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Autore: Roscoe24    24/10/2017    4 recensioni
“Ahi,” si lamentò, toccandosi la fronte. Ci sarebbe spuntato un bel bernoccolo, se lo sentiva.
“Oh santi numi!” sentì esclamare e poi di nuovo il botto metallico dello sportello che veniva chiuso. Alec aveva ancora le mani sulla fronte, quindi non poteva vedere chi fosse il suo interlocutore. La verità era che si stava vergognando così tanto di essersi comportato come un tale imbranato che non aveva il coraggio di togliersi le mani dal viso.
“Ehi, là sotto. Tutto bene?” lo sconosciuto appoggiò le mani sui polsi di Alec, il quale percepì il tocco caldo contro la sua pelle. Curioso, si liberò la faccia.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Jace Wayland, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pensava ai cambiamenti, Alec, quando guardava la foto insieme a Magnus, scattata due settimane prima e custodita in una cartella segreta del suo cellulare. Avrebbe tanto voluto usarla come sfondo, quella foto dove loro due erano insieme, le labbra di Magnus sulla propria guancia e sul viso quel sorriso spontaneo che non riusciva mai a trattenere quando si trattava di lui. Magnus si trovava nei paraggi e Alec, istintivamente, sorrideva.
Magnus sorrideva e ad Alec veniva naturale ricambiare quel sorriso come respirare. Era impossibile per lui non farlo. Così come gli veniva impossibile non prestare ascolto a ciò che un angolo del suo cervello gli suggeriva ogni volta che era in sua compagnia: che ruolo avevano uno nella vita dell’altro? Per Alec, rispondere era tutt’altro che facile perché non era sicuro di come chiamare la loro relazione. O meglio, lui definiva Magnus il suo ragazzo e si reputava a sua volta il ragazzo di Magnus, ma sebbene sentisse un senso di appartenenza legarlo all’altro, non aveva mai esposto la questione ad alta voce. E questo lo faceva pensare ai cambiamenti. Magnus gli aveva piacevolmente stravolto la vita. Era stato tante cose per lui: il suo primo bacio, il suo primo appuntamento, sebbene non ne avessero avuto uno ufficiale. Ed era stato il primo a cui non aveva mostrato la sua dura corazza di diffidenza e sarcasmo. E questo cambiamento gli piaceva. Meno gli piaceva di l’idea di apportare cambiamenti al loro rapporto solo perché sentiva la necessità di dargli un nome. Eppure… eppure una parte di lui moriva dalla voglia di poter parlare di Magnus definendolo il mio ragazzo – cosa che, ovviamente, avrebbe potuto fare solo con i suoi fratelli, ma era già qualcosa. Si sentiva uno sciocco, a tratti infantile, a provare desideri simili. Dopotutto, che necessità c’era di etichettare quello che avevano quando l’importante era che l’avessero?
“Alec,” Izzy lo fece sussultare. Indossava la divisa della squadra di lotta – aderente come una seconda pelle – e portava i capelli legati in due spesse trecce attaccate alla testa, le cui estremità scendevano sulle spalle. Si sedette al tavolo della mensa occupato, fino a quel momento, solo da Alec. “Devo farti una proposta,” La ragazza adocchiò Jace sulla porta e gli fece cenno di avvicinarsi. Il biondo, con un vassoio carico di cibo, reduce di una lezione di fisica, raggiunse i fratelli e si sedette al fianco di Alec.
“Gliel’hai già detto?” domandò, agganciando le sue brillanti iridi bicromatiche a quelle carbone di Isabelle.
“Dirmi cosa?” domandò Alec, allarmato. Quando Jace e Izzy facevano piani tra di loro non finiva mai bene per lui.
“Andiamo al Pandemonium, venerdì sera.” Squittì sua sorella.
