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Autore: Longriffiths    16/10/2017    4 recensioni
Si sentiva diversa da tutti i suoi coetanei, e non solo per il non proprio piccolo dettaglio scuro e peloso lungo sessanta centimetri che portava avvolto intorno alla vita e sotto la gonna ogni giorno, per nascondere il fatto di essere la discendente di una razza aliena scomparsa tempo addietro con il suo pianeta natale di cui lei sentiva dentro una grave mancanza pur non avendolo mai visto, e non solo a causa del titolo che avrebbe portato se fossero ancora esistiti.
Genere: Angst, Avventura, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bra, Pan, Un po' tutti | Coppie: Bra/Goten, Bulma/Vegeta, Chichi/Goku, Gohan/Videl , Pan/Trunks
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Senza raggi solari, il nuovo giorno venne a cercarla ancor prima che i secondini bussassero alla sua porta, avvisandola sul farsi trovare pronta per quando sarebbero tornati a riprenderla, in vista del rito di iniziazione compiutosi per ogni membro di quell’equipe spaziale non autorizzata. Il torpore donatole dal sonno svanì in pochi attimi conseguenti al suo risveglio, in cui ella trovò immediatamente ogni singolo muscolo indolenzito. La spossatezza pesava sulle sue esili spalle, e la sensazione umida e appiccicosa che stringeva parte delle cosce e del ventre accompagnata da uno sgradevole odore ferroso, non furono una cornice assai piacevole. La turchina sollevò il proprio corpo dal freddo pavimento d’acciaio, esitando qualche secondo prima di rinchiudersi in doccia, lontana da tutto e da tutti col pensiero per pochi minuti. L’acqua calda trascinò giù per lo scarico ogni suo timore, poteva vederne i residui attaccati alle piastrelle, ma quelli forse erano solo frutto della propria mente. Ciò che in realtà vedeva, era il proprio sangue, e ciò che sentiva dentro era un’ansia prepotente ed aggressiva. La paura di restarci secca, di non uscire viva da quell’incontro era molta, ma l'avrebbe affrontata con audacia e classe. Istintivamente, portò una mano a sfiorare la schiena fino ad incontrare il pertugio ove prima albergava la radice della propria coda, infilando un dito all’interno per ispezionare la zona. Una crosta spessa seppur ancora morbida era presente sul fondo, la ferita doveva aver iniziato un ciclo di rimarginazione, anche se quella presente nel suo cuore non sarebbe mai più guarita. Sospirando, si affrettò ad asciugarsi e rivestirsi ripulendo il disastro secco presente in terra. Sullo specchio d’acqua lucido formatosi tra le pareti della doccia, ebbe l’occasione di contemplare la propria immagine riflessa, trovandola totalmente differente da colei che aveva visto all’incirca trenta ore addietro. Se la se stessa di qualche anno addietro fosse stata presente a guardare in che modo era conciata in quel momento, l’avrebbe schiaffeggiata. Non sembrava neanche l’ombra della ragazza di sempre, ed il punto era che per quanto si sforzasse, non riusciva a decifrare i sentimenti. Vi era o no traccia di felicità, il senso di vittoria dell’essersi liberata dall’adolescente in crisi? Quell’aspetto non le donava malgrado avesse preservato la bellezza di cui tanto andava fiera, che fosse quello l’aspetto finalmente esternato della guerriera repressa, della valorosa Saiyan? Questo lo avrebbe scoperto col tempo, per ora sentiva che quei panni le stavano male. O aveva trovato una risposta al quesito che tanto la tormentava, o si era cambiata nel luogo e nel momento sbagliato, ma fatto stava che in veste di combattente finora, era stata capace solo di combinare guai. Forse, doveva prendere la mano, prendere atto del non avere regole e limiti ed imparare a gestire questa libertà, doveva domare gli istinti e soprattutto, controllarli.

