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Autore: Estethell    16/10/2017    2 recensioni
Grazie a una promozione, il soldato nazista (non per scelta) Ludwig viene inviato nel campo di concentramento prussiano come co-amministratore di suo fratello, il feroce Gilbert.
Contemporaneamente nel campo arrivano dei prigionieri che vengono subito smistati nei vari blocchi dormitorio-fabbrica. Il blocco H3T4-L14, sopranominato hetalia, è amministrato direttamente da Gilbert ed è il luogo peggiore di tutto il campo. In poco tempo vi si ritroveranno prigionieri di vari paesi, tra cui un dissidente politico e filo-russo lituano, un polacco che aiutava gli ebrei a fuggire dai rastrellamenti tedeschi, un ex soldato volontario francese, una spia canadese e un partigiano italiano.
Ludwig cercherà in ogni modo di aiutare i poveri malcapitati del blocco H3T4-L14 a sfuggire dalla violenza del fratello, sviluppando sentimenti nuovi e complessi per il dolce e ingenuo italiano, mentre Gilbert scoprirà grazie a un timido canadese che l'amore vince su ogni cosa, anche sulla violenza.
Principalmente Gerita e Prucan, Fruk sullo sfondo, qualche accenno di Rusliet.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Erano passati diversi giorni da quando Feliciano era arrivato al campo, forse qualche settimana, l’italiano non sapeva dirlo con certezza. I detenuti non riuscivano a portare il conteggio dei giorni, figurarsi le settimane e i mesi, l’unica cosa che riuscivano a capire era il trascorrere del giorno con l’arrivo della notte e il passaggio da una stagione all’altra, niente più. Feliciano però sentiva di aver trascorso quasi una vita intera in quel posto.

Da quando erano arrivati tutti avevano subito dei cambiamenti a livello fisico.
Feliciano aveva perso diversi chili, ed essendo già di costituzione piccola iniziava ad essere piuttosto esile e smunto. Matthew aveva acquisito un pallore quasi cadaverico mentre i suoi occhi che inizialmente erano di bel violetto brillante ora erano spenti e infossati dietro le lenti. Toris invece aveva cominciato a perdere più capelli del solito, rimanendo con intere ciocche tra le dita quando passava la mano tra la capigliatura un tempo folta. Francis e Feliks avevano cercato di rassicurare i ragazzi dicendogli che era normale e che anche loro avevano perso molto peso e il loro aspetto sano, ma ciò non riuscì a tranquillizzarli del tutto.

Toris soprattutto soffriva molto di incubi la notte che lo portavano a gemere, urlare e tremare in modo incontrollato. Feliks spesso veniva svegliato nel cuore della notte dagli spasmi del compagno, e per uno slancio di pietà aveva cominciato a prendere l’abitudine di dormire abbracciato a lui per cercare di tranquillizzarlo. Per questo motivo il ragazzo lituano era sempre molto stanco e sfibrato il giorno, una condizione che preoccupava non poco i suoi compagni di sventura.
Feliciano invece si era accorto che Francis aveva l’abitudine di sussurrare alcune frasi in francese misto a qualche parola inglese la sera prima di addormentarsi, come se mormorasse una buonanotte rivolta a chissà chi o una favola per conciliare il sonno. Feliciano non sapeva perché ma ogni volta che ascoltava quella litania veniva colto da una forte sensazione di tristezza.

In tutta questa negatività però qualcosa di positivo c’era.
Entrambi i fratelli tedeschi che sorvegliavano i detenuti del dormitorio H3T4 avevano ammorbidito il loro comportamento. Ludwig si era rivelato sin dall’inizio di buon cuore e quasi privo di crudeltà, mentre colui che destò più stupore fu proprio Gilbert. Dopo l’episodio che lo aveva quasi portato a uccidere Matthew il suo atteggiamento si era progressivamente ingentilito. Certo, lui era ancora freddo e autoritario con i prigionieri, li picchiava spesso e li insultava pesantemente, ma loro non sentivano più ila propria vita costantemente in pericolo.

