Eccomi qua
ritardo
iper mega galattico, ma i piccoli problemi di internet crescono e danno
sempre
più fastidio.
Spero che
leggiate questo capitolo e che non ne rimaniate delusi, non mi piace
particolarmente, ciau buona lettura.
Spero che
torniate commentarmi, scusate se io non l’ho
fatto…
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Capitolo 18
Caen
spalancò la porta di casa e si buttò stancamente
sul divano.
Si
passò
una mano trai capelli rossi sospirando e scrutando
l’oscurità in silenzio.
L’unico
suono che udiva era il respiro lento e regolare di una persona
dormiente, i due
ragazzi riposavano ancora.
Lui,
però,
aveva bisogno di parlare, non sapeva nemmeno perché.
Sentiva
come un peso che gli gravava sul cuore soffocandolo in una morsa da cui
non si
ha scampo, un peso insopportabile per lui solo.
Voleva sentire
le voci che gli erano familiari, conosciute…
Voleva
sentirsi al sicuro.
Aveva
paura.
Aveva
veramente paura.
Non aveva
mai provato niente così opprimente e così
terribile, il
terrore si impadroniva lento di lui,
spegnendo ogni altro sentimento.
Si strinse
le braccia al petto come per proteggersi, strinse le dita contro la
mantella
con forza, soffocando il tessuto tra le nocche.
Sperava di
ferirsi e di sanguinare, sperava di morire, sperava che quella notte di
apparente calma durasse per sempre.
Assurdo,
lui non era mai stato così, non aveva mai provato nulla del
genere, era come se
incominciasse a vivere da quel momento, come se prima non fosse stato
che una
marionetta senza vita nelle mani della Madre.
Una
marionetta che non provava nulla, nemmeno la paura, nemmeno
l’affetto.
Ma ora, ora
era diverso…
Si stese
sul divano togliendosi il mantello e poggiandolo su una spalliera, le
notti si
facevano sempre più afose, chiuse gli occhi lasciandosi
trasportare da un
immaginario movimento ondulatorio.
Non voleva
pensare a nulla, doveva solo dormire.
E
così si
addormentò, silenzioso e calmo come se non fosse mai
successo nulla.
Era mosso
dal lento movimento ondulatorio di una nave che solcava un mare piatto
e liscio
come l’olio e avanzava fra mondi sconosciuti che erano per
lui una salvezza.
La sua
espressione di libertà da ogni sentimento si spense quando
una voce lo svegliò
bruscamente, facendolo ricadere nel baratro della realtà.
Una sottile
ruga di preoccupazione distrusse quel espressione di pace.
-Caen sei
in casa?
Il ragazzo
si risvegliò lentamente quasi cercasse di trattenere i sogni
con forza fra le
sue mani, ma era come cercare di stringere del mercurio, e scivolarono
inesorabilmente lontani.
-Sì
Josh
sono qua- mormorò con voce roca.
Il fratello
gli si avvicinò e si chinò verso di lui
sorridendo sollevato, Caen si sedette
composto e rispose meglio che poté a quel sorriso.
Josh era curvo
di fianco a lui a torso nudo, chissà forse aveva bisogno di
fasciature nuove…
Soffermò
lo
sguardo prima su una spalla poi sul’altra, e seguì
con occhi scioccati il
percorso della cicatrice, studiandone ogni segno e ogni terribile
ferita.
-Josh che
cosa hai fatto alla spalla?- chiese studiandola ancora con attenzione.
Il moro si
passò una mano sulla spalla sfiorando la leggera crosta che
proteggeva la
ferita -Non lo so, e come se lentamente mi uccidesse.
Caen
sgranò
gli occhi -Vuoi dire che peggiora?
L’altro
ragazzo annuì tristemente, il Depuratore sgranò
ancora di più gli occhi -La
Madre secondo te sarebbe in grado di fare una cosa del genere?Voglio
dire di
uccidere così un suo Cacciatore?
Josh
tremò
-Potrebbe essere possibile?
-Non lo so,
credo di non sapere più nulla.
Harry
sopraggiunse nella stanza interrompendo i discorsi con il suo passo
lento e
pacato, era come se non fosse successo nulla e fosse tornato
l’enigmatico
compagno di classe dagli occhi plumbei.
Si
avvicinò
e osservò tutto con quel suo sguardo distante, era quello il
suo modo di
difendersi, sembrare distante e estraneo alla situazione.
Ormai Josh
pensava di aver imparato a memoria il modo di comportarsi
dell’altro ragazzo e quando
aveva paura cercava di sembrare forte e distante.
