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Autore: Skylark91    13/10/2017    9 recensioni
Sevitus Post-GOF: l'estate immediatamente successiva al quarto anno di Harry porta con se nuovi problemi, sfide e... drastici cambiamenti. Un susseguirsi di vicende molto particolari indurranno il ragazzo ad avvicinarsi alla persona più improbabile nel ricoprire il ruolo di mentore e... qualcosa di più. (Non-Slash)
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Severus Piton, Sirius Black, Voldemort
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
Capitoli:
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XXI.
Heart to Heart




Severus trovò estremamente difficile mantenere in viso l'abitudinaria espressione austera e impassibile che si era prefissato di usare con il suo protetto per il resto della giornata. Persino lui doveva ammettere che vedere la faccia di Potter sospesa a due centimetri da una pozzanghera piena di fango era oltremodo divertente, e la cosa stava certamente mettendo a dura prova le sue doti di esperto Occlumens.

«Ma tu guarda,» mormorò con voce soave, scuotendo leggermente la testa in segno di disapprovazione, «l'urgenza di specchiare il tuo riflesso era così tanta da non poter attendere il nostro rientro al castello, Signor Potter?»

Ironia, buon segno. Forse non è poi così arrabbiato per prima...  

Harry storse il naso, in quel preciso momento tappato nel disperato tentativo di tenere lontano l'odore maleodorante che proveniva da sotto di lui. «Non è divertente,» si lamentò, nonostante sapesse bene che, se non fosse stato per Piton e i suoi riflessi magici, a quest'ora il suo intero corpo - viso compreso - sarebbe stato ricoperto di fango puzzolente. «Sempre che questo non faccia già parte della punizione che hai intenzione di riservarmi...»

La faccia di Severus si aprì in un'espressione di finta sorpresa e apprezzamento. «Per essere una frana in Occlumanzia, non male, Potter,» proseguì Severus, in un tono che voleva evidentemente prendere in giro l'osservazione espressa da Harry, «prevedere una punizione per il tuo comportamento idiota di poco fa... quale incredibile sorpresa.»

Harry roteò gli occhi, non troppo offeso dal commento dell'uomo, mentre sentiva lo stesso incantesimo che lo aveva tenuto sospeso fino ad allora aiutarlo a rimettersi in piedi. Il sarcasmo di Severus Piton gli avrebbe un tempo procurato un indicibile prurito alle mani e la malsana voglia di prendere a pugni qualcosa. Ora doveva ammettere che non era troppo male. Anzi, tutto il contrario. «Ho calcolato male l'atterraggio. Anche questa volta,» disse Harry una volta stabile sui propri piedi, prima che l'altro potesse aggiungere qualcosa. «Non è necessario girare il coltello nella--» stava continuando il giovane, ma la sua voce andò scemando mentre si rendeva conto che l'attenzione di Severus era stata catturata da qualcos'altro.

Richiamato dallo stesso, peculiare rumore, Harry aguzzò la vista contro la luce del sole in procinto di scendere oltre l'alta linea di alberi che formavano la Foresta Proibita. La grossa sagoma di un mastino napoletano correva a perdifiato verso di loro, abbaiando con urgenza. I due lo videro fermarsi a poca distanza da loro - continuando a latrare con insistenza perché lo seguissero - e fu allora che Harry si avvide della grande figura rivolta a terra, l'inconfondibile stazza poteva appartenere solo a...

«Hagrid!» gridò Harry, oltrepassando Severus e i cancelli di Hogwarts, sprintando verso il Mezzo-Gigante con quanto fiato avesse in corpo. Thor lo seguì fino al punto in cui l'amico era collassato, evidentemente stremato dalle numerose ferite che si intravedevano dagli squarci nell'enorme pelliccia indossata da Hagrid.

Harry si inginocchiò accanto alla sagoma gigante, caduto a faccia in giù nel polveroso sentiero sterrato e cercò di rivoltarlo sulla schiena, senza successo. Sembrava respirare fortunatamente, ma a giudicare dalla fatica che faceva, le sue condizioni non dovevano essere delle migliori. «Cosa facciamo adesso?» Harry alzò gli occhi su Severus, che l'aveva raggiunto e aveva già lanciato il proprio Incanto Patronus in direzione del castello.

«Gli incantesimi per trasportarlo non funzioneranno, visto il suo sangue da gigante,» rispose alla svelta Severus, rimboccandosi la veste scura intorno agli avambracci con scioltezza, in modo da intervenire quanto più velocemente possibile. «La capanna è a due passi ormai, aiutami a trascinarlo.»

Harry deglutì, facendo del suo meglio per dare il proprio contributo. Insieme, e con sforzo estremo, i due riuscirono a girare il mezzo-gigante affinché non si danneggiasse ulteriormente il volto già graffiato e tumefatto durante il tragitto fino alla capanna. Per quanto breve il percorso fosse, ad Harry parve lungo miglia dalla fatica nel fare muovere Hagrid di soli pochi passi. La porta della casetta non illuminata fu spalancata da un incantesimo non verbale di Severus, che fu il primo ad entrarvi, trascinando con sé il mezzo gigante per le braccia; Harry, che spingeva - o almeno ci provava - l'uomo per una gamba, per poco non inciampò nella figura agitata di Thor, che continuava ad abbaiare in mezzo a loro.