In questi giorni il dormitorio era stato costretto a lavorare sia nella fabbrica L14 sia in altri luoghi del campo di concentramento, a volte in altre fabbriche, altre invece al di fuori della recinsione nei campi coltivati intorno al complesso.
Quando si trovavano all’esterno di solito erano costretti a lavorare la terra per raccogliere alimenti che i prigionieri non avrebbero mai visto nei loro piatti. Nonostante gli sforzi di Francis il loro rancio era a dir poco immangiabile e ipocalorico, un pasto che riusciva a malapena a tenerli in vita.

In tutto questo tempo Feliciano aveva cominciato a prendere l’abitudine di lanciare occhiate furtive e fissare insistentemente nei momenti morti la guardia bionda. Non sapeva dire il perché ma quel Ludwig gli ricordava tanto un ragazzino che aveva conosciuto nell’infanzia e che aveva sempre amato, e che non aveva più rivisto dopo l’ascesa del Fascismo in Italia.

Fin dall’inizio Feliciano aveva avuto un debole per lui che da semplice attrazione si stava evolvendo in qualcosa di più, alimentata anche dal comportamento gentile del soldato stesso. Spesso la mattina, quando Feliciano non riusciva a svegliarsi in orario, era Ludwig che lo svegliava e lo aiutava a sistemarsi per poter andare a lavorare, mentre il giorno Feliciano sorprendeva sempre il ragazzo a fissarlo insistentemente.
Anche Francis si era accorto della situazione, come se avesse un fiuto particolare per le tensioni sessuali, ma aveva preso in considerazione anche la possibilità che Ludwig fissasse l’italiano per controllare che non bighellonasse sul lavoro, deludendo non poco il ragazzo.

Feliciano si ostinava ad osservare il tedesco anche per un altro motivo: voleva ardentemente sapere se era stato lui a regalare il paio di occhiali a Matthew.
Dalla sera in cui li aveva ricevuti il giovane canadese non aveva smesso di cercare chi gli aveva fatto quel regalo per poterlo ringraziare. Inizialmente aveva sospettato di qualche guardia del campo, ma aveva subito scartato l’idea in favore di qualcuno all’interno del dormitorio che magari aveva chiesto quella concessione a una guardia o li aveva direttamente rubati.
Francis era più propenso per l’idea di qualche guardia invece, idea che era sostenuta anche da Toris e Feliks. Feliciano temeva che potesse essere stato Ludwig stesso in uno slancio di pietà maggiore di quelli che aveva già avuto.
Quell’idea infastidiva inspiegabilmente Feliciano, che voleva vederci chiaro in tutta quella situazione. Lui non aveva ricevuto nessun tipo di regalo nonostante avesse iniziato a controllare ogni centimetro della sua cuccetta tutte le notti prima di dormire e il pensiero che Ludwig, il suo Ludwig, avesse un qualche tipo di interesse per un’altra persona lo rendeva ansioso e disperato.
L’idea che Ludwig non avesse quel tipo di tendenze non lo fiorava minimamente.

Erano giorni che Feliciano era tormentato da una singola quanto difficile domanda: come fare per farsi notare da Ludwig?
Quello era un campo di concentramento, lui era un partigiano prigioniero vivo non sapeva grazie quale santo e Ludwig un soldato nazista e il suo secondino.
Erano incompatibili.
Sembrava la trama di uno di quei romanzi rosa dalle storie d’amore epiche e impossibili che suo fratello nascondeva nel doppiofondo dello zaino. Feliciano sperava solo che anche la sua storia si sarebbe conclusa con un lieto fine come in quei romanzi.

Il giorno in cui si bruciò l’interno della mano Feliciano era preso per l’ennesima volta a fantasticare in rosa sulla sua bella guardia nazista. Quel pomeriggio, dopo una mattina passata a gelarsi zappando un campo di verdure, era stato mandato a lavorare nella fabbrica L14 dove lo avevano costretto a trasportare gli ingranaggi conclusi dallo stampo al catasto in fondo allo stabile.
Preso dai suoi pensieri, l’italiano non si era accorto che un ingranaggio appena uscito dallo stampo non si era ancora raffreddato del tutto.
Il suo urlo seguito da piagnucolii vari riecheggiò per tutta la struttura.

