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Autore: Koori_chan    22/10/2017    0 recensioni
"Si dice che gli amici siano la famiglia che ti scegli, in questo caso le scelte di entrambi sono più che discutibili."
Shackleton e Gwendolynn sono amici da sempre, e non che questo sia un gran vanto. Per Lynn, più che altro, perchè lui dovrebbe baciare il suolo su cui cammina.
Alistair si è portato dall'isola di Lewis un terribile accento scozzese e la speranza che la vita universitaria in una grande città possa finalmente realizzare i suoi sogni accademici. A volte è così ingenuo da far quasi tenerezza.
Ben per lo più sonnecchia, tanto agli esami riesce bene comunque. E si prende cura degli altri tre, ovviamente, perché qualcuno con la testa sulle spalle all'interno del gruppo ci vuole. Anche se non è del tutto certo di essere lui, quel qualcuno.
Il punto è che quando vai ancora al Liceo la vita da universitario fuori sede sembra sempre un gran figata.
Quando vai all'Università, fra affitti da pagare, take-away cinese dell'ultimo minuto e il più bizzarro assortimento di amici che potesse capitarti, vorresti solo tornare indietro nel tempo al giorno dell'iscrizione e prenderti a ceffoni finché non cambi idea.
O forse no.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Heartbeat
- 2° ANNO -
 
 



 
In fondo ai piedi.
Dev’essere più o meno lì che gli è finito il cuore, perché di certo non lo sente più nel petto dove dovrebbe essere.
Dovrebbe percepirne il battito, ma c’è solo un fastidioso fischio alle orecchie a ricordargli che è ancora vivo in quel dannatissimo mondo.
Ben lo guarda stranito, seduto sullo sgabello al loro tavolino in caffetteria, fra le mani una pila di fascicoli di cui ignora completamente natura e utilità.
- Shackles, hai compilato il modulo per lo studentato? – ripete, questa volta seriamente preoccupato, il sopracciglio scuro inarcato in una curva elegante che lo terrorizza.
Dopo un anno di convivenza ha imparato a decifrare ogni più insignificante guizzo dei muscoli di Ben e sa bene che questo sguardo significa una cosa sola.
- C’erano… c’erano dei moduli? – balbetta, troppo angosciato per sedersi di fronte a lui. Non lascia nemmeno cadere la borsa a terra come fa di solito, anzi, la tiene ben stretta per la tracolla mentre il suo incubo si srotola davanti a lui come una vecchia pergamena maledetta.
L’amico sgrana gli occhi e spalanca la bocca, mentre lui rimane nella stessa identica posizione, con la stessa identica espressione, in attesa che la morte lo colga e lo sottragga all’infamia.
Ma la morte non giunge, e l’amico spezza il silenzio con aria forse più sconvolta della sua.
- Non ci credo! Ti sei fumato i moduli! Seriamente, Shackles?! La scadenza era la settimana scorsa! – sbotta, schiaffandosi una mano sul volto.
Il ragazzo finalmente trova la forza di sedersi e recupera il cellulare con mani tremanti, filando dritto alla casella di posta.
- Non è possibile! Credevo che l’alloggio fosse nostro di default! E’ assurdo! Potevano almeno mandare una mail! – ma la voce gli muore in gola quando, in data 18 Luglio, la mail dell’Università cita nell’oggetto “RINNOVO AFFITTO STUDENTATO”.
Davanti a lui Ben ha messo su un’aria di rimprovero degna di suo padre.
Shackleton Cook esala un sospiro di pura disperazione e si sdraia sul tavolo, allontanando il cellulare dal volto con un gesto deciso e vagamente melodrammatico.
L’anno accademico è alle porte e non può permettersi di fare il pendolare, contemporaneamente non ha i soldi per sobbarcarsi le spese di un affitto completamente per conto suo.
Ancora con il capo affondato fra le braccia conserte, alza appena lo sguardo sul suo migliore amico, la zazzera bruna tutta in disordine e la sigaretta spenta fra le labbra. Gli ha sempre fatto ridere che uno studente di Medicina fumasse, è una di quelle piccole cose che gli hanno fatto stare simpatico Ben a prima vista.
