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Autore: PetitGarcon    20/10/2017    0 recensioni
"Ho sognato. Ho sognato l'abisso. Io ero l'embrione fluttuante nelle le alghe-utero e poi il feto immobile, in attesa della luce che non sarebbe mai arrivata"
In una spasmodica Parigi del dopoguerra Jaques-Luis David, convinto di essere la quattrocentocinquantaduesima reincarnazione del famoso pittore del XVIII secolo, tenta la fortuna come poeta. Attraverso la letteratura si mescolerà alle altre vite randage della città fino a divorarle completamente.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest | Contesto: Storico
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Capitolo I




Nel 1922 Parigi traboccava di luci e l’assenzio scorreva come il sangue sul fronte bellico una manciata d’anni prima. Mentre il resto d’Europa si affannava sotto l’immensa croce di piombo della Grande Guerra a Parigi la vita era un grande circo in festa: lacrime e sperma e vino, una moltitudine sguaiata ed isterica di esseri umani che si mescolavano e si dividevano senza essersi davvero capiti davvero. E la Torre Eiffel brillava, brillava fino ad esplodere nei tramonti disgustosamente carichi delle sette e tre quarti del pomeriggio.

Camus aveva nove anni, Victor Hugo era morto e l’ombra ebbra di Baudelaire gravava su tutti noi, Rimbaud, come un demoniaco spiritello, ti poteva far visita ogni secondo giovedì del mense, nella tua camera da letto, canzonandoti per il tuo mediocre talento artistico. In molti si erano messi alla ricerca del fantasma dell’Opera e qualche sprovveduto aveva fatto girar la voce che il Necronomicon si trovasse a Parigi, in qualche caffetteria olandese dalle parti dell’Universitè. Le ceneri della Corte dei Miracoli giacevano sotto il peso titanico dei palazzi signorili voluti da Luis XVIII per soffocare la piaga della povertà ed alimentare il suo ego. Io spirito di Lucille de Chateaubriand piangeva in tutti i conventi per la strada di Marsiglia (alle tre del mattino in punto) .C’era chi giurava d’aver visto Picasso a Rue Rivoli e Salvador Dalì che portava a spasso i suoi formichieri dalle parti della stazione di Charles de Gaullle.

Ed ancora, Parigi era la musica; la musica triste di un giradischi lucido al quarto piano di un palazzo colmo di orchidee viola e rose che sembravano fatte di carne. La voce di un ubriaco sulle rive della Senna, nelle notti in cui la luna era marcia e scarna, di un giallo vivido e sconcertante, una voce che come una litania antica evocava gli spiriti dei morti in guerra. E la musica spasmodica delle feste, irritante ed isterica, che nasceva nella notte traboccante del ronzare delle luci artificiali e crepava agonizzando alle prima albe, quando il sole pallido e malato si affacciava sull’ Arco di Trionfo, come un bambino che gioca a fare il re del mondo. Ed ancora, ancora! Una musica biascicata e stridula che portava addosso con disinvoltura, come un profumo a buon mercato, l’odore di brillantina, di sudore, di vino, sesso e tabacco scadente.
Parigi gemeva, soffocava, urlava; gli amori segreti consumati negli alberghi di periferia, la Terza Repubblica, il proletariato (abbasso i borghesi!), Quasimodo resuscitato, nascosto tra le guglie di Notre Dame, crocifissi a buon mercato, l’oppio e gli spiriti, la magia, il caffè bollente, stomaci vuoti, mestruazioni attese, le banche, i topi, la vita, la vita, la vita…
 
 
Jaques Luis David era sempre vissuto con la stizzosa arroganza che l’essere l’omonimo del grande pittore neoclassico comportasse, senza ombra di dubbio, il possederne l’anima. Era certo di esserne l’incarnazione – “la quattrocentocinquantaduesima incarnazione!”. Quando si accorse di non possedere alcun talento pittorico si gettò con ardore sulla poesia e dopo Mallarmè, la sua vita cambiò e viaggiò tre giorni in treno, dormendo sul pavimento umido del vagone e mangiandosi le unghie condite con ciò che riusciva a rubare agli altri passeggeri. Si diceva, in quelle notti vegliate al lume della fame e del rancore, che andava a Parigi per la poesia, ma nel profondo delle sue viscere la vera ragione del suo distacco dalla casa natia era un'altra e ben meno nobile della letteratura...
Ma questa è una storia che non ha da mischiarsi con l’anima della nostra Parigi e che tuttavia andrà narrata per ricordare al lettore in quali meandri della psiche degli uomini germogliano e giacciano i fiori del male.





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Grazie a chiunque stia leggendo e/o seguendo la mia storia. Sono un ragazzo timido e mi ci è voluto un bel po' per decidermi a pubblicare. Aspetto pareri con ansia perchè desidero tantissimo migliorare!

 
   
 
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