Feliks fu il primo a raggiungere l’italiano che aveva iniziato a rotolarsi a terra urlando dal dolore mentre si teneva la mano bruciata tra le gambe. Subito gli furono affianco Ludwig e Gilbert.

“Cos’ha combinato ancora quest’idiota?” Fu il primo commento dell’albino, ma nel vedere le escoriazioni della mano del ragazzo quando il polacco la prese tra le sue si azzittì all’istante.

“Feliciano, oh Feliciano come hai fatto?” Chiese preoccupato Feliks, poi guardò negli occhi le due guardie “Dev’essere portato subito in infermeria, deve provare un dolore atroce, sembra una scottatura molto seria!”

“Alzati Feliciano, ti accompagno io”

Nonostante il dolore gli annebbiasse la mente, Feliciano perse un battito quando sentì quelle parole essere pronunciate da Ludwig. Malgrado ciò non riusciva a smettere di piangere e gemere e le sue gambe non volevano rispondere ai suoi comandi.

“Avanti, alzati!” Ordinò Gilbert scandendo le parole con un forte accento, ma non ebbe alcun successo.

Feliciano iniziò a tremare violentemente mentre si mordeva con forza il labbro inferiore per cercare di resistere al dolore.

 

Ludwig sentì il cuore essere stretto in una tenaglia mentre l’ansia formava un blocco nella sua gola. Feliciano si era infortunato, si era seriamente ustionato una mano, e se non avrebbe potuto più lavorare? Che cosa gli sarebbe successo? E se la sua mano non sarebbe più guarita? E se… e se avrebbero dovuta amputargliela?
Ludwig scosse la testa con forza. Che pensiero stupido! Non sarebbe accaduto di certo, ma aveva un bisogno urgente di andare in infermeria.

Prendendo l’iniziativa, Ludwig afferrò l’italiano per un braccio e se lo poggiò addosso in modo tale da poterlo sostenere mentre camminavano.

“Lo porto in infermeria, tu continua a controllare gli altri!”

“O-ok” Rispose stupito Gilbert.

Ludwig sentì gli occhi vermigli del fratello bucargli la schiena per buona parte del tragitto ma non gli importava. L’importante adesso era portare Feliciano in infermeria da Francis dove avrebbe medicato l’ustione e cercato di alleviare il dolore del povero ragazzo. Le spiegazioni per il suo gesto poco professionale potevano aspettare.

Quando aprì la porta con un calcio trovò l’infermeria completamente vuota. Nessun paziente né Francis si vedevano in giro e un silenzio quasi mortale regnava nella piccola stanza sporca.

“Probabilmente lo hanno chiamato nelle cucine” Pensò Ludwig mentre entrava e chiudeva la porta dietro Feliciano.

Per fortuna nell’addestramento militare dedicavano molto tempo all’insegnamento delle procedure di primo soccorso sia con attrezzi adeguati sia con quelli di fortuna, ma in quel posto Ludwig pensava di avere tutto l’occorrente per una medicazione basilare.
Fece sedere il ragazzo ancora agonizzante su un letto lurido e si spostò di fronte a lui su una sedia traballante.

“Ora cerca di aprire il palmo della mano lentamente e fammi vedere la bruciatura” Disse con voce bassa e calma per rassicurare il ragazzo.

Feliciano piagnucolò un pochino ma riuscì a mostrare l’ustione al tedesco. Nel vederla Ludwig tirò un sospiro di sollievo, per fortuna non era un’ustione di terzo grado, una di quelle bruciature che compromettevano irrimediabilmente la pelle e tutti i tessuti sottostanti della zona colpita.

“Va bene non è grave, guarirà molto presto, dobbiamo solo medicarla. Ora cerca di non muoverti troppo e sii paziente”

Feliciano annuì poco convinto. Rimase in silenzio ad osservare la guardia prendere tutto l’occorrente per la medicazione. Ludwig non sembrò farci particolarmente caso e iniziò a imbevere una benda di cotone non più bianca di un liquido trasparente ma dal forte odore pungente.