Il Pandemonium, per Alec, aveva lo stesso significato funesto che hanno gli iceberg per il Titanic: non importa quanto speri in un finale diverso, Jack Dawson finirà sempre a fare compagnia ai pesci sotto forma di ghiacciolo. Alec, allo stesso modo, aveva sempre finito per fare da tappezzeria ogni volta che aveva messo piede in quel locale. Non sapeva ballare, era completamente negato, così ogni volta si trovava appoggiato al muro nell’attesa che i suoi fratelli si stancassero di spacciare le loro mosse da macachi ubriachi per dei passi di danza e andare a casa.
Ok, forse Isabelle era brava e attirava su di sé sguardi che un fratello non vorrebbe mai vedere rivolti alla propria sorella, ma non era questo il punto. Il punto era che, per una volta, aveva la possibilità di sottrarsi a quella tortura.
“Ho un impegno, venerdì.”
“Ma davvero?” domandò scettico Jace, un biondo sopracciglio alzato.
“Sì,” rispose deciso Alec, “Facciamo i baby-sitter.”
Facciamo?” Isabelle si lasciò sfuggire una risata eloquente, “Riservi a te stesso un pluralis maiestatis o tu e Magnus siete diventati una coppia che usa sempre il noi?”
Alec si agitò sulla sedia, che improvvisamente sembrava troppo scomoda.
“Io e Magnus non siamo una coppia.” Borbottò, anche se il filo dei suoi pensieri stava tornando a galla.
Isabelle emise un verso canzonatorio con il naso e lanciò un’occhiata complice a Jace, “Hai sentito? Lui e Magnus non sono una coppia!”
Jace si puntellò il mento con l’indice: “Aspetta, mi stai dicendo che sbaciucchiarsi e mandarsi messaggini sdolcinati non è una cosa che fanno le coppie?”
“Smettila!” sibilò Alec, rosso in viso. Perché aveva deciso di ascoltare quei due? Non portavano mai cose buone, quando le loro piccole menti diaboliche cooperavano. Erano come la dinamite e la nitroglicerina. Pessima combinazione.
“E non dimenticare le foto insieme!”
“Già! Quante volte l’hai guardata, oggi, quella foto?”
Alec riservò un’occhiata assassina ad entrambi. “Vi odio. Profondamente.”
Isabelle rise, tirando indietro la testa, “Avanti, Alec. Stiamo scherzando!”
“Sì, fratello. Non te la prendere!”
Alec stava per rispondere con una parolaccia rivolta ad entrambi, invece…
“Di cosa non se la deve prendere?”
…i Lightwood sussultarono quando quella voce conosciuta giunse alle loro spalle. Si voltarono all’unisono, come in una scena comica di un cartone animato. Magnus li guardava dall’alto, un sopracciglio coperto di glitter alzato, mentre i suoi occhi felini truccati di fucsia scrutavano i tre. Ai suoi lati, come se fossero le ballerine che accompagnavano Beyoncé nel video di Single Ladies, stavano Clary e Simon, curiosi quanto lui di scoprire di cosa stessero parlando i tre fratelli.
“Di niente!” si affrettò a dire Alec, il viso ormai bordeaux.
“Lo stavamo solo prendendo un po’ in giro.” Disse Jace, piazzando una gomitata intercostale al fratello, a cui il maggiore rispose con uno scappellotto secco.
“Devo preoccuparmi?” indagò l’orientale. Alec avvertì il suo profumo al sandalo invadergli le narici e immediatamente si rilassò.
“No,” rispose, “Va tutto bene.”
Magnus lo scrutò ancora per qualche istante e poi si fece spazio tra lui e Jace per sedersi vicino al moro. Il fatto che non potessero toccarsi in pubblico, quando erano a scuola, provocava una sofferenza fisica ad entrambi, che finivano sempre per colmare quella mancanza con la vicinanza. Non era come toccarsi, ma almeno potevano percepirsi.
“Allora, abbiamo deciso per venerdì?” disse Simon, sedendosi a sua volta al fianco di Isabelle.
Alec contrasse il viso in una smorfia sofferente che fece ridacchiare Isabelle.
“Alec ha un impegno,” disse, caricando l’ultima parola di malizia.
