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Autore: Yuki Delleran    21/10/2017    2 recensioni
« D'accordo, sì, si può fare. Voglio dire, non c'è davvero nessun problema, ce la caveremo alla grande. Se a Keith sta bene, ovviamente. » si ritrovò a rispondere annaspando un po' con le parole.
Non aveva la più pallida idea di dove sbattere la testa, non sapeva assolutamente come gestire eventuali situazioni d'emergenza, ma quella era già una situazione d'emergenza e il minimo che poteva fare era soccorrere un amico in difficoltà. Un amico, già.
« Mi basterà fare una telefonata per avvertire mia madre di aggiungere un posto letto. Scommetto che sarà felicissima di averti a Varadero! »
Quello che non sembrava particolarmente entusiasta era Keith stesso, e un po' poteva capirlo: finire a Cuba con lui non doveva sembrargli la soluzione più efficace al suo problema.
[post-canon, Klance]
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Safe and Sound'
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Disclaimer: Voltron e tutti i suoi personaggi appartengono a Dreamworks & Netflix.
Note: Post-canon.
Beta: Leryu
Word count:
3490



La motoretta sbandò pericolosamente, rischiando di finire fuori strada per l'ennesima volta. Keith perse la pazienza.
« Ce l'hai la patente per guidare questo affare? » esclamò, mentre Lance frenava sul bordo dello sterrato, evitando per un pelo un grosso cespuglio.
« Senti un po'! Ho guidato un leone nello spazio! » ribatté, piccato.
« Già, con tutte le conseguenze del caso... »
« Ehi! Blue e io eravamo una coppia fantastica! »
« Sì, sì... Dai, scendi, guido io. Dopotutto, tuo cugino l'ha prestata a me. »
Lance scese dalla moto e non mancò di sottolineare la propria indignazione mettendo su l'ennesimo broncio di una lunga serie iniziata il giorno prima.
« Non vi perdonerò mai! » recriminò con enfasi. « Gliel'ho chiesta per anni! Anni! Poi arrivi tu e in mezzo tik, fatto! Amici per la vita e ti presta la motoretta! Ti detesto nel profondo, Kogane! »
Keith alzò gli occhi al cielo e scivolò sulla parte anteriore del sedile, afferrando il manubrio.
« Lo so, lo so, ora dimmi solo che strada devo fare. »
Quella mattina, Lance aveva deciso di portare Keith a godere di persona delle bellezze marittime del suo paese e la motoretta di Miguel era caduta sorprendentemente a fagiolo.
Ora si trovavano a poca distanza dalla spiaggia e già la brezza salmastra li raggiungeva in  folate fragranti.
La temperatura era alta, ma la strada era fiancheggiata da due filari di palme che la ombreggiavano.
Qua e là si vedevano passare gruppetti di turisti diretti alla loro stessa meta. Sembrava in tutto e per tutto un paesaggio da cartolina, di quelli che riguardi anni dopo e ti chiedi se esistano davvero.
Lance dava indicazioni contraddittorie, a volte facendolo svoltare all'ultimo momento con il rischio di investire qualche passante. Keith lo rimproverava, ma la riposta era sempre la stessa, cioè che non passava da quelle parti da un po'. Probabilmente pensava che lo stesse prendendo in giro e che se la godesse un mondo, come bambino alla sua prima scampagnata, ma la realtà era un'altra. Seduto dietro di lui e con le braccia allacciate alla sua vita, Lance non poteva fare a meno di distrarsi ripensando alla vicinanza simile avuta con Keith qualche sera prima e addirittura al ballo sensuale fatto con la sorella, alla quale la sua mente fin troppo brilla aveva sovrapposto l'immagine dell'altro ragazzo. Quando l'aveva realizzato lucidamente, si era vergognato dei suoi stessi pensieri.
Giunti finalmente alla spiaggia, scoprirono che era affollata, ma questo non avrebbe costituito un problema. Parcheggiarono la motoretta in un punto appartato e scesero verso la costa portandosi dietro la borsa da mare.