-Caen-
iniziò il castano con calma -Credi di sapere
cos’è?- ad ogni respiro sembrava
soppesare le parole e cercare le più giuste.
-No, non ho
mai sentito dire di nulla del genere - la sua voce suonava preoccupata
e tesa-
Josh non
aveva mai notato quell’aspetto così umano del
fratello, già, umano, solitamente
erano gli umani quelli con entrambi gli occhi di un colore, no?
Allora
forse…
Scruto
l’occhio nero di Caen, tendeva sempre di più al
grigio, come se lentamente
sbiadisse.
Ma cosa gli
stava succedendo?
Avrebbe
voluto chiederglielo, ma un altro milione di domande lo rodevano e
quelle non
potevano più aspettare.
-Cosa ti ha
chiesto la signora?
-Questa
è
la parte più strana- mormorò Caen -Non mi ha
chiesto nulla.
Josh
cercò
conferma nel suo sguardo -Nulla?
-Niente di
niente
Il moro
però non poteva credere che non gli avesse rivelato cosa
stava succedendo, se
solo avesse potuto rivederla, Amy…
La Madre si
alzò dal trono, indossava una lunga veste nera dalle maniche
molto ampie che
nascondevano a malapena le sue sottili e rugose mani.
Una
damigella dalla lunga veste blu e gli occhi a mandorla le si
avvicinò con un rispettoso
inchino –Signora cosa pensa di fare?
-A che
proposito Asla?
La giovane
donna guardò la sua signora in silenzio –Parlo del
Cacciatore Josh…
Un ghigno
malvagio attraverso il volto della Madre –Vedremo cosa scrive
per lui la sorte…
La Signora
rise e si specchiò, presto sarebbe stato di nuovo tempo per
“quello”.
Guardò
le
sue mani, non poteva più aspettare.
Chi
avrebbero scelto quella volta? Non le importava, bastava che tutto si
svolgesse
normalmente, e presto.
Doveva
ancora pensare a cosa fare di quell’impuro, di quel
Josh…
Era suo
figlio dopotutto, suo e di quel’uomo, le sembrava che fosse
passata un’eternità
e invece erano solo sedici brevi anni.
Troppo
pochi per cancellare un ricordo così pungente, spesso la
vedeva ancora quella neve,
quel luogo maledetto, quel luogo dove finalmente lo aveva ucciso.
Scacciò
quei pensieri dalla mente e si concentrò solo su Josh.
Fino a
quando avrebbe continuato a disobbedirle?Fino a quando sarebbe riuscito
a
resistere?
Di sicuro
non a lungo, non con quelle ferite, presto avrebbe ceduto.
Solo che
con lui ora, c’era anche quel Caen, anche lui cominciava a
non seguire più i
suoi ordini.
Anche Caen
nascondeva senza dubbio qualcosa.
Probabilmente
era con Josh, per salvare quella ragazza, ma perché salvarla?
Per quello
stupido sentimento che è l’amore.
Sì
perché
l’amore è una cosa stupida e irrazionale, la
stessa nascita di Josh ne era la
prova.
È un
sentimento sciocco di cui si potrebbe comodamente fare a meno, ma i
deboli ci
cascano sempre e anche lei tempo prima ci era caduta.
Ma quella
ragazza, Amy, era solo un ostacolo, uno stupido rallentamento, ma non
poteva
aspettare, doveva avere l’altra anima, doveva averla a tutti
i costi, ne aveva
bisogno.
Amy era
solo un fastidioso insetto, poteva anche morire.
Ma forse,
avrebbe potuto servire per quello, chissà, dopotutto,
così risparmiava
l’uccisione di un’altra ragazza, avrebbe accorciato
le cose.
Josh, prima
o poi, avrebbe eseguito i suoi ordini, era un debole, non avrebbe mai
resistito
a lungo.
Sarebbe
ceduto, e lei aveva abbastanza tempo per aspettarlo.
Tanto,
presto o tardi ce l’avrebbe fatta.
Un rumore
acuto, freddo e tintinnante, che cercava di somigliare a una risata,
risuonò
nella stanza della donna.
La
damigella, mentre le piegava diverse vesti, rabbrividì.
Stava
sicuramente succedendo qualcosa di terribile.
Amy si
nascose in quel ripostiglio in cui si era svegliata, ma
lasciò aperto quanto
bastasse per riuscire a sentire chiaramente le due voci di prima.
-Visto, non
c’è niente…
-Ma nonno
io so cosa ho sentito!
-Ti credo
amore, ma chi vuoi che sia venuto in questo posto dimenticato da dio?