“E per quale motivo ci abbandoni?” gli chiese Simon, sinceramente curioso.
“Dobb-” Alec si interruppe ricordando le prese in giro dei suoi fratelli, “Magnus deve fare il baby-sitter e io gli faccio compagnia.”
“Oh.” Simon ci pensò su un attimo, “Oooh,”  svirgolò le sopracciglia in direzione dei due interessati. Lui e Isabelle ragionavano allo stesso modo e Alec non era sicuro di non essere spaventato da questa cosa.
“Piantala, Sheldon. Sei inquietante.”
“Simon, Magnus. Mi chiamo Simon, in nome di Dio!” disse il ragazzo, esasperato.
Magnus lo liquidò con un gesto della mano, movimento che provocò un concerto di tintinnii causato dai braccialetti che portava al polso. “Come vuoi, Stuart.”
“Alec, ti prego, intervieni.”
“Non te lo meriti, il mio aiuto, dopo quella… quella cosa. Cosa doveva rappresentare, esattamente?”
Simon alzò braccia e occhi al cielo, un disperato tentativo di non perdere la pazienza. E dire che lui ne aveva da vendere. “Mi arrendo, ragazzi. Due contro uno non vale!”
Entrambi gli rivolsero un sorriso compiaciuto e si batterono un pugno vittorioso sotto il tavolo.
“Ora, sproloqui di Sherman a parte, dove volevate trascinare Alexander venerdì sera?”
Simon roteò gli occhi, ma non commentò quell’ennesimo nome, lasciando che fosse Iz a prendere parola.
“Al Pandemonium!”
“Io adoro quel posto!” disse Magnus entusiasta e Alec reagì con un grugnito che fece sghignazzare Jace.
“Oh sì, anche Alec!”
Il biondo si guadagnò un’altra occhiata omicida da parte del fratello, che appoggiò la schiena alla sedia e incrociò le braccia al petto.
“Che ha quel posto che non va?” domandò Clary, notando la reazione del moro.
“Comprende interazioni umane, Clary,” spiegò Jace, “Alec odia interagire con gli esseri umani.”
“Io odio solo dover stare in un posto pieno di gente che non conosco, che mi tocca in punti che non vogliono siano toccati, costringendomi a stare in un angolo buio fino a che voi due non vi stufate di fare quella cosa ridicola che chiamate ballare e mi venite a cercare per tornare a casa!”
“Io ballo benissimo!” dissero all’unisono Jace e Isabelle.
“Izzy balla bene, tu Jace sembri più qualcuno con lo scheletro di legno.”
“Immagino che la tua sia una valutazione soggettiva, fratello, perché le centinaia di ragazze che si sono strusciate su di m-”
“Ehi!” Clary gli rivolse un’occhiata ammonitrice.
Jace si schiarì la gola, “Voglio dire,” tentò di riprendersi, “se avessi accettato le avances di tutte le ragazze, che ovviamente ho rifiutato, ci sarebbe una lista lunghissima che dimostra il contrario di quello che dici.”
“Come bugiardo fai schifo, Jace.” Sentenziò Clary, una nota di gelosia nella voce. Il fatto che conoscesse la portata dei sentimenti che Jace provava nei suoi confronti non le impediva di essere gelosa delle ragazze che lo guardavano come se volessero mangiarselo.
“Nessuna può reggere il paragone con te, amore.” Il biondo si sporse, circondandole le spalle con un braccio e baciandole una guancia.
Clary arrossì diventando un tutt’uno con i suoi capelli, “Voglio ben sperare,” ma il tono della sua voce si era già addolcito.
Alec li trovava carini, anche se non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce. E li invidiava, li invidiava da morire. Erano liberi di fare quello che volevano, di comportarsi come volevano, di chiamarsi come volevano.
Amore era una cosa importante da dire e sapeva che se Jace l’aveva chiamata in quel modo era perché l’amava davvero. Come si capisce se ami qualcuno? Alec non lo sapeva. Non si era mai innamorato, nella sua vita.