Keith scrutò con aria apprensiva i numerosi gruppetti che si accalcavano in acqua: evidentemente, l'idea di stare in mezzo alla gente continuava ad angustiarlo.
« Non fare quella faccia! » esclamò Lance, marciando dritto verso il bagnasciuga. « So benissimo cosa stai pensando e non ti devi preoccupare. »
A pochi passi da loro si trovavano alcune piccole barche che venivano noleggiate ai turisti e Lance fece cenno al ragazzo di servizio. Confabularono per qualche istante poi slegò e spinse in acqua una piccola imbarcazione con lo scafo dipinto di bianco e blu.
« Andiamo! » esclamò, facendo cenno a Keith di avvicinarsi.
L'altro lo raggiunse, titubante.
« Facciamo a metà della spesa? » chiese, facendo dondolare la borsa su un polso.
Lance scoppiò a ridere e gliela sfilò.
« Macché! Questa è di mio cugino, che gestisce il servizio. Ce la presta. »
« Miguel? »
« Miguel possiede solo una stupida motoretta ed è un tirchio egoista. » precisò Lance con una sbuffo infastidito. « No, questa è di Carlos, cugino da parte di mamma. »
« Sei imparentato con mezza Varadero. » si stupì Keith mentre l'altro tornava a sorridere.
« Qui è abbastanza normale, ci si conosce tutti e per metà si è parenti. Gli altri sono solo turisti. »
Gli fece cenno di salire senza problemi e continuò: « Andiamo, ti porto in un bel posto, vedrai che non te ne pentirai. »
Si trovavano in spiaggia, sotto il sole, su una barchetta che galleggiava su un mare di cristallo. Era tutto talmente bello che era impossibile immaginare che qualcosa potesse andare storto.

Lance aveva remato per un bel po', distanziandosi dalla costa e prendendo una direzione che ben ricordava. Le spiagge di Varadero erano tutte sabbiose e senza l'ombra di scogli, per trovarli bisognava prendere il largo. C'era un angolo in particolare che amava raggiungere da bambino, da quando Carlos gli aveva permesso di prendere una barca.
Si trattava di una piccola spiaggia nascosta, che nessuno frequentava; una bassa scogliera ne impediva la vista dalle ampie spiagge turistiche: un tratto di litorale quasi incontaminato, sconosciuto ai più, dove uno spicchio di sabbia candida si abbandonava all'abbraccio del mare verde-azzurro. Tutto attorno, la vegetazione marina, fatta di palme e bassi cespugli salmastri, la rendeva ancora più simile ad un piccolo paradiso.
Accanto alla spiaggia, sul lato roccioso, si trovava una grotta che si riempiva con l'alta marea. Lance ne era sempre stato affascinato e aveva considerato la sua esplorazione una prova di coraggio personale. Ne ricordava perfettamente le pareti lisce e il riverbero azzurro dell'acqua sulle rocce, quando il mare saliva a poco a poco, coprendo gli strati di conchiglie e i ciottoli arrotondati.
Rivedere ora quei paesaggi gli provocava una fitta di nostalgia, ma, allo stesso tempo, di gioia. Era tornato. I luoghi della sua infanzia erano ancora lì e poteva dirsi fiero di aver contribuito a proteggerli. Inoltre, aveva la possibilità di mostrarli a Keith, e questo era più di quanto si sentisse in diritto di desiderare.
Una sensazione di tenerezza lo invadeva nel vederlo osservare tutto con occhi spalancati ed increduli, accennando di tanto in tanto a quanto fosse trasparente l'acqua, bianca la spiaggia e azzurro il cielo. A tratti Lance si chiese dove avesse vissuto fino a quel momento, a parte nello spazio, se la vista del mare gli provocava simili reazioni, ma poi ricordò la casa solitaria nel deserto e si morse la lingua per evitare commenti inopportuni.
« Facciamo a chi arriva prima alla spiaggia? » esclamò, dopo aver rilasciato la piccola ancora della barca ed essersi sfilato la maglietta.
Keith lo fissò, stupito, poi il suo sguardo si accese di sfida.