“I sigari sono mille volte meglio, ma costano una fucilata.” gli aveva spiegato con aria consapevole e Shackleton si era ripromesso di regalargli una scatola di sigari di lusso, un giorno. Ovviamente le sue tasche erano sempre state troppo vuote per prodigarsi in una simile cortesia.
- Non c’è speranza che mi ripeschino, vero? – domanda in un verso simile a un mugolio.
Ben tende le labbra in una linea retta e scuote il capo.
- Hai tutti i primini, gli Erasmus e i ripescati dalla graduatoria dell’anno scorso davanti. Mi dispiace, socio, ma a sto giro rimani a piedi. – commenta con una scrollata di spalle.
Gli concede una pacca sulla spalla e migra pigramente verso il bancone, ritornandone senza fretta pochi minuti dopo con due caffè doppi.
Shackles non ha ancora cambiato posizione, e a un occhio poco esperto potrebbe sembrare un cadavere abbandonato a un tavolino della caffetteria, ma l’odore della bevanda ha il potere di richiamarlo dall’oltretomba.
- Ho una settimana esatta prima che incomincino i corsi. Non troverò mai una casa in sette giorni. – si lamenta affondando la disperazione nel caffè.
Ben assottiglia gli occhi scuri e si porta la destra al mento, le labbra che si tendono nuovamente, questa volta in un ghigno.
- Aspetta. Forse si può ancora rimediare qualcosa… - sussurra, instillando la speranza nel cuore dell’amico.
Quello a cui Shackleton non pensa, troppo concentrato sullo spettro incombente della vita da senzatetto, è che quando Ben ghigna in quel modo non c’è mai da aspettarsi nulla di buono.
 




 
Gwendolynn Wilson è una ragazza mattiniera, lo è sempre stata e certo la presenza di un intruso in casa sua non cambierà le sue abitudini.
Ogni giorno si alza alle sette e fa una doccia veloce, poi mette su il bollitore e rompe un uovo in padella, canticchiando allegra la canzone che hanno passato alla radio la sera prima e che non ne ha voluto sapere di abbandonare la sua testa.
Se fosse un personaggio di fantasia sarebbe di certo una principessa Disney, ma Shackleton è altrettanto sicuro del fatto che se il divano su cui dorme non l’avesse pagato lei di tasca sua, il caffè con cui lo sveglia ogni mattina glielo verserebbe direttamente in faccia.
- In piedi, Shackles! – esclama, sventolandogli la tazzina sotto il naso come fossero sali per far rinvenire una pudica donzella.
Che lui corrisponda o meno alla descrizione poco importa, il caffè gli fa aprire prima un occhio e poi l’altro, ed è con un grugnito davvero poco grazioso che si mette a sedere sul divano della sua migliore amica con i lunghi capelli neri sparati in tutte le direzioni.
- Giorno, Lynn… - biascica senza entusiasmo sollevando lo schermo del portatile  per poi rivolgergli una smorfia schifata quando la schermata si illumina e gli presenta le ventiquattro schede di CercoCasa.uk e Coinquilini.com che ha lasciato aperte la sera prima.
Lynn si appropria del plaid in cui era avvolto e lo sbatte con vigore fuori dalla finestra, per poi piegarlo e appoggiarlo sullo schienale del divano.
- Novità? – domanda, tornando alla padella giusto in tempo per evitare che le uova sbattute si carbonizzino.
Shackleton rabbrividisce, in mutande nonostante ormai Ottobre sia alle porte e sul divano faccia un freddo cane.
Un’occhiata veloce al computer, un sorso al caffè, e anche lui raggiunge il tavolo a penisola, sedendosi con qualche difficoltà sullo sgabello alto.
- Niente di niente. Non capisco perché nessuno risponda! Volete affittarle le vostre stramaledette case sì o no? – sbotta, interrotto a metà da uno sbadiglio e accompagnato da uno sguardo compassionevole della padrona di casa.
Lynn è più giovane di lui di un anno ed è una matricola a Giornalismo e Editoria. Si conoscono letteralmente da tutta la vita, e il fatto che sia l’unica ragazza al mondo con cui Shackles non abbia mai nemmeno tentato di flirtare la dice lunga sul loro rapporto. Più che una donna, Lynn è sua sorella, e più che sua sorella è il suo Angelo Custode.
