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Autore: iamnotgoodwithnames    24/10/2017    0 recensioni
“...io me ne sarei tornato in Ucraina”
È una battuta, Bob ride dall’altro capo del telefono, ma per Mickey è una soluzione, una dannatissima follia, comunque migliore di vagare per il Messico e poi più lontano fugge e meno dovrà preoccuparsi della polizia che, sicuramente, starà continuando a cercarlo
“da chi?”
[...]
Tre anni dopo gli avvenimenti della settima stagione le vite dei Gallagher sono andate avanti, Carl ancora interessato ad entrare in polizia, Frank distrutto dal lutto per la perdita di Monica, Lip intenzionato a non diventare come il padre, Fiona completamente assorbita dal lavoro, Debbie alle prese con la crescita della figlia, Liam curioso bambino impegnato negli studi ed Ian, intento a riprendere in mano il proprio futuro e dimenticare, per sempre, definitivamente, quel ragazzo del South Side che ha visto svanire oltre il confine messicano. Ma le loro non sono le uniche vite ad essere cambiate, come i Gallagher anche i Milkcovich sono andati avanti : Mandy lontana da Chicago, Iggy ancora immischiato nella criminalità da ghetto e Mickey, fuggito lontano; così lontano da scoprire una vita nuova, forse persino migliore di quella a cui si era rassegnato.
Un lato diverso, nuovi Milkovich all'orizzonte; siete pronti a conoscerli?
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Yevgeny Milkovich
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Chapter Three :
The Best You've Ever Had (Is Just A Memory)

South Side, Chicago, USA 

Il sordo riecheggiare di un tonfo, proveniente dalla cucina, fa sobbalzare Carl, interrompendone il riposo ed il gradevole sogno in cui si era rifugiato, balza giù dal letto a castello serrando la mascella; se Frank è tornato il solito ubriacone inutile giura che, questa volta, lo caccerà di casa definitivamente.
Scende le scale, passando dal salotto per afferrare la mazza da baseball appesa al muro, rigirandosela tra i palmi, avanzando a passo deciso verso la cucina; dalla porta dischiusa entra l’aria rigida d’inizio primavera ed una sedia giace al suolo.
Appoggiati, o meglio aggrappati, al bordo del tavolo Ian e Lip ridono come dei bambini chiassosi, sorreggendosi con fatica in un equilibrio decisamente precario; ubriachi.


“siete dei cazzoni”


Soffia Carl, poggiando la mazza al pianale in legno della cucina, tra i fornelli, oltrepassando i fratelli, chiudendo la porta con un colpo secco che li fa sussultare e ridere ancora più rumorosamente


“quanto cazzo avete bevuto?”


Non sa neppure cosa lo domanda a fare, sono visibilmente incapaci di camminare in linea retta figuriamoci formulare frasi di senso compiuto, Lip farfuglia qualcosa di incomprensibile ed Ian solleva il braccio in aria


“già”


Urla, ovviamente ha capito perfettamente quello che il fratello gli ha detto, tra ubriachi ci si capisce, si parla una lingua comune sospira Carl, sorreggendo prontamente Ian prima che cada al suolo nel ridicolo tentativo di sedersi in un posto vuoto, chinandosi poi a raccogliere la sedia ancora a terra di cui Lip approfitta senza esitare


“cazzo – mormora il minore dei fratelli, passandosi una mano tra i capelli castani – non ti sono serviti per un cazzo gli incontri degli alcolisti anonimi?”


Sbotta poi Carl, fissando Lip che sbatte le palpebre smarrito, le iridi azzurre patinate dai fumi dell’alcol, le labbra dischiuse ed un improvviso silenzio tombale ad aleggiare tra di loro


“che cazzo hai in testa? Lo sai che Ian non può bere troppo, cazzo”

“Fiona – farfuglia il rosso in risposta, ondeggiando una mano a mezzaria – come Fiona”

“fanculo – incalza Lip, cercando di accendersi una sigaretta, fallendo i primi quattro tentativi – non rompere il cazzo”


A Carl di essere il poliziotto cattivo, in casa, non gli è mai piaciuto, ha commesso la sua buona dose di errori, di stronzate ne ha fatte, è stato persino in riformatorio, non è di certo un santo e non si è mai sentito migliore di nessuno, ma da qualche anno ormai ha cambiato strada, ha messo da parte le cattive abitudini, o almeno le peggiori, e si è dedicato con ogni forza all’addestramento per diventare cadetto nella caserma di polizia; gli sta riuscendo persino bene e gradirebbe che anche quei due stronzi irresponsabili dei suoi fratelli facessero lo stesso.