“Ora dammi la mano e cerca di sopportare il dolore e non urlare”

Ovviamente furono parole al vento. Appena la benda bagnata iniziò a tamponare la pelle ustionata dell’italiano quest’ultimo iniziò a gemere e piangere cercando di soffocare le urla con l’altra mano mentre tentava di sottrarsi alle attenzioni poco gradite del tedesco.

“Cerca di stare fermo se non vuoi che peggiori le cose!” Sibilò frustato Ludwig quando cercò per l’ennesima volta di pulire una rientranza della mano senza successo.

“Ve… mi s-scusi signore…. Fa così tanto male…” Si giustificò il bruno tra un singhiozzo e l’altro.

“Ludwig”

“C-come scusi?”

“Ludwig, non signore. Il mio nome è Ludwig” Rispose il tedesco senza distogliere lo sguardo dal suo lavoro, sentendo le proprie orecchie bruciare dall’imbarazzo.

Anche Feliciano arrossì a quelle parole. Naturalmente Ludwig sapeva che il ragazzo conosceva il suo nome, tutti i prigionieri conoscevano i nomi dei loro aguzzini, ma il presentarsi così spontaneamente e quasi intimamente come se fossero due estranei che si incontravano per la prima volta e che volevano conoscersi gli diede la sensazione di creare una sorta di legame con lui.
Rimase ad attendere un qualche tipo di risposta da parte del prigioniero mentre puliva l’ustione per alcuni interminabili istanti, poi deluso e soprattutto imbarazzato alzò lo sguardo carico d’ansia incontrando il suo. Subito Feliciano deviò lo sguardo in altre direzioni che non fossero il suo volto cercando di trovare delle parole da dire.

“Oh… ah… è davvero un bel nome”

Feliciano sfoggiò un largo sorriso che però risultò un po’ incerto, ma bastò come risposta alla guardia. Lo sguardo di Ludwig brillò più intensamente per un istante come se una scintilla di felicità e di affetto lo avesse illuminato per un attimo, poi fu riportato velocemente sulla mano e sulla benda che stava tamponando tutta la sua superficie

“Grazie” Mormorò Ludwig a denti stretti mentre le sue orecchie diventavano ancora più rosse.

Il ragazzo italiano aprì la bocca per dire qualcosa ma non uscì nient’altro che un urlo strozzato quando la benda imbevuta toccò un punto particolarmente delicato della mano.
Ludwig mormorò varie volte che aveva quasi finito, poi finalmente posò la benda ormai lurida e ne prese altre quasi pulite da un piccolo scaffale mentre Feliciano si asciugava le lacrime di dolore con il dorso della mano sana.

“Ora benderò la bruciatura. Non devi né levarla, né sporcarla o bagnarla altrimenti non guarirà presto l’ustione. E se non guarirà, allora tu…” Ludwig lasciò la frase mentre il suo volto si oscurava.

Feliciano tremò a quell’allusione e improvvisamente si portò la mano ustionata alla bocca per baciare delicatamente la scottatura.

 “Cosa stai facendo?” Chiese Ludwig sorpreso dal gesto improvviso del ragazzo.

“Sto cercando di far passare il dolore e augurare la buona guarigione alla mia mano! Da me in Italia quando qualcuno si fa male di solito una persona che gli vuole bene bacia la sua ferita per fargli passare il dolore e augurargli la guarigione. Di solito quando mi faccio male c’è sempre mio fratello Romano a baciarmi le ferite, ma ora… ve… ora non c’è perciò faccio da solo…”

Accadde tutto improvvisamente.
Prima che Ludwig potesse anche solo pensare a qualcosa una sua mano aveva già afferrato il polso di Feliciano e le sue labbra baciavano già delicatamente l’ustione del ragazzo. Quando il tedesco si accorse   cosa stava facendo era già troppo tardi. Feliciano rimase a bocca aperta scioccato dall’azione improvvisa della guardia. I suoi occhi nocciola erano spalancati e fissi su di lui come se stessero venendo una qualche creatura folclorica.