«Accendi il fuoco, mentre io mi occupo di assestare i danni,» ordinò Severus, piegato sulla figura stesa di Hagrid, mentre Harry si affaccendava alla ricerca degli strumenti necessari. «Con la bacchetta, siamo ad Hogwarts, ricordi?»

«Sì, signore,» mormorò Harry, imbarazzato; nel panico generale si era dimenticato - ancora una volta - che Severus gli aveva permesso in più di un'occasione di usare magie nel corso dell'estate, purché protetto dalle mura del castello, dove gli incantesimi dei minorenni non avrebbero potuto essere rintracciati dal Ministero. «Cosa posso fare adesso?» chiese subito Harry, ansioso di rendersi utile, una volta che il fuoco ebbe preso a crepitare nel grande camino.

«Occupati dell'ammasso di pulci,» Severus digrignò i denti contro l'invadenza di Thor, che sembrava fare di tutto per ostacolare l'uomo chino sul proprio padrone, intento a lanciare incantesimi diagnostici sul mezzo-gigante per assestarne i danni. Se Hagrid non fosse stato in condizioni tanto avverse, Harry avrebbe trovato divertente il modo in cui il grosso mastino napoletano cercava di catturare l'attenzione di Severus con feste e leccate a tradimento.
 
Con la scusa di dargli i suoi biscotti preferiti, Harry riuscì nell'intento di allontanare l'ingombrante cane da Severus. «Cosa può avergli procurato tutte queste ferite?» domandò Harry, piano, dopo qualche minuto di silenzio in cui pensò fosse meglio lasciare che il proprio guardiano lavorasse in santa pace.

Severus rimase concentrato sul proprio compito, senza interrompere il contatto visivo con le numerose ferite sul corpo di Hagrid. «Principalmente altri giganti. I diversi segni di zoccoli su alcuni punti della sua pelle indicano che è stato vittima anche di un attacco da parte di centauri,» replicò l'uomo.

In quel momento, il grande camino alla destra di Harry si illuminò in una vampata verde e il ragazzo per poco non sobbalzò quando Madama Chips e Albus Silente vi uscirono, con evidente urgenza.

«Severus, abbiamo ricevuto il tuo Patronus,» disse Silente, mentre Madama Chips si affrettava ad affiancare Severus nell'accertarsi delle condizioni di Hagrid, «Poppy ha portato la salvia e l'essenza di dittamo.»

«Oh, povero Rubeus,» sospirò Poppy, dedicandosi immediatamente all'applicazione dell'unguento adatto a trattare le ferite più gravi. «Per quanti giorni sarà andato avanti senza occuparsene...»

«Alcune lesioni risalgono almeno a due settimane fa,» disse Severus con voce grave, aiutando Poppy nell'impresa, prima di interrompersi per qualche secondo, solo per lanciare uno sguardo verso Silente, «Albus, posso chiederti di accompagnare Potter nei sotterranei e assicurarti che non subisca altri attacchi?»

«Ma posso essere utile qui!» esclamò Harry, balzando in piedi, deciso a fare qualcosa. «Hagrid ha bisogno di--»
  
«--di spazio in cui operare,» tagliò corto Severus, inflessibile, fulminando il ragazzo per interrompere qualsiasi altra protesta. «Non ci vorrà molto, se ci lascerai fare il nostro lavoro.»

Harry deglutì la delusione che provava nel sentirsi additare come l'anello "inutile" del gruppo mentre la mano di Silente si posava sulla sua spalla, un sorriso bonario a tingergli le labbra in un gesto incoraggiante.

«Coraggio, Harry,» disse il vecchio mago, cercando di suonare rassicurante, «lasciamo che Poppy e Severus lavorino senza distrazioni da parte nostra. I bauli di Harry, Severus?»

«Sono già all'interno delle stanze,» grugnì il Pozionista, come se ritenesse la domanda futile, «conosci il modo per accedervi, Albus.»

«Molto bene,» sorrise ancora Silente, prima di fare segno ad Harry di precederlo.
 
Il ragazzo prese una manciata di Polvere Volante da gettare nel camino e, su indicazione del Preside, pronunciò il nome della loro destinazione. Prima di attraversare le fiamme color verde acceso, Harry valutò che almeno non avrebbe dovuto sopportare l'ennesimo viaggio tramite la tanto odiata Materializzazione.
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«Da questa parte, Harry,» Silente guidò il ragazzo attraverso l'ufficio di Piton. I due oltrepassarono la scrivania del professore di Pozioni, finché non si ritrovarono di fronte alla stessa parete disadorna che Harry sapeva condurre verso quelle che immaginava essere le stanze private di Severus ad Hogwarts.

«Il professor Piton ti mostrerà il modo per entrare Harry, è l'unico che può trasmettere il permesso di accedere ai suoi alloggi personali ad altri,» spiegò Silente, appoggiando la propria mano sulla fredda e spoglia parete davanti la quale sostavano.

Il giovane osservò la pietra tremare leggermente sotto il tocco del vecchio mago, prima di spostarsi e lasciar posto ad una pesante porta in mogano scuro. Harry sentì un tremito di eccitazione percorrergli la schiena nel varcare quella soglia, la sua irrefrenabile curiosità già pronta ad alimentare la fervida immaginazione di quanto avrebbe trovato all'interno del 'quartier generale' personale del suo guardiano magico.