Nel momento in cui una mano chiusa a pugno battè due volte sulla porta, ella era già pronta a lasciarsi scortare sul luogo della resa. Asciugando internamente le lacrime con fare protettivo alla parte più debole di sé, camminò a passo svelto tenendosi a debita distanza dagli alieni, cercando di ignorare i loro sguardi, senza incrociarli. La struttura non vibrava sotto i suoi piedi, segno che la nave era probabilmente ferma. Non erano udibili passi ne erano visibili figure di alcun genere, probabile segno della presenza collettiva della ciurma nel posto in cui si stavano dirigendo. Un’ascensore trasportò i tre in una mensa, in cui un piccolo tavolo era modestamente apparecchiato di vari cibi. Quella era probabilmente la stanza riservata ai pasti. La giovane si accomodò senza proferir parola, e sotto gli sguardi sorpresi degli uomini trangugiò ogni cosa senza fermarsi un attimo. Nel sentire quei profumi invitanti della cui natura preferì non conoscere la provenienza -data l’ubicazione in un lato sconosciuto della galassia-, placando semplicemente la fame, senza chiedersi cosa stesse mettendo nello stomaco. Soddisfatta, pulì le labbra col suo stesso guanto con fare strafottente, sorridendo in modo sereno. Se avesse dovuto restare su quel catorcio, voleva che tutti sapessero fin da subito quanto ella fosse decisa ed indomabile, un pericolo per chiunque, e lo avrebbe dimostrato di lì a poco. Si chiese per un attimo cosa stesse mangiando la propria famiglia a casa, e se effettivamente stessero mangiando, se la sua migliore amica avesse tenuto fede alla promessa, se Jaco fosse vivo. Un orribile senso di vuoto colpì le viscere della turchina, ed in poco tempo la colazione appena consumata desiderò tornare all’esterno del suo corpo, ma ella non glielo permise. Poco dopo, si ritrovò all’esterno della navicella a percorrere un lungo tratto, su una superficie molto simile a quella della Terra. In lontananza, Bra potè scrutare un’arena ampia e corrosa all’apparenza, grande abbastanza per ospitare qualche migliaio di persone i cui cori ed ovazioni, risate e voci sovrapposte riempivano l’aria circostante. Arrivati a destinazione, la sua figura risultò ancora nascosta al pubblico. Sotto gli spalti, vi era un piccolo cancello in ferro simile ad una gabbia creata per tenere una sola persona all’interno, e l’illuminazione le arrivò quando ormai era già stata spinta all’interno di essa. Le ordinarono di non muoversi fino a quando non avesse udito il segnale. La voce amplificata di Zargat non tardò a farsi sentire, e con educazione ed eccitazione coniugate in un unico timbro, tenne un discorso d’inizio in cui ella capì di trovarsi sul pianeta Phecopon, e di stare per affrontare un tiranno non proprio amichevole. Applausi e fischi si levarono dalla folla, non appena la sua presenza venne annunciata. Le sbarre dinanzi a lei scomparvero permettendo l’accesso al ring, e dopo aver tirato un profondo respiro scaricando la tensione, la turchina avanzò pacatamente mostrandosi al pubblico. ‘Coraggio Echalotte, fai vedere cosa sei capace di fare a quel figlio di puttana’. Il terreno era arido e privo di forme di vita vegetali, crepato in più punti e pieno di ciottoli. Infastidita e colta da un impeto di rabbia per la propria posizione, rassomigliante al ruolo di un animale da lotta clandestina, attese senza abbassare la guardia il proprio sfidante, promettendo a se stessa di rendere egual misura prima o poi al Capitano. Il vociare generale cessò non appena l’alieno ebbe avvicinato un braccialetto elettronico posto sul polso alle labbra -che fungeva da amplificatore vocale-, presentando un tale di nome Athor. A giudicare dal modo in cui la terra fremesse sotto ogni suo passo, doveva trattarsi di una bestia mastodontica. Una figura animalesca e possente occupò ben presto il campo visivo della turchina, piccola e quasi insignificante al suo confronto. Ella, per quanto provasse -invano- a scavare nella propria memoria, non ricordava aver mai visto un corpo tanto muscoloso da fare impressione. Il capo di quel coso era quasi microscopico in base alla conformazione degli arti e del busto, la pelle di una tonalità giallastra ricoperta da una leggera peluria, e un minaccioso grugno stampato in volto dal quale si levò un feroce e minaccioso verso, fin troppo simile ad un ruggito. Bra osservava lo sfidante a bocca semiaperta, e per un attimo sentì l’impulso spontaneo di chiedersi se fosse un uomo, o un animale. Distanti ormai pochi metri, la sua ombra sovrastò l’intera corporatura della ragazza, che al fischio d’inizio ebbe appena il tempo di saltare all’indietro evitando un colpo che le avrebbe spezzato parecchie ossa. Il cuore prese a battere furiosamente nel petto della giovane, che passò i primi minuti ad evitare e schivare frequenti attacchi brutali e violenti, che distrussero in poco tempo parte del terreno sottostante.