Ludwig allontanò subito la mano del ragazzo arrossendo violentemente in volto.
Cosa diavolo stava pensando? Era impazzito tutt’un tratto?
Non potendo dare una spiegazione logica all’accaduto e sentendosi addosso lo sguardo scomodo di Feliciano, Ludwig si alzò di scatto e si allontanò di qualche passo dal lettino dandogli le spalle.

“Perdonami, io… ecco…” Tentò di dire, ma la sua mente era un tale caos che non riusciva a formulare una frase coerente. Ma cos’era che voleva dire?
Ludwig fu tentato di dire la verità, di rivelare finalmente alla persona che era al centro della sua mente da quando era arrivato lì che provava dei forti sentimenti per lei, che teneva alla sua incolumità, che voleva renderla felice in ogni modo, che se ne fregava dell’ideologia nazista e del perché era stata imprigionata, che aveva reazioni fisiche ogni qual volta pensava a lei.
La tentazione fu così soverchiante che Ludwig fece appello a tutto il suo coraggio di uomo e di soldato e si voltò pronto ad affrontare il ragazzo faccia a faccia, ma fu colto lo stesso di sorpresa quando vide Feliciano alzarsi velocemente e raggiungerlo con fare nervoso mentre il suo volto prendeva colorito.

“Sei stato tu a regalare quel paio di occhiali a Matthew?” Chiese d’un fiato guardandolo dritto negli occhi con uno sguardo speranzoso e lacrimevole.
Preso alla sprovvista, Ludwig rispose senza pensare.

“Cosa? No, io non…”

Le parole gli morirono in gola quando vide il volto del ragazzo bruno illuminarsi quasi di luce propria mentre un sorriso genuino si schiuse sulle sue labbra.
Era così bello che Ludwig avrebbe potuto morire.
Era sul punto di abbandonare la sua compostezza, di cedere alle sue pulsioni e di abbracciare il ragazzo quando la porta dell’infermeria si aprì all’improvviso rivelando un Francis sorridente e spensierato come sempre sulla soglia.

“Oh là là, abbiamo ospiti! Ho interrotto qualcosa?”

Ludwig stava per rispondergli in modo brusco che si aveva rovinato tutto con la sua fastidiosa presenza, ma non fece in tempo perché Feliciano corse verso di lui abbracciandolo e sorridendo.

“Francis! Ve! Francis sei qui! Oh Francis, devo dirti una cosa importantissima!”

“Che mi ami, mio petit trésor? Ma è normale, tutti amano Francis” Rispose con sarcasmo ricambiando l’abbraccio e scompigliando i capelli del ragazzo con una mano.
Ludwig sentì montare la rabbia mista a disgusto dentro di sé.

“Piuttosto cosa ci fai qui, petit?”

“Si è infortunato sul lavoro e l’ho portato in infermeria dove tu non c’eri per potergli medicare la mano” Ludwig si accertò di sottolineare con il suo forte accento tedesco il fatto che l’infermeria era vuota al momento del loro arrivo.

Francis sembrò ignorare la frecciatina si avvicinò alla sedia dove poco tempo prima sedeva la guardia. Con un sorriso indicò a Feliciano il lettino, poi si rivolse a Ludwig.

“Grazie, ora mi prenderò cura io di Feliciano”

Ludwig colse il suggerimento di lasciare l’infermeria e si congedò con qualche saluto. Mentre usciva si sentiva lo sguardo di Feliciano addosso mentre Francis gli parlava di qualcosa relativo alla cucina. Nonostante la gentilezza quasi libertina del francese Ludwig ebbe la sensazione di essere stato cacciato per la seconda volta dall’infermeria.