Se ripensava a se stesso e al rapporto con Piton di sole due settimane prima, di certo non si sarebbe mai visto in una simile circostanza in questo preciso momento.

L'ingresso era stretto, ma neanche troppo. Il portamantelli che Harry aveva intravisto la volta precedente si trovava nello stesso punto in cui ricordava, a sinistra appena entrati; il breve corridoio sfociava quasi immediatamente in quello che era uno spazioso salone. I colori che decoravano la larga stanza non erano certamente quelli che Harry si sarebbe aspettato da un uomo che indossava nero in ogni stagione dell'anno. La sala appariva, invece, sorprendentemente accogliente, con la tonalità marroncina dei divani in pelle posizionati ad angolo di fronte al camino scoppiettante e i numerosi tappeti che decoravano il pavimento, ricoprendo la fredda pietra in modo uniforme ed elegante. Qualche arazzo qua e là tappezzava le pareti, ma la prima cosa che balzò all'occhio di Harry, fu l'incredibile ammontare di libri di cui l'uomo disponeva; il ragazzo ricordava ancora la gigantesca libreria che aveva visto nel laboratorio di Piton, e sapere che quella era solo la superficie di tutta la sua collezione di tomi lo sorprendeva non poco.

Silente condusse Harry lungo un altro corridoio, che collegava la zona giorno con quella notte.

«La camera del professor Piton è questa, in mezzo abbiamo il bagno e... oh, sì eccola qua, in fondo al corridoio abbiamo la tua stanza Harry,» disse l'anziano mago, facendo segno al ragazzo di raggiungerlo e indicando un punto in cui era evidente che prima non dovesse ospitare alcun locale. «Noto con piacere che Severus ha avuto il tempo di aggiungere gli ultimi accorgimenti.»

Harry esitò leggermente nel varcare la soglia. Silente si fece da parte per farlo avanzare all'interno, osservando con curioso interesse la sorpresa negli occhi del ragazzo. Harry lasciò vagare il proprio sguardo attorno a sè, la bocca appena schiusa a formare una piccola 'o' di meraviglia. Non aveva mai visto una stanza tanto grande per una sola persona; né tantomeno poteva dire di averne mai posseduta una. Doveva essere grande quanto la stanza che condivideva nel dormitorio di Grifondoro con i suoi quattro compagni... con la differenza che questa era interamente solo per lui. Inoltre, la camera era sorprendentemente decorata con gli stessi colori caldi e familiari della sua casata di appartenenza, dalle pareti al comodo letto in un angolo. Un tocco che Harry non si sarebbe aspettato da Piton, per quanto il loro rapporto fosse migliorato nel frattempo, così come non si sarebbe aspettato che l'uomo avesse trovato il tempo da dedicare all'aggiunta e decorazione di una camera in più solo per lui.

Il ragazzo lasciò scivolare una mano sulla pregiata scrivania di legno d'acero che si trovava accanto a lui, mentre gli occhi si posavano nel frattempo sullo spazioso armadio posto sull'altro lato; era così grande che Harry era sicuro di non possedere abbastanza vestiti nemmeno per riempirlo a metà. Le sue dita si mossero distrattamente verso il colorato mappamondo sulla scrivania, movimento che fece roteare la sfera leggermente. Il ragazzo si schiarì piano la voce, cercando di mascherare il proprio imbarazzo.

«Il... professor Piton ha fatto tutto questo per me?» mormorò, a voce bassa, incapace di incontrare gli occhi di Silente.

«Sì, Harry,» rispose l'uomo con semplicità, sorridendogli con dolcezza. «Ha pensato che aggiungere familiarità alla tua nuova stanza avrebbe aiutato il tuo spostamento qui.»

Harry annuì, cercando di sopprimere l'urgente senso di colpa per come si era rivolto all'uomo quel pomeriggio.

«Immagino tu non abbia ancora mangiato, dico bene?» disse ancora Silente, distraendolo dai pensieri evidenti che turbinavano nella testa del giovane. «Non ti ho ancora mostrato la cucina in effetti...»

«Preferisco aspettare il professor Piton, signore,» rispose il ragazzo, con rinnovata energia, «non ho molta fame a dire il vero... e ho ancora questo zuccotto che mi hanno regalato al San Mungo, ora che ci penso, nel caso in cui tardasse,» sorrise, pescando nella propria tasca.

«Mio caro ragazzo,» il sorriso di Silente si allargò ancora di più se possibile, «dubito che il professor Piton voglia vederti morire di fame al tuo primo giorno qui, senza neanche aver avuto la possibilità di elencarti le regole per una buona convivenza con lui,» strizzò l'occhio con gentilezza, guadagnandosi un sorriso divertito, «ma fai come preferisci, Harry, e sentiti pure libero di sistemare le tue cose, sarò qua accanto a parlare nel camino se hai bisogno di me,» aggiunse, osservando il ragazzo avvicinarsi ai propri bauli, ordinatamente posati su un lato sgombro della camera.

«Grazie, professore,» disse Harry, iniziando a tirar fuori i propri averi e ad arricchire la sua nuova, personalissima camera da letto con un ritrovato sorriso sulle labbra.
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«Oh, Severus,» la voce di Silente richiamò l'attenzione del ragazzo occhialuto, che smise immediatamente di riordinare la sua nuova stanza per correre nella sala da cui provenivano le voci. «Deduco che sia andato tutto bene?»

