma stupidamente lo lasciai fare. Amavo quel sapore, amavo quelle labbra e non potevo sottrarmi da qualcosa che volevo così tanto.
Quel bacio non durò a lungo e Hara si scostò da me quel poco per trovarmelo faccia a faccia, occhi negli occhi. Le sue iridi che mi scrutavano con strano desiderio, e non con la solita apatia. “Hara?” Non disse nulla e lasciò cadere la sua testa sulla mia spalla, continuò a stringere le mie mani ma con fare più gentile. “Hara ma che diavolo hai?”
Non l’avevo mai visto così mansueto poi qualcosa di caldo cominciò a bagnarmi la spalla, lacrime? Non era possibile che stesse piangendo, non Hara Yuuto. Non la persona che diceva di non provare sentimenti, non lui. Non poteva piangere, non poteva farmi questo.
Il mio cuore sembrò fare un capitombolo, un miscuglio di sensazioni attraversarono la mia mente. Provavo perplessità ma anche tristezza di vederlo in quello stato, perché non era lui.


“I suoi genitori sono d’accordo se resta a dormire qui?” domandò mia madre mentre tirava fuori un futon dalla camera degli ospiti.
“Si, non c’è alcun problema.” In realtà nemmeno quello sapevo. Hara da quando era arrivato non aveva aperto bocca, e una volta sciolto il nostro abbraccio avevo notato solo degli occhi molto arrossati a causa delle lacrime. Chissà cosa gli era successo, ero preoccupato.
“Lo sai, per me Yuuto-kun è sempre il benvenuto.” Le sorrisi, apprezzai molto ciò e l’aiutai con il futon tirandolo fuori da un enorme groviglio di coperte. “Se ti serve altro sono qui.”
“Si, grazie mamma!” e portai tutto di sopra. Tornato in stanza trovai un Hara immerso nella lettura dei miei manga, disteso su quello che era il mio letto e faceva come se fosse a casa sua. Che tipo.
Hara nel vedermi tornare pose la sua attenzione su di me e si mise a sedere in maniera più composta. “Non ho mai detto di voler dormire qui, Sega.”
“E invece ci dormi.” Lo fissai torvo. Hara fece spallucce e cadde nuovamente sdraiato sul letto. “Ascolta io non voglio insistere, ma se ti è successo qualcosa di grave con me puoi parlare, lo sai.”
Hara mi dava le spalle ma sapevo perfettamente che avrebbe ascoltato le mie parole, e che non avrebbe nemmeno risposto se non per dirmi di farmi di affari miei. Tuttavia seppe stupirmi. “Lo so. Ma adesso non voglio.” E fu tutto ciò che seppe dire, così lo lasciai stare.
Era davvero strano averlo in casa mia, ma ciò mi rendeva stranamente felice sebbene non dovessi sentirmi così, non quando lui stava male.
La mamma per cena ci servì un pasto degno di un re. “Mamma non avrai cucinato troppa roba?” nel frattempo servì una ciotola di riso ad Hara che era seduto proprio di fronte a me, mentre mamma si sarebbe seduta al posto di papà che era al lavoro.
“Nono, anzi. Mi sei mancato così tanto in questi giorni che volevo farti leccare i baffi. Ah Yuuto-kun, spero ti piaccia lo sgombro.” Si rivolse a lui con fare gentile.
Hara guardò il suo piatto con una strana luce negli occhi, e poi abbozzò un sorriso dicendo di sì. Chissà che mangiava sempre a casa, che porcherie. La cosa mi incupì molto. “Vieni quando vuoi, sei sempre il benvenuto da noi!”
“Grazie signora.”
Immaginai il dolore che dovesse provare nel vedere un contesto familiare così perfetto. Mi sentii quasi male, provai addirittura rabbia per quella troppa gentilezza che ostentava la mamma verso Hara. Pensavo che gli potesse dare fastidio, che potesse sentirsi a disagio e sperai di no.
Finito il pasto aiutai a sparecchiare mentre Hara se ne stava ancora seduto con un aria molto cupa, diversa dal solito. Sembrava molto triste, e volevo sapere perché. Vederlo in quel modo mi distruggeva dentro.
“Problemi a casa?”