Se c’era una cosa che la Saiyan aveva appreso sin dalla prima lezione di combattimento, quella era studiare l’avversario anche se avrebbe comportato l’essere presi a segno prima di contrattaccare, per apprendere ogni dettaglio del suo stile e agire secondo un logico criterio strategico. Di sicuro in quanto a forza c’era un evidente dislivello tra i due, o almeno -e soprattutto- quando ella non incrementava il proprio Ki, ed uno svantaggio per lei era proprio la mancanza di tempo che quel mostro comportava data la sua incredibile ripresa. Un vantaggio notevole, era invece la possibilità di muoversi molto più velocemente rispetto a lui, penalizzato dalla goffaggine che la sua stessa ingombranza gli portava, e inoltre, era come lei capace di volare. Ordinò a se stessa di ovattare ogni voce e suono eccessivo, creando un campo interiore limitato esclusivamente all’ascolto dei propri pensieri. Equilibrando il corpo e la mente ad un livello pressappoco eguale, affatto intimidita dal pericolo di fronte il quale si trovava iniziò ad occupare in pochi secondi alla volta ogni spazio circostante l’alieno, ronzandogli intorno come un fastidioso insetto in modo da confonderlo e guadagnare tempo per accrescere la propria forza cercando di separare i movimenti ed i compiti. Il maestro del proprio padre, a detta di quest’ultimo, gli aveva sempre imposto un ferreo allenamento sul controllo di ogni parte del corpo per arrivare a lasciar agire ognuna di esse indipendentemente dall’altra, esercizio che in una lotta contro un suo pari ella non era in grado di padroneggiare come Vegeta stesso, ma in quella specifica situazione avrebbe chiaramente potuto mettere in atto due operazioni contraddittorie come l’attacco e la difesa simultaneamente, rendendosi anche più potente di quanto in realtà non fosse agli occhi dei presenti. Suo padre le aveva sempre ripetuto dalla prima lezione insieme quanto potenziale avesse, e che il suo livello combattivo di base sin dalla nascita era di gran lunga superiore a molti Saiyan divenuti potenti che a suo tempo sul Pianeta Vegeta aveva incontrato da neonati, ritrovando poi durante il cammino a cui la vita lo aveva condotto. Tale notizia comunicatale non dal padre, ma dal Maestro nonché Principe della propria razza, crebbe giorno dopo giorno come un piccolo granello di sabbia in un’ostrica divenuto una rara perla nera, preziosa ed unica nel suo genere proprio come lo era lei, facendo breccia nel suo cuore. Era quello il ricorrente pensiero che motivava il suo orgoglio spingendola ad oltrepassare i limiti della sua mente, quali stanchezza e dolore fisico. Non appena ebbe caricato tutta la potenza a disposizione nonostante non fosse al massimo per la quantità di forza persa nell’estremo gesto apportato la sera prima, fu il momento di ribellarsi, sprigionando la propria aura in un grido di rabbia. Si portò in volo a qualche metro di distanza come in partenza, fronteggiando il mostro in posizione d’attacco. Con due dita ed un sorriso beffardo gli intimò di compiere la prima mossa, riuscendo a parare i violenti colpi dell’alieno ed assestarne di ulteriori, procurandogli dolore e danni. Una leggera distrazione le costò lo spezzare della concentrazione raggiunta, e ben presto il lato sinistro del volto fu segnato dalle rosse impronte di cinque enormi nocche. I fiati dei presenti mozzarono il loro ciclo per qualche istante, fino a quando la novellina non acquistò nuovamente la postura eretta. Piccola nella statura e immensa nell’energia, come un uragano si scagliò contro di lui in una furia azzurra, senza preoccuparsi di asciugare il rivolo di sangue fuoriuscito dal labbro inferiore, lo stesso sangue che ben presto coprì molteplici superfici dell’epidermide avversaria. Nella totale determinazione, riscoprì un nuovo piacere, un’adrenalina ed un movente mai avvertiti tanto intensamente, il dolce e perverso gusto per gli scontri. Tutti gli allenamenti portati a termine fino a quel momento, i duelli esercitati con i membri della famiglia o con gli amici, i leggeri combattimenti affrontati ai Tornei, niente di tutto ciò era paragonabile al benessere che percepiva da ogni punto di vista nel misurarsi seriamente con qualcuno. La lucidità e la sanità mentale assenti nell’esperienza avuta in forma Oozaru permisero alla turchina di godere di ogni singolo momento, scavando nella propria attitudine aliena quell’insana frenesia che i membri della sua specie sentivano, e per cui venivano identificati e riconosciuti da ogni popolo. Improvvisamente ogni cosa intorno ad ella scomparve, l’unico dettaglio all’interno del proprio mirino visivo era quel povero malcapitato, convinto come il resto di quel bizzarro pubblico di poter averla vinta. L’unica cosa in cui forse si differenziava dal lato Saiyan inevitabilmente contaminato dall’umanità presente in ogni suo cromosoma, era la pietà, e la volontà del risparmiare l’altro. Fu solo grazie a quel suo stimolo, che dopo un perfetto Final Flash -marchio di famiglia- tenuto come colpo di grazia, atterrò il mostro ormai privo di sensi.