«Come sta Hagrid?» chiese subito Harry, facendo capolino nel soggiorno.

Severus gli lanciò uno sguardo, chiaramente ancora non avvezzo a vedere il giovane Grifondoro sbucare dalle proprie stanze con tanta casualità. «Ha ripreso conoscenza ed è per il momento stabile. Poppy vigilerà sulle sue condizioni finché non le darò il cambio,» rispose, prima di tornare a guardare Silente. «Hai saputo qualcosa dagli Auror incaricati di recuperare Minerva?»

«È stata scortata con successo a Grimmauld Place,» disse Silente, alzandosi dal divano su cui era stato comodamente seduto fino a quel momento, prima di avviarsi verso il camino. «Vado proprio ora a farle visita... vi auguro una buona serata, immagino abbiate molto di cui parlare,» sorrise a entrambi, per poi sparire dietro ad una voluta di fiamme verdi.

Seguirono attimi di silenzio, prima che gli occhi di Severus si posassero sul tavolino da caffè di fronte ai divani, dove un vassoio di tè fumante e pasticcini li attendeva. L'uomo storse il naso leggermente, in una smorfia con cui Harry era diventato più che familiare.

«Sembra che il nostro caro vecchio Preside non abbia perso tempo a renderti complice delle sue cattive abitudini con leccornie fuori pasto,» scosse la testa Severus, mettendo fine al silenzio che aleggiava su di loro.

Harry lo guardò dirigersi verso la cucina e agitare la bacchetta in un fluido gesto. «Ci ha provato,» commentò, osservando distrattamente mentre gli utensili da cucina prendevano ad agitarsi da soli, «ma ho pensato fosse meglio aspettarti,» disse Harry, mordendosi il labbro inferiore, prima di decidersi a continuare.

«Immagino ti abbia già mostrato la tua stanza...»

«È fantastica!» esclamò il ragazzo con ritrovato entusiasmo, prima ancora che Severus potesse terminare la frase, mentre iniziava a snocciolare i dettagli che più lo avevano meravigliato. «Ha persino un appendi-scope a muro ed un kit per la manutenzione!» esclamò.

Una corta risata nasale sfuggì a Severus, onestamente colpito dall'improvviso cambio di umore del giovane, mentre percorreva il corridoio che collegava la sala con la zona notte. «Se proprio dovrai continuare a praticare quello sport animalesco, almeno lo farai nel massimo della sicurezza,» giunse la sua voce dal bagno.

«E ha una scrivania enorme!»

«Non oso chiederti dove tu abbia studiato per tutti questi anni,» rispose con drammaticità esagerata l'uomo, mentre Harry poteva udire l'acqua scrosciare nel lavandino.

«Credi che possa aggiungere qualche stendardo di Grifondoro alle pareti?» proseguì Harry euforico.

«Qui dentro da meno di un'ora e già ad avanzar richieste,» Severus sospirò in modo quasi teatrale, «tipico.» La sua voleva essere evidentemente una battuta, ma Harry si rese conto che in tutto questo non si era ancora scusato per il comportamento avuto quel giorno.

Attese che l'uomo tornasse, prima di parlare nuovamente. «Quello che voglio dire è...» si interruppe un attimo, insicuro, alla ricerca delle parole adatte da utilizzare per l'occasione, «... che mi dispiace,» cercò gli occhi neri del suo guardiano, prima di continuare: «per quello che è accaduto oggi, intendo.»

Severus lo fissò per qualche istante, prima di dire, con estrema semplicità: «Credo che la cena sia pronta.»

Harry lo fissò instupidito per diversi secondi, incerto se aveva capito bene o meno. «Cosa...?»

«La cena è pronta, Signor Potter,» ripeté Severus, con la stessa espressione di condiscendenza con cui ci si rivolge a uno stupido. «Ho pronunciato qualche parola che non ti è familiare, per caso?»

«Credevo dovessimo avere una discussione stasera,» ribatté Harry, inarcando un sopracciglio al suo tono.

«Ovviamente,» rispose Severus, muovendo la bacchetta perché la tavola circolare del salone venisse apparecchiata, «mi sto solo occupando della tua alimentazione, Potter, o credi che mi sia dimenticato che il tuo stomaco sia attualmente vuoto e privo dei nutrimenti che necessita a quest'ora del giorno?»

Harry bofonchiò qualcosa che suonò come un 'non ti capisco proprio a volte', prima di attraversare la stanza sotto lo sguardo intenso di Severus e acconsentire a sedersi a tavola. «Possiamo parlare mentre mangiamo o è proibito fare entrambe le cose contemporaneamente?» si morse la lingua, già pentito di quanto gli era sfuggito dalle labbra.

«In vena di sarcasmo, Signor Potter?» Severus piegò le labbra in un piccolo ghigno beffardo di fronte alla sua espressione, mentre il suo coltello iniziava a tagliare la spessa bistecca al sangue davanti a sè. «Ti suggerisco di fare attenzione con chi lo usi.»

«Possiamo tornare a Harry, per favore?» si lamentò il ragazzo a bassa voce, iniziando a versarsi una manciata di patate arrosto nel piatto.

