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Autore: Rorschach D Wolfwood    12/10/2017    2 recensioni
La città dei sogni di qualunque animale, la bellezza, la maschera dietro la quale si cela la verità: un letamaio che non aveva conosciuto nè pietà nè bontà.
Ispirato dal fumetto Blacksad, la storia di una giovane volpe solitaria dal carattere chiuso e senza alcuna speranza in un futuro migliore, un incontro inaspettato, uno spiraglio di luce in una spirale di eventi oscuri.
Genere: Dark, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Judy Hopps, Nick Wilde
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Furry
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13- Sai qual'è la cosa più spaventosa? Non sapere qual'è il tuo posto nel mondo...
 
 
 
 
 
Zootropolis, molti anni prima
 
"Lo so" pensò "Stanno per venire a prendermi" 
L'intera sala ruotava vorticosamente come una trottola, le forme si mescolavano tra di loro, non un singolo dettaglio si poteva distinguere, non un libro, non un pezzo di tenda, non una banalissima mattonella. Eppure non aveva bevuto, anche perchè, nel caso, non sarebbe successo niente comunque, aveva un'alta sopportazione dell'alcool.  
Erano due giorni, due giorni di fila, dalla serata più importante della sua vita, il cui ricordo troneggiava sul camino in marmo bianco e lucente che illuminava e riscaldava la sala, che non chiudeva occhio. Le mani gli tremavano, afferravano i braccioli della poltrona conficcandovisi le unghie nere fino a farle sanguinare, le perle di sudore solcavano le rughe della pelle grigia della fronte come se le disegnassero. Cosa gli stava succedendo? Lui, un pugile, il campione del mondo, un gorilla, una delle bestie la cui forza fisica permetteva di infrangere una barriera di vetro con un semplice salto, sfruttando la giusta forza ed elevazione, anche con i soli piedi. 
Sapeva bene il perchè; era andato contro i loro voleri. Gli avevano ordinato di perdere quel match, lui era il più forte, il suo avversario non valeva la cagata di un piccione in confronto a lui, ma i loro interessi implicavano che lui, quella fatidica sera, avrebbe dovuto finire al tappeto. Invece non solo aveva vinto, ma aveva anche spaccato il corno dell'avversario, infliggendogli un doppio danno, sul piano sia fisico che morale. E ora, sebbene avesse un ricordo indelebile di quel momento, sapeva bene che presto avrebbe dovuto affrontare il suo destino. Aveva speso le ultime 48 ore cercando un modo per sfuggire, lontano da Zootropolis e ricominciare una nuova vita. Ma, anche fosse, quanto sarebbe riuscito a durare? Quei tipi, senza dubbio, lo avrebbero rintracciato senza far passare troppo tempo. Mr. Big non perdonava, e lo sapeva bene, dal giorno in cui aveva chiesto il suo aiuto.
I pensieri, le preoccupazioni, in ogni caso, non erano tanto rivolte a se stesso, quanto più a lui. Era per lui che aveva chiesto l'aiuto del criminale più potente del regno animale, perchè tutto ciò che il pugilato gli fruttava non bastava a coprire ciò che serviva per quella dannata malattia. E, nel caso non fosse stato possibile portarlo con se, cosa avrebbe dovuto fare? Abbandonarlo per sempre? Suo fratello? Mai, pensava. 
Quando, preciso come una campana solitaria che rende omaggio al caduto, sentì lo stridio dei pneumatici arrestarsi, delle portiere aprirsi e i pesanti passi avvicinarsi sempre più alla porta. 
Si toccò la collanina un ultima volta, gli occhi chiusi, il pensiero a suo fratello, l'unica creatura rimastagli, l'ultima traccia della sua famiglia, la creatura per la quale aveva sacrificato tutto.
La porta implose, i pezzi e le schegge si sparsero a casaccio sul pavimento, gli esecutori invasero la casa. Un piccolo gruppo di bestie provenienti da Piazza Sahara, tre coyote, due sciacalli e una iena. Non erano enormi, non erano mastodontici, eppure tutti sapevano che ogni membro della "famiglia" di Mr. Big non era scelto a caso. Come i due orsi polari che li accompagnavano.
" Pensavo che Otterton sarebbe venuto di persona" disse lui, faticando nel mantenere salda la voce.
" E' in macchina" rispose uno degli orsi " Non ama sporcarsi le zampe!"
O'Rilla abbozzò un sorriso. " Spero che almeno il mio sangue imbratterà i sedili della sua auto!"
Le ultime parole di Gerart O'Rilla, campione del mondo dei pesi massimi di Zootropolis, il gorilla dalla forza dirompente, l'Indistruttibile, prima di gettarsi a capofitto in un conflitto dal quale non sarebbe mai potuto uscire vincitore. Avrebbe sferrato un pugno e avrebbe colpito in pieno i musi di quei criminali, ma quale sarebbe stata la loro risposta? Incassarono i colpi, ma risposero prontamente con delle mazze di ferro premute con violenza contro il suo cranio, una volta, due, tre, fino a ritrovarsi con la testa sfondata senza che ne avesse la consapevolezza, tutto in un lasso di tempo che sembrava a malapena una frazione di secondo. 
Accadde tutto così in fretta...
Il suo corpo fu trovato il mattino seguente, abbandonato sotto il lavandino. Lo avevano sistemato accuratamente lì, come un pupazzo che riposa contro il muro, su una mensola, e, ciliegina sulla torta, il suo stomaco era aperto, il sangue era colato abbondantemente come un fiume straripante e le viscere erano state tirate fuori e ammucchiate sul pavimento. 
Lo stato della casa, non ne parliamo...
Di suo fratello? Nessuna traccia...
 