Il respiro
della ragazza si faceva sempre più affannoso mentre i passi
dei due si
avvicinavano, chi erano? Sembravano solo un nonno e un nipote, ma cosa
ci
facevano lì?
-Ti dico
che ho sentito una voce!!
-E va bene,
cerchiamo questo fantasma allora…
I passi
andavano avanti e indietro, si avvicinavano e si allontanavano
continuamente.
Stavano
cercando lei, ma era come un gioco, e la ragazza sentiva il vecchio
ridere.
Amy, da
dietro il suo rifugio, riprese finalmente a respirare con
regolarità e ebbe il
coraggio di sbirciare fuori da uno dei tanti fori che rodevano il legno
della
sottile porticina.
Esplorò
il
prato con il suo occhio celeste e incontrò il nonno.
Era un
semplice anziano vestito piuttosto elegantemente,che rideva fra se e se
di ciò
che faceva il nipote.
Era canuto
e dai movimenti cauti e aggraziati, la pelle era abbronzata e
contrastava con i
pochi capelli candidi che aveva.
L’altro
era
un semplice bambino sugli otto anni, dai corti capelli castani e gli
occhi neri
che percorrevano il giardino con tristezza.
Portava una
semplice tuta da ginnastica celeste e delle scarpe da ginnastica
bianche.
La ragazza
inspirò profondamente, era al sicuro, quei due erano innocui
e innocenti umani.
-Dai, ti
sarai deciso che non c’è nulla di nulla.
Era il
nonno a parlare, spaventosamente vicino a lei, il bambino si sollevo da
terra e
sospirò -Si ha ragione, torniamo in casa.
La ragazza
seguì con lo sguardo il bambino, finche non
svoltò l’angolo vicino alla sedia a
dondolo.
Doveva
seguirli, seguirli e scoprire come uscire da quel posto.
Aprì
lentamente la porta e seguì i due non appena svoltarono
dietro un albero.
A passi
felpati, lenti e cauti si avvicinò a quel albero e li vide
aprire un cancello
meccanico
-Torniamo
già a casa?- udì la voce delusa del bambino
mentre sospirava, cosa diamine
stava succedendo?
Appena
oltrepassarono quel cancello lei li seguì silenziosamente,
doveva scappare,
doveva capire dove si trovava.
Doveva
ritrovare Josh.
Superò
il
cancello e non vedendo più nessuno si sentì
subito meglio, era salva.
Un
urlò
acuto squarciò l’aria, no, non era possibile, che
stava succedendo?
-Josh, cosa
intendi fare?- chiese Harry vedendo il ragazzo che si alzava in piedi.
Il giovane
Cacciatore squadrò Harry con rabbia -Vado dalla madre di
quella Katia, voglio
sapere i posti che quella ragazza ama, dove lei potrebbe nascondersi.
Si
vestì
velocemente, ogni movimento gli pesava, ogni passo gli sembrava
più doloroso,
ogni respiro più affannoso, cosa stava succedendo?
-Caen, tu rimani qui?-
chiese rivolto al
fratello.
Il rosso
annui, Josh aspettò che uscisse Harry e chiuse la porta
dietro di se.
Si
incamminarono nel più completo silenzio, senza nemmeno
guardarsi negli occhi.
Josh si
sentiva male, provava un continuo sfarfallio nello stomaco, continui
conati di
vomito e un dolore insopportabile che gli faceva pulsare terribilmente
la
testa.
Respirò
profondamente, si trovava in uno stato pietoso, ma doveva continuare,
doveva
assolutamente ritrovare Amy, perché lei, lei…
Un dolore
acuto gli impedì di pensare, era come se dovesse vomitare,si
strinse la pancia
e serrò gli occhi, non riusciva a respirare.
Harry si
avvicinò, ma non lo sfiorò, rimase altero e
immobile -Cosa ti succede?- un
soffio di preoccupazione tradì quel tono che voleva sembrare
distante.
Il moro
deglutì a fatica e fisso a lungo l’altro ragazzo
-Nulla- mormorò con accento
soffocato.
Sentiva
ancora la voce della Madre che lo chiamava, forte, possente, che
risuonava e
rimbombava continuamente nella sua testa.
E due
occhi, occhi gelidi come pezzi di ghiaccio, che lo scrutavano, carpendo
ogni
suo pensiero, ogni suo segreto.
Due occhi
che sapevano tutto di lui.
Si
alzò e
passò una mano nervosa tra i capelli, si rialzò
in piedi e continuò a
camminare.
-Senti,-
disse rivolto a Harry -Non importa cosa mi succede, Noi dobbiamo
salvare Amy e
basta, dobbiamo raggiungere quella casa e basta.