Severus si limitò a mangiare qualche boccone con garbo, prima di posare nuovamente lo sguardo su di lui, ogni traccia dell'ironia di poco prima sparita dal suo volto di nuovo serio. «Harry,» sospirò, «hai idea di quello che sarebbe potuto accadere oggi?» Vide il Grifondoro abbassare gli occhi nel proprio piatto e lasciò che la pausa rimarcasse la gravità delle sue parole. «Di quello a cui saresti potuto andare incontro se non fossi intervenuto in tempo - ancora una volta?»

Harry sentì le proprie viscere contorcersi dolorosamente al ricordo, i sensi di colpa misti all'imbarazzo che provava per come aveva reagito. Piton aveva ragione; come poteva sperare di sconfiggere Lord Voldemort se non era nemmeno capace di fare due passi prima di cacciarsi nei guai? Se non era nemmeno in grado di tirarsi fuori dalle situazioni spinose in cui lui stesso si cacciava, da solo?

«Il Signore Oscuro sa del tuo complesso da eroe e continuerà a sfruttarlo a proprio vantaggio, stesso discorso per la tua impulsività e testardaggine,» proseguì Severus, incalzandolo, «dovresti aver imparato ormai che ripetermi non è qualcosa in cui mi piace dilettarmi, ma voglio fare un altro tentativo con te: smettila di agire come uno stupido,» concluse, sottolineando ogni singola parola con estrema incisività.

Il ragazzo abbandonò forchetta e coltello nel proprio piatto, tutto a un tratto privo di fame. «Non mi comporto da stupido,» ribatté, ferito.

«Allora dimostralo,» disse ancora Severus, senza dargli tregua, in viso un'espressione significativa. «Devi fermarti a pensare a tutti i possibili risultati che una determinata scelta ti porterà una volta fatta. Non puoi improvvisare per tutta la vita e sperare che ti vada bene come è successo finora...»

«Ma anche tu improvvisi!» esclamò Harry, a un tratto, ricordando improvvisamente qualcosa. «Nella foresta con Dolohov e prima ancora con Rookwood--»

«Quelli erano duelli,» scosse la testa Severus, «per quanto al tuo occhio inesperto possa essere sembrata improvvisazione, posso assicurarti che il risultato finale di uno scontro magico viene determinato da una perfetta osservazione dell'avversario e dell'ambiente circostante, atto a sfruttare qualsiasi elemento a tuo favore,» si portò un altro boccone alle labbra, prima di adocchiare il piatto del ragazzo. «E finisci di mangiare le tua carne,» aggiunse.

Harry lo osservò per qualche secondo, cercando di rimanere serio. Il tono con cui Piton aveva pronunciato le ultime parole voleva essere severo e autoritario, ma il ragazzo non riuscì a trattenere la risata che gli affiorò alle labbra.

«Cosa c'è di tanto divertente adesso?» socchiuse gli occhi Severus, irritato dalla poca serietà del giovane.

«Scusami...» riuscì a dire Harry, tra una risata e l'altra, trattenendosi la pancia con le mani come se potesse aiutarlo a smettere più facilmente, «... è che è difficile...»

«... prendermi sul serio?» Severus concluse la frase al posto suo, lanciando uno spazientito sguardo nei meandri della mente di Potter. «Oh, non preoccuparti, conosco proprio la medicina che fa al caso nostro,» pronunciò con voce soave, mentre un tomo voluminoso prendeva a librare dagli scaffali vicino al camino, verso di loro, «ad esempio, una quarantina di righe su come le teorie contenute ne Il Libro dei Cinque Anelli di Miyamoto Musashi possano aiutarti nella battaglia contro il Signore Oscuro, pronte per la fine di quest'estate.»

Harry strabuzzò gli occhi dall'orrore, rischiando di strozzarsi con la sua ultima risata. «Mi stai dando altri compiti?» esclamò, atterrito.

«Quello che sto cercando di fare è insegnarti a pensare. Hai coraggio da vendere, Harry - te ne darò atto - ma devi incominciare a contare meno su questo e più sul valore di pianificare, sull'osservazione del tuo nemico e delle sue debolezze, nonché delle tue,» stabilì Severus, ignorando lo sguardo con cui il giovane aveva tentato, invano di impietosirlo. «Considerala come la base su cui fondare le nostre lezioni,» aggiunse, facendo lievitare il proprio piatto vuoto verso le cucine.

«Allora perché mi suona tanto come una delle tue punizioni?» borbottò il ragazzo, sconfitto, infilzando uno degli ultimi pezzi di carne con particolare foga.

Severus replicò con un sorriso storto in risposta al suo sguardo torvo. «Ritieniti fortunato a non essere giù in laboratorio a grattare calderoni per il modo in cui hai deliberatamente disubbidito ad un mio comando oggi,» ricordò, con voce di velluto.

Harry deglutì, affrettandosi a finire il piatto. «Sì, signore.»
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Più tardi, quella stessa sera, Severus sedeva comodamente nel proprio divano in pelle, le gambe elegantemente accavallate e lo sguardo immerso nella propria lettura, quando un'ombra si parò su di lui. L'esperto mago sollevò gli occhi dal libro, in viso un'espressione interrogativa rivolta al giovane che sostava ora di fronte a lui.

«Ho aperto adesso l'armadio,» esordì Harry, perplesso, «ci sono un sacco di vestiti dentro.»