 
 
 
 
Zootropolis, oggi
 
Sentii tutto il peso del mio corpo cadere in avanti. Poggiai la testa contro il gelido muro, accompagnandomi con una zampa, mentre Judy tentava di sorreggermi.
" Nick, per favore" disse " Devi riposarti. Tanto non abbiamo altra scelta. Siamo chiusi in una stanza con un'unica porta che, scommetto, è bloccata da fuori, e tu scotti tremendamente"
" E non ci aggiungi il freddo che fa, Carotina? Anche se fosse, il pelo mi fa da isolante, lo sai. Nonostante gli abiti..."
" Non m'importa, Nick! Anche se tu fossi una stufa ambulante ti proibisco di sforzarti! Non sei un supereroe, Nick!"
La guardai in silenzio. Faticava a trattenere le lacrime, e i suoi occhi mi supplicavano, come se vedessero il bruciore che mi attanagliava incessantemente la fronte. Il cervello era sul punto di scoppiarmi.
Senza aggiungere altro mi lasciai scivolare lungo il muro fino a sedermi sul pavimento. Judy abbassò le orecchie con un sorriso di gratitudine, poi si sedette a fianco a me, premette la testa contro il mio petto. Senza rendercene conto, ci addormentammo.
 
- Ehi, Carotina, sai che giorno è?- 
- No., Nick...-
- E' l'ultimo giorno dell'anno. Tra qualche ora cominceranno a rompere le scatole sparando interminabili fuochi d'artificio. ahah-
- Già, non ho mai potuto sopportare quel chiasso assordante!-
- E, invece, passare l'ultimo giorno dell'anno in una specie di cripta gelida e fetida invece che in una stanza enorme, piena di cibo e gente che fa casino?-
- A me basta essere insieme  te, Nick...-
- Già... Questo sarà anche il primo di tanti giorni che ti toccherà passare insieme a me, povera coniglietta-
- Cos'è, hai tirato fuori un po' di positività?- 
- Forse era solo sopita... Forse c'era bisogno di qualcuno che... La risvegliasse-
 
