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Autore: Douglass    20/10/2017    2 recensioni
La storia parla di un gruppo di ragazzi che si iscrivono ad una scuola per diventare degli eroi, tutto ciò durante gli avvenimenti del manga stesso (quindi della linea temporale) ma in un parte diversa del Giappone, lontana dalla regione dei protagonisti canonici. Ma il protagonista sembra ritrovarsi in quella scuola solamente per pura forzatura...
Genere: Azione, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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-Io sono qui... perché voglio salvare le persone! Aiutare i bisognosi! Non m’importa di rischiare la vita! Per chi non è in grado di cavarsela da solo, farei questo e altro! Questo è il motivo per cui voglio diventare un eroe!

Fino a quel giorno, non avevo mai mentito così spudoratamente in tutta la mia vita, io non dovevo trovarmi lì, io non ho mai voluto trovarmi lì, la mia sola presenza in quella stanza era un errore. Avevo appena finito le scuole media, già fremevo al solo pensiero di andare a una scuola dove avrei potuto specializzarmi nell’ambito dell’elettronica, che è sempre stata la mia passione... però, quel sogno sarebbe rimasto tale. La mia famiglia ha tuttora un problema, i soldi. Mi ha sempre infastidito questa cosa e no, non sono intendo che “avrei voluto questo ma non posso permettermelo”, odio che per fare qualsiasi cosa, ai tempi nostri, ti servano i soldi, ci sono persino dei bar che fanno pagare un semplice bicchiere d’acqua e alcuni prezzi per questi ultimi sono davvero esagerati. Come dicevo, la mia famiglia ha sempre avuto questo problema e solo mio fratello maggiore ha avuto la fortuna di andare alle scuole superiori, per me non c’erano soldi da spendere, non era colpa loro, ne sono ben consapevole, ma non ho mai mandato giù questo fatto, non poter seguire i propri sogni per colpa di qualche pezzo di carta. Non ho parole per descrivere come mi sentivo in quel momento, di certo frustrato, ma non esprime nemmeno un millesimo dei miei sentimenti all’epoca. Poi, le cose cambiarono. Mio zio arrivò nella nostra città, per trasferirsi, dato che prima viveva in un'altra regione del Giappone. Quell’uomo non era né ricco né povero, era un comunissimo impiegato giapponese, non aveva nulla di speciale, tranne una cosa, una conoscenza. Era amico del preside di una certa scuola, la Shujikō No Michi Hero Academy, che vuol dire “Accademia della Via dell’Eroe” o qualcosa di simile. Da quello che ho saputo, mio zio e il preside della scuola erano e sono ancora grandi amici, poi, quell’uomo doveva un enorme favore al mio parente, non so né il perché né cosa fosse successo ma hanno deciso che per me il prezzo d’iscrizione sarebbe stato ridotto e che avrei vissuto nei dormitori della scuola a spese di quest’ultima.

Non sono mai stato così disperato.

Il giorno dopo mio padre mi chiese di parlare da soli, in quel buco che era camera mia per discutere della faccenda, mia madre si trovava a lavoro.

-Non voglio andarci là! Non potete costringermi!

-Devi andare a scuola, è la legge. Questa è l’unica scuola dove possiamo mandarti.

-Mi va bene qualunque scuola, ma non una per diventare un eroe! Non voglio diventare un eroe! Non voglio rischiare la MIA vita per degli idioti incapaci di difendersi da soli! Non me ne frega niente degli altri!

-Cerca di essere più comprensivo.

-Comprensivo un cazzo! Non m’importa se mi pagano bene, io non voglio salvare degli imbecilli!

-NEMMENO IO E TUA MADRE VOGLIAMO CHE TU VADA IN QUELLA SCUOLA!

Dopo quell’urlo, nella stanza cadde un silenzio tombale. Ero rimasto paralizzato ma non per via della voce alta di mio padre, rimasi pietrificato per ciò che disse. Dopo pochissimo, riprese lui a parlare.

-Nemmeno io e tua madre vogliamo che vada là... né io né lei vogliamo vederti rischiare la vita per delle persone di cui non importa neanche a noi due!

Anche lì, non seppi spiccicare mezza parola.

-Però... siamo costretti a mandarti in quella scuola, è l’unica via possibile che abbiamo. Sei ben cosciente della nostra situazione economica e questa è un’occasione d’oro per noi e non puoi ancora andare a lavorare e, per quanto mi pesi dirlo, saresti solo un peso per noi... perciò, vorrei che tu andassi a studiare in quella scuola... e poi pensaci, potresti fare un po’ di soldi lavorando come eroe così da poterti pagare una scuola specializzata nell’elettronica e smetterla di salvare le persone!

Rimasi in silenzio, non ero arrabbiato per ciò che aveva detto, dopotutto, fu sincero quel giorno. Dopo un po’ di riflessione da parte mia accettai soltanto perché amo tantissimo i miei genitori e sapevo anch’io che andare a quella scuola era la scelta migliore.