Ormai vive sul suo divano da un mese e di certo si stabilirebbe lì se ogni notte non fosse costretto a rannicchiarsi per evitare che le gambe gli sporgano dal divano di mezzo polpaccio.
- Scusa, ma non avevi un posto in studentato? – le aveva chiesto quando quel fatidico pomeriggio si era presentato alla sua porta come un naufrago.
Lynn aveva annuito.
- Lo subaffitto a una ragazza di Cheltenham. Così risparmio sull’affitto qui. – era stata la sua impietosa risposta.
Non aveva mai davvero capito perché Lynn avesse deciso di affittare un appartamento tutto per sé nonostante avesse a disposizione una stanza in studentato. Ma d’altronde non capiva nemmeno come mai si fosse iscritta di nascosto a Giornalismo nonostante i suoi la credessero a frequentare i corsi di Diritto assieme a lui.
- Non ti preoccupare, Shackles, fintanto che non troverai una sistemazione vera non ti caccerò di casa. – lo tranquillizza Lynn con un sorriso materno.
Shackleton si stringe nelle spalle e sospira.
- Ti ringrazio, Lynn, ma vorrei davvero una camera da letto come si deve a questo punto. Mi spieghi come faccio a rimorchiare finché dormo sul tuo divano?! –
L’amica risponde a quello sfogo con un’espressione seccata e per un istante di terrore gli sembra che al suo posto ci sia Ben.
- E quel tizio di Medicina? – si informa poi, ficcando il suo piatto nel lavandino e terminando la sua tazza di tè con un sorso.
Shackles, ancora mezzo addormentato, si incanta a fissare gli inquietanti coniglietti azzurri stampati sulla maglietta del suo pigiama e si chiede come possa essere legale che una giovane donna bella come Gwendolynn si abbruttisca con quegli orrori in cotone felpato da tristissima ragazza della porta accanto.
- Almeno io non tengo i calzini quando sono in mutande. – commenta lei, sapendo benissimo cosa gli passa per la testa.
Shackles lancia un’occhiata ai suoi piedi e avvampa, colto tragicamente in fallo.
- Dettagli. Comunque non se n’è più saputo nulla. Il mio vecchio coinquilino mi ha detto che ci sta lavorando, ma a quanto pare sto tipo è terribilmente pignolo per quanto riguarda la scelta dei coinquilini. Sembra che ne abbia già rifiutati quattro. – sospira, consapevole di non avere alcuna speranza con un tipo così.
Lynn alza le sopracciglia e butta l’aria fuori dalle guance in uno sbuffo lungo e modulato.
- Che palle la gente così. Se hai ansia a portarti in casa sconosciuti lascia perdere in principio, no? –
Ma un rumore improvviso li riduce entrambi al silenzio. Sul tavolino, accanto al pc di Shackles, il suo cellulare ha vibrato per notificargli un messaggio.
- E’ di Ben! – esclama il ragazzo, lanciatosi a pesce sul divano in meno di un secondo.
“Ti ho rimediato un appuntamento alle cinque e mezza. Vedi di arrivare puntuale o Alistair non ti apre nemmeno la porta. E per cortesia…”
- Comportati bene! – conclude Lynn anticipando il testo dell’sms.
Per la seconda volta in quella mattina un brivido percorre la schiena di Shackleton: che Lynn e Ben non si siano ancora conosciuti è quasi sacrilego, dovrà rimediare al più presto.
Ma adesso, il sorriso che gli attraversa il volto da guancia a guancia, non ha tempo per pensare a loro.
Forse stavolta è la volta buona!
 




 
Le lezioni sono finite alle quattro.
Si è fiondato da Lynn alla velocità della luce, si è cambiato ed è di nuovo schizzato fuori, ben deciso ad arrivare in orario all’appuntamento.
Ha messo la sua camicia buona e anche la giacca del completo, giusto per sembrare più professionale e certo non perché è scaramantico come pochi altri al mondo. Dopotutto ogni cosa fila sempre liscia quando indossa quella giacca, perché oggi dovrebbe essere diverso?