Aprii gli occhi più o meno mezz'ora dopo, o forse un'ora dopo, non lo so. Il bruciore si era temporaneamente placato, finalmente potevo girare la testa senza sentire pressioni dall'interno. Judy, invece, dormiva ancora, come fosse caduta in letargo. Aveva un'aria così serena...; mi alzai il più lentamente possibile, riuscendo a non svegliarla e adagiarla sulla mia giacca, lasciata a terra. Poi mi diressi alla porta, afferrai la maniglia e la smossi. Niente. 
Provai con più forza, provai anche a darci spallate, ma niente, non si smosse di mezzo centimetro. Judy aveva ragione, era bloccata dall'esterno. 
"Perfetto. E la stanza non presenta la minima traccia di un qualche fottuto passaggio o roba simile!"
Clank!
Uno scatto, qualcosa cadde a terra e la porta si aprì, e un debole ma nitido spiffero d'aria fredda mi invitò ad uscire.
Per qualche istante rimasi immobile davanti a quella porta. Cosa mi avrebbe aspettato una volta fuori? Chi avrei dovuto affrontare? Cosa avrei dovuto affrontare? 
Guardai Carotina un'ultima volta. Avrei voluto continuare a bearmi di quella sua dolce espressione così rilassata, con la stessa tranquillità che trasmetteva a me. Chissà se riuscirò a provarla di nuovo..
Pensai di prenderla in braccio e portarla fuori dalla stanza, con un po' di fortuna... Nah, troppi trip mentali!
Decisi. Andai incontro a ciò che mi aspettava, e se la fortuna si fosse decisa ad assistermi, sarei tornato indietro e l'avrei portata via.
Varcata la soia, si presentò l'ennesimo muro davanti a me. L'unico elemento degno di nota era una rampa di scale alla mia destra, immerse nella totale oscurità, come il resto dell'ambiente. L'uscita doveva per forza trovarsi in cima alle scale. Salii i gradini con cautela, con le orecchie dritte e pronte a captare qualsiasi suono o rumore. Cercai di mantenere la mente lucida e libera da ogni pensiero su cosa potesse aspettarmi, eliminando le più macabre e probabili possibilità. Non volevo morire. Non dovevo morire. Non poteva essere arrivata la mia ora. Non potevo permettere ad una stupidissima febbre di annebbiarmi il cervello in tutti i modi possibili. 
Fanculo! Fanculo, fanculo, fanculo, fanculo! continuavo a bofonchiare, mi aiutava a non pensare. 
Finalmente raggiunsi una porta in cima a quelle scale, una porta semi aperta, tenuta da un blocco di cemento. Era da lì che entrava il vento. 
Una volta aperta la porta, un gelo indescrivibile si scatenò davanti ai miei occhi; le forme erano opache, a malapena distinguibili, come cancellate da una gigantesca gomma. Niente palazzi, niente luci di lampioni, niente che potesse aiutarmi a capire in quale diavolo di zona mi trovassi. Solo dopo riuscii a distinguere mucchi di travi in ferro, in legno, mattoni e vari attrezzi da lavoro, e ad ogni angolo quattro enormi pilastri che circondavano il tutto con una recinzione di alte barre di ferro. Una rampa di scale portava ai piani superiori. 
Era un cantiere, ma non sapevo quale, poichè a Tundratown ce n'era più di uno, e la neve mi rendeva difficile individuare il posto. Quand'ecco che in cima alle scale, mezzo nascosto dal muro, intravidi la sagoma, ben familiare, di quel maledetto. Immobile, in tutta la sua possanza, con quel nero soprabito governato dal vento come il tenebroso mantello di un vampiro. Mi stava invitando a seguirlo. Deglutii e mi feci coraggio, ma appena poggiai la zampa sul primo gradino sentii la fronte ribollire.
" No,cazzo, non adesso!". Febbre del cazzo! " Proprio ora devi rompere?!"
Beh, che altro potevo fare? Salii fino a raggiungere il primo piano; esso non si presentava tanto diverso dal piano terra, eccetto per la presenza di mura e finestre, ma il pavimento era comunque lastricato di attrezzi e teloni. Il gorilla mi dava le spalle, intento a scrutare un orizzonte che, probabilmente, solo lui riusciva a vedere. Piombò il silenzio. Tra noi due la bufera quasi si placò. Eravamo forse giunti alla resa dei conti? L'unico conto che avrei visto sarebbe stato quello dell'ospedale, nel caso fossi sopravvissuto!
Visto che non si decideva a parlare, fui io il primo a rompere il silenzio. " Beh? Quanto hai intenzione di farmela sudare la fine?"
Si volse, mi guardò con quegli occhi d'acciaio, lucenti e affilati come lame pronte a perforare ogni centimetro del mio petto. Accompagnati da quei profondi respiri, apparivano ancora più terrificanti. 
" Perchè ti sei immischiato in questa storia, volpe?"