Dannazione quando era piccolo era sempre Lip il più responsabile, il più maturo, il più intelligente, da lui ogni Gallagher si aspettava un futuro, se non pieno di soldi, quando meno migliore di qualsiasi altro futuro possibile in un quartiere di merda come il loro; che cazzo gli era successo?
Perché quello che Carl aveva davanti agli occhi, ora, non è più Lip, che n'è stato dell’intelligenza? E' questo il brillante uso che ha deciso di farne, affogarla in bicchieri colmi d’alcool?
Vuole diventare come Frank? Perché vedendolo così, i capelli biondo ramato appiccicati alla fronte imperlata di sudore e le iridi chiare lucide, comincia a somigliare decisamente troppo al padre; quel padre a cui aveva giurato di non voler somigliare quand’era piccolo. 

Ed Ian, una molla impazzita che si agita scomposto alla sedia, che gesticola come un folle cercando di disegnare cerchi di fumo, che ne è stato dell’Ian che sognava di diventare un ufficiale, di quell’Ian che ha lottato contro un disturbo che rischiava di schiacciarlo, di quello stesso Ian che si è costruito una vita migliore; lontano dalla merda di futuro che lo attendeva al varco dietro l’angolo di casa, che ne è dell’Ian che Carl conosceva?
Perché questo Ian, dalle iridi verdi dilatate di insana euforia, che ha mischiato litio e alcol, che ride come se non avesse cura di se stesso, d’una risata follemente indifferente, che parla veloce senza lasciare il tempo di comprendere alcuna parola, questo Ian non è di certo quello che Carl conosceva.


“vado a pisciare”


Lo urla Lip, alzandosi con fatica dalla sedia, vacillando, ghignando trionfale nel riuscire a mantenere un precario equilibrio, voltando le spalle ai fratelli che lo osservano salire le scale, le gambe si muovono a tentativi, manca alcuni gradini e si sorregge alla parete, impiega minuti prima di riuscire nell’ardua impresa e Carl non ha provato neppure a dirglielo che, nel caso se ne fosse dimenticato, c’era un bagno proprio lì, a due passi dal tavolo della cucina; si volta a fissare Ian


“quale cazzo è il tuo problema?”


Si rende conto solo dopo del tono brusco con cui quelle parole, che neppure avrebbe voluto dire, sono uscite dalle sue corde vocali, si arruffa i capelli ed il fratello mugugna qualcosa, inciampando tra le parole, gli occhi chiusi e la nuca reclinata all’indietro


“troppi…Mick…l’ho detto”


Riesce a cogliere soltanto Carl e non c’è bisogno di un genio per capire che suo fratello sta blaterando al passato, perso in chissà quale ricordo, la mente intrappolata in memorie che riemergono senza sosta, mozzandogli il respiro nei polmoni


“Ian – soffia cauto il minore, la voce pacata ed un’innata dolcezza a formarne un'amara ombra tra le labbra – Mickey non c’è”

“e dove cazzo è?”


Sobbalza il rosso, la nuca appesantita dalla sbronza ondeggia, le iridi verdi cercano frenetiche in ogni angolo della cucina e Carl inspira, poggiandogli una mano alla spalla


“se non lo sai tu – si morde la lingua, dandosi dell’idiota, non è certo questo che dovrebbe dire, ma ha sempre avuto il dannato difetto di far fluire libero ogni pensiero – non lo sa nessuno”


Cerca di correggersi, ma Ian non è lucido, nel sangue ha più alcol che globuli rossi ed una dose di psicofarmaci che agisce come droga a contatto con i liquori, Ian è, sostanzialmente, strafatto ed ha perso la cognizione del tempo e dello spazio, passato e presente si fondono nella mente senza divisione alcuna


“che cazzo…no, è sopra…è andato via..Mickey?”


Grida alzandosi di scatto, troppo velocemente, perdendo stabilità, aggrappandosi alle spalle di Carl che cerca di sorreggerlo come meglio può, calciando la sedia al muro


“Mickey”


Urla, guardando le scale, muovendo passi incerti ancora sorretto dagli avambracci del fratello che ringrazia, e maledice al tempo steso, ogni singola possibile divinità o forza superiore, quando Fiona serve non c’è mai o forse è meglio così, si dice.
Aiuta Ian a salire le scale, passo dopo passo, come faceva lui quando Carl era un bambino che inciampava su stesso


“Mick…è…in Messico, cazzo – la realizzazione arriva quando varcano la soglia della camera da letto ed il rosso nota il materasso vuoto – ho i soldi…ce li ho”


Carl non vuole neppure sapere che genere di folle logica unisca i pensieri confusi del fratello, quel che ha intuito gli basta, lo aiuta a distendersi, sfilandogli le scarpe, i ruoli sono stati invertiti; non dovrebbero essere i maggiori a prendersi cura dei minori?


“vado da Mick – soffia Ian, cercando di alzarsi, ricadendo poi nell’istante successivo – vado ovunque…da Mickey”


A Carl fa tenerezza, una morsa al cuore, un blocco alla bocca dello stomaco ed un pugno in trachea, è una tenerezza dolorosa quella che sente, dannazione non credeva che suo fratello pensasse ancora al Milkovich, era certo che, da quel che vedeva, dopo tre anni fosse ormai una storia passata, conclusa ed archiviata; e non un caso irrisolto rimasto inosservato per così tanto tempo.
Eppure, anche dopo la notizia della fuga, anche quando i telegiornali cominciarono a parlarne, Ian sembrava turbato, certo, ma affatto sconvolto, né tanto meno preoccupato, ed ora, a Carl, sembra una persona completamente diversa e si chiede quale fosse la menzogna?
La lucidità, si risponde, era lì la menzogna, è questa che vede la verità.

Resta a fissare il fratello respirare con fatica, girarsi sul fianco, rivolgere il volto al muro, le spalle scosse da singulti silenziosi, è quasi certo che stia piangendo e Carl con le lacrime non ha mai saputo come agire


“dormi – gli dice soltanto, c’è qualcosa di sorprendentemente maturo nella sua voce – buona notte, Ian”


Gli sfiora la spalla prima di risalire lentamente al letto a castello, scivolando tra le coperte, la stanchezza è passata in secondo piano, non la sente quasi più, ed il sonno è un’ipotesi così distante, si passa un braccio sotto il capo, volgendo lo sguardo ad Ian; le iridi chiare contratte da empatica tristezza.

Forse Mickey, se fosse stato qui, avrebbe saputo come agire o forse no ed avrebbe seguito l’istinto, si sarebbe disteso affianco al fratello, avrebbe proteso l’avambraccio a cingerne i fianchi e gli avrebbe rivolto qualche parola di rude dolcezza, Ian si sarebbe calmato, avrebbe respirato, forse si sarebbe persino voltato e tutto sarebbe migliorato, perché Carl ha una buona memoria ed una sola certezza; Mickey fottutissimo Milkovich riuscivba a far stare bene suo fratello ed era il migliore, a dispetto di quanto chiunque potesse avere la presunzione di credere, in questo.
Carl lo sa, lo ha visto con i suoi occhi, li ha sentiti con le sue orecchie, c’era la notte, in quella stessa stanza, e che cos’è l’amore è da loro che lo ha imparato; da Ian e da Mickey, soprattutto da Mickey.

Non capirà mai, non importa quanto provi a farlo o a chi chieda, non riuscirà mai a capire perché quel coglione abbia scelto di svanire nel nulla e, ancora meno, perché suo fratello lo abbia lasciato andare, prima del carcera e della fuga.
Forse, sospira Carl rigirandosi tra le lenzuola, anche questo è amore, abbandonarsi perché altro non si può fare, perché dicono che quando si ama così intensamente qualcuno allora si ha la forza di lasciarlo andare prima di ferirlo o ferirsi troppo, ma Carl non riesce a trovarvi un senso e se l’amore è questo allora fa davvero schifo e tutti i poeti e le canzoni e i film sono solo una menzogna; un’illusione che spezza il cuore.