Ma quando raggiunge l’indirizzo datogli da Ben, la camicia bianca intrisa di sudore e venti minuti di ritardo per un problema con il bus, inizia a pensare che la giacca lo abbia tradito.
La giornata si è incupita, un vento fastidioso ha accumulato nuvole grigie che schermano il tramonto, e nonostante non siano ancora le sei il buio ha già iniziato ad appropriarsi degli angoli sotto le panchine.
Il marciapiede è interamente coperto dalle foglie gialle cadute dagli alberi del viale, e prima di suonare al campanello Shackleton si schiarisce la voce, ben deciso a seguire il consiglio dei suoi due migliori amici ed evitare ogni comportamento stupido.
- Hey, salve! Scusa per il ritardo, ma sai, le star si fanno sempre attendere! –
Alistair Faraday se lo ritrova appoggiato  con l’avambraccio allo stipite della porta, sul volto uno stucchevole sorriso più degno di una caricatura di un giocatore di football americano che di uno studente di Diritto senza un soldo in canna.
Basta l’impercettibile alzarsi del sopracciglio del padrone di casa affinché Shackles decida che brucerà la giacca e se stesso con lei.
- Cook, presumo. – si limita a rispondere, piatto e per nulla impressionato.
Il ragazzo annuisce, in cuor suo desideroso di svanire dalla faccia della terra. Non avrà mai quell’appartamento, morirà di fame e di stenti in mezzo alla strada e i passanti deporranno corone di fiori e moccoli di candela ai suoi piedi come se fosse l’amato procione di quartiere investito dal camion della spazzatura.
 - Faraday. – si presenta, scrutandolo da dietro la sottile montatura rettangolare e stringendogli la mano saldamente ma senza entusiasmo.
Dopo di ciò gli fa segno di seguirlo all’interno e inizia ad elencare ciò che potrebbe essere interessante riguardo all’appartamento.
La somiglianza fra l’uomo e la sua abitazione è quasi impressionante, si trova a pensare Shackles mentre Faraday lo conduce attraverso il corridoio fino al salotto, dove due divani, un tavolino e una televisione sono letteralmente assediati dalle librerie stracolme di volumi.
L’ambiente non è particolarmente luminoso, ma è nettamente meno claustrofobico del previsto. Tutto sommato, guardandolo con più attenzione, sembra perfino più grande di quanto non sia.
Proprio come il salotto, Alistair Faraday non può essere considerato bello, ma nemmeno brutto. L’aggettivo che Shackleton userebbe per descriverlo è piuttosto “antiquato”. Indossa un brutto maglione scolorito dall’uso e dei jeans sicuramente comprati sul mercato almeno una decade prima. Forse appartenevano un tempo a qualche cugino. I capelli sono di un colore indecifrabile e quasi si sente preso in giro quando, ormai convinto che siano castani, Faraday cambia stanza e alla luce diretta delle finestre la sua chioma diventa biondo scuro.
Vi è del rosso, di questo è certo, ma forse dovrebbe piantarla di girargli attorno come un avvoltoio alla ricerca del pantone definitivo e prestare attenzione a quello che gli sta dicendo.
- Il Wi-Fi è compreso nel prezzo, ovviamente. I lavori di casa saranno divisi per turni. –
Shackles annuisce, consapevole che fra dieci minuti avrà già dimenticato tutto.
- Abbiamo solo un bagno, quindi anche quello va usato con criterio, e siccome le nostre camere sono adiacenti ti chiedo la cortesia di limitare il rumore: vado a letto abbastanza presto e gradirei non dover ricorrere al cloroformio per avere tranquillità. –
Shackleton ride alla battuta, ma quando Faraday non si unisce all’ilarità il terrore che fosse serio lo fa sbiancare di colpo.
- Ah… Già… Medicina… - commenta cercando di salvarsi in corner con un ghignetto così debole da sembrare una smorfia di terrore.
Faraday scuote la testa e si incammina verso il corridoio sul quale si affacciano il bagno e le camere.
- Ho mollato la facoltà. Sono a Fisica, adesso. – rettifica mentre gira la maniglia e spingendo piano la porta presenta la stanza non abitata.
E’ molto semplice, ci sono un letto, una scrivania e un armadio, ma può bastare. Dopotutto è di certo meglio del divano di Lynn.