Guardai mia madre stupito della domanda. “Eh? No, nulla del genere.” Ridacchiai poggiando gli ultimi piatti nel lavello, sperando di evitare altre domande.
“Quel ragazzo non deve andare molto d’accordo con la sua famiglia.” bisbigliò ancora strofinando alcuni utensili, passandoli poi rapidamente sotto il getto d’acqua.
“Perché dici questo?”
“Non so, ha l’aria di essere così solo.”
Di cosa mi stupivo, lei era una mamma e certe cose erano così chiare ai suoi occhi, diversamente da me che tante volte ero cieco. Come avevo fatto a non pensarci, Hara stava così probabilmente per colpa di sua madre e ripensando a quella donna la rabbia mi fece ribollire il sangue, strinsi i pugni di conseguenza. “Possiamo andare di sopra o ti serve altro?”
“No, andate pure” e mi sorrise dolcemente.
Le diedi velocemente la buona notte con un bacio sulla guancia, e feci cenno ad Hara di seguirmi di sopra. Quest’ultimo obbedì e mi seguì, aveva proprio bisogno di farsi una bella dormita.
Con se non aveva il pigiama così gliene prestai uno, ma sapevo che gli sarebbe andato stretto. Aveva le spalle molto più larghe delle mie, così come il resto del corpo era il doppio del mio.
“Credo possa andare” commentai osservandolo con la maglietta addosso.
“Un pò stretta, sega. Perché sei così minuscolo.”
Il solito. “Sei tu quello anormale!” risposi a tono e mi lasciai cadere sul letto. Nonostante avessi dormito tanto quel pomeriggio, mi sentivo ancora distrutto. Avevo troppa stanchezza alle spalle, avrei potuto dormire per un mese per recuperare tutte le energie perse.
Mi voltai giusto appena per dare un occhiata a cosa stesse facendo e lo trovai in piedi che fissava il futon con aria di disappunto. “Cosa c’è adesso?”
“Non voglio dormire a terra.”
Sospirai seccato, “Non dormirai nel mio letto, quindi o li o nella vasca.”
Inarcò un sopracciglio per quella mia risposta così impertinente, “Vedo che ormai hai imparato a rispondermi, e bravo.” Si avvicinò minaccioso al mio letto superando il futon. Cosa voleva adesso. “Ma mi dispiace per te non dormirò sul pavimento come un cane.” E con un ghigno di divertimento mi afferrò per un braccio e con un unico prepotente strattone mi fece rotolare a terra. Era incredibile che bastasse così poco per spostarmi. Rimasi steso sul pavimento per tipo dieci secondi sconvolto che l’avesse fatto davvero.
“Ehi!” tuonai mentre Hara Yuuto si intrufolava nel mio letto. “Questa è casa mia! Non puoi fare così.”
Lui mi guardò bieco, “L’ho già fatto. Ma tranquillo puoi sempre dormire con me o se proprio non ti va il futon.” E quello era l’invito che sperai non arrivasse mai.
“Non voglio dormire insieme a te!” urlai senza accorgermene e immediatamente mi tappai la bocca.
“Io non griderei se fossi in te, non credo che la tua dolce mammina sappia che vai a letto con un ragazzo.” No, che non lo sapeva. Come potevo dirle una cosa del genere. Ero così in imbarazzo che sentii il viso in fiamme. Fu allora che Hara scoppiò a ridere, “Sei così prevedibile Sega! Appena si parla di sesso diventi più imbecille del solito.”
“Fottiti! Tieniti pure il letto.”
Ero disposto a dormire sul pavimento piuttosto che condividere il letto con lui, perché a quello voleva arrivare. Mi raggomitolai nel futon, era scomodo ma per una notte poteva andare.
Tutta quella situazione era così familiare. Quell’agitazione la conoscevo così bene, era la stessa che avevo provato quando andammo al ritiro con la squadra e mi sorprese constatare quanto tempo fosse passato da allora, e di come le cose erano rimaste uguali alla fine.
Mi strinsi di più nelle coperte, sapere che c'era lui a pochi centimetri da me mi rendeva agitato ma solo perché volevo stargli accanto, stringerlo a me ma lui non l’avrebbe mai voluto.
“Dormi qua idiota.” Disse all’improvviso, mentre pensavo che si fosse già addormentato.