Affannata e madida di sudore atterrò al suolo, osservando la folla intorno a sé, e i compiaciuti ed al contempo sbalorditi sguardi di ogni uomo e donna presente, che in un primo momento di silenzio tombale, esplosero in un fragoroso applauso con tanto di fischi d’approvazione. Zargat, dalla poltrona posta sulla cima dello stadio, batteva le mani lentamente e senza emettere alcun rumore con fare impressionato e piacevolmente sorpreso, e fu quando i loro occhi s’incrociarono che la Principessa senza Regno, soffiò una ciocca di capelli dal viso rimettendola in riga col resto della capigliatura, senza sorridergli né batter ciglio. Non espresse soddisfazione o compiacimento dinanzi alle ovazioni della ciurma, voltandosi al lato opposto per fare ritorno all’uscita della struttura, fiera ed orgogliosa come solo ella poteva essere.



《Senti, devi andartene ok? Mi pare di averti già detto che è finita!》

《Goten..》

《Sparisci, Valese!》La giovane adolescente dai ricci capelli color rame, uscì poco dopo dalla modesta abitazione sui monti Paoz tentando di nascondere al meglio il piccolo luccichio presente nella lunghezza delle ciglia ramate anch’esse, volgendo i saluti a quelli che ormai erano stati i suoi suoceri. Lentamente si avviò fuori declinando educatamente l’invito a cena della padrona di casa, e in pochi attimi il suono del mezzo di trasporto con il quale era giunta fin lì a cercarlo per chiarire la loro rottura, invano. Ormai il moro non avvertiva più alcun sentimento positivo nei confronti della ragazza, sensazione confermata nel momento in cui tenne quella spiacevole ed ultima conversazione con la turchina, di cui comprese e ammise a sé stesso il suo amore per lei. Due giorni erano passati dalla sua scomparsa, e la perlustrazione mondiale lungo l’intero globo attuata insieme ad ogni membro di quella che definivano ‘squadra Z’, non solo lo aveva sfinito, ma si era rivelata un totale disastro. L’aura della ragazza non era presente in nessun luogo Terrestre, e le poche informazioni date dalla propria nipote -che aveva insistentemente pregato senza successo per farsi rivelare l’esatta ubicazione dell’amica- avevano lasciato intendere all’intera famiglia, che la piccola Bra non era presente sul pianeta. Frustrato al proprio massimo, il moro avvertì un impeto di impazienza che lo portò a grattarsi scosso la cute del capo con entrambe le mani. I rimproveri di Chichi provenienti dalla cucina attraversarono tutta la casa, penetrando ogni muro sino ad arrivare alla camera del giovane. Essi non beneficiarono al suo sistema nervoso, né tantomeno i tentativi di Goku di calmarla. 

《È questo il modo di trattare le ragazze? Sei proprio un barbaro lo sai, ma chi ti ha educato così? Io no di certo!》

《Andiamo Chichina, sono ragazzi, può succedere che..》

