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Autore: Nell    13/10/2017    3 recensioni
Dal testo: "Il bianco era uno tra i colori che Levi non amava particolarmente.
Lo percepiva come qualcosa di asettico, vuoto e freddo, perfino per un carattere distaccato e rigido come il suo; inoltre era facile da sporcare, ma difficile da pulire."
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ATTENZIONE: lievissime informazioni sull'infanzia di Levi. (cap. 68) Saranno minime, ma è giusto avvertire.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Levi, Ackerman, Petra, Ral
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il bianco era uno tra i colori che Levi non amava particolarmente.
Lo percepiva come qualcosa di asettico, vuoto e freddo, perfino per un carattere distaccato e rigido come il suo; inoltre era facile da sporcare, ma difficile da pulire.
D’altronde, tra il passato e il presente, il suo destino associava spesso cose poco piacevoli con quel colore: le pareti spoglie della caserma, la tenuta da soldato che era costretto ad indossare, e il pallore del corpo morente di sua madre.

Petra era bianca di colorito, e Levi si accorse di lei per caso.
La notò per la prima volta in lontananza allenarsi nel campo di addestramento contro uno alto sicuramente il doppio della sua stazza. Doveva ammettere però che per essere così bassa si muoveva alquanto agilmente, riuscire ad assorbire discretamente i colpi e assestarne altrettanto di buoni.
La seconda volta che poté vederla meglio fu nel giorno della selezione delle squadre speciali, quando Petra era ferma in posizione di attenti in mezzo ad altri soldati in formazione e in attesa. Lui nel mentre camminava davanti a loro sfogliando con disinvoltura il curriculum di ogni singola recluta.
Fino ad allora non ne conosceva nemmeno il nome.
Chiamati i primi due per la sua squadra, continuò con attenzione la lettura: cinque titani uccisi alla prima spedizione all’aperto, due a solo e tre in gruppo.
Non male, pensò voltandosi verso il gruppo.
"Petra Ral!" Urlò scandendo forte il nome.
Dalla seconda fila si fece avanti lei, con visibile stupore nel volto.
Salì composta sul palco ed educatamente mostrò il saluto militare al capitano, affiancandosi poi ai suoi futuri compagni.
Faceva impressione vederla vicino agli altri due membri, così minuta rispetto a due stangoni alti minimo un metro e settantatré.
Finito di chiamare anche l'ultimo, Levi si rivolse ai quattro scelti.
"Da ora in avanti farete parte della mia squadra speciale. Più tardi vi darò tutte le informazioni che servono per il vostro allenamento e i compiti che vi saranno assegnati." Parlò secco, congedandoli subito con un gesto della mano.
Tutti insieme mossero ancora una volta il pugno destro sul petto.
Levi poté notare un leggero rossore tingere le guance chiare di Petra mentre si girò per andarsene.

[...]

La prima spedizione per la equipe di Levi fu un disastro: un titano anomalo alto 13 metri li attaccò a sorpresa, rompendo la formazione e lasciando il gruppo impreparato.
Due soldati morirono nell'abbattimento, Oruo se ne uscì con un braccio rotto e Petra si beccò una bella sfuriata da Levi.
Le aveva chiaramente comandato di aspettare nuovi ordini per evitare ulteriori rischi durante la procedura, ma disubbidì al capitano, e per salvare un altro compagno si fece accidentalmente afferrare dal mostro.
Levi rapido tagliò la collottola al gigante, e Petra ebbe modo di liberarsi da quella stretta famelica prima che la bestia cadesse rovinosamente a terra.
Scampato il pericolo, la giovane s’inginocchiò sull'erba per lo spavento, stringendosi nelle spalle ancora in preda all'adrenalina e al dolore muscolare.
Non ebbe il tempo di respirare però che Levi le si piazzò davanti e la tirò su per la giacca.
Era alto due centimetri più di lei, ma la forza che usò fu sufficiente a farla rimanere sulle punte dei piedi.
La donna non notò la differenza tra la presa del gigante e quella del capitano.
"Guai a te se la prossima volta non fai quello che ti dico." Disse con disprezzo, osservando gli indumenti di lei cosparsi di sangue umano e non, e il suo volto sfregiato da graffi e alcuni lividi scuri.
La mano di Levi tremò ancora anche quando la lasciò andare.
  