Eppure Carl continua a pensare che, infondo, valga la pena provare, infondo, tutta questa storia dell’abbandonarsi per essere più felici suona come una grandissima cazzata, perché Ian non è felice, non così, perché Ian era felice prima; perché Mickey ed Ian insieme si distruggevano per modellarsi migliori.
Ed è convinto che, se soltanto non fossero cresciuti in questa merda di South Side, se soltanto la vita non gli avesse donato solo drammi e cicatrici indelebili, se fossero stati due ragazzi del North Side, o di qualsiasi altra cazzo di zona del mondo migliore di quest’ammasso di rifiuti, Ian e Mickey non si sarebbero abbandonati; o forse no, forse tutto doveva andare esattamente così, ma Carl preferisce di gran lunga addormentarsi pensando che, alla fine, l’amore è una dannata lotta con un pizzico di fortuna.  



Troieshchyna, Kiev, Ucraina 

La situazione è alquanto assurda, ne conviene Mickey osservando un ragno morire lentamente tra le piastrelle di quella casa diroccata, che si regge ancora in piedi per miracolo, sollevando poi lo sguardo al soffitto.
Da quanto è entrato è diventato paranoico, il tetto e le pareti sono così ammuffite ed erose dal tempo che potrebbero crollargli in testa da un momento all’altro e, sinceramente, Mickey non ha alcuna intenzione di morire tra alberi e strade dimenticate da tutti; avvolto dai fumi chimici di un cadavere corroso dall’acido.
Si aggiusta la maschera antigas che ne copre parzialmente il volto, pressandola ancora di più alla pelle, Maksym è stato chiaro : la sicurezza personale prima di tutto.
Mickey di biologia e reazioni chimiche non c’ha mai capito un cazzo, ma vedendo il cugino all’opera è comunque riuscito a cogliere il nesso, più basilare, nascosto dietro quel soprannome con cui tutta Kiev e, probabilmente, la maggior parte dei criminali ucraini e buona parte di quelli russi lo conoscono : алхімік. (l’alchimista)

Controlla il telefono, constatando che il pezzo di merda ci sta mettendo più del previsto a sciogliersi, non sa neppure chi sia, sa soltanto che ha parlato un po’ troppo di cose che non lo riguardavano, che c’entra qualcosa la mafia russa, e cosa fondamentale che farlo fuori ha fruttato ingenti quantità di denaro; ad Oleksandr per premere il grilletto è bastato sapere anche meno.
Si volta ad osservarlo, euforico come un ragazzino il giorno di Natale, dalle cuffiette premute ai timpani, che il fratello lo ha costretto ad indossare per non attirare eventuali ed ipotetiche attenzioni indesiderate, giunge lieve una melodia decisamente troppo allegra, una canzone dai suoni metallici, probabilmente uno di quei generi da discoteca che anche Ian ascoltava; si morde il labbro Mickey, nascosto dietro la maschera antigas.

Era certo che, dopo tre anni di lontananza, fosse riuscito a seppellire ogni ricordo legato al rosso in qualche angolo inesplorabile della mente, ma il subconscio è una puttana che non dorme mai e Mickey si ritrova ancora a dover fare i conti con improvvise reminiscenze, flashback di un passato che dovrebbe restare tale; che vorrebbe solo dimenticare. 


“чому ж ми ще трачу тут?”  (per che cazzo siamo ancora qui?)


Esclama, la voce camuffata dalla plastica che ne copre le labbra, Oleksandr neppure lo riesce a sentire, troppo impegnato ad improvvisarsi ballerino in una dannatissima discoteca, Maksym si limita ad indicare il contenitore in polietilene


“ми ховаємо його поза 
(seppelliamolo fuori) – dice, afferrandone con estrema cautela il lato destro – і тоді ми можемо піти” (e poi possiamo andare)


Mickey inspira, chiedendosi che cazzo sia venuto a fare Oleksandr, per restarsene lì ad ascoltare musica decisamente discutibile?
Sbuffando si posiziona al lato sinistro del contenitore, fortunatamente quel folle genio di suo cugino ha ben pensato di procurarne uno decisamente maneggevole, certo è stato necessario fare a pezzi il testa di cazzo prima di gettarcelo dentro, ma a quello c’ha pensato Oleksandr, aveva un viso così sereno mentre sminuzzava pezzo dopo pezzo la vittima che, a guardarlo, sembrava quasi un bambino innocentemente impegnato nel più divertente dei giochi, probabilmente è per questo che il fratello se l’è portato dietro; infondo c’è un motivo se nel giro è conosciuto come il м'ясник. (macellaio)

Fortunatamente, questa volta, la buca se la sono preparati preventivamente, c’ha pensato Serhij che, piuttosto che dover sopportare la fastidiosa maschera antigas e macchiarsi le nuove, costosissime, scarpe si è offerto di fare il palo all’esterno


“ми закінчили?” (abbiamo finito?)


Chiede, gettando il mozzicone di sigaretta al suolo, fissando Mickey ed il fratello adagiare con cura il contenitore plastico all’interno della buca, afferrando poi la pala poggiata al muro; alla sua sinistra


“збирати 
(raccogli) – ordina Maksym, alludendo al residuo di sigaretta gettato tra i radi fili d’erba – вони не можуть…”  (non devono…)

“залишати сліди, tак, так 
(restare tracce, sì, sì) – lo scimmiotta il fratello, chinandosi di malavoglia, assecondandone il volere, ricoprendo il contenitore di terra – ми можемо піти? ебать я став бурулька тут за межами як яєчко ”  (possiamo andare? Cazzo qua fuori mi sono congelato come un coglione)

“ти є яєчко 
(tu sei un coglione) – puntualizza Maksym senza tuttavia alcuna cattiveria, la voce solitamente apatica resa quasi più umana da una strana e personale manifestazione d’affetto – Олекс зупиняє це робити музика дерьмо” (Olek smettila con questa musica di merda)


Esclama poi, volgendo l’attenzione al fratello riemerso dalla casa con la maschera antigas ancora in volto, se la sfila rapidamente, gettandola nella sacca scura che gli pende al fianco, imitato da Mickey che non vedeva l’ora di liberarsene e Maksym, il sottile ghigno che ne dischiude le labbra non può neppure essere definito sorriso, è un’ombra, una linea appena percettibile, ma è quanto si concede durante il lavoro; stringe le chiavi della Jeep nera opacizzata tra le dita e si siede al posto guida, mettendo in moto non appena i fratelli e Mickey si posizionano ai sedili.

Il corvino respira l’aria pura dell’abbandonata periferia dal finestrino dischiuso, lasciando fuoriuscire nicotina, afferrando il telefono dalla tasca dei jeans consumati, digitando rapido un messaggio di risposta : “Так, ебать, я чортів  голодний “ (cazzo, sì, ho fottutamente fame)

E la sagoma di un sorriso si plasma tra le labbra, illuminandone le iridi chiare incredibilmente espressive, non lo ammetterebbe a nessuno mai, neppure a sé stesso, ma il fatto che ci sia qualcuno ad aspettarlo, a chiedergli se pranzeranno insieme, a domandargli tra quanto tornerà, ad attenderlo a casa, è una sensazione decisamente gradevole; fa sentire meno soli, meno smarriti, contribuisce a ricacciare con forza ogni ricordo del passato in un angolo impolverato della mente.

Mickey non commetterà l’errore d’ammetterlo, mai, non questa volta, ma la presenza di Yehor, condividere un letto ed un casa insieme a qulla nuca castana perennemente arruffata e a quegli occhi verdi, maculati di grigio, dal guizzo estroso dell'artista, è uno dei lati postivi di quella gelida Ucraina piena di pazzi; pazzi con cui condivide un cognome di cui, ora come non mai, è piuttosto fiero. 


 

 

Un doveroso ringraziemento ai silenziosi lettori e a tutti coloro che aggiungono a preferite/ricordate/seguite la storia, grazie mille. 
Se avete critiche o consigli non esistate, sono sempre utili e ben accetti. 
Mi spiace che il peronaggi di Carl, forse, è un po' OOC, ma l'ho immaginato un po' più grande. 

Come al solito, se siete curiosi, vi lascio i presta volto dei nuovi personaggi presentati in questo capitolo : 

Serhij Kyrylo Milkovich (23 anni)  : https://i.pinimg.com/564x/4c/17/ce/4c17ced709b6ec8d6558f384f6e4cd95.jpg

Yehor Viktor
Prokopovich (23 anni) : http://24.media.tumblr.com/f98dbd82d7f71d662b71c4d362829614/tumblr_mr1oqn8U8w1rjn473o1_500.gif

Grazie, 
alla prossima 


 
   
 
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