Il castano
rimase un attimo in silenzio soppesando e calcolando ogni parola da
dire
-Sembra che la tua parola preferita sia “devo” o
“dobbiamo” o “Dovevo fare
così…”- commentò sarcastico
-Non si “deve” fare una cosa, si vuole o si
può
fare, la vita è una scelta, non un dovere, la tua vita
è una tua scelta.
Il moro
rimase in silenzio e riprese a camminare -La vita per me è
sempre stata un
dovere…
Harry rise,
una risata fredda, priva di felicità -è il
destino che spetta a quelli come noi
è?
-Harry, tu
eri scappato a tutto questo, perché sei rientrato in questa
orribile vita da
fantoccio, sì perché è questo che sono
uno stupido burattino nelle mani di una
donna crudele e spietata.- sputò fuori queste parole con
lentezza,
assaporandole con dolore come se avesse sempre volute dirle, ma non
avesse mai
potuto.
Camminarono
nel più assoluto silenzio ancora a lungo.
Harry
ragionava ancora sulle parole dell’altro ragazzo, non aveva
mai pensato che la
sua vita fosse stata così tremenda.
Lo vedeva
sempre sorridente, con un modo positivo di affrontare i problemi, con
una
felicità costante come se fosse protetto da una barriere
impenetrabile, ma la
verità era ben diversa.
Lui aveva
sempre sofferto.
La sua era
stata una vita di sofferenza e eterni doveri che non voleva eseguire,
ma che
doveva.
Dovere, ora
gli suonava come la parola più odiosa del mondo.
Improvvisamente
arrivarono ad una via che ormai conoscevano bene, la viuzza deserta e sporca dove viveva la
madre di Katia.
Josh
guardò
negli occhi l’altro e sospirò prendendo coraggio.
Il moro
stava per bussare alla vecchia e scalcinata porta quando
notò un biglietto
scritto in una grafia dolce e tremante: il
mio nuovo indirizzo è…
Cosa?Nuovo
indirizzo?No, non era possibile, si era trasferita.
Un urlo
acuto, un urlo di un bambino lo distrasse, era forte e spaventato, come
se
avesse visto uno spettro…
Anche Harry
studiò l’aria con circospezione -Viene da la!- e
indicò una via molto più larga
e pulita di quella in cui si trovavano.
Questa via
portava a una villa immensa, e al famoso “Parco del
gigante” era chiamato così perché,
quando un tempo ogni prato era ricoperto di fiori e farfalle, visto
dall’esterno della cancellata sembrava il giardino del
Gigante egoista.
I due
ragazzi corsero velocemente lungo quella strada, chi aveva urlato? che
cosa
stava succedendo?
-Shh-
sibilò una voce femminile che a Josh suonava stranamente
familiare -Ti prego fa
silenzio, non voglio farti male.
Lì,
chinata
in ginocchio vicino a quel bambino c’era una ragazza dai
lunghi capelli neri
con un dito puntato contro le labbra e un espressione implorante e
triste.
Josh
sgranò
gli occhi: era lei, Harry
stava per
avvertirlo che non doveva dirle nulla altrimenti sarebbe accaduto di
nuovo, Lei
avrebbe perso il controllo e allora…
Ma non fece
in tempo ad aprir bocca che il giovane Cacciatore sussurrò
con stupore: -Amy?-
la ragazza si voltò con un’espressione
di puro terrore dipinta in volto e con il fiato che le moriva nei
polmoni.
Non poteva
essere lui, non era lui, stava sognando, non stava succedendo veramente.
Si
voltò
lentamente come sperando che quella visione scomparisse, ma non
successe, il
ragazzo rimase dov’era, in piedi immobile, a pochi passi da
lei.
I loro
occhi si incontrarono in un attimo infinito.
Josh fece
un passo avanti verso di lei -N-No- balbettò la ragazza
alzandosi in piedi e
ritraendosi -Non avvicinarti!
Lui fece un
altro passo verso di lei -Amy, calmati, non voglio farti niente, lo
giuro.
-Vattene!-
gridò lei terrorizzata, si sentiva già male,
Katia avrebbe ripreso possesso di
quel corpo, le forze l’abbandonavano, aveva perso, era
finita, finita….
*Milli
Lin*
Kami= a quanto
pare io sono l’unica
che ti commenta e tu sei l’unica che mi commenta -_-
Siamo due povere disperate è?
Spero che se anche ti ho commentato
in ritardo tu commenta la mia storia, grazie in anticipo, tua milli ^^