Ma un’altra sensazione ben più forte e importante sconvolgeva l’animo del tedesco.
Ludwig aveva notato già da diverso tempo come i prigionieri del dormitorio H3T4 avessero stretto forti legami tra di loro, soprattutto i nuovi arrivati con il ragazzo polacco e con Francis. Se inizialmente Ludwig aveva visto di buon occhio la cosa rallegrandosi del fatto che potevano sostenersi a vicenda quando lui era impossibilitato ad aiutarli, ora non riusciva più a cogliere la cosa positivamente.
Feliciano stava stringendo forti legami con gli altri prigionieri, legami che non riusciva più a identificare bene. Soprattutto il rapporto che l’italiano aveva con Francis stava diventando piuttosto ambiguo.
Ludwig non ricordava una sola volta in cui aveva visto Feliciano lontano da Francis, oppure non cercare la sua attenzione o non parlare con lui.
Insomma, Feliciano cercava in continuazione Francis, mentre ignorava completamente la sua persona, anzi quando si avvicinava lui cercava sempre di allontanarsi spaventato dalla sua posizione come guardia del campo.

Incamminandosi verso la fabbrica dove Gilbert era rimasto a sorvegliare gli altri detenuti, Ludwig cercò di scacciare quei pensieri negativi dalla sua mente, e soprattutto di non pensare al fatto che aveva lasciato Feliciano solo per l’ennesima volta con Francis.
Cercò di non pensare al fatto che era geloso.

 

Quella sera nel dormitorio H3T4 il gruppo di amici multietnico si era dato appuntamento dopo l’inizio del coprifuoco serale sul fondo dello stabile per discutere di qualcosa.
Tutti i partecipanti si erano seduti a terra più o meno in cerchio nella debole luce lunare che filtrava da un’enorme finestra sulla parete dell’edificio e ascoltava ammaliato il racconto eccitato di Feliciano. Il ragazzo italiano sussurrava gesticolando con la mano sana e quella fasciata ciò che era accaduto poche ore prima nell’infermeria non nascondendo l’immensa felicità che stava provando.

“E così…. Ve, non posso crederci…. E così ha risposto di no! Sembrava sorpreso di quella domanda, ma io dovevo fargliela, io…” Non riuscì a concludere la frase perché Francis gli scompigliò con forza i capelli.

“E bravo il nostro Feliciano. Lo sapevo che c’era qualche tipo di interesse da parte di quel biondino dallo sguardo di ghiaccio, il vecchio Francis non sbaglia mai in questioni d’amore!”

“Sono contento per te Feliciano. Ora sappiamo che non è stato lui a darmi questi” Sussurrò più piano del solito Matthew mentre sistemava gli occhiali sul naso.

“Una guardia di un campo di concentramento che dimostra di avere interesse per un prigioniero? Ho davvero visto tutto nella vita, non vedo l’ora di raccontarlo al mio adorato pony a Varsavia!”

“Siamo sicuri che intendesse proprio quello? Magari stava cercando di farti guarire la ferita soltanto perché così non avrebbe perso forza lavoro” Azzardò Lituania, ma gli altri lo azzittirono subito.

“Ve! Sono così felice che il mio cuore potrebbe scoppiare da un momento all’altro! Mi viene voglia di cantare dalla felicità!”

“Oh si fallo, le canzoni italiane sono davvero belle!” Feliks si avvicinò al ragazzo per sentire meglio.

Con un sorriso Feliciano annuì e iniziò a cantare a bassa voce una bella canzone melodiosa e vivace. Tutti i ragazzi rimasero in silenzio ad ascoltare estasiati la voce pulita e acuta del ragazzo finché la melodia non finì.

“Bellissima, davvero bellissima! Di cosa parlava?”

“E’ una filastrocca sui giorni della settimana che mio fratello mi ha insegnato quando ero più piccolo. Mi disse che la cantava spesso la mamma. Io però non l’ho conosciuta purtroppo”

“Anch’io conosco una bella filastrocca in polacco, ma sono molto stonato perciò non credo la canterò” Disse Feliks rifiutando qualsiasi incitamento da parte degli altri.

“P-potrei cantarne una io! Non è una filastrocca ma una ninna nanna inglese, ma è molto carina” Si propose Matthew e tutti annuirono interessati.

Matthew si rivelò un cantante provetto. La sua voce era morbida e melodiosa e riusciva a raggiungere note molto acute. La ninna nanna era molto lenta e dolce e sembrava un canto d’amore più che un canto per conciliare il sonno.
Francis chiuse gli occhi godendosi la canzone. La melodia non gli era nuova e gli sembrava di averla già ascoltata da qualche parte, ma non ricordava di preciso dove.