[...]

"Cosa stai combinando?" Le chiese annoiato, appoggiandosi allo stipite della porta.
La ragazza saltò in aria per la sorpresa, come se fosse stata beccata a fare qualcosa che non dovesse fare.
Era un sereno giorno di riposo e la soldatessa, rientrata da una passeggiata, era sgattaiolato silenziosamente in cucina; Levi insospettito dal suo comportamento insolito l'aveva seguita.
"Nulla di che capitano. Mi stavo solo preparando una tisana." Si giustificò, osservando l’uomo avvicinarsi scettico alla vista del tavolo cosparso da erbe selvatiche.
"Cosa sono questi?" Domandò prendendo e studiando con attenzione un rametto di foglie verdi con piccoli fiori bianchi. Era certo che non fosse qualche sostanza illegale, ma voleva essere sicuro che Petra non stesse facendo qualcosa di strano.
"Sono delle foglie di timo, Signore.” Illustrò subito la soldatessa, indicandogli dei piccoli dettagli.
"Quando sono tornata dal bosco ho visto un piccolo cespuglio e… ne ho raccolto un mazzetto." Rispose timida, preparando una seconda tazza.
"Ne vuole un po'?" Chiese educatamente, ma sempre con un velo di vergogna, cominciando a versare la bevanda calda.
Levi preferiva il the nero alle tisane: non vi trovava alcun beneficio e anziché rilassarlo lo faceva sentire ancora più nervoso; tuttavia, sapeva che qualsiasi cosa cucinata o preparata da Petra, nel bene o nel male, non avrebbe ucciso nessuno.
Bevve un sorso, ammettendo il gradevole sapore aromatico e intenso lasciato dalla piantina.
"Non sapevo ti fossi data all'erboristeria." Disse eccentrico, continuando a bere.
Petra strofinò le dita intorno alla superficie del suo bicchiere.
"Me l'ha insegnato mio padre a farla. Abbiamo un piccolo campo con queste davanti casa. Lo preparavamo perché questo tipo di tisana aiuta a dormire e..."
"Mi prendi in giro?" La interruppe lui, conoscendo anche lei il suo problema d'insonnia.
Contraddetta, Petra fece per spiegarsi meglio, ma lui la zittì bevendo un altro lungo sorso.
Continuarono a sorseggiare in silenzio il loro infuso, quando ad una certo punto Levi dedicò la sua attenzione al rametto rimastogli in mano.
"Dove abitavo io da piccolo non cresceva niente. Forse qualche erbaccia di fogna, ma niente di più.
Non avevo idea nemmeno di quale fosse la forma di un fiore. Fu solo grazie a mia madre se ho potuto conoscere già la stessa parola." Sospirò, sentendo gli occhi di Petra puntati addosso.
"Da moccioso, lei era talmente debole che per sopravvivere cominciai a commettere piccoli furti. Un giorno vidi in una bancarella con delle strane erbe e gliene portai un po’.
Anche se fui rimproverato per la mia bravata, fu contenta di quel piccolo regalo. Mi spiegò che le avevo portato dei fiori di glicine e che simboleggiavano affetto." Si girò verso Petra.
"Sai se questa pianta ha un significato?" Chiese lui, tendendole un fiore.
La soldatessa rimase un attimo interdetta all’improvvisa e inusuale domanda, abbassando lo sguardo e riflettendoci per qualche secondo.
"Se non ricordo male, una volta mio padre mi disse che significano l’impegno e la diligenza. Ma una volta lessi in un libro che potevano anche indicare l'amore duraturo."
"Amore duraturo, dici?" Chiese di nuovo, staccandosi dal bordo del tavolo su cui era appoggiato.
Con delicatezza le alzò il volto e la baciò gentilmente sulle labbra.
Petra non provò ad opporsi, ma rimase ferma al contatto con la sua bocca, anche se poi pure lei ricambiò ciò che il capitano le stava dando.
Lui non era bravo con le emozioni, e lei con le dichiarazioni, ma quel bacio sembrò l'espressione migliore per esprimere quel desiderio represso.
Si staccarono poco dopo guardandosi silenziosamente negli occhi e con le punte dei nasi che ancora si sfioravano.
"Sai che posso ammonirti perché hai portato oggetti esterni al rifugio senza il mio consenso?" Chiese lui lentamente, versando un altro po' di tisana nella tazzza e avvicinandosi alla porta della stanza.
Petra lo guardò incredula, ma poi sorrise.
”So che non lo farai." Rispose lei alla provocazione.
Levi bevve un altro sorso.
"Hai ragione." Concluse lui dandole le spalle e scomparendo oltre l’uscio della porta.
   