Mi sollevai un pò convinto di aver sentito male, e trovai Hara rivolto verso di me. Lo fissai allora sorpreso che ancora una volta mi avesse chiesto di dormire insieme a lui. Avrei potuto dire di no ma non l’avrei mai fatto, non quando mi invitava a stare con lui aprendo le coperte per farmici infilare.
Ero il peggiore. Tante cose me le ero cercate, perché una persona normale sarebbe scappato da uno come Hara ma io non lo avevo mai fatto. Avevo continuato ad inseguire una persona che non potevo raggiungere, e mi andava stranamente bene. Ero masochista.
Mi infilai accanto a lui e Hara mi avvolse con la coperta. Fui praticamente investito dal suo profumo, e dal suo calore. Era strano stare così vicini senza fare sesso, era così bello.
Potei crogiolarmi nella visione del suo viso così perfetto, e notai con stupore che aveva delle ciglia sorprendentemente lunghe. Mi domandai allora se l’avessi mai guardato così attentamente prima, e mi risposi di no. Avevo Hara che mi dormiva accanto, tranquillo, tanto da sembrarmi un bambino.
Forse me ne sarei pentito seduta stante, eppure il mio corpo si mosse da solo e mi avvicinai quanto bastava per stringerlo a me anche se con le mie braccia non riuscivo a contenerlo tutto. Non importava però, andava bene così perché volevo tenerlo semplicemente stretto a me.
“Che fai sega?” domandò sempre con gli occhi chiusi.
“Nulla. Tu dormi.”
“Non ci riesco se mi soffochi nel sonno.” Sorrisi per quelle parole ma non lo lasciai andare perché non lo stavo affatto soffocando. Avevo il suo viso incassato contro il mio petto, e stringevo quanto bastava le sue spalle e la testa a me.
“Letto mio, quindi decido io come si dorme.”
“Sei la solita zecca.”
Ormai quei giudizi pungenti non riuscivo più a prenderli sul serio, o forse ormai vi ero talmente abituato che me ne fregato altamente. “Non ti sento.”
Hara allora seppe stupirmi ancora una volta, le sue braccia mi circondarono e cominciarono a ricambiare il mio abbraccio. Mi strinsero a livello della vita, non forte e neppure in maniera gentile e Hara affondò ancora di più il suo viso contro di me nascondendomelo.
Mi domandai se volesse di nuovo piangere, ma non parve farlo. “Io sono qui con te..” cominciai a dire con un tono molto sottile, che fosse percepibile solo a lui, “sei al sicuro tra le mie braccia.”
Banale, forse si. Ma io ci credevo, e per quanto corressi nella direzione opposta alla sua una qualche forza attrattiva mi riportava verso di lui. Era l’amore forse.
Dormii stranamente bene quella notte seppure lo spazio fosse poco per entrambi.
Quando riaprii gli occhi mi trovai davanti Hara già sveglio che mi fissava dormire, e la cosa mi spaventò talmente che sussultai per l’imbarazzo. “Che cazzo fai?!” esclamai.
“Sbavi nel sonno, lo sai?”
Ed ecco il solito tono di sufficienza. A guardarlo così, sembrava essere tornato il solito di sempre e cioè il cinico ragazzo e ne fui stranamente contento. “Che ore sono?” cercai intorno a me un orologio ma non lo trovai.
“Presto” mi rispose rapido, “ il sole sta sorgendo adesso, quindi saranno tipo le sei.”
“Eh? E perché diavolo sei già sveglio?” Sul suo voltò si disegno una strana espressione di compiacimento ed ebbi paura. Capii allora perfettamente perché si fosse svegliato così presto. “No!”
“Cosa no? Non ho detto nulla.” E sotto le coperte portò una gamba tra le mie, iniziando a strusciare delicatamente il suo ginocchio contro il mio membro stranamente già eccitato.
“No Hara, non q-qui..ah..” gemetti senza volerlo. Non potevo farlo, non a casa mia e non con mia madre che dormiva nella stanza accanto.
Hara però se ne fregò altamente e mi sovrastò con il suo enorme corpo già caldo di desiderio. “Tu non urlare e non sentiranno nulla di là.” E mi strappò un rapido bacio, lasciando andare le mie labbra con un morso che mi fece ingoiare un gridolino. “Bravo ragazzo” osservò Hara vedendo che mi trattenevo.
