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Autore: Yugi95    22/10/2017    4 recensioni
Quando si perde l’unica cosa al mondo che abbia davvero importanza; quando si perde una parte di sé che mai più potrà essere ritrovata; quando si perde l’amore della propria vita senza poter fare nulla per impedirlo… è in quel momento, è in quel preciso momento che si cede lasciando che il proprio cuore sia corrotto dalle tenebre. Si tenta il tutto per tutto senza considerare le conseguenze, senza pensare al dolore che si possa causare. Se il male diventa l’unico modo per far del bene, come si può definire chi sia il buono e chi il cattivo? Se l’eroe, che ha fatto sognare una generazione di giovani maghi e streghe, si trasforma in mostro, chi si farà carico di difendere un mondo fatto di magia, contraddizioni e bellezza? Due ragazzi, accomunati dallo stesso destino, si troveranno a combattere una battaglia che affonda le proprie radici nel mito e nella leggenda; una battaglia che tenderà a dissolvere quella sottile linea che si pone tra ciò che è giusto e ciò che è necessario.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Gabriel Agreste, Maestro Fu, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Prologo
 
 
Quella sera le stelle sembravano aver perso tutto il loro fascino. Fioche e piatte si stagliavano contro il nuvoloso cielo che sovrastava il borgo di Gordes. Nonostante l’estate fosse ancora nel pieno delle sue forze, una leggera brezza spirava tra i verdi alberi che ricoprivano le colline della zona. Le loro chiome si agitavano al vento producendo un brusio simile ad una sinfonia; una dolce melodia che si diffondeva nell’aria incontaminata della Provenza.

«Dannazione!» urlò una voce maschile carica di rabbia e disperazione.

Quel grido disumano, impregnato di dolore riecheggiò per la stanza, seguito subito dopo dal tonfo sordo di antichi manoscritti. Un uomo, ormai in preda allo sconforto e al senso di colpa, si lasciò cadere sulle proprie ginocchia e, piegandosi in avanti, si accosciò sul bordo del lussuoso tavolaccio. Avrebbe tanto voluto piangere, ma il suo incrollabile orgoglio non glielo permise.

«Signor Agreste, cosa sta…» esclamò improvvisamente una giovane donna brandendo una bacchetta magica, per poi interrompersi bruscamente alla vista del suo principale.

«Signorina Sancoeur, quante volte le ho detto di dover bussare prima di entrare nel mio ufficio?» rispose l’uomo rialzandosi ed inforcando un paio di spessi occhiali.

L’altra chinò la testa per l’imbarazzo. Erano quasi cinque anni che lavorava come assistente personale di Gabriel Agreste, il mago più ricco e famoso della comunità magica. Questa controversa ed enigmatica figura aveva fin da subito affascinato la Signorina Sancoeur. Donna forte ed indipendente, non era mai stata in grado di reggere il gelido sguardo del suo principale, il quale era l’unico a farla sentire fragile e vulnerabile.

«Dovrei licenziarla all’istante…» continuò il Signor Agreste, mentre si avvicinava alla sua segretaria, «Tuttavia ho una settimana piena di impegni e lei è troppo in gamba per poter essere rimpiazzata tanto facilmente, dico bene Nathalie?»

La donna fece un timido “sì” con la testa. Gabriel si posizionò dinanzi a lei e, dopo averle alzato il mento con l’indice destro, la guardò intensamente negli occhi. Nathalie divenne paonazza e, tremando come una foglia, cercò di ritrarsi. Il suo corpo, però, non si mosse di un millimetro. L’uomo si protrasse in avanti e le bisbigliò nell’orecchio.

«Non dovrebbe essere così rigida, Signorina Sancoeur. Dopotutto lei mi conosce, sa che non c’è da aver paura.»

«Ecco… …io… …io… preferirei… preferirei che…»

Gabriel la interruppe poggiando le dita sulla sua bocca. Le cinse la vita con il braccio sinistro e, accarezzando con l’altra mano una ciocca di quei suoi capelli corvini, la tirò a sé. Le loro labbra stavano per sfiorarsi. Nathalie era impotente, completamente in balia della situazione. Per quanto si sforzasse di resistere, non riusciva a separarsi dalla stretta del suo principale.

Chiuse gli occhi e, alzandosi leggermente sulle punte, rimase in attesa della mossa di Gabriel. Quest’ultimo serrò la presa sul fianco, ma, invece di avvicinarsi ulteriormente, eseguì una torsione del braccio in modo tale da spingere la donna alla sua destra. A quel punto si diresse verso l’ingresso dell’ufficio tirandosi dietro un alquanto confusa Nathalie.

«Molto bene Signorina Sancoeur, può andare adesso. Sappia che le addebiterò il costo per le riparazioni della porta sulla prossima busta paga.»

«C-c-cosa?!»