Severus inarcò le sopracciglia, fingendo stupore. «Credevo fosse questo il suo scopo,» osservò con estrema semplicità.

Harry roteò gli occhi al suo sarcasmo, mostrando due degli abiti che si era portato dietro. «Quello che intendevo è che dentro ci sono cose che non sono mie,» disse invece.

«Pensavi di poter andare avanti a vestire semplicemente un jeans, due t-shirt e un paio di felpe?» domandò Severus.

«Hai guardato nei miei bauli?» chiese Harry, allarmato, il viso contorto in un'espressione imbarazzata.

«No, Harry, ho notato come vesti ogni giorno,» si limitò a rispondere Severus, frenando l'impulso di sbottare e adoperando un tono più calmo per evitare che il ragazzo andasse ancora più in panico di quanto già non fosse. «Se non sono di tuo gradimento possiamo--»

«No,» disse subito Harry, grattandosi distrattamente la base del collo, impacciato, «vanno più che bene; è solo che non sono abituato a... a tutto questo,» concluse infine, con difficoltà.

«A cosa esattamente?»

Harry posò lo sguardo sui propri piedi, incapace di guardare nei penetranti occhi di Piton. L'uomo gli aveva fornito un posto in cui stare, una camera tutta sua con abiti nuovi di zecca e aveva persino cucinato per lui (seppur alla maniera magica). E tutto senza mai richiedere nulla in cambio, quando con i Dursley, invece, tutto ruotava intorno al guadagnarsi il prossimo pasto e il tetto sopra la testa offerto. Mentre le parole che Hermione aveva rivolto a Ron quel pomeriggio si ripetevano nella sua mente, il giovane rimuginò su quanto gli era stato appena chiesto. Ad avere qualcuno che si prenda cura di me. «Ad essere un peso,» rispose invece, in un sussurro.

Severus lo fissò per un lungo istante, prima di mettere il libro da parte sul tavolino di fronte a loro e poi far segno al ragazzo di prendere posto accanto a sé. Dopo qualche attimo di silenzio, l'uomo parlò, schiarendosi la voce. «Forse... possiamo provare qualcosa di diverso per fare entrare in quel tuo zuccone vuoto il concetto di guardiano,» mormorò, tornando a guardarlo negli occhi e costringendolo a fare altrettanto, «ti mostrerò qualcosa... che tengo racchiuso da tempo... troppo,» sospirò, con evidente difficoltà, prima di aprire - solo con il proprio pensiero - l'antina in vetro di una credenza.

Harry guardò stupito quello che aveva tutta l'aria di essere la replica del pensatoio di Silente aleggiare verso di loro. Aprì bocca per chiedere, ma Severus lo anticipò non appena l'oggetto di pietra non fu ben posizionato tra di loro.

«Albus me l'ha prestato per le nostre sedute di Occlumanzia,» spiegò, mentre si puntava la bacchetta d'ebano alla tempia, dalla quale fuoriuscì ben presto un singolo filamento argentato, che andò a riempire il recipiente magico in un fluttuo costante e vorticoso. Severus sollevò lo sguardo sul ragazzo, che lo fissava ad occhi aperti, l'emozione ben visibile nelle iridi chiare e il cuore che batteva a mille per ciò che avrebbe visto tra i ricordi dell'uomo, per la versione inedita che il suo oscuro insegnante di Pozioni gli stava mostrando di se stesso e per la fiducia che stava riponendo in lui in quel momento. «Dopo di te,» disse a bassa voce Severus, dandogli il segnale di chinarsi verso il liquido inconsistente.

Il ragazzo fece come gli era stato chiesto e - ben presto - il suo volto entrò in contatto con le memorie che l'Ex-Mangiamorte aveva riversato nel Pensatoio. I contorni divennero subito fumosi e i colori si smorzarono, prendendo tonalità color seppia e disorientando Harry, mentre tutto attorno a lui diventava ancora più confuso.

Una volta atterrato, il ragazzo si rese conto di essere su qualcosa che aveva una parvenza di morbido e - a giudicare dall'enorme quantità di luce tutt'attorno - capì di essere in un ambiente esterno. I bordi di un lago entrarono nel suo campo visivo, così come le fronde di un grande albero sotto cui il giovane sostava in quel momento. Sollevandosi da terra, gli occhi di Harry captarono un movimento e delle voci provenire dalla parte interna dello sconosciuto parco in cui si trovava.

Per la precisione, una risata cristallina si levò insieme alle foglie trasportate dal vento, ed Harry si voltò immediatamente verso la sagoma di una bambina dai capelli di un intenso color ramato, stesa sotto l'albero ai piedi di un laghetto grigiastro, accanto ad un bambino minuto dai capelli corvini e gli abiti in disordine, probabilmente della stessa età, a giudicare dalla statura similare. Harry aguzzò la vista mentre si avvicinava ai due, e sentì il proprio cuore serrarsi in una morsa dolorosa al pensiero che mai - prima d'allora - aveva avuto la possibilità di udire un suono così melodioso, suono che altro non era che la risata di sua madre.

«Andiamo, Sev!» colse la bambina esclamare. Sev. Ancora quel soprannome intimo e affettuoso, che Harry non avrebbe mai pensato Piton avrebbe potuto tollerare da nessun altro che non fosse Lily. «Non posso credere che ci sia una piovra gigante nel lago del castello!»