« Ci sto, ma poi non lamentarti se perderai! »
« Come se fosse possibile. Sono il Paladino dell'acqua, io! »
« Sì, sì, come no... »
Keith si spogliò a sua volta e stirò le braccia sopra la testa, preparandosi. Il costume rosso faceva risaltare la sua pelle chiara e Lance si perse per un attimo nella contemplazione dei muscoli della schiena e dell'addome che si flettevano. L'istinto gli suggeriva di allungare una mano, la ragione lo bastonò a dovere. Quando l'aveva fatto, anche se non ne era stato completamente cosciente, non era finita bene. Non era il caso di innervosire Keith solo perché era attratto dalla sua pelle bianca, così diversa dalla propria.
« Ricordati di mettere la crema solare o ti scotterai, Paladino del fuoco. » lo prese in giro, ricevendo in risposta un'occhiata di sufficienza.
« Stai procrastinando la sconfitta? » si sentì chiedere.
« Ma ti pare?! »
Lance non se lo fece ripetere due volte e si tuffò, avvertendo chiaramente il compagno entrare in acqua subito dopo di lui. Non aveva nessuna intenzione di farsi battere solo perché si era perso per un attimo dietro ad assurde fantasie. Era nel suo elemento, finalmente, dopo tanto tempo. Non si era mai sentito così bene. L'acqua era della temperatura perfetta e sentirla scivolare sulla pelle era una sensazione meravigliosa.
La piccola insenatura era percorsa da alcune correnti, le ricordava bene, ma bastavano un paio di bracciate più robuste e un po' di attenzione per superarle senza problemi. Impiegò poco a raggiungere una parte di fondale che gli permettesse di alzarsi in piedi e, una volta fatto, alzò il pugno in aria, vittorioso.
« Evvai! Stavolta ti ho stracciato, lo sapevo! Keith, hai visto... »
Quando si voltò, però, non trovò traccia del compagno alle sue spalle.
Preoccupato, spazzò con lo sguardo il tratto di mare che separava la piccola spiaggia dalla barca, fino ad individuarlo.
« Amico, che stai facendo?! » esclamò, pronto a scoppiare a ridere per quell'assurdo modo di nuotare.
Tuttavia, la risata gli morì in gola. Qualcosa non andava: era finito nel punto più insidioso della corrente.
Lance non si fermò un istante a pensare e si rituffò immediatamente, nuotando indietro con tutte le sue forze: doveva raggiungerlo il prima possibile.
« Keith! » lo chiamò. « Piano, piano... Ehi! »
Keith si aggrappò alle sue spalle spasmodicamente, graffiandogli la pelle. Aveva il respiro corto e lo sguardo terrorizzato del naufrago.
« Va tutto bene, ora andiamo a riva. Non stringermi così, è peggio. Non ti lascio. »
Continuò a ripeterlo fino a quando i suoi piedi non toccarono il fondo sabbioso, ma anche così Keith rimase aggrappato al suo collo. Non vedendo alternative possibili al momento, Lance lo sollevò e lo trasportò fin dove l'acqua arrivava a malapena alle caviglie. Fu lì che Keith si riscosse e lo fissò stralunato.
« Che stai facendo?! » esclamò, realizzando la posizione in cui si trovava, con le braccia attorno al collo di Lance, stretto a lui come una principessina in pericolo.
« Ti tengo tra le braccia, ricambio il favore! » rispose quest'ultimo, sdrammatizzando e rimettendolo a terra.
« Mi dispiace, non avevo badato alla corrente. » disse quando entrambi ebbero ripreso fiato, seduti sulla sabbia. « Non pensavo potesse essere pericoloso. »
Keith scosse la testa, probabilmente dissimulando l'orgoglio ferito.
« No, ehm... É stata anche colpa mia. Non avevo mai nuotato nell'oceano e ho fatto comunque il gradasso. »
« Non è una novità, Kitty-boy. » lo punzecchiò Lance. « Resta qui tranquillo, vado a prendere la barca e la porto a riva. A bordo è rimasta la borsa con la crema solare e, se non te la metti in fretta, farai la fine del gamberetto alla griglia. »
Sì, meglio farsi un'altra nuotata, meglio non indugiare col pensiero su come Keith lo avesse abbracciato un attimo prima: era spaventato e impreparato alla situazione, non c'era nessun secondo fine.