[...]

Petra aveva la pelle bianca, ma Levi ormai non ci faceva più tanto caso.
Risaltava quei bellissimi occhi ambrati, le rosee labbra e i luminosi capelli castani, ora scompigliati per tutto il cuscino.
Studiò attentamente ogni suo dettaglio, segnandola con la bocca e con le dita mentre la stringeva forte a se in preda al fermento. Quasi gli dispiaceva rovinare quel colore così chiaro, ma la voglia di averla era troppo forte.
Si divertì a stuzzicarla nei punti sensibili, a giocare con il suo corpo, e provò un senso di orgoglio ogni volta che lei pronunciava il suo nome.
Petra per ripicca gli riservò lo stesso trattamento, e tra morsi e carezze riuscì qualche volta a strappargli un forte gemito; anche quelle potevano considerarsi piccole soddisfazioni personali.
Si amarono fino a che entrambi si sdraiarono stanchi l’uno tra le braccia dell'altra.
Avrebbero voluto stare in quella posizione in eterno, al caldo sotto il lenzuolo, ma sapevano che prima o poi il dovere avrebbe chiamato e che non potevano permettersi questo tipo di intimità finché stavano in caserma.
Rimasero sdraiati per qualche altro minuto, prima che Petra sciolse quell'abbraccio per andarsi a rivestire. Levi sospirò seccato, mentre osservò la donna rimettersi con calma la biancheria: un particolare colse la sua attenzione.
"Ti stai dimenticando di coprire quel coso là." Le ricordò, indicandole un piccolo succhiotto in vista,  nonostante il colletto della camicia e i capelli a caschetto le coprissero gran parte del collo.
"Dovresti stare più attenta." Continuò poi, sedendosi sul bordo del letto e cominciando a vestirsi pure lui.
Petra smise di abbottonarsi la camicia e si voltò seccata. Con due grandi falcate sì avvicinò all’uomo, e con le braccia incrociate al petto lo guardò dall'alto e basso.
"Non è colpa mia se il primo a non fare attenzione sei tu."
Sentenziò con malizia, toccandogli l'enorme macchia violacea vicino alla nuca.
Dannata presunzione femminile, pensò afferrandola per il braccio e tirandola a se per baciarla di nuovo.
 
[...]

“Capitano?” Nessuna risposta. La soldatessa gli si avvicinò pensierosa tendendo strette le redini del suo equino.
“Capitano…” ancora niente. Era troppo impegnato a stringere la sella al suo cavallo.
Si assicurò che intorno non ci fosse nessuno e che la sua puledra fosse altrettanto calma. Respirò a fondo.
“LEVI!” Urlò alla fine.
“Che c’è?!” sbottò lui ridestandosi e guardandola con fare scocciato.
Odiava alzare la voce, ma schiodare Levi dal suo flusso di pensieri era difficile quanto uccidere un gigante anormale di 15 metri.
“Il tuo cavallo si sta strozzando per quanto gli hai stretto il morso!” Affermò dandogli in mano redini della sua puledra e cominciando a sfilare velocemente le cinghie della testiera; l’animale scrollò la testa per gratitudine.
“Non me ne sono accorto.” Risposte lui atono, accarezzando il collo del malcapitato.
“Già, peccato che me ne sono accorta io.” proseguì lei continuando a regolare le fibbie.
Levi la osservò interrogativa.
“A dir la verità me ne sono resa conto da stamattina: non ascoltavi quello che Erwin diceva alla riunione e a pranzo ti sei fatto soffiar via il pane da Hangie e nemmeno ci hai fatto caso.” Disse lei voltandosi una volta finito di sistemare il resto dei finimenti.
“Quale sarebbe il problema?” chiese impassibile l’altro.
“E’ questo il tuo problema! Ti accorgi sempre di tutto, e ad Hangie una soffiata così non gliel’avresti fatta passare. Che ti prende?” Seppur Petra lo scrutò seria, alla sua domanda non ci fu risposta. Levi tornò a stringere la sua sella nonostante tenesse ancora le redini del cavallo della soldatessa.
“Tu… sei preoccupato per la spedizione di domani, non è così?” domandò ancora una volta.
“Abbiamo un moccioso con un fottutissimo potere da gigante che potrebbe salvare il mondo, ma che guarda caso non sa usare se non per raccogliere un cucchiaino. Nel frattempo ci sono persone che lo vogliono morto e domani dobbiamo uscire dalle mura. Come posso stare calmo secondo te?” affermò lui retorico, guardandola di nuovo in faccia.
“Non ti fidi della tua squadra dopo tutto quello che abbiamo passato.” disse lei con una nota di delusione.
“Non è questo il punto, Petra.” Contrattaccò lui alzando leggermente la voce.
“Allora cosa ti dice che domani andrà male?!” continuò.
“L’istinto.” Concluse sostenendo il suo sguardo. Petra aprì impercettibile la bocca. Era la stessa risposta usata per sostenere Eren in quella improvvisa trasformazione.
“Mi sono sempre fidata del tuo istinto. Ma per quanto tu lo possa seguire, questa volta poni fiducia anche nella tua squadra, Levi.” Disse lei accarezzandogli le mani e riprendendo le redini.
Mentre s’incamminò con la sua puledra per uscire, si voltò un'ultima volta.
“Erwin mi ha dato il compito di consegnarti un rapporto. L’ho messo affianco al tuo box. Non ci  concesso di leggerlo.” Disse con un lieve sorriso e andandosene.
Gli occhi di Levi seguirono la figura sparire dietro l’angolo, per poi spostarsi su un biancastro foglio di pergamena arrotolato sopra il suo baule.
Non era un buon segno.
 
Il bianco è il colore del silenzio.
 
I rumori, i passi, le urla, tutto non sembrava avere più senso in quello scenario tanto assurdo quanto vago.
Petra era bianca e quieta. E questa volta lo era fin troppo.
Un lenzuolo sporco le copriva buona parte del corpo immobile e il rosso del sangue sporcava quel poco che si vedeva del suo candido colorito.
Quella sciagurata spedizione era terminata, e con lei si era portata via più di quanto si potesse calcolare.
Levi era fermo davanti alla piccola figura accantonata e messa da parte, a contemplare quel che ora rimaneva di lei e della sua squadra.
Non seppe nemmeno lui come riuscì a trattenersi da quella irrefrenabile voglia di andare a far del male ad Erwin.
Forse, se non avesse scelto di obbedire al suo ordine, sarebbe riuscito a catturare il titano femmina, a proteggere Eren, a evitare di slogarsi una caviglia, a salvare i suoi compagni. Forse lei sarebbe ancora viva…
O forse saresti morto pure tu. Pensò confuso inginocchiandosi a terra.
Giusto o sbagliato, era comunque cosciente che i suoi rimorsi, come le sue cicatrici, non sarebbero mai scomparsi.
Si maledì per l'ennesima volta, scostando il velo e scucendo con attenzione il simbolo della legione dalla giacca di Petra e infilandoselo in tasca.
Rivoleva indietro la donna che gli aveva fatto amare quello che per lui era solito odiare.
 
 

Angolino:
Capisco che sono parecchio deprimente e che è meglio leggere storie in cui questa coppia vive felicemente e figlioccia tanto, ma non ho per ora abbastanza fantasia per elaborare qualcosa del genere. Per cui ho voluto fortemente scrivere questo.
Boh, ogni tanto ho bisogno di sfogare piccole sensazioni dopo le batoste di SNK, Levi e Petra compresi. Thanks a lot Isayama.
Per l'impostazione ho preso spunto da vecchie fanfiction, e per la scelta di usare il bianco come base su cui concentrarmi, anche se inizialmente è stata un pò casuale, mi ha interessata molto, perché, ricerche internet a parte, in un corso di video-montaggio il prof ha spiegato l’influenza dei colori nelle emozioni e nei suoni; infatti, il bianco è il colore del silenzio.  
Non sarà una storia originale, ma la utilizzo come semplice esercizio di scrittura. Accetto molto volentieri critiche, obv. <:
See you soon. I hope.
   
 
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