«La vedrai, Lily,» rispose il bambino, gli occhi neri che luccicavano mentre raccontava la sua storia all'amica, «mia madre dice che tutti gli allievi del primo anno arrivano ad Hogwarts con le barche, sono sicuro che la piovra si farà vedere anche a noi.»

Lily ridacchiò ancora, trascinando Severus nella sua risata contagiosa. La bambina raccolse un legnetto al proprio fianco, agitandolo in aria per poi puntarlo verso il lago di fronte a loro. «Ti sconfiggeremo piovra! Forza, Sev, lancia un incantesimo,» lo spronò, posandogli una mano sulla spalla prima di passargli la bacchetta.

La versione bambino di Severus parve pensarci su un attimo, prima di puntare a sua volta la bacchetta finta ed esclamare una frase che Harry era certo non fosse un vero incantesimo. «Prendi questo, bestiaccia!»

Incredibilmente, il pezzo di legno emise un piccolo sibilo ed una ranocchia gracidante balenò dalla punta, prima di saltellare e sparire verso le canne di bambù del laghetto. Le risate dei due bambini riecheggiarono nel parco, trasportate dal vento. Harry notò che la luce sembrava iniziare a diminuire e che nella memoria il sole doveva ormai essere in procinto di tramontare. In quel preciso istante, una terza voce - proveniente dalla collina alle loro spalle - si unì ai due, rovinando la magia del momento.

«Lily! Lily, la cena è pronta!»

I due smisero immediatamente ed Harry notò come l'espressione sul volto di Severus si fosse già trasformata in pura tristezza. Lily si rialzò insieme a lui, ma indugiò sugli occhi scuri dell'amico, in viso la stessa luce dolce e gentile di qualche istante prima.

«Non essere giù, Sev,» mormorò, onestamente dispiaciuta di dover rispondere al richiamo della madre e abbandonare così il suo amico, «lo sai che tornerò da te domattina... Piuttosto, hai chiesto a tua madre di poter venire a stare dai miei per qualche giorno?»

Severus scosse leggermente la testa, evidentemente a disagio. «Non posso lasciarla, Lily... e se lui venisse a saperlo se la prenderebbe ancora di più con lei,» rispose, abbassando lo sguardo a terra. Era evidente, agli occhi di Harry, che il bambino avesse paura di tornare a casa.

«Allora sai cosa faremo?» continuò Lily, caparbia, incapace di andarsene senza aver prima strappato un sorriso al suo amico, mentre la madre continuava a chiamarla a gran voce. «Puoi portare con te la nostra bacchetta magica,» disse, prendendogli una mano e posandovi il rametto che avevano usato fino a poco fa, «così potrai esercitarti con gli incantesimi che mi mostrerai domani,» aggiunse.

Solo allora Severus parve riacquistare un barlume di gioia, ricambiando la gentilezza di Lily con uno sguardo di pura venerazione. «Mi allenerò tutta la notte, Lily,» promise, occhi d'onice immersi nel mare verde smeraldo che gli avevano appena ridonato fiducia in se stesso.

Lily gli sorrise con dolcezza, prima di abbracciarlo con intensità. Harry non mancò di osservare come il viso pallido e sciupato del ragazzino dai capelli neri si fosse illuminato al contatto con l'amica, mentre ricambiava la stretta con altrettanto affetto. «A domani, Sev.»

Harry udì le parole riecheggiare attorno a sé, mentre la scena cambiava in volute di fumo rapide e disordinate. I suoi occhi cercarono le figure di Severus e Lily, ancora e ancora, desideroso di conoscere di più sulla loro storia, sulla loro amicizia, ma tutto ciò che le sue mani afferrarono fu la bacinella di pietra del pensatoio, dove un Severus adulto e invecchiato di vent'anni ricambiò il suo sguardo stravolto con intensità.

«Eravate... eravate amici prima ancora di Hogwarts,» bisbigliò Harry, riprendendo fiato, profondamente colpito dagli effetti di un ricordo tanto vivido.

«Eravamo amici d'infanzia... abitavamo vicini l'uno all'altro,» Severus annuì, ed Harry notò che c'era qualcosa di nuovo nel suo sguardo. Qualcosa che era stato sopito per tanto tempo e che ora sembrava essersi destato, come da un lungo sonno. Un barlume di emozione. Con un placido fruscio, quello che aveva tutta l'aria di essere un piccolo scrigno delle memorie fluttuò verso di loro, ed Harry osservò con fascino mentre questo andava a posarsi direttamente nelle sue mani. Guardò Severus, come a chiedere il permesso, finché l'uomo non lo incoraggiò ad aprire il cofanetto di legno di palissandro con un breve segno del capo.

Harry si ritrovò davanti allo stesso pezzo di legno che aveva appena visto arricchire i momenti di gioco e spensieratezza di Lily e Severus; il ragazzo allungò una mano tremante verso il rametto, che era rimasto perfettamente integro e riportava ancora le stesse identiche venature chiare intraviste durante i ricordi del Maestro di Pozioni. Solo allora si avvide che all'interno del piccolo scrigno si trovavano anche altri oggetti.

«Blu fiordaliso era il suo colore preferito,» mormorò Severus, sfiorando i petali di quello che era un ciondolo in argento con una delicatezza e venerazione che Harry non avrebbe mai creduto possibili per un uomo come lui.