I pochi giorni di vacanza passarono con una lentezza disarmante, rimanevo tutto il giorno a chiedermi se avessi fatto la scelta giusta. Da una parte sentivo di aver fatto bene, aiutando tantissimo i miei genitori, dall’altra non sopportavo il dover diventare forzatamente un eroe, non sono portato per farlo, non sono mai stato quel tipo di persona che aiuta gli altri perché gli piace fare così, se vedo un’ingiustizia che subisce una persona che non conosco nemmeno, non intervengo, non sono affari miei. Alla fine, il giorno arrivò. Mi svegliai presto la mattina, feci una colazione veloce e mi vestii con una tuta e una canottiera, sapendo che ci sarebbe stato l’esame d’ammissione. Solo allora mi guardai allo specchio per sistemarmi. Ho sempre odiato tutto di me: i miei capelli, neri come la morte, per pettinarli come voglio io ci si mette sempre molto, totalmente “spettinati” verso il lato destro; le mie sopracciglia, anch’esse nere, le ho sempre considerate troppo fini; la forma dei miei occhi l’ho sempre vista come un esagono uscito malissimo; il colore stesso dei miei occhi, arancioni, non esiste colore al mondo che detesto di più e infine le scaglie che ho sul corpo. È tutta colpa del mio Quirk: Hard Scales. In poche parole, ho delle scaglie durissime su alcuni punti del corpo: le braccia, ma solo dal gomito in poi; le gambe, anche lì dal ginocchio in poi e per finire sul collo, guance e mento. Il problema che mi hanno sempre dato è stato la loro irremovibilità, le ho e basta, non posso farle scomparire o riapparire quando voglio, rimarranno per sempre lì, con quel colore a mio parere orribile e inguardabile. Solo riguardandomi allo specchio mi accorsi che il mio Quirk era totalmente inadatto per fare l’eroe.

Una volta finita la mia preparazione, i miei genitori mi accompagnarono alla stazione, dove presi il treno. Una volta sul sedile, guardai i miei genitori dal finestrino: mia madre mi guardava con le lacrime agli occhi. Furono lacrime di gioia per la mia partenza per la scuola? Era la tristezza per il non potermi più vedere? Era la paura che potessi farmi seriamente male? Non lo seppi mai e mi chiedo ancora oggi cosa pensasse in quel momento. Mio padre invece, mi guardava con sguardo serio tenendo le braccia conserte, ma i suoi occhi erano lucidi, era impossibile non notarlo. Come sempre, provava a mantenere il più possibile le sue emozioni, per fare da modello, e ci riuscì. Ho sempre voluto essere come mio padre, capace di mantenere la calma in moltissime situazioni. Lui mi guardava, io guardavo lui, quando si dice che uno sguardo vale più di mille parole. Il suo sguardo mi diceva di essere forte e fiero, ma esprimeva allo stesso tempo tristezza, una tristezza palese per la mia scelta forzata. Dopo pochi secondi, che sembravano ore, mio padre smise di tenere le braccia conserte e mi fece il segno dell'ok con il pollice ed io risposi alla stessa maniera. Subito dopo, il treno partì.

Il viaggio fu corto e veloce e in men che non si dica mi trovavo di fronte alla scuola, con uno sguardo palesemente scocciato e arrabbiato. Iniziai a camminare in fretta, non volevo soffermarmi a pensare, era troppo tardi per cambiare idea. Tutti i “candidati” si diressero in palestra, dove ci fu spiegato da un professore cosa avremmo dovuto fare. Da dove ero io, non riuscii neanche a vedere l’insegnante, potevo ascoltare e basta. In poche parole, di lì a poco, saremmo stati portati, tramite vari autobus, in una città costruita unicamente per questo esame d’ammissione da un eroe, che probabilmente, aveva un Quirk simile a quello del famoso Cementoss. La città sarebbe stata in rovina, come se fosse stata attaccata da un cattivo o colpita da qualche calamità naturale; all’interno di essa si sarebbero trovati dei manichini, ognuno con qualche danno particolare che noi avremmo dovuto curare e portare nelle varie zone di sicurezza sparse per quella città vuota. Ogni manichino sarebbe valso dieci punti, nel caso uno di quei fantocci fosse stato salvato da due o più persone, quei dieci punti sarebbero stati spartiti tra tutti gli aspiranti eroi. Come concetto era molto semplice, ma ciò che mi sorprese fu l’assenza di un test scritto e di uno pratico, ma molto probabilmente quell’esame d’ammissione sarebbe servito anche da test fisico.