I suoi occhi schizzarono su Magnus, al suo fianco, che stava osservando con maniacale minuzia il suo smalto fucsia, in pendant con l’ombretto, e si chiese se fosse lui la cosa più simile all’amore che avesse trovato in vita sua.
Sapeva di per certo che, almeno stando a quanto detto in ogni singola canzone romantica, l’amore fa battere il cuore più forte del dovuto. E per far sì che il suo cuore accelerasse in maniera spropositata, bastava che Magnus semplicemente entrasse nella stessa stanza dove si trovava anche Alec, figuriamoci quando gli stava vicino, o quando lo baciava. La forza di quell’emozione, che gli saliva dallo stomaco ogni volta che le loro labbra si scontravano, era così intensa che gli faceva bruciare i polmoni e mancare l’aria. Una dolce apnea a cui Alec non avrebbe mai rinunciato. Da qui, si aggiungeva dunque un altro punto: il respiro mozzato.
Sapeva che questi potevano essere dei sintomi più che validi, aggiunti alle mani sudate, al fremito che ogni parte del suo corpo provava quando sapeva che stavano per vedersi, a quella incontenibile felicità che gli faceva esplodere il cuore ogni volta che passavano le giornate insieme.
Forse si stava innamorando di Magnus. E forse gliel’avrebbe anche detto, un giorno. Adesso gli sembrava tutto troppo affrettato, tutto troppo enorme.
“Comunque” Simon lo distrasse dal suo filo di pensieri, “Cosa vogliamo fare?”
“Possiamo rimandare?” propose speranzoso Alec, “Tipo a mai e poi mai?”
“Come sei melodrammatico, Alec!” Izzy roteò gli occhi al cielo.
“Sapete una cosa?” fece il maggiore dei Lightwood, sul viso un sorrisetto scaltro, “Andateci voi. Non vorrei mai farvi rinunciare ad una cosa a cui tenete così tanto solo perché a me non piace farla!”
Izzy e Jace lo guardarono con gli occhi ridotti a due fessure così strette che Alec dubitava riuscissero a vederlo davvero. Non si muovevano quasi mai in sincronia, ma quando lo facevano, Alec li trovava inquietanti al limite dell’umano, roba che Stephen King, a confronto, sembrava uno che racconta barzellette.
Entrambi portarono una mano sotto al mento, all’unisono, continuando a guardarlo in quel modo strano.
Gli stavano letteralmente mettendo i brividi.
“Piantatela di guardarmi in quella maniera!”
“Facciamo così,” intervenne Magnus, alzando gli occhi dalla sua manicure impeccabile, e attirando su di sé l’attenzione di tutti, “Io e Alexander per questa volta saltiamo, ma…” creò un volontario attimo di suspense, “Recupereremo ad Halloween!”
“Vuoi andare al Pandemonium il 31 di ottobre?”
“Non dire sciocchezze, Sherwin! Il 31 di ottobre faremo una festa a casa mia, così voi sbarbatelli potrete bere alcol senza mostrare un ridicolo documento falso a cui non crede nessuno.”
“Sai di avere solo qualche anno più di noi, vero?” avanzò Jace, che sarebbe stato un tantino più pungente se non avesse trovato oltremodo geniale l’idea di Magnus. “Non è che tu sia un essere pluricentenario, o cosa…”
“Questo non puoi saperlo, Drace. Magari ho camminato nei secoli, conosciuto Maria Antonietta, e sono arrivato fino ai tempi moderni. Chi lo sa?”
Jace,” calcò aspro l’altro, ignorando volutamente il resto della frase.
“Non sono l’unico a cui da fastidio, allora!” esclamò Simon.
Alec alzò gli occhi al cielo e ignorò quel teatrino, “Sei sicuro che non ti causa problemi?”
“Assolutamente no, Alexander.”
“Il suo nome non lo sbagli mai, però…” borbottò Simon.