Harry lo guardò come in trance, gli occhi dilatati alla rivelazione a cui Piton lo stava rendendo partecipe. Ai piccoli dettagli della vita di sua madre che aveva infine deciso di condividere con lui. Fu allora che notò la profonda commozione negli occhi dell'uomo.

«Tua madre era speciale. Era... il ritratto della gioia,» proseguì Severus, la voce appena incrinata, mentre si impegnava ad andare avanti senza interrompersi, «così piena di amore... così piena di...»

«... di vita,» completò Harry in un sussurro, ricordando il suono ricco della risata di Lily. Il suo olfatto fu catturato ad un tratto da una fragranza particolare, che si levò nell'aria come sprigionata dal cofanetto stesso. Il giovane si accorse che aveva involontariamente sfiorato quella che aveva tutta l'aria di essere una boccetta di fragranze.

«Rosa di Damasco,» spiegò Severus, osservando il movimento di Harry nell'inspirare quell'aroma avvolgente e delicato, «era il suo profumo preferito.»

Harry socchiuse gli occhi, perdendosi in memorie e sensazioni che non credeva di aver mai provato prima, ora risvegliate dalla percezione di quella fragranza particolare. L'abbraccio amorevole di sua madre gli apparve tangibile ad un tratto, una cascata di capelli color rame tutt'attorno a sè, mentre il suo viso neonato trovava calore e rifugio nell'incavo del suo collo, il suo piccolo naso invaso da quello stesso dolce profumo.

Un nodo alla gola gli serrò le parole che avrebbe voluto pronunciare e qualche attimo di silenzio seguì, ciascuno dei due immerso nei propri ricordi, finché Harry non si decise a formulare quella singola, spontanea domanda, che si era insinuata in lui da qualche tempo a quella parte.

«Amavi mia madre?» azzardò, in un sussurro, quasi timoroso di rompere la magia di quel momento.

Silenzio. Harry osò osservare con attenzione il volto tormentato e distante del suo professore, lo sguardo perso nei meandri di chissà quali altri ricordi fisso in un punto non precisato di fronte a loro.

«L'ami ancora?» chiese, incapace di trattenersi. Non seppe bene cosa lo spinse a proferire quelle parole, e - per un attimo - la paura di ricevere una sgridata per aver osato troppo lo travolse, finché...

«Sempre,» pronunciò Severus, in un singolo, doloroso sussurro.

Due sillabe. Una singola, semplice parola. Harry trattenne inconsapevolmente il fiato, sorpreso non tanto dalla risposta, ma dall'intensità con cui questa era stata articolata. Dal sentimento di desiderio, di mancanza... di rimorso, che essa esprimeva.

«Credi... credi di poter tornare ad amare?»

Severus spostò lentamente lo sguardo su di lui, la stessa emozione che Harry aveva percepito poco prima ben evidente nei suoi penetranti occhi neri. «Penso... di aver da poco ricominciato,» rispose a bassa voce, e il significato di quelle parole profonde non tardò a colpire Harry ancor più della rivelazione di poco prima.

Il suo cuore fece una capriola, quasi incredulo di fronte a quanto aveva appena udito, mentre i suoi occhi verdi cercavano a fondo in quelli scuri dell'uomo dinanzi a lui la conferma di quanto aveva appena ascoltato. La conferma di non essere più solo e che qualcuno tenesse a lui, per quello che era come Harry e nient'altro, con tutti i suoi difetti.   

«Tu non sei un peso, Harry,» affermò Severus, con sincerità, senza interrompere il contatto visivo con il ragazzo, mentre ricollegava quanto gli aveva mostrato fino adesso alla loro precedente discussione. «Quella che ho compiuto l'altro giorno, è stata una scelta consapevole e volontaria,» proseguì, rimarcando le ultime due parole con crescente intensità, mentre il ragazzo sentiva il macigno nel proprio petto sgretolarsi come d'incanto, improvvisamente alleggerito della paura che solo allora si era accorto realmente di possedere. La paura di essere abbandonato. Ancora.

Avvertendo i propri occhi iniziare ad inumidirsi, Harry sbatté le palpebre, schiarendosi piano la voce. «Non avrei dovuto dire quelle cose oggi... non sarei dovuto correre via così...» mormorò, onestamente dispiaciuto dopo quanto Piton gli aveva appena confidato, cogliendo solo ora la preoccupazione che aveva causato nell'uomo con il suo comportamento idiota.

«Errare è qualcosa a cui non ci è possibile trascendere, e compiere atti di cui spesso ci pentiamo fa parte della nostra natura,» disse Severus, e dal suo tono di voce Harry ebbe il sentore che le sue parole non si riferissero esclusivamente a quanto accaduto al San Mungo, ma a qualcosa di estremamente personale. «Lungi da me è essere perfetto, Harry, ma voglio fare un tentativo a tener fede al patto che abbiamo suggellato l'altro giorno... sempre che tu sia ancora disposto a provare,» concluse, con serietà.  

Gli occhi verdi di Harry si illuminarono nuovamente a quella proposta, carico di rinnovata vitalità. «Più di ogni altra cosa,» rispose, sincero, mentre il profumo di sua madre - levatosi dalla scatola che ancora reggeva - gli scaldava il cuore in una nuova ondata di speranza.

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