Ad una strofa particolarmente melodica Francis ricordò.

Un sorriso dalle labbra rosee.

Una voce dolce con un curioso accento.

Occhi grandi e verdi come gli immensi prati britannici.

Sopracciglia folte e perennemente crucciate.

Francis si sentì mancare.
Si alzò di scatto mentre Matthew iniziava un’altra strofa, interrompendo la performance, e si affrettò ad uscire dall’edificio.
Una volta fuori, si accasciò contro la parete sedendosi a terra e si coprì il volto con le mani mentre le lacrime cominciavano a cadere abbondanti dagli occhi.

Aveva dimenticato la ninna nanna che Arthur cantava sempre quando curava il suo giardino, e quasi aveva dimenticato lui stesso.
Ricordare quella melodia cantata dal suo amato aprì una dolorosissima ferita nel petto di Francis che quasi gli fece mancare l’aria nonostante il freddo invernale lo avvolgesse tutto e lo facesse tremare come una foglia.
Arthur, il suo amato Arthur, che aveva salutato anni prima quando era partito per andare sul fronte a combattere per difendere la sua amata patria dall’invasione tedesca.
Arthur che lo stava aspettando da quasi due anni in Inghilterra.
Forse.
Francis non voleva nemmeno pensare alla possibilità che Arthur avesse trovato un’altra persona da amare credendo che lui fosse morto in Francia.
Era una possibilità più che valida che respingeva con tutto sé stesso.

Le lacrime non accennavano a fermarsi mentre la sua mente continuava a ripensare all’inglese e a tutti i bei momenti passati con lui finché una mano delicata non si poggiò sulla spalla del francese.

“Francis… è successo qualcosa? Ho forse detto qualcosa di sbagliato?”

Matthew lo guardava con seria preoccupazione mentre i suoi occhiali si appannavano a causa delle nuvolette di vapore caldo del suo respiro.
Francis si asciugò subito le lacrime e cercò di mettere su un sorriso, che risultò storto e falso.

“Non, non, non è colpa tua petit. Ho solo ricordato una cosa molto dolorosa”

Matthew si accovacciò accanto a lui e gli sorrise dolcemente. Alle sue spalle gli altri ragazzi guardavano la scena da lontano con volti preoccupati.

“Sono qui se vuoi parlarne, così anche loro se hai bisogno di aiuto”

“Grazie Matthew, ma non me la sento…” Francis volse lo sguardo al cielo stellato mentre un’altra lacrima percorreva tutta la sua guancia “…Però potresti…” Lasciò la frase in sospeso.

“Cosa? Chiedimi qualsiasi cosa Francis!”

Francis sorrise mentre altre lacrime scendevano sul viso, poi si volse ad abbracciare il ragazzo nascondendo il volto nella sua spalla.

“… Potresti cantare ancora quella ninna nanna? Solo una volta, s’il vous plaît?”

Matthew cantò nuovamente la melodia appoggiando la testa su quella di Francis mentre guardava il cielo stellato. Francis tremava e singhiozzava di tanto in tanto cercando di non fare rumore per non coprire la voce debole del canadese.
Feliks, Toris e Feliciano rimasero vicino la porta in silenzio ad ascoltare la melodia.
La ninna nanna però non sembrava più un dolce canto per conciliare il sonno, ma una triste melodia di sofferenza.


Angolo dell'autore
Perdonatemiiiiii T_T
Ho tardato così tanto perché sono stata in vacanza, poi sono stata male e non ho potuto scrivere nulla e infine ho dovuto riscrivere parte del capitolo perché non mi piaceva come stava uscendo. Mi spiace così tanto di avervi fatto aspettare, spero che però ne sia valsa la pena!
Come sempre perdonatemi anche errori di distrazioni o di altri generi!
Vi anticipo che il prossimo capitolo sarà molto bello e pieno di feels (è da quando ho iniziato la ff che aspetto di poter scrivere questo capitolo x'D)
   
 
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