La visita guidata si può considerare conclusa, e Faraday passa all’attacco in un terzo grado che lo coglie in contropiede e gli fa ammettere quanto in effetti sia l’ultima scelta che potrebbe desiderare come coinquilino: chiassoso, disorganizzato e perennemente in cerca di avventure, è quanto di più distante da Faraday possa esistere.
Per non parlare del gusto nell’abbigliamento e nell’estetica generale.
Il padrone di casa incrocia le braccia al petto e sospira, in piedi nell’ingresso con Shackleton già pronto a dileguarsi e a non farsi vedere mai più.
- Beh, Cook, che dire… Senza rancore, sei tutto ciò che non cercavo nel mio annuncio. – confessa con un sospiro.
Quella frase è come la scure del boia: non inaspettata, nemmeno troppo dolorosa, ma comunque pesante e definitiva.
Occasione sfumata, Lynn dovrà sorbirselo ancora per un po’ a girare in mutande e calzini per casa.
- Eh già. Come l’acqua e l’olio, eh? – balbetta, sperando che la sua ironia completamente fuori luogo mascheri la sua disperazione.
E’ a quel punto che succede.
Faraday posa lo sguardo su di lui e per la prima volta da quando ha messo piede nell’appartamento Shackleton ne incrocia la traiettoria, e ancora prima che il ragazzo gli rivolga nuovamente la parola sente il cuore schizzargli fino alle tempie.
Un battito, un altro, centomila ammassati contro le pareti della sua coscienza, pronti a sfuggire alla sua sorveglianza e tradirlo senza ripensamenti.
Sente caldo, un caldo improvviso che gli infiamma le guance e gli fa mancare la terra da sotto i piedi, come se fino a quel momento fosse stato su un tappeto rubatogli con uno strattone improvviso.
- Tuttavia sei amico di Ben, quindi non puoi essere così male. E io ho bisogno di un coinquilino entro la fine del mese, perciò… pensi di riuscire a traslocare in settimana o preferisci il week-end? –
Shackleton lo fissa in silenzio, il battito cardiaco imbizzarrito e le palpebre che sbattono un paio di volte come quelle di un gufo.
- Mi prendi? – domanda in un soffio.
Faraday si stringe nelle spalle e fa il vago, le iridi verde acqua a roteare, forse già pentite della sua scelta.
Annuisce e basta, non ha il tempo di emettere un suono: Shackles gli piomba addosso stritolandolo in un abbraccio spaccaossa dal quale il ragazzo esce imbarazzato e un poco infastidito. Non deve apprezzare eccessivamente il contatto fisico, ma questo Shackleton non lo nota, troppo impegnato a urlargli contro i suoi ringraziamenti e a inchinarsi come un samurai.
Si accordano per il giorno successivo, e il mazzo di chiavi gli piomba fra le mani come un tesoro. Quando esce in strada, il suo primo pensiero va a Gwendolynn.
- LYNN HO TROVATO UNA CASA! – grida nel telefono appena la sventurata risponde alla chiamata, in fondo alla coscienza una vocina che gli dice che dovrebbe offrire una birra a Ben per ringraziarlo del disturbo.
Dall’altro lato della linea sente la ragazza ridere e sospirare.
- Alleluja! Deduco che finalmente potrò liberarmi dei tuoi scatoloni? – domanda, la risata ancora a vibrarle nella voce.
Shackles inchioda al semaforo, così felice e leggero che potrebbe letteralmente prendere il volo.
- Lo sapevo che la giacca portava fortuna! Lo sapevo! – esclama sena degnare l’amica di una risposta, il vento sempre più forte che gli sferza la coda bassa sulla schiena.
Un rombo, solo uno, il tempo di un battito, e il diluvio si riversa su di lui senza pietà, inzuppandolo come un pulcino.
- Più o meno. – biascica, rifilando un’occhiata di rimprovero al cielo sopra di lui.
Dall’altro lato della strada, protetto dal doppiovetro della finestra, Alistair Faraday lo guarda correre verso la fermata del bus, le chiavi di casa ancora strette in pugno e il telefono completamente zuppo che continua a scivolargli dalla mano.
E’ più che sicuro che inaugureranno la convivenza con una bronchite.
  
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