Assottigliai lo sguardo nel sentirmi chiamare volpe. " Cosa ti cambierebbe saperlo?" gli chiesi.
" Mi aiuterebbe a decidere se ucciderti o no"
Ridacchiai. " Che la mia risposta ti soddisfi o meno, non cambierebbe nulla. Anche perchè credo di essermi fatto una mezza idea su di te..." andai a sedermi su una trave al centro del piano " Correggimi se sbaglio: non conosco il nome, ma il cognome scommetto che è... O'Rilla!"
Il gorilla battè le nocche sul pavimento protraendosi verso di me. La bufera si infuriò ancora di più, e udii un sommesso ma potente ruggito nell'aria.
" Come l'hai scoperto?"
" L'ho intuito dalle foto che io e Judy abbiamo visto in quella specie di cantina. Io.. Ero un grande fan di Gerart, da cucciolo, seguivo tutti i suoi incontri, e più di una volta l'ho visto indossare questa" dissi tirando fuori dalla tasca la catenina " La stessa che si vede in quelle foto. Inoltre, sapevo che Gerart non permetteva a nessuno di indossarla, a parte, forse, a un membro della sua famiglia. E sapevo che aveva un fratello. Anche se non credevo un fratello maggiore, grosso così, poi..."
" Dovresti fare lo sbirro, sai?"
" Era il mio sogno da cucciolo, in effetti. Ma non credo potrò realizzarlo più, dato che so praticamente tutto e tu ti stai preparando a cancellarmi dall'elenco telefonico di Zootropolis. Ci sono solo due cose che vorrei sapere, prima di morire"
" Ovvero?" chiese lui girandomi attorno nello stesso modo in cui un predatore osserva la preda, preparandosi a saltarle addosso per sbranarla. Ironico che la preda, in quel momento, fosse proprio un predatore.
" Ho saputo chi ha ucciso Gerart, ma vorrei sapere: cosa c'entravano Howlingstone e il nipote del sindaco? Non mi pare che loro fossero implicati con il gruppo che ha ucciso tuo fratello. E seconda domanda: come hai fatto a diventare così grosso?"
Il gorilla si sedette sull'altro capo della trave. Preda e predatore, assassino e vittima spalla contro spalla, a parlarci, a confidarci come due vecchi amici, sulle teste degli abitanti di Tundratown, i quali nemmeno immaginavano cosa stava succedendo su di loro, mentre si preparavano a festeggiare l'ultimo giorno dell'anno.
" Se proprio ci tieni a saperlo mi chiamo Maximillian, e se ho questo aspetto.. E' colpa di una condizione fisica che si burla di me da quando ero cucciolo. Chiamala condizione, chiamala malattia, come cazzo ti pare, so solo che è da allora che vedo il mio corpo trasformarsi; i muscoli si ingrossavano man mano che crescevo, e gli sforzi ai quali ero sottoposto aumentavano con essi. Le cure, le visite mediche costavano così tanto che mandai i nostri genitori sul lastrico. E non riuscivo ad aiutarli. Gerart aveva tre anni quando i nostri genitori morirono... Io ne avevo sette"
Continuai ad ascoltare in silenzio.
" Non facevano che sfotterci di continuo all'orfanotrofio, ci consideravano dei poveracci, dei rifiuti. E io, beh, oltre che rifiuto cosa potevo essere se non un mostro?"
" Non credere che io sia stato trattato meglio, caro" lo interruppi " Sarò pure alto solo un metro e ottanta ma non sono certo nato con la camicia. Il giorno in cui nacqui, mio padre non venne nemmeno ad assistere..."
Di nuovo il silenzio tra di noi. 
" Certo che siamo proprio forti, Max" dissi " Sembriamo i protagonisti di un film drammatico , due poveri coglioni con cui la vita non aveva altro da fare che divertirsi. Come fa la vita a scegliere chi tormentare, secondo te? Accuratamente o va a casaccio?"
" Sai qual'è la cosa più spaventosa, volpe?" mi chiese. 
" .... Non sapere qual'è il tuo posto nel mondo"
Maximillian sospirò profondamente. " Dopo aver scoperto chi fece fuori mio fratello, lo vendicai. Mi vendicai anche di quelli che mi avevano snobbato da piccolo, e Howlingstone faceva parte di quella cerchia. Per Leocas, invece... Non lo so. Penso dipenda dal fatto che ormai ci avevo preso così tanto la zampa che non mi fermai più"
Nell'ascoltare il suo racconto, avevo in mente solo il musetto di Judy. Il suo musetto sorridente, con quegli occhioni spalancati e luminosi come stelle. Forse, con lei, avevo trovato il mio posto nel mondo...
" Se mi permetti una terza domanda, Max: mi ucciderai subito o mi lascerai il tempo di cercare un minimo di nascondiglio?" 
" Fai come credi" sussurrò lui " Se riesci a trovare un nascondiglio tra otto piani..."