A dire il vero, c’erano molte meno persone di quelle che mi aspettavo, ma rimase comunque il fatto che si diressero tutti quanti in fretta e furia verso gli autobus, me compreso. Una volta preso il mio posto il più avanti possibile, poiché soffro di mal d’autobus, mi soffermai a guardare tutti gli altri sedersi. Inutile dire che i primi si fiondarono agli ultimi posti, manco fossero avvoltoi. Alla fine, l’intero autobus si riempì e vicino a me si sedette un ragazzo alto, troppo alto perché potesse essere giapponese e avere quell’età. Aveva i capelli grigi, ma non quel grigio scuro e malinconico, un grigio molto chiaro, tendente al bianco. L’acconciatura, invece, era piuttosto strana, almeno per me; anche lui, come il sottoscritto, teneva i suoi capelli verso destra, anche se, comparati ai miei, erano molto meno lunghi, la differenza principale furono i suoi capelli sparsi apparentemente a caso dietro al collo. Poi i suoi occhi, di un nero mescolato ad un po’ di grigio scuro, o almeno a me parve così, però erano pieni di convinzione ed esaltazione, come se stesse per ricevere un qualche premio speciale di riconoscimento. Poi c’erano le sue piccole sopracciglia, che a prima vista potranno sembrare ironiche, data la sua stazza, ma dopo averlo guardato per un po’ non ci si faceva più caso. Un altro dettaglio che catturò la mia attenzione, fu la collanina che indossava, che poi non era altro che un semplice filo nero con attaccato un prisma trasparente. Appena si mise seduto, subito mi guardò dall’alto e mi rivolse la parola.

-Ehilà!

Già solo dal suo saluto mi venne da sbuffare dalla noia, avevo già capito che era il solito esaltato, perciò mi limitai con il conversare.

-Ehilà.

-Sei pronto per l’esame?

-Ovviamente, altrimenti non sarei qui.

-Non hai alcun tipo di preoccupazione?

-Neanche una.

-...tu stai mentendo.

Rimasi colpito dalla sua ultima affermazione.

-Come scusa?

-Ho detto che stai mentendo, hai il tipico atteggiamento di chi è annoiato e risponde alla svelta, senza nemmeno pensare due volte a ciò che si dice, questo perché qualcosa in testa ti frulla, dico bene? -Ma perché non ti fai gli affari tuoi?!

-Perché in questo esame d’ingresso bisogna collaborare! Se pensi di poterlo superare da solo vuol dire che non hai capito nulla!

-Ma per favore, posso superare questo esame senza l’aiuto di nessuno, e poi collaborare vuol dire meno punti, anche se è più facile portare più manichini.

-Pensi davvero che i manichini siano gli unici punti che puoi ottenere?

-Eh?

-Un eroe deve saper collaborare! Sicuramente, in quella città finta, ci sono delle telecamere nascoste per permettere ai professori di guardarci e sicuramente collaborare con qualcuno farà guadagnare più punti.

-Beh... non hai tutti i torti... ma è per questo motivo che hai iniziato a parlarmi senza un pretesto?

-Il solo fatto che ci troviamo sullo stesso autobus per lo stesso motivo è un pretesto.

-Dimmi quello che vuoi e basta!

-Allora, collaboriamo, solo noi due, poi nel caso trovassimo qualcuno che ha bisogno d’aiuto, lo aiutiamo, ci stai? Facendo così puoi stare certo che otterremo più punti.

Per quanto quel ragazzo mi stesse antipatico in quel momento, dovetti ammettere che aveva ragione in tutto.

-Se mi dai una motivazione per fare come dici tu, io accetto.

-Se ti trovi qui è perché vuoi fare l’eroe a tutti i costi, per un motivo o per un altro, o sbaglio?

-...non sbagli.

-Quindi...?

-Ci sto... ma non provare nemmeno a considerarti mio amico, noi due ci aiutiamo solamente per realizzare il nostro sogno.

-Va bene, però non ci siamo ancora presentati!

-(Per favore, qualcuno me lo levi di torno).

-Il mio nome è Yamazaki Eijiro! Felice di fare la tua conoscenza!

-Takahashi, piacere.

-E il nome?

-Non ti ho mai concesso di potermi chiamare per nome.

-Ok, ok, ma sta calmo, era per sapere.

In quel momento, anche se aveva ragione, Yamazaki mi aveva davvero irritato molto. Mi aveva già solo infastidito il suo parlarmi totalmente a caso, seppur per una buona causa, poi cominciò a rompere sui problemi che avevo in testa, lì feci davvero fatica a contenermi, ma nonostante tutto, quel tizio mi aveva davvero affascinato, capì subito che stavo mentendo e formulò quella teoria sulla collaborazione che non era infondata e aveva anche senso. Per questo motivo, dopo qualche secondo di silenzio, presi fiato e poi sbuffai.

-Ichizo, mi chiamo Ichizo.

Da quel giorno, sarei stato costretto a mentire in continuazione, anche quando dissi a Yamazaki che eravamo solo aiutanti per realizzare i nostri sogni, stavo mentendo. Mia madre mi disse sempre che nella vita, per andare avanti, era necessario indossare una maschera per nascondere il nostro vero io e che quella maschera, col tempo, sarebbe diventata un tutt’uno con noi stessi, cambiandoci profondamente o superficialmente nel carattere. Disse anche che, chi non avrebbe voluto cambiare dinanzi alla realtà, avrebbe potuto indossare una maschera con dei buchi, in modo tale da lasciar “in vita” la sua vera natura e non cambiare radicalmente quando la maschera si sarebbe fusa col suo carattere. Io non avrei mai voluto indossare nessuna delle due maschere, ma da quel giorno fui costretto a mettermi una maschera con tanto di costume.

NOTE: Il cognome del protagonista: Takahashi, è ispirato al cognome dei fratelli Takahashi dal manga Initial D.

   
 
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