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Autore: _Polx_    21/10/2017    2 recensioni
La vicenda prende ispirazione dall'ottava opera, non più narrativa bensì teatrale, che ha offerto al pubblico nuovi personaggi molto promettenti, ma al contempo uno sviluppo di trama, a mio parere, mediocre. Forse raccontare quanto venne dopo renderà tutto più chiaro.
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“Cos'ha a che vedere questo con Delphi? Lei è ad Azkaban, isolata dal mondo. Non può certo essere a capo di simili azioni criminali”.
“Ho la forte sensazione che in tutto questo Delphi sia sempre stata una semplice pedina. Un mezzo, inconsapevole d'essere tale, che infine è sfuggito dal controllo di chi cercava di governarlo”.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Fu molto difficile ricostruire ciò che avvenne a partire da quel momento.
Letitia diede ordine ai propri uomini di sparire e così fecero, perché lei certo non era una sprovveduta e aveva organizzato un piano di fuga: con una pozione d'invisibilità s'erano fatti largo tra le insidie di Hogwarts e con la stessa pozione d'invisibilità se ne districarono.
Ovviamente Draco non aveva avuto modo di esporre la situazione in maniera esaustiva e gli Auror rimasero terribilmente disorientati, così gran parte di coloro che già sembravano in loro custodia si liberarono e le forze magiche rischiarono seriamente di restare a mani vuote. Fortunatamente, Harry recuperò la propria prontezza di spirito abbastanza rapidamente da ingannare l'invisibilità di uno degli uomini di Ursul e impedirgli di fuggire: sembrava un pazzo che si dimenava avvinghiato al nulla, ma alla fine il prigioniero si arrese e, ancora circondato da caos e anarchia, Harry lo trascinò all'esterno della scuola per condurlo al Ministero, dove avrebbe atteso che l'incantesimo svanisse per poter guardare negli occhi il proprio interrogato.
Gli studenti di ciascuna casata furono relegati nei loro dormitori e gli ingressi sigillati per quella notte. Gran parte dei ragazzi ne fu grata, ma non tutti accettarono passivamente la decisione: non importava quanto Albus imprecasse e inveisse contro la porta, nessuno al di là di essa badava a lui. Eppure doveva uscire. Doveva. Aveva visto il suo migliore amico accasciarsi, vittima di una maledizione proibita, ma non sapeva cosa ne fosse di lui. Era stato trascinato via dalla calca impazzita, sommerso in pochi istanti da panico e grida, e non era riuscito a tornare indietro. Doveva vedere Scorpius, perché non accettava che quel lampo verde fosse bastato a causare tanto male. Era solo un lampo... non aveva alcun significato. Per questo dovevano farlo uscire e permettergli di raggiungere l'infermeria: Scorpius si trovava lì. Doveva trovarsi lì.
Urlò e sbraitò così tanto che alla fine la sua voce smise di sopportarlo, ma non l'avrebbero fermato in ogni caso, perché i suoi compagni erano tutti pressoché sconvolti quanto lui e non era mai capitato di vedere Albus così fuori di sé.
Nessuno, neppure quando cadde il silenzio, dormì quella notte.
Quello di Lily fu il primo volto che Albus vide quando, il mattino seguente, poté finalmente mettere piede nei corridoi della scuola. Lo aspettava, gli occhi grandi e gonfi che titubavano sul viso teso e pallido del fratello, le mani ancora tremanti.
“Hai avuto notizie di Scorpius?” chiese subito lui “hai controllato in infermeria? Perché, se non l'hai fatto, allora quella sarà la mia prima destinazione. Vieni con me: il pericolo è passato, ma non voglio che ti aggiri da sola per la scuola” la prese per mano con l'intenzione di trascinarla dietro di sé, ma lei non si mosse.
Albus la squadrò perplesso: “che aspetti?” la rimproverò “muoviamoci: non abbiamo tutto il giorno”.
“Albus” mormorò lei “non c'è nessuno in infermeria. Gli Auror hanno agito bene e non ci sono stati feriti”.
A lui quelle notizie sembrarono assurde: “allora dove diamine si trova Scorpius?”.
“L'hanno preso”.
Albus sbiancò: “e mio padre l'ha permesso?”.
“Aveva altro a cui badare. Albus” squittì di nuovo “non l'hanno fatto prigioniero: hanno solo portato via il suo corpo”.
Vi fu un lungo istante di silenzio, poi il pallore di Albus svanì, le sue guance s'arrossarono e i suoi denti batterono dalla rabbia: inveì contro Lily, che diceva idiozie; inveì contro Scorpius, che avrebbe semplicemente potuto tacere e lasciar perdere il suo odioso orgoglio; inveì contro suo padre e il maledetto ritardo degli Auror; inveì contro Draco che certo poteva pianificare con più criterio la propria entrata in scena. Inveì contro il mondo intero e le persone che lentamente furono attratte da quel baccano lo guardavano in disparte, avvilite e al contempo disorientate, mentre Lily sembrava l'unica a non rimproverargli lo sfogo e attendeva pazientemente.