Non vi era davvero motivo che Lance si facesse certi viaggi su quanto gli fosse piaciuto avere le sue braccia attorno al collo e su quanto sarebbe stato interessante sperimentare la stessa situazione in un contesto che non prevedeva acqua e annegamenti.
E no, continuò a ripetere a sé stesso anche dopo aver recuperato la barca e la borsa con tutto il necessario, non era neanche il caso che restasse imbambolato a fissare Keith che si spalmava la crema sulla pelle già arrossata.
Dopo un paio di mosse di bizzarro contorsionismo, fu Keith stesso a farlo tornare con i piedi per terra.
« Mi daresti una mano a spalmarla sulla schiena? » chiese allungandogli il flacone di protezione 50. « Le spalle iniziano già a bruciare. »
In effetti, con una pelle così chiara, era ovvio che sarebbe successo.
« Non hai il fisico, caro mio. » lo prese in giro Lance, versandosi un po' di crema sulle mani e facendo di tutto per smorzare il senso d'imbarazzo con l'ironia.
Tentativo che naufragò miseramente quando si ritrovò davvero a passargli le dita sulle spalle e sulla schiena. Non poteva credere di stare davvero toccando Keith e che lui stesso lo lasciasse fare, la motivazione era più che valida, ma...
Quegli sciocchi pensieri maliziosi evaporarono nel momento in cui il suo sguardo si posò sul segno arrossato e leggermente in rilievo che gli attraversava la spalla destra. Lo sfiorò con la punta delle dita, incerto se dire qualcosa, quasi sperando che Keith non ci facesse caso.
Speranza vana, perché Keith funzionava al contrario, notava sempre quello che avrebbe dovuto ignorare e viceversa.
« Sì, è quello che stai pensando. » rispose alla sua muta domanda. « Quella volta non c'è stato tempo per andare nella capsula di guarigione, così è rimasta la cicatrice. Ma non è nulla di che, diciamo che mi ricorda quello che sono. »
C'era un sottofondo amaro in quelle parole, pronunciate apparentemente con leggerezza, e Lance si ritrovò a chiedersi, per l'ennesima volta, come fossero andate davvero le cose alla base della Lama di Marmora. Keith non gliene aveva mai parlato scendendo nei particolari. Si trattava di un argomento talmente personale che nessuno si era azzardato a fare domande indiscrete. Senza contare che Shiro, probabilmente, avrebbe fatto pentire chiunque avesse detto anche solo mezza parola fuori posto.
« Quello che sei... » mormorò Lance, tra sé. « Già, un Paladino di Voltron che ha salvato l'universo. É un bene che sia lì a ricordartelo. »
A quelle parole, Keith si voltò e gli rivolse uno sguardo talmente carico di riconoscenza che Lance si vide costretto a correre ai ripari e proporre uno scambio di posto per l'applicazione della crema. Fissare troppo a lungo quegli occhi dal colore incredibile non era consigliabile.

Probabilmente Lance non se n'era nemmeno reso conto, ma Keith era rimasto davvero colpito dalle semplici parole che gli aveva rivolto.
Pensava che gli avrebbe fatto delle domande, a cui ovviamente non avrebbe saputo dare risposta, o, peggio, che gli rifilasse qualche battuta. Invece quelle parole, all'apparenza ovvie e banali, l'avevano fatto sentire più tranquillo.
In quei giorni stava scoprendo lati di Lance che non si sarebbe mai aspettato, dietro la facciata fin troppo allegra e confusionaria.
L'aveva visto gentile e affezionato alla sua famiglia, adorabile con la sorellina, senza freni sulla pista da ballo, eppure sempre con un occhio di riguardo nei suoi confronti. Quel “ci sono io”, detto prima della partenza e considerato di circostanza, si era rivelato più reale di quanto avesse mai potuto credere.
Si stava davvero prendendo cura di lui e questo... beh, questo era un grosso problema, realizzò mente le sue dita percorrevano metodiche la pelle ambrata delle spalle dell'amico. Non sapevano quando una nuova crisi si sarebbe manifestata e men che meno come avrebbero potuto affrontarla. La sua presenza era un pericolo per tutti.
Mentre quei pensieri disfattisti attraversavano la sua mente, le mani scesero inconsapevolmente dalle spalle lungo la schiena, fino ai fianchi. Quando Keith si rese conto di stare sfiorando la cicatrice biancastra che spuntava sulla pelle abbronzata di Lance, a monito di quella vecchia battaglia, s'irrigidì e allontanò le mani di scatto.
Anche quella era stata colpa sua. Se avesse fatto più attenzione, se avesse compiuto il suo dovere proteggendo la sua squadra, quella volta Lance non sarebbe rimasto ferito in quel modo.
« Che succede? »
La domanda giunse appena prima dello sguardo interrogativo, mentre Lance si voltava nella sua direzione, probabilmente confuso da quella brusca interruzione.
« Ah, quella. » proseguì notando la direzione in cui Keith stava sbirciando. « Sì, in effetti è meglio metterci un po' più di crema, la pelle è sensibile. Però mi da' davvero un'aria più virile, non trovi? Dovrei metterla in mostra di più! »
Rise e Keith si chiese come facesse. Sarebbe stato più normale se l'avesse incolpato di quel segno che deturpava la sua tanto decantata pelle perfetta o, più seriamente, se gli avesse fatto presente quanto aveva rischiato quella volta per via delle sue mancanze.
Lance, invece, non aveva mai detto una parola in proposito. Questo pesava sulla sua coscienza come un macigno.
« Terra chiama Keith! Cosa stai rimuginando? »
Lance aveva smesso di ridere e lo fissava dubbioso.
« Non starai ancora pensando a quella volta? É acqua passata, via! Ne sono successe tante! »
Sì, era vero: avevano anche rischiato grosso, se l'erano cavata per un soffio e Keith si stava chiedendo cosa sarebbe potuto succedere se una vola, una soltanto, la fortuna non fosse stata dalla loro parte.
Scosse la testa e tentò di focalizzarsi sul presente: il vero problema al momento era un altro e gli alieni che avrebbero potuto fare loro del male erano più vicini di quanto avrebbe voluto ammettere.
« Basta! Ti si legge in faccia che ti stai facendo dei film assurdi! » esclamò ad un tratto Lance, afferrandolo per un braccio.
Lo costrinse ad alzarsi e lo trascinò verso l'acqua, senza che Keith opponesse davvero resistenza.
« Davanti a un mare così meraviglioso, sfido chiunque a restare depresso! Andiamo, t'insegno a nuotare nell'oceano! E se dovessi rischiare di nuovo di annegare, ti do il permesso di abbracciarmi quanto vuoi! »
Quelle ultime parole fecero arrossire Keith che, per tutta risposta, decise di accantonare i pensieri negativi e fargliela pagare ricoprendolo di spruzzi.

Il pomeriggio trascorse tra giochi e scherzi in acqua e Keith lasciò che i cattivi pensieri si sciogliessero in quel mare cristallino.
Lance gli mostrò la grotta, anche se fu una visita breve, a causa della marea che stava salendo. La raggiunsero con la barca e Keith rimase incantato dall'atmosfera suggestiva che regnava al suo interno. Le rocce erano scivolose e già coperte dall'acqua, quindi non era possibile camminarci sopra agevolmente, ma ammirare le loro forme morbide, modellate dalle onde, era sufficiente per restare affascinati.
Lì il fondale non era particolarmente profondo e il mare era abbastanza trasparente da permettere d'intravedere banchi di minuscoli pesci guizzare attorno alla barca. Keith si entusiasmò ad individuarli e ad indicarli uno dopo l'altro, facendo ridere Lance per quel comportamento così spontaneamente infantile.
Prima di tornare alla spiaggia, si concessero un altro bagno, questa volta lontano dalle correnti, e Keith notò come lo sguardo di Lance ora fosse costantemente su di lui. Dopo lo spavento precedente, era chiaro che volesse evitare qualunque genere di incidente e gli era grato per quella premura.
Quando tornarono a riva, il cielo si era fatto più scuro, sia per il tramonto imminente che per l'addensarsi di nuvole scure sopra l'orizzonte.
« Conviene sbrigarci a tornare se non vogliamo prenderci un'acquazzone. » consigliò Keith, affrettandosi a raccogliere gli asciugamani e il flacone di crema che erano rimasti sulla spiaggia.
Proprio mentre parlava, le prime gocce iniziarono a cadere, ma Lance non sembrò per niente infastidito, anzi, sul suo volto si dipinse un'espressione euforica.
« É la prima pioggia che vedo da quando siamo tornati. » spiegò con un enorme sorriso.
Keith era solo vagamente a conoscenza della nostalgia di Lance per la Terra, o meglio, aveva sempre tentato di badarvi il meno possibile per non rischiare di aggravare il problema, ma ricordava bene lo sguardo perso con cui lo aveva sorpreso a volte fissare fuori dalle grandi vetrate del castello.  Erano stati lontani, così lontani, per tanto tempo. Raccontarlo non rendeva l'idea, le immense distanze spaziali erano qualcosa che la mente umana a stento riusciva a concepire.
Keith si era ritrovato molte volte a pensare che, se anche non fossero mai tornati, gli sarebbe andato bene lo stesso, in fondo non aveva nulla che lo aspettasse. Anche ora riteneva che la soluzione migliore per lui fosse tornare nello spazio.
Eppure, mentre guardava Lance fissare il cielo plumbeo come se fosse il più splendido dei regali, mentre lo vedeva allargare le braccia e chiudere gli occhi per ricevere quel dono inaspettato, si chiese cosa avesse avuto per la testa fino a quel momento. La Terra era meravigliosa, quel luogo era meraviglioso, Lance stesso era meraviglioso.
La pioggia aveva iniziato a scrosciare in modo più insistente: le gocce scivolavano sulla sua pelle abbronzata e sui suoi capelli scuri, creando bizzarri riflessi che attiravano lo sguardo di Keith. I ciuffi castani si arricciavano appena sulla nuca e sulla fronte, facendo stillare gocce più piccole: chissà se s'impigliavano anche tra le sue ciglia, gli suggerì un pensiero venuto da chissà dove. Avrebbe quasi voluto avvicinarsi per verificarlo, ma in quel momento Lance aprì gli occhi e si voltò verso di lui. Le scie lucide sulle sue guance assomigliavano a delle lacrime.
« É bellissimo, non trovi? » disse, rivolgendogli un sorriso luminoso.
Sì, realizzò Keith con un tuffo al cuore, sì, era davvero bellissimo.
Lance rise e gli corse incontro, togliendogli dalle mani un asciugamano e sollevandolo in modo da coprire la testa di entrambi. Era un gesto poco sensato a quel punto, visto che erano entrambi fradici di acqua di mare e di pioggia, ma Keith non poté far altro che assecondarlo. Si rifugiarono insieme in un anfratto al riparo di alcuni scogli: era un temporale estivo, sarebbe passato presto, poi avrebbero potuto riprendere la barca. Però anche starsene lì, raggomitolati in uno spazio angusto, a fissare la cortina di pioggia che scrosciava di fronte a loro, poteva essere divertente.
Per un attimo, Keith si sentì di nuovo il bambino che passava ore a guardare fuori dalla finestra della casa nel deserto, meravigliato per ogni piccolo cambiamento che vedeva nel cielo. Sembrava un'altra vita.
In questa vita, invece, era seduto accanto ad un compagno di avventure con cui aveva salvato l'universo, ma che trovava commovente un acquazzone in spiaggia.
In quel momento era l'unico posto dove desiderasse essere.


Yuki - Fairy Circles

   
 
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