《Non lo giustificare! Non dovrebbe urlare in testa ad una donna, l’ho sentito fin qui!》

《Sì sì tu hai ragione, ma vedi-》

《Niente ma! Và di là a dare una strigliata a tuo figlio, Goku!》

《Ma che cosa dovrei dirgli, scusa? Se non la vuole non lo posso costringere!》

《Sei un deficiente, non intendevo questo! In tal caso, limitati solo a dirgli che non ne voglio un’altra in casa mia almeno fino a sei mesi dal suo matrimonio! Non ha preso un bel niente da suo fratello! Non può farmi affezionare e poi..》

《Andiamo, che bisogno c’è di piangere?》

《SMETTETELA VOI DUE!》Infastidito come non mai, il giovane sbattè la porta dopo averla precedentemente spalancata per zittire quella ridicola sceneggiata, che contribuì solo a torcergli le budella. Sua madre sapeva essere davvero odiosa quando ci si metteva, anche se una piccola parte di sé sapeva quanta ragione avesse. Da un anno quella ragazza frequentava quell’abitazione, e la bruna l’aveva presa a cuore come una figlia, ma col passar del tempo, quella che inizialmente le era sembrata l’amore della sua vita si era rivelata un impiastro, o almeno, da qualche mese a quella parte egli aveva esaurito il livello di sopportazione nei suoi confronti. Le voleva bene, questo sì, ma non era lei quella che desiderava gli scaldasse il cuore di notte. Avrebbe dovuto metterci più criterio nella valutazione e specialmente, avrebbe dovuto aspettare prima di presentarla ai genitori, ma l'infatuazione che lo aveva attanagliato era sembrava talmente forte e autentica da illuderlo sulla sua durata, quel per sempre in cui prima o poi ogni uomo s’imbatteva, non era dedicato a lei. L’unica cosa che gli aveva sempre impedito di ascoltare il proprio cuore sin dal principio, era il timore di un rifiuto e di un’opposizione da parte della famiglia di colei che gli aveva realmente fatto perdere la testa. La sua vigliaccheria -e ne era certo- assieme al suo imperterrito temporeggiare aveva portato ad un punto cieco, in cui nient’altro era nelle sue possibilità oltre all’aspettare, attendere notizie che forse non sarebbero mai arrivate, attendere una persone che per quanto egli sapesse, poteva anche essere morta. Un incerto battere sul legno della porta contraddistinto dall’aura del proprio padre, non gli diede il tempo di versare le lacrime che spingevano al di sotto dei suoi occhi per uscire, e la figura dell’uomo entrò in stanza pochi attimi più tardi, col volto dipinto da un’espressione vinta e rassegnata. Pacatamente, Goku prese posto ai piedi del letto del suo secondogenito, contorcendo il viso nella più seria espressione possibile, seppur poco convincente, poggiando una mano sulla sua gamba distesa. Non ricevendo alcun segno di complicità da parte del giovane, il Saiyan sospirò iniziando a parlare.