Il ragazzo ignorava i suoi “mi dispiace” mormorati al nulla e gli occhi di Lily piansero anche per lui, perché la rabbia di Albus era così forte che non c'erano lacrime a minacciare di rigare il suo viso. Solo quando lei si fece avanti e, per rinfrancare sé stessa almeno quanto consolare lui, lo strinse in uno degli abbracci più tristi ed accorati che quei corridoi avessero mai visto, che la fermezza di Albus s'incrinò e finì col singhiozzare così amaramente da inzupparle la spalla.
In quel momento era troppo scosso per pensare al fatto che altri lo fossero tanto quanto, se non più, di lui. Al Ministero, ad esempio, il terribile evento stava mettendo a dura prova il rispetto dei protocolli ed Harry ribolliva di rabbia, perché il suo approccio si stava rivelando fallimentare: di tutti gli uomini di Ursul che poteva catturare, gli era capitato uno dei più tenaci e fedeli. Non riuscivano a scalfirlo, era abile a sigillare la propria mente e non c'era ricatto che potesse smuoverlo. Harry pensò perfino che, in realtà, la cattura non fosse stata merito suo, ma che facesse parte del piano di Ursul: avendo un prigioniero in mano, gli Auror avevano allentato la presa, abbandonando la causa persa della battaglia e accettando di tornare alla base col poco che avevano ottenuto... un prigioniero che speravano avrebbe parlato. Probabilmente, invece, quel mago era consapevole che quello sarebbe stato il suo destino: Ursul l'aveva scelto per questo.
Dopo ore di tentativi andati in fumo, Harry ed Hermione decisero di confrontarsi fuori dalla sala interrogatori, ma le loro idee non convergevano: Harry era pronto a usare il pugno duro pur di ottenere quanto occorreva, ovviamente nei limiti della propria morale; Hermione, dal canto suo, temeva tremendamente le conseguenze d'una simile presa di posizione.
Discutendo, non si accorsero della figura sfuggevole che, guidata da cruda determinazione, camminò speditamente alle loro spalle per entrare nella stanza.
“Oh no” Hermione fu la prima a rendersene conto, quando un grugnito sommesso giunse alle sue orecchie da oltre la porta e, precipitatasi dall'interrogato, vide un altro uomo chino di fronte a lui, la bacchetta in pugno.
“Draco, come sei arrivato fin qui?” chiese lei in un singulto sorpreso.
Lui le fece cenno di tacere: “sono stato gentile con te” disse piuttosto all'interrogato “continuerò ad esserlo se mi dirai dove posso trovare Tom Greengrass”.
“A noi serve prima di tutto Letitia” obiettò Harry.
“Letitia è con lui” lo zittì Draco “dunque?”.
Il prigioniero tacque, come aveva fatto fino ad allora.
“Dov'è Tom Greengrass?” sibilò Draco “dove ha portato Scorpius?”.
Quello ridacchiò odiosamente: “ormai l'avranno gettato ai Thestral”.
Draco non reagì, né replicò. Lo guardò attentamente e, senza alzarsi, ripose la bacchetta. Poggiò i gomiti sulle proprie ginocchia, quasi cercasse una posizione più comoda per riflettere sul da farsi.
“Crucio” fu appena un mormorio.
Non impiegò la bacchetta e non c'era rabbia o disperazione nella sua voce, ma la quiete con cui chiunque pronuncerebbe un banalissimo Wingardium Leviosa. Eppure l'uomo ancorato alla sedia urlò atrocemente e si contorse come una serpe sul fuoco.
Hermione balzò sul posto e cercò di precipitarsi da loro per interrompere la tortura, ma Harry la fermò.
“Tutto questo è inaccettabile” esclamò lei.
“Io non ho visto né sentito nulla” Harry scrollò le spalle “ti serve qualche minuto, Draco?”.
“Sì, Potter, grazie” rispose l'altro senza distogliere un solo istante lo sguardo dal prigioniero.
Harry uscì trascinando Hermione con sé: “tutto questo è illegale” bisbigliò lei nervosamente “tutto questo è inumano”.
“Loro sono inumani” replicò lui, camminando spedito per allontanarsi quanto più rapidamente possibile dall'interrogatorio incriminato.
“Non puoi davvero ammettere di appoggiare il genere di trattamento che Draco gli sta riservando” insistette Hermione, trotterellando per stargli dietro.
“Ammetto che se Albus fosse al posto di Scorpius, se io fossi al posto di Draco... non sarei gentile quanto lui”.
Hermione si fermò, lasciando che se ne andasse, perché ormai aveva capito d'aver fallito, ma per lei fu orribile ignorare le grida che, seppure attutite dalle pareti di pietra, sentiva provenire da oltre la porta di quella stanza.
 
  
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