“Perché lui mi piace,” Magnus gli rivolse un sorrisetto che Simon non seppe interpretare e lasciò, quindi, che un abbraccio di Isabelle lo consolasse. “Comunque,” proseguì l’orientale, “Chiederò a Cat se vuole venire anche lei. Il comitato scolastico le ha negato il permesso di affittare un locale per mancanza di fondi e non ha idea di dove fare la festa di Halloween!”
Cat era Catarina Loss, presidentessa del comitato eventi, organizzatrice impeccabile e, da qualche settimana a questa parte, amica di Magnus. Si erano conosciuti perché il ragazzo aveva deciso di dedicarsi ad attività extrascolastiche per riceve crediti in più e, dal momento che lo sport non lo faceva impazzire – lui era fan di un altro tipo di attività fisica – aveva optato per il comitato che organizza eventi. Chi meglio di lui era in grado di organizzare feste grandiose? Nessuno.
“Potresti farle un favore, sai?” concordò Alec, “Almeno eviteresti di farla impazzire.” Il moro ancora ricordava la mezza crisi isterica che Catarina aveva avuto davanti al suo armadietto qualche giorno prima, una volta appresa la bocciatura della sua richiesta. E ci era voluta tutta la pazienza di Magnus per riuscire a calmarla.
‘Non vogliono darmi nemmeno la palestra, Magnus! Dicono che non possono rischiare venga ridotta in condizioni pietose, dal momento che comincia il campionato di basket!’
Alec aveva davvero pensato che sarebbe scoppiata in lacrime per la frustrazione.
“Perché le sue idee non le respingi?” domandò Jace, “Improvvisamente la gente che non conosci e che ti tocca in punti in cui non vuoi essere toccato non ti infastidisce più?”
“Primo: le sue idee non le boccio perché lui mi piace,” cominciò Alec, facendo eco alle parole di Magnus, alzando un dito per ogni punto, “Secondo: non è vero che ci sarà gente che non conosco, ci sarete voi e Catarina. Terz-”
“Terzo” lo interruppe Magnus, “Io sarò l’unico che lo toccherà in punti in cui spero vorrà essere toccato almeno da me, pena il taglio delle mani per chiunque provi a sfiorare il mio pasticcino.”
Alec divenne viola come una melanzana – cercando di ignorare, inutilmente, la ferrea stretta allo stomaco provocata da quel mio piazzato in quella frase con disarmante naturalezza – ma si trovò comunque a sorridere, mentre Simon, che per indole non riusciva a rimanere imbronciato con gli amici, si lasciò sfuggire un aaawww a cui aggiunse: “Voi ragazzi siete troppo carini.”
“E per niente da diabete,” dichiarò sarcastico Jace.
“Sei troppo cinico. Devi amare l’amore, amico.”
“Iz, sei sicura che il tuo ragazzo non si droghi?”
“Ancora, sei cinico.” Continuò Simon, sporgendosi verso Isabelle per darle un bacio. “Amare l’amore è bello,” sussurrò il ragazzo, tenendo gli occhi incollati a quelli di Isabelle, che, per come la vedeva lui, erano la cosa più splendida che avesse mai visto. La ragazza gli sorrise di rimando e posò nuovamente le labbra sulle sue.
Alec e Magnus si guardarono in silenzio, tenendo le mani intrecciate sotto il tavolo.
Simon aveva ragione: l’amore era davvero stupendo.

*

Dopo le lezioni, Alec camminava verso il suo armadietto quando la voce di Magnus lo chiamò da lontano: “Alexander!”
Alec si fermò e si voltò verso la direzione di quella bellissima voce e lo osservò mentre, con un passo accelerato – Magnus non correva, altrimenti avrebbe rischiato di sudare e rovinare il trucco – lo raggiungeva.
“Ciao!” lo salutò Alec, quando furono abbastanza vicini da non dover urlare per parlarsi. “Hai già informato Catarina?”
Magnus annuì: “Le è piaciuta l’idea. Dobbiamo solo organizzare una festa grandiosa in meno di quindici giorni.”