《Figliolo, tua madre è in pena e in lacrime, arrabbiata con te e non so come sia possibile, automaticamente anche con me, e mi ha pregato di venire qui ad ucciderti per come ti sei comportato poco fa.》Nonostante le intenzioni del giovane fossero tutt’altro che positive, non riuscì a trattenere uno sbuffo divertito a quelle parole. Quella reazione provocò nell’uomo un evidente sollievo, che gli diede modo di sbloccarsi.

Papà non fare il cretino..》

《Scusa tesoro, non so come fare per riappacificarvi. Avete entrambi ragione, credo che dovresti venire di là a parlare con la mamma, e spiegare le tue ragioni.》 Il forte bisogno di confidarsi, dare libero sfogo ai demoni interiori crebbe in lui fin troppo velocemente richiamato dalle brutte sensazioni provate prima dell’irruzione in stanza di suo padre, e inesorabilmente, Goten cedette ai dispiaceri puntando sull’onestà e la comprensione della splendida persona che aveva dinanzi.

Papà, sono preoccupato. Non ho voglia né tempo di dedicarmi a lei, e in più ho scoperto lati del suo carattere che non riuscirò mai a farmi piacere.》

《E la sua insistenza ti dà fastidio, lo capisco figliolo. Ma avresti dovuto mantenere la calma, sei un uomo migliore di così.》

《Lo so e mi dispiace.》

《Parlerò con tua madre, le passerà in fretta.》

《Già, e puoi anche dirle di non preoccuparsi per l’altra, perché la conosce già.》

《Allora c’è un’altra! Dì un po’, non avrai mica..》

《No, no! Niente alle sue spalle.》

《Bene, allora non sentirti in colpa. E dimmi, anche io la conosco?》

《Sì, certo.》

《Urca! È chi è? Ho capito non vuoi dirmelo.. beh posso almeno sapere dove si trova?》

《Lei.. lei adesso non è sulla Terra, papà.》



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Salve a tutti!!

Ve lo aspettavate? Il nostro romanticone ha vuotato il sacco! Chissà Goku come la prenderà..

Ma veniamo a noi, peperina la Principessa, no? Volevo informarmi che ciò che ho scritto riguardo il suo livello combattivo non sono cacchiate, in Multiverse infatti Bra aveva 13.568 di livello appena nata, superiore anche a Broly, e perfino a Goku nella prima serie di ben 1.356,8, è quindi la Saiyan di forma base più potente di tutti, devo farla valere per forza raga, e poi non mi devo incacchiare del fatto che in GT sembra una stupida e.e mannaggia a loro!

 Non perdetevi il prossimo capitolo, perché ci saranno dei colpi di scena pazzeschi ed una apparizione speciale che vi avevo anticipato qualche capitolo addietro (vi ho anche nominato la persona..), che spero gradirete! Che dire, ringrazio Altreya per aver inserito la mia storia tra le seguite, e ringrazio da morire paige95 e felinala per il loro prezioso supporto. Un grazie anche a tutti voi che seguite questa storia e che passate a leggere, vi adoro. ♡

Alla prossima!♡♡


P.s: Scusate per la poca fantasia.. chi è cresciuto con i cartoni di vecchia generazione sa da dove ho preso il nome del pianeta :'D oh, e ogni riferimento a Pirati dei Caraibi è puramente voluto!

   
 
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