Senza pronunciare altro mi alzai, mi diressi verso le scale e salii, salii senza fermarmi, con la testa che continuava a ballonzolare. Arrivai al quinto piano. Mi guardai attorno, mi nascosi dietro una pila di grossi tubi e attesi. Guardai oltre il balcone e per un attimo mi balenò l'assurda idea di buttarmi; avrei risparmiato la fatica al Cacciapredatori e l'avrei fatta finita buttandomi sulle barre che delimitavano l'area. Fine per fine... 
Ma falla finita, Wilde!
Quanto durò quel silenzio? Il tempo necessario ad un gorilla per arrampicarsi e raggiungere il piano dondolandosi tra un'impalcatura e l'altra e sorprendermi alle spalle.
" A nascondino sei pessimo!".
Ma nella corsa non mi batteva nessuno. Almeno prima. Le mie zampe non erano mai state afferrate prima d'ora con l'intenzione di scaraventarmi contro l'impalcatura. Con non so quale fortuna riuscii ad aggrapparmi ad essa invece di cadere, ma avvertii la tremenda sensazione del vuoto sotto di me. Egli si avvicinò furiosamente, ma con lo scatto degno di un ghepardo balzai verso destra, in cerca di qualunque cosa potesse rivelarsi utile come arma. La prima cosa che afferrai, un mattone, lo lanciai meccanicamente contro il suo muso, beccandolo sul naso. Indietreggiò leggermente con la mano sul muso per trattenere il sangue, mentre io mi precipitai ad afferrare qualcos'altro da spaccargli in testa, qualsiasi cosa, mi sarei accontentato persino di un martello. 
Non feci in tempo: mi afferrò per la gola e mi schiacciò contro il muro, spezzando in meno di mezzo secondo qualsiasi mio tentativo di respirare o reagire. Cos'avrei potuto fare contro un simile colosso, in fondo? Prima o poi mi avrebbe schiacciato comunque. Le forze mi abbandonarono lentamente, le zampe oscillavano come gli arti di uno spaventapasseri riempito di paglia e mossi dal vento, tutto cominciò a farsi scuro e silenzioso. La mia vita scivolò lungo il mio corpo come gocce di pioggia miste a lacrime. Il mio più grande rimpianto in quel momento? Non aver potuto dire apertamente a Judy cosa provavo davvero per lei. 
Era questione di secondi, ormai. Nella mia mente risuonava debolmente un addio, Carotina.. Mio amor.."
I pensieri si dispersero come uno stormo di uccelli spaventati da uno sparo. Il mio corpo piombò sul polveroso pavimento, il cuore riprese a rimbombarmi in petto, il fiato mi usciva prepotentemente dalla gola con la peggior tosse dei miei 32 anni. 
Mi voltai verso il colosso e lo vidi ruggire e reggersi la testa, dalla quale colava molto sangue. Dietro di lui c'era lei, Judy, con una grossa spranga di metallo in mano grondante sangue. Doveva averlo colpito proprio per bene per averlo fatto sanguinare così copiosamente. 
" Scappa, Judy!" le urlai con ogni singolo frammento di ossigeno rimastomi, ma lei, ovviamente, non volle darmi retta. Il gorilla la puntò, e anche se non riuscii a vederli, percepii la furia assassina che impregnava il suo sguardo.  Judy lo colpì una seconda volta, in piena mascella, cercando di indietreggiare per non farsi prendere. Se solo quello stronzo non le avesse distrutto la pistola..!
Mi guardai attorno, trovai delle barre d'acciaio sparse, ne presi una e la conficcai nella zampa sinistra del gorilla, mentre Judy continuava a colpirlo in testa. Il mostro si inginocchiò digrignando le zanne per il dolore intenso, con il sangue che colava copiosamente fin sotto la pianta del suo piede. Judy mi raggiunse e mi aiutò ad alzarmi. 
" Oddio, Nick, tutto bene?"
" Starò meglio quando ce ne saremo andati da..."
Entrambi venimmo scaraventati in aria da un possente pugno del gorilla, e ci ritrovammo sull'orlo del precipizio, bloccati solo da un pilastro e parte dell'impalcatura. Maximillian, ormai sempre più selvaggio, iniziò a distruggere tutto ciò che gli capitasse a tiro, ruggendo e battendosi il petto come fosse regredito allo stato primordiale. 
" Resisti, Carotina" le sussurrai " Qualcuno arrivrà ad aiutarci, te lo prometto!"
" Nick, io... ATTENTO!" 
Con entrambe le zampe mi spinse via, e senza che potessi rendermene conto, di Judy rimase visibile solo un mezzobusto. Il resto del suo corpo venne schiacciato, travolto da una bestia senza più una briciola di raziocinio che la trascinò con se nel vuoto. 
Erano scomparsi, e avevano portato via tutto il fracasso che avevamo provocato. 
Tutto tacque, come se un grande sudario si fosse posato su tutta la zona.
La bufera si placò. 
Vidi i fuochi d'artificio esplodere in cielo, ma non sentii alcun suono.
L'unico vagamente distinguibile, che si avvicinava sempre più, era quello delle sirene della polizia...
   
 
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