“Ce la farai, Magnus. Tu adori questo genere di cose.” Gli sorrise incoraggiante.
“Ti ringrazio per il supporto, marshamallow. Ma dimmi… tu le odi davvero?”
“Più che odiare mi mettono a disagio.”
“Vuoi che ritiri tutto? Posso dire a Cat di trovare un altro posto e passare Halloween solo noi due soli.”
Noi.
Noi due.

Alec sentiva il cuore impazzire ogni volta che Magnus si riferiva a loro usando il noi, una parola che gli faceva venire in mente sempre l’unità, come se si fossero mischiati a tal punto da diventare una cosa sola. Era un concetto che veniva usato sempre con più naturalezza e che faceva passare ogni tipo di dubbio ad Alec: quando Magnus usava quel noi, sapeva esattamente qual era il suo posto nella vita dell’altro.
Gli sorrise, intenerito. Magnus aveva questo modo di prendersi cura di lui, senza che nemmeno se ne rendesse conto. Sarebbe stato disposto a rinunciare ad una cosa a cui, Alec lo sapeva, teneva tantissimo solo per lui, per cercare di farlo sentire meno a disagio. Il fatto era, però, che Alec avrebbe seguito Magnus anche nella bocca di un vulcano e non avrebbe temuto le ustioni, quindi cosa poteva essere una festa?
“No, Magnus. Tu farai la tua festa, che sarà grandiosa, e io ci parteciperò volentieri.”
“Davvero?” il ragazzo non riuscì a tenere a bada il suo entusiasmo e Alec sorrise, combattendo con tutte le forze che aveva la voglia di accarezzarlo.
“Davvero, davvero.”
“Grazie, grazie, grazie!” Magnus aveva cominciato a battere le mani, “Ti abbraccerei in questo momento, lo sai?”
“Sarebbe il minimo, visto quello che ho accettato di fare per te!” scherzò Alec, guardandolo con occhi inteneriti
(innamorati)
e realizzando che avrebbe accettato di fare qualsiasi cosa, se questa avesse fatto felice Magnus.
“Vieni fuori con me, allora.” Gli sussurrò suadente il maggiore, “Ti darò anche qualcosa di più.”
Alec rabbrividì e annuì, così insieme si avviarono verso l’uscita della scuola.

Fu quando si trovarono ad una distanza ritenuta sufficiente a far si che nessuno li vedesse che, nascosti sotto agli spalti metallici del campo di football, Magnus tirò, con pochissima delicatezza, Alec a sé e gli infilò senza troppi preamboli la lingua in bocca.
Alec gemette, ma impiegò pochissimo tempo a rispondere a quel bacio. Il fatto che non potessero nemmeno sfiorarsi a scuola, faceva si che la smania che avevano di toccarsi esplodesse non appena avevano l’occasione di rimanere appartati, traducendosi in baci irruenti, che facevano gonfiare e arrossare le labbra, e mani che vagavano ovunque. Magnus, quel giorno in particolare, cominciò a far vagare le sue sotto alla maglietta di Alec, stringendo la pelle del minore, che ebbe l’impressione di star prendendo fuoco.
“Magnus,” lo chiamò con il fiatone.
Il maggiore allontanò il viso quel tanto da poter incrociare gli occhi di Alec, ma tenne le mani immobili. Alec riusciva distintamente a sentire il calore delle dita del ragazzo e il contrasto con il freddo metallo degli anelli. E sentiva chiaramente anche un’altra cosa, decisamente più a sud, che rendeva i suoi pantaloni estremamente scomodi.
“Che c’è, fiorellino?” pianissimo, cominciò a far vagare le mani sull’addome di Alec, riuscendo quasi a immaginare la perfezione della sua muscolatura celata sotto la stoffa dell’indumento, tanto che era definito, e si spostò poi con controllata lentezza fino alla schiena, che percorse in tutta la sua lunghezza. E più Magnus lo sfiorava, più Alec tratteneva il respiro e sentiva l’aria venirgli meno nei polmoni.