Il Signor Agreste, però, non aggiunse nient’altro e, dopo aver voltato le spalle all’uscio della stanza, scomparve tra le alte librerie del suo studio. Nathalie, rimasta sola, osservò a lungo lo scardinato profilo della porta laccata di bianco. «Bah… sarebbe bastato un “reparo”.»

Intanto Gabriel, muovendosi abilmente in quel dedalo di scaffalature, che nel corso degli anni aveva provveduto a riempire fino al massimo della loro capienza, ripensava a quanto fosse successo. Mettere in difficoltà la sua assistente, imbarazzarla fino al punto da far diventare il suo viso rosso come un pomodoro lo divertiva, lo divertiva immensamente. Quella sera, però, la rabbia e lo sconforto, dovuti all’ennesimo fallimento, lo avevano profondamente.

Nel corso di quei dieci lunghi anni aveva tentato di tutto senza riuscire a trovare una soluzione. Anche la sua ultima speranza si era difatti infranta pochi minuti prima. Raggiunse una luminosa vetrata, Gabriel aprì lentamente una delle ante della finestra e, prendendo un profondo respiro, si decise ad uscire all’esterno. L’aria era insolitamente fresca per quel periodo dell’anno. Tuttavia, la sensazione del vento a contatto con il viso fu abbastanza piacevole.

Dopo aver frugato in uno dei taschini del suo gilet viola scuro, estrasse un ciondolo argentato di forma ovale. Osservò con fare maniacale il prezioso monile, poi ne toccò la superfice pronunciando parole incomprensibili. In quello stesso istante un sonoro “tac” riecheggiò nell’aria e il monile si aprì in due metà, rivelando il suo contenuto. Una foto di una giovane donna dai lunghi capelli biondi, ormai sbiadita dal tempo e dall’usura, era incastonata all’interno dell’oggetto. «Mi manchi Emilie, mi manchi più di ogni altra cosa al mondo.»

«Oh Gabriel… tesoro mio, sei sempre stato così melodrammatico.»

Il Signor Agreste ripose immediatamente il ciondolo e sguainò la propria bacchetta. Temendo di essere attaccato da un momento all’altro rientrò in casa. Le luci delle candele e quelle dell’imponente lampadario di cristallo erano stranamente spente. L’aria era densa, pesante e carica di elettricità; strani e sinistri rumori, simili a degli scricchiolii, rendevano l’atmosfera ancora più terrificante. «Lumos!»

La punta della bacchetta dell’uomo s’illuminò mostrandogli alla destra della vetrata un’esile figura avvolta in un lungo mantello nero dotato di un largo cappuccio che non lasciava intravedere alcun dettaglio del volto. L’intruso, languidamente appoggiato alla parete, non si mosse rimanendo in attesa e limitandosi ad osservare divertito i movimenti di Gabriel che gli puntava pericolosamente contro la propria “arma”.

«Se si vuole cogliere di sorpresa qualcuno, non si dovrebbe dare a quest’ultimo il tempo di azzerare il nostro vantaggio.»

«Mio vecchio amico, se non ti ho attaccato è perché non avevo alcuna intenzione di farlo.»

Gabriel fu colto da un impeto di rabbia: aveva finalmente capito chi si trovasse dinanzi a lui. Si scagliò contro l’incappucciato e lo afferrò per il collo. La sua mano stringeva sempre più la gola dell’intruso che, dimenandosi in preda al panico, iniziava ad avere difficoltà nel respirare. «Perché sei venuta da me?!»

«S-s-sono qui per Emilie…» annaspò l’altra con difficoltà, afferrando l’avambraccio del suo aggressore nel vano tentativo di allentarne la pressione.

«Come osi anche solo pronunciare il suo nome?! Se lei non c’è più la colpa è solo tua!»

«N-non r-r-riesco a…»

A quel punto Gabriel, riuscito a recuperare quel po’ di lucidità che gli bastava per capire di stare per commettere un grave errore, lasciò la presa sulla gola dell’intrusa che si accasciò sul pavimento esausta. «Cosa ci fai in casa mia?! Come hai fatto a fuggire da Azkaban?»

«Quel posto è sopravvalutato, credimi.»

«Posso pur sempre rispedirtici: l’ho fatto in passato, nulla mi vieta di farlo anche adesso.»

«Non so quanto ti convenga, l’ultima volta il biglietto ti è costato parecchio.» replicò la donna con una punta di perfidia, mentre si riaggiustava l’ampio cappuccio.

«Dammi un motivo, un solo ed unico motivo per non schiantarti contro la finestra.» ringhiò il Signor Agreste cercando di mantenere la calma.

«Te l’ho detto: sono qui per Emilie. Io sono riuscita dove tu per dieci lunghi anni hai sempre e miseramente fallito.»

Il volto di Gabriel impallidì; le gambe iniziarono a cedere, mentre la presa sul manico della bacchetta tremava sempre più. Nonostante fin da bambino gli fosse stato spiegato che la magia non può resuscitare i morti, non aveva mai perso la speranza. Era sicuro che da qualche parte, nascosto chissà dove, esistesse un modo che gli avrebbe permesso di ricongiungersi con Emilie. Ma dopo anni di inutili tentativi e sacrifici, aveva ormai perso qualsiasi speranza.

«Tu menti! Non esiste alcun incantesimo o manufatto magico che possa riportare in vita le persone. Ci ho già provato! Non ho fatto altro da quel giorno… dal giorno in cui l’ho persa per sempre, persa a causa tua!»

La rinsecchita bocca della donna si dischiuse in un sorriso inquietante. Sapeva di averlo in pugno, sapeva che la rabbia e il senso di colpa lo avrebbero spinto a compiere qualsiasi cosa pur di poterla riabbracciare. Non doveva far altro che stimolare quel suo sentimento di impotenza che tanto lo angosciava per poterlo sfruttare e raggiungere i propri scopi.

«Gabriel, tu sei sempre stato un portento nelle arti magiche. Tuttavia, hai sempre considerato la magia come una scienza esatta. Un insieme di regole e nulla più. No… la magia è mito, è esplorazione dell’ignoto; è lo scoprire che una vecchia favola abbia un fondo di verità. Dì un po’: quante volte hai letto al piccolo Adrien la “Storia dei Tre Fratelli”?»

«Non azzardarti a mettere in mezzo mio figlio» tuonò, improvvisamente, Gabriel agitando pericolosamente la bacchetta nell’aria, «Questi non sono affari che lo riguardano! E poi non vorrai farmi credere che…»

«Invece è proprio questo il punto.»

«Tu sei pazza! Quella è solo una favola della buonanotte, nulla di ciò che accade è reale.»

«Sei tu ad essere un pazzo arrogante!»

L’acuta voce della donna si diffuse per tutta la stanza. Seguirono alcuni istanti, all’apparenza interminabili, di assoluto silenzio, scanditi dall’affannata e irregolare respirazione dell’intrusa. Questa, infatti, a causa del suo precario stato di salute, non aveva retto lo sforzo di quel grido e, conseguentemente, doveva cercare di compensare le energie perdute.

«Prima che tu, quell’incompetente di mio marito e tutti gli altri mi fermaste per poi imprigionarmi ad Azkaban, ero riuscita a risolvere il mistero che si nasconde dietro la “Storia dei Tre Fratelli”.»

«Non… non è possibile, non… non possono esistere realmente» balbettò, confuso, il Signor Agreste.

«Fidati Gabriel, i Doni esistono: ne ho la certezza. Tuttavia, sebbene avessi già localizzato la prima reliquia, a causa della vostra intromissione, non ho potuto recuperarla. È un vero peccato sai? Quell’oggetto oggi ti sarebbe tornato molto utile.»

Gabriel era combattuto, per la prima volta nella sua vita non sapeva cosa fare. Conosceva bene quella donna, sapeva di non potersi fidare di lei. Ma non poteva arrendersi proprio ora, aveva giurato di riportare indietro Emilie qualunque fosse stato il prezzo, qualunque fosse stato il sacrificio da compiere. «Dove… dove si trova la Pietra della Resurrezione?!»

«Non molto lontano da qui, ma non sarà facile recuperarla. Per questo hai bisogno del mio aiuto.»

L’uomo, ormai completamente assoggettato dall’idea di poter riavere sua moglie, abbassò la bacchetta. La donna ghignò, poi stese il suo esile braccio. «Facciamo un patto! Io ti aiuto a salvare Emilie e tu, una volta ricongiuntoti con la tua adorata dolce metà, non solo mi lascerai tenere la Pietra della Resurrezione, ma farai in modo di non intralciare mai più i miei piani. Qualunque essi siano.»

«Chi mi dice che rispetterai la promessa?» sibilò Gabriel scrutando da capo a piedi la sua interlocutrice, «Inoltre, se è davvero così difficile recuperare la reliquia, cosa ti fa credere che noi due possiamo farcela da soli?»

«Mi caro Gabriel, i Doni della Morte non sono gli unici oggetti magici esistenti al mondo. Bisogna scavare bene per trovarne di altri, scavare nelle piaghe del tempo. Più a fondo si va e più potenti sono le cose che si trovano.»

Il Signor Agreste non comprese appieno il significato di quelle parole, ma ormai era tardi per i ripensamenti: si era spinto fin troppo oltre. Non appena afferrò la mano della donna incappucciata, dei sottili fasci di luce dorata avvolsero gli avambracci dei due; mentre in lontananza una terza voce, fino a quel momento rimasta in silenzio, pronunciava un antico e potente incantesimo.


Autrice della copertina:
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