Lo guardai allora dritto in faccia, e tutto era sfocato a causa degli occhi lucidi che avevo. “N-no Hara..” bofonchiai ancora nel tentativo di fermarlo.
Nonostante ciò Hara mi sorrise e cominciò a portare una mano lungo il mio pene eretto e caldo, al quel tocco sussultai dal piacere. Com’è che ne avevo così voglia anch’io, che diamine mi prendeva?
“Tu dici no, eppure qui non mi sembra.” Hara per mostrarmelo spostò le coperte sollevandole e mostrandomi la mia chiara erezione. La fissai sconvolto, possibile che lo cercassi fino a quel punto? Mi morsi un labbro nel tentativo di ingoiare ogni gemito mentre lui continuava a maneggiare la mia erezione sempre di più giocando con ogni sua parte. “Lo sai, mi dispiace quasi che tu non possa gridare, quella tua voce è quasi sexy certe volte.”
Se sapesse quando era lui sexy quando faceva certe cose. Il tono profondo che usava per parlarmi mi mandava in estasi, era basso e sensuale e rimbombava in quella stanza come il suono più bello che avessi mai sentito. Senza contare la sua espressione eccitata, il suo sguardo era così serio e gli occhi assumevano le tonalità color miele e mi guardavano con desiderio. Dentro di me avrei voluto che quegli occhi mi guardassero sempre così, non solo quando era in astinenza di sesso. Certe volte mi sentivo solo uno sfogo, eppure lo lasciavo fare.
Mi sfilò via i pantaloni e con il mio stesso sperma inumidì l’ano dolcemente senza però infilarci le dita dentro, chissà perché non lo fece. “Perdonami..” disse con un filo di voce e mi penetrò con forza facendomi annaspare di dolore. Mi strinsi a lui nel tentativo di attenuare quel dolore assurdo ma non fu così, strinsi i denti e alcune lacrime mi bagnarono il viso.
Spinta dopo spinta il dolore era sempre più acuto, eppure misto a quello c’era anche un piacere smisurato. Infatti lui cercò di alleviare le mie sofferenze massaggiandomi ancora il membro nuovamente eretto, e furente di piacere.
Qualche gemito nonostante i miei tentativi uscì ma Hara non se ne curò, anzi lo sentii addirittura diventare più duro dopo averli sentiti. E dopo interminabili minuti si liberò dentro di me gemendo di un piacere che era paragonabile solo al mio, così mi liberai anch’io nella sua mano.
Hara uscì immediatamente da me, e come avrei potuto immaginare si sarebbe sicuramente messo a dormire dandomi le spalle ma non lo fece. Restò su di me, si reggeva con i gomiti e passò la sua mano sulla mia fronte scrutandomi attentamente mentre io riprendevo fiato. “Fa male?”
“Ora meno” mi crogiolai di quel tocco tanto dolce e chiusi gli occhi per assaporarlo a pieno.
“Ne avevo bisogno.. ma non volevo farti del male.”
Era la prima volta che mi diceva una cosa del genere. Perché Hara del sesso era così tremendamente premuroso rispetto a quello stronzo di sempre.
“Mi dirai mai cosa ti è successo?” Hara non aspettandosi quella domanda si allontanò immediatamente facendo una faccia simile a chi ha visto un fantasma, si spostò di lato a me. “Non scappare. Dimmi almeno perché ieri pomeriggio sei venuto qui?”
“Non lo so..”
“Come non lo so?” Era sempre quella la sua risposta a tutto.
“Ho camminato a vuoto per un pò e le gambe mi hanno portato qui.” Spiegò con il viso rivolto verso il soffitto, mentre io ancora barcollante mi ero sollevato un pò per guardarlo attentamente in faccia.
“E’ successo qualcosa a casa?”
Si rabbuiò, “Ho visto nell’ingresso di casa mia scarpe che non conoscevo e ho sentito ancora una volta mia madre gemere con un uomo che non conosco.”
“Cosa?” Ero basito per ciò che aveva detto. Perché lo ero così tanto, in fondo la mamma era una donna adulta e poteva stare con chi voleva. Eppure sapendo come fosse quella donna immaginai subito che ci fosse molto altro dietro. “Che significa ancora?”
“Sarai felice, finalmente lo saprai” sorrise amaramente, “mia madre quando ero piccolo mi chiudeva nel ripostiglio quando invitava i suoi amanti per fare roba. Ma certe volte mi ha anche chiuso fuori casa quando faceva addirittura molto freddo, e lo faceva dimenticandosi addirittura che suo figlio fosse fuori al freddo e a digiuno da ore.” Lo raccontò con una sconvolgente calma. “Beh ora sai il mio segreto, contento?” il suo sorrisino sparì non appena portò la sua attenzione su di me.
Immaginai la scena, immaginai Hara piccolo lasciato per ore nel ripostiglio, lo immaginai al freddo fuori una porta senza un pasto caldo. Immaginai tutto ciò, la sua solitudine. L’abbandono che aveva provato e di conseguenza sentii qualcosa spezzarsi nel mio petto.
Hara si sollevò mettendosi a sedere davanti a me, e con le dita mi sollevò il viso per guardarlo. “Perché stai piangendo adesso?”
“P-perchè m-mi chiedi? Ma per te razza di idiota!” E senza volerlo aveva alzato di nuovo la voce, e un pianto isterico cominciò a rigarmi il viso. Non riuscivo proprio a togliermi dalla testa l’immagine di lui da solo, non ci riuscivo e stavo così male da svenire.
Con un braccio mi circondò le spalle tirandomi contro il suo petto. “Io certe volte non ti capisco. Sono io quello che dovrebbe piangere e invece piangi tu” mi parve di sentirlo ridacchiare, ma forse mi stavo sbagliando. Volevo fermare quelle lacrime ma non ci riuscivo proprio, mi strinsi allora a lui cercando di fargli sentire che non era più solo. Non lo era. “Se proprio un sciocco, Sega.” E mi accarezzò la testa stringendomi ancora. Che strano, mi sarei aspettato di tutto tranne che un comportamento del genere da parte sua. Quel lato di Hara mi lasciò sorpreso, e sapere quel piccolo dettaglio della sua infanzia improvvisamente mi fece capire il motivo per cui era così freddo e distante dalle persone. Aveva cercato tante volte di spiegarmi il perché del non potermi amare e io egoisticamente non lo avevo capito.
“Non posso amarti. Non mi è stato insegnato.” Ora capivo.
Hara tornò presto a dormire ma io non ci riuscivo più. Passai quelle poche ore prima dell’alba a pensare, a riflettere su cosa potessi fare per poterlo aiutare ma mi resi presto conto che una faccenda del genere era molto più grande di me e quindi mi sentii impotente. Non potevo in pochi mesi cancellare anni di sofferenza, e pur dandogli il mio amore non potevo salvarlo completamente.
Il mattino seguente, subito dopo esserci vestiti decidemmo di andarcene un pò in giro visto che era sabato. E Hara parve apprezzare l’idea.
Sembrava essere tornato il solito, quindi schivo e apatico. Io nel frattempo non riuscivo ancora a guardarlo in faccia dopo aver saputo della sua infanzia. Mi sentivo io stesso colpevole di avergli dato addosso per tante cose, ma non volevo nemmeno biasimare quei suoi comportamenti. Forse la compassione era l’ultima cosa che voleva, quindi non gliela avrei mai data.
“Dove mi porti?” domandò ad un certo punto fermandosi in mezzo alla strada.
Non ci avevo manco pensato alla meta di quella passeggiata, “Non saprei, ti va bene il centro? Potremmo prenderci qualcosa da mangiare, che dici?”
Hara annuì semplicemente e proseguì. Camminavamo l’uno accanto all’altro, ma distanti e in completo silenzio. Era assurdo che pur andandoci a letto non riuscivamo a costruire una cavolo di conversazione, e fu allora che un coppietta ci passò accanto. Sorridenti e chiacchieroni, proprio il nostro opposto. Li guardai e un nodo mi si formò alla gola, quante volte avevo provato invidia per gli altri? Chiunque sulla terra si viveva una bellissima storia d’amore, fatta di tenerezza e affetto. Io invece lottavo continuamente con i fantasmi del passato di Hara.
“Quel chiosco vende ciambelle” indicò all’improvviso alla mia destra facendomi sussultare. Beh, tanto lo sapevo.. quando si trattava di cibo era anche troppo attivo. E mi domandai se non fosse sempre collegato al fatto che da piccolo veniva lasciato senza cena per ore. Ormai qualsiasi suo comportamento lo collegavo a sua madre, e la maledicevo.
Lo seguii fino al chiosco dove c’erano altri ragazzi oltre noi. Ci pensò stesso Hara ad ordinarne qualcuna e con mia sorpresa pagò tutto lui tornando con un pacco pieno di ciambelle. “Quante ne hai prese?!” osservai sconvolto dalla quantità presa.
“Se non le vuoi le mangerò da solo” e ne addentò subito una.
“Non c’era bisogno che le pagassi da solo..” non avevo mai detto una cosa del genere prima. Forse un tempo un gesto del genere l’avrei percepito come galanteria da fidanzato, ma ora, e chissà perché quel gesto faceva un pò male.
Hara mi fissò con un espressione indecifrabile e mi porse il pacchetto, “Idiota” disse solamente. E lo lasciò cadere nelle mie mani.
Forse dovevo semplicemente smetterla di farmi troppi problemi.
Ci accomodammo su una panchina lì vicino e finimmo di mangiare. Dovevo ammettere che erano anche abbastanza buone, in fatto di cibo non si smentiva mai. “Che vuoi bere?”
Lo guardai perplesso, “Ehm acqua?”
“Aspetta qui” e senza dire nulla lo guardai allontanarsi in direzione probabilmente di qualche macchinata disseminata nei dintorni. Com’è che improvvisamente era così premuroso? Scossi la testa, non dovevo illudermi. L’aveva già fatto in passato, erano solo brevi momenti prima della tempesta.
Quante volte dovevo ancora essere preso in giro prima che ne fosse pienamente soddisfatto? Sospirai a tal pensiero e diedi un altro morso alla ciambella che avevo in mano.
“Non è bello trovarti tutto solo e con quella espressione così triste in volto” la voce, terribilmente familiare comportò un brivido lungo la schiena e quando andai ad alzare lo sguardo mi trovai davanti proprio Boto, vestito di tutto punto come se dovesse recarsi in ufficio. Chi ragazzo se ne andava vestito in giacca e cravatta di sabato mattina? Lo osservai disgustato. “Oh adesso si che mi piace l’espressione che hai in volto, è molto più accattivante!” ridacchiò e si piazzò proprio accanto a me.
Hara sarebbe tornato da un momento all’altro e non volevo proprio che lo trovasse lì. “Sparisci!”
Allungò quel suo tentacolo lungo la panca facendolo passare dietro la mia testa, mi allontanai immediatamente. E senza nemmeno chiedere il permesso afferrò una ciambella “E’ con te vero?” domandò fissando il dolcetto.
Si stava sicuramente riferendo ad Hara, “Si, e non voglio problemi quindi vattene.”
Un sorriso di malizia si dipinse sul suo viso bronzeo, “E dimmi l’altra volta si è incazzato molto?”
Non avevo alcuna intenzione di farlo divertire oltre, così pensai che la decisione migliore da prendere fosse di andare a cercare Hara e allontanarmi da lui. “Addio”
Non ebbi neppure il tempo di alzarmi che Boto mi afferrò per un braccio impedendomi la fuga, mi voltai allora di scatto a guardarlo confuso per quella sua ossessione nei miei confronti. “Non devi per forza scappare da me, non voglio farti nulla.” Asserì sorridendomi con fare divertito.
“Non stavo scappando in verità, ma non ho voglia di stare in tua compagnia.” Era impressionante che fossi così deciso nel rispondergli, e di ciò se ne stupì anche lui ma gli partì una risatina trattenuta. Avevo ormai capito di essere solo un suo divertimento ogni qual volta mi beccava in giro, e restavo sempre molto sorpreso di quanto quella metropoli fosse in realtà così piccola da farci incontrare sempre. “Lasciami andare!”
“Non voglio farlo, mi dispiace. Più tu scappi e più io ti inseguirò.”
Lo fissai sorpreso per quelle parole e incontrai uno sguardo di pura sfida.
Poi, improvvisamente una mano si frappose tra me e lui dividendoci bruscamente. Era Hara, che con una certa forza aveva liberato il mio braccio dalla sua presa ma l’aveva fatto in malo modo, facendo male anche me. Infatti immediatamente mi toccai il polso dolorante. “Hara..” bisbigliai.
“Ti ha detto chiaramente di non rompere le palle, ma a quanto pare non ascolti proprio!” tuonò furioso.
Boto, che nel frattempo portò le mani in tasca e con fare ancora più divertito fissò Hara con un sorrisino davvero irritante. Sperai che non partisse una rissa. “Non ha mai detto così, ma vabbè. E’ un piacere rivedere anche te”.
“Per me no” rispose secco. Vederlo così furioso era davvero spaventoso. Io in tutto ciò mi tenni da parte, restando alle spalle di Hara che mi faceva un pò da scudo.
“Non voglio guai con i fidanzati delle mie prede quindi sta’ calmo, me ne vado” alzò le mani in segno di resa, ma come? Improvvisamente mostrò un atteggiamento più arrendevole.
Hara mi prese per mano stringendola forte tanto da farmi male, lo guardai perplesso ma continuava a tenere il suo sguardo fisso contro Boto. “Esatto. Non avvicinarti mai più al mio ragazzo o ti spacco la faccia la prossima volta.”
E l’aveva detto. Aveva pronunciato proprio quelle esatte parole, e per un istante temetti di avere accanto una sua controfigura perché mai avrei creduto di sentirgli dire una cosa del genere. Mai.
Boto notò la mia espressione di stupore e sorrise bieco, “A quanto pare qualcuno accanto a te non sapeva di essere il tuo ragazzo o sbaglio?” quell’osservazione così cattiva arrivò proprio nel momento sbagliato. Mi resi conto di aver fatto forse qualche strana faccia, senza rendermene conto l’avevo fatto e chissà cosa aveva pensato quel tipo.
Hara allora mi fissò di sfuggita con coda dell’occhio e incontrai quegli occhi così schivi e furiosi. Incontrare quella rabbia mi fece venir voglia di piangere, un pò per paura e un pò perché mi aveva definito il suo ragazzo dopo mesi che gli andavo dietro.
Tutto finì così, con Hara che mi trascinò via di lì e con Boto che alle nostre spalle ci salutava con cenno di mano e la faccia di chi aveva incamerato nuove informazioni.
Ero spiazzato? Si lo ero. Ancora completamente incredulo che quel Boto potesse fare così tanti danni in pochi secondi. E ora? Che cosa avrei dovuto dire ad Hara. Ancora una volta se la sarebbe presa con me, ma proprio in quel contesto avevo fatto ben poco se non cercare di andare via.
Ci allontanammo quanto bastava, Hara imboccò alcune stradine a me ignote e ci ritrovammo in un parchetto vicino alla stazione della metro. Perché scegliere un posto del genere.
Finalmente mi lasciò andare e sapevo bene che cosa sarebbe avvenuto dopo. Non è colpa mia se ti ha costretto a dire che sono il tuo ragazzo. Non prendertela con me.
Hara si voltò finalmente verso di me ed aveva un espressione meno furiosa rispetto a prima, meno minacciosa e un pò questo mi rilassò facendomi fare un sospiro di sollievo. “Hara io..”
“Ti ha detto qualcosa?”
Come? “Ehm no, nulla. Le sue solite stupidaggini..”
“Si qualcosa ho sentito.”
Che strano, non era arrabbiato con me questa volta. Ne fui sollevato, eppure dentro di me continuava a martellare il ricordo della sua ultima frase. “Starò più attento la prossima volta, scusami.” Strinsi i pugni conto le gambe provando ancora quella strana voglia di voler piangere. Perchè.
Lo sentii sospirare, lo faceva sempre quando era seccato e non me ne stupiì. Poi però una mano gentile mi accarezzò la testa arruffandomi i capelli dolcemente, era proprio la sua. Sollevai di poco lo sguardo sconvolto per quel gesto così inaspettato. “Non è stata colpa tua. E’ quel tipo che si è fissato con te, la prossima volta non ti lascerò più da solo.”
Avevo sentito bene? Per un istante pensai di star vivendo in un sogno perchè Hara Yuuto non avrebbe mai detto due cose così carine nel giro di poche ore. Non avrebbe mai mostrato tutto questo spirito di protezione, non nei miei confronti almeno. Qualcosa era chiaramente cambiato, ma cosa? Possibile che improvvisamente mi considerasse davvero il suo ragazzo?
“A che pensi?” questa fu la sua improvvisa domanda.
“A nulla..”
Non era vero. Avrei voluto chiedergli del perchè di quella frase, se l’aveva fatto solo per cacciarlo via o se davvero pensava alle parole che aveva pronunciato. Tuttavia me ne restai in silenzio, non ebbi il coraggio di fare quella domanda perchè temevo la sua risposta. “Beh la mattinata è stata rovinata grazie a quel tipo. Che si fa?” me lo trovai davanti con le mani in tasca e l’atteggiamento scocciato.
“Hara senti..” cominciai allora a dire preso da mille paure, attirando di conseguenza anche la sua attenzione su di me. Capì immediatamente che volevo chiedergli qualcosa.
“Non farlo Sega, non rovinare tutto.” Tagliò subito corto.
“Sapevo che avresti detto una cosa del genere!” gridai allora esasperato da tutto ciò. “Prima ti presenti per non si sa quale motivo proprio a casa mia, mi abbracci e poi dici che sono il tuo ragazzo davanti a quel tipo e non dirmi una bugia dicendo che l’hai fatto solo per sei stato costretto.” Hara si rabbuiò senza sapere che dire. Lo faceva sempre, ogni volta che si poteva parlare di noi diventava misteriosamente muto come se non trovasse le parole, e io ero stanco. Stanco di dovergli sempre tirare fuori le parole, o di dover aspettare certi momenti per sentirgli dire che si definiva il mio ragazzo. Ero solo stanco.
“Sai che ti dico Hara? Sono stufo. Tempo fa mi chiedesti di insegnarti ad amare, mi dicesti che volevi imparare o meglio che volevi provarci ma sono passati alcuni mesi e non noto nulla. In te si è scavata una voragine troppo profonda e non posso sanarla” trattenni le lacrime nel dirlo, abbozzai un finto sorriso perchè mi stavo lentamente spezzando.
Lui era il mio tutto, lui era la persona che amavo più di tutti e ogni piccola cosa che aveva fatto per me l’avevo così apprezzata che ogni ricordo era custodito nel mio cuore, tuttavia non si andava avanti, non cambiava nulla ed io, ero davvero disposto a vivere così? Tra un sorriso e una lacrima?
Hara mi fissò con sgomento per le mie parole, “Sega io...”
“Non sforzati. Non farlo più, sono stato io a pretendere troppo, ora scusami ma voglio andare a casa.”
Terminò così quella giornata, con me che correvo via da lui con la sola intenzione di tornarmene a casa.
Perchè doveva risultargli così difficile? Perchè. Era venuto a casa mia e non sapeva perchè i piedi l’avessero portato da me, o perchè si arrabbiasse tanto se mi vedeva con Boto. Come poteva non saper distinguere un sentimento come l’amore?
Pensai che fosse tutta colpa della madre, sì quella donna aveva rovinato tutto. Dentro di me immaginai una realtà parallela, se Hara l’avessi conosciuto con una famiglia alle spalle forse a quest’ora saremmo stati felici. E invece no, ero arrivato troppo tardi e non potevo riempire la voragine nel suo cuore. Non ci riuscivo.


NOTE: Questo capitolo è abbastanza lunghetto e ricco di colpi di scena. Ci stiamo avvicinando alla fine e giorni fa ho terminato finalmente l'ultimo capitolo, e devo dire che ne è uscito il finale che speravo, quello che in pratica ho immaginato ancor prima che ne venissero fuori i primi dieci capitoli perchè sapevo dove volevo arrivare ma non sapevo in che modo.
Vi svelerò un segreto, il personaggio di Hara in molti aspetti ricorda quello che adesso è il mio fidanzato (e non starò a dire in quali aspetti di preciso ma mi ha aiutato tanto a creare questo bellissimo personaggio che odia e ama allo stesso tempo) e Ryu un po', e non del tutto mi rappresenta nel suo non arrendersi per arrivare al cuore della persona amata, perchè quando si ama davvero qualcuno la si vuole per se andando oltre i muri che ci sono.
Non voglio stare troppo ad annoiarvi ma mi piacerebbe rispondere a qualche curiosità che avete sulla storia visto che stiamo per finire.
Baci.
  
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