Deglutì a vuoto e lasciò che Magnus continuasse far vagare le mani lungo la sua schiena, dimentico della ragione per cui aveva interrotto il loro bacio.
Perché l’aveva fatto?
(perché i tuoi pantaloni stanno rivelando più di quanto dovrebbero)
E allora? Era una reazione normale, no?
(certo, ma-)
Niente ma, Alec ignorò la sua razionale coscienza e afferrò Magnus per il bavero della camicia, riappropriandosi delle sue labbra, risultando più vorace di quanto avrebbe voluto. E qualcosa in lui scattò nell’esatto momento in cui le mani di Magnus smisero di accarezzarlo lentamente e si arpionarono ai suoi dorsali, portando il minore a far indietreggiare l’altro e schiacciarlo tra il proprio corpo e la parete d’acciaio degli spalti. Come la schiena di Magnus si scontrò con la parete, l’orientale gemette e Alec, incapace ormai di darsi un freno, infilò una gamba tra quelle di Magnus, spronando quest’ultimo ad aprire le proprie.
Cosa avrebbe fatto, adesso? Non lo sapeva e nemmeno gli importava di avere un piano premeditato. L’unica cosa che gli interessava era sentire i sospiri accelerati di Magnus, le mani di entrambi che vagavano sull’altro e il fatto che, a quanto pare, Alec non era il solo a reagire a tutta quella situazione. La sentiva chiaramente la reazione di Magnus contro la propria gamba. Sorrise, compiaciuto da quella costatazione, e abbandonò le labbra del ragazzo solo per dedicare attenzione al suo collo. Fu nell’esatto momento in cui la sua bocca si chiuse intorno al pomo d’Adamo di Magnus, che il maggiore lo chiamò.
“Alexander,” gli tremò la voce ed Alec cercò di non concentrarsi sul fatto che fosse roca perché altrimenti gli sarebbe nuovamente saltato addosso.
“Cosa c’è?” ansimò.
“Non che mi stia lamentando, ma credo dovremmo fermarci.” Fece scivolare le mani fuori dalla maglietta e le appoggiò al suo petto, facendo in modo, questa volta, che le loro pelli fossero divise dalla stoffa. “Stai attentando al mio autocontrollo.”
Alec appoggiò le proprie mani su quelle di Magnus, prendendosi un attimo per osservarlo. Per la prima volta, i suoi capelli non erano in ordine, e sapere che erano state le sue mani a scompigliarli in quel modo gli faceva un immenso piacere. Le sue labbra erano arrossate e gonfie a causa dei morsi che avevano intervallato i loro baci. E i suoi occhi… Dio, i suoi occhi. Alec stava letteralmente uscendo di testa, leggendo nelle iridi di Magnus la luce residua di quel desiderio che aveva infiammato entrambi.
“Io penso di averlo perso, il mio autocontrollo.” Confessò, realizzando che non si era mai comportato in quel modo, prima di quel momento.
Magnus gli sorrise e si alzò sulle punte per lasciargli un piccolo morso sul mento, “Dovresti farlo più spesso, tesoro. In un luogo più consono, la prossima volta.”
Alec arrossì e circondò il collo di Magnus con entrambe le braccia, lasciandogli un bacio sulla fronte.
“Lo terrò a mente.”
“Bene, splendore.” Lo abbracciò, “Cosa vuoi fare adesso?”
Alec parve pensarci su, “Possiamo studiare e poi potresti venire con me a tiro con l’arco, se non ti pesa…”
“Mi stai chiedendo se mi pesa starti a guardare mentre le tue bellissime braccia si tendono, mostrandosi in tutta la loro muscolosa gloria?”
Alec rise, tirando indietro la testa: “Lo prendo come un sì.”
Sciolsero l’abbraccio e si diressero fuori dagli spalti, abbandonando ufficialmente il territorio scolastico per dirigersi verso la biblioteca.
Ogni passo, Alec lo sapeva, serviva a regolarizzare il battito del suo cuore, che stava ancora scalpitando, rimbombando in ogni parte del suo corpo.

*

Magnus non aveva mai visto un poligono di tiro dall’interno e non si stupì nel costatare che non sapeva nemmeno cosa immaginarsi. Quando entrò con Alec e insieme saltarono la zona riservata alle armi da fuoco per dirigersi verso la zona arcieri, Magnus cominciò a guardarsi intorno incuriosito. Quel luogo dai soffitti alti, dalle corsie divise da muri di vetro, dai bersagli piazzati a diverse distanze, era una parte fondamentale di Alec. Osservare quel luogo era come osservare un pezzo dell’essenza del ragazzo che adesso stava al suo fianco.
“Quindi è qui che avviene la magia?”
Alec ridacchiò, sembrava nervoso, “Ti piace?”
“Sì,” Magnus si guardò intorno e poi tornò a guardare Alec, i cui occhi erano grandi di aspettativa, “Mi piace tanto.”
Ed era vero. Non sarebbe mai stato in grado di mentirgli, non gli avrebbe mai detto qualcosa che non pensava.
“Mi fa piacere,” Alec sorrise, si sfregò le mani e poggiò a terra la custodia che aveva portato con sé da quando erano passati da casa a prenderla – Magnus ovviamente l’aveva aspettato fuori, abbastanza celato ad occhi che avrebbero potuto trovare sospetta la sua presenza – e con estrema cura estrasse l’arco e la faretra colma di frecce.
Magnus lo osservò posizionarsi in una delle corsie libere e lo seguì, non perdendosi nessuna delle sue mosse. Lo guardò aprire le gambe in modo tale che i piedi corrispondessero all’ampiezza del bacino, mentre voltava il busto di lato. Lo osservò tendere il braccio destro in una linea orizzontale perfetta, parallela al pavimento, mentre la mano teneva l’arco e il braccio sinistro veniva piegato in un angolo mentre incoccava la freccia.
Alexander era un’armonia di gesti aggraziati e coordinati tra di loro, funzionali ad ottenere il risultato impeccabile che Magnus stava osservando. Era perfetto, sinuoso. Sembrava che l’arco fosse un prolungamento del suo corpo. Guardarlo gli dava una soddisfazione immensa che andava ad appagare tutti i suoi sensi, quello visivo in primis, dato che la virilità che trasudava da Alec quando si concentrava in quel modo era un attentato bello e buono alla sanità mentale di Magnus. Alec era così… prestante. Affascinante in modo letale. Il suo sguardo vagò sulle braccia del ragazzo, lasciate scoperte grazie alla maglietta a maniche corte, soffermandosi sulla muscolatura degli avambracci e sul modo in cui i suoi bicipiti si gonfiavano in due sfere perfette per lo sforzo di tenere l’arco fermo e la freccia tesa. Si lasciò andare ad un sospiro sognante, realizzando che tutto quel ben di Dio che stava osservando, in qualche modo, era suo.
Quanto era fortunato?
Alec lasciò andare la freccia che colpì il centro del bersaglio più lontano e quando si voltò verso Magnus, questi cominciò ad applaudire.
“Sai cosa avrebbe reso migliore questo tiro, pasticcino?”
“Cosa?” domandò Alec, sinceramente interessato ad un consiglio.
“Se l’avessi fatto senza maglietta. In quel caso sarebbe stata un’esperienza al limite del divino, per me.”
Alec scoppiò a ridere, “Perché, con la maglietta addosso è stato tanto male?”
“No, ciliegina, assolutamente. Dico solo che la tua nudità avrebbe reso il tutto ancora migliore.”
Alec scosse la testa divertito e in qualche modo anche lusingato da quel complimento.
“Vuoi provare?”
“Non voglio rischiare di uccidere nessuno!”
“I vetri ai lati di ogni corsia esistono per evitare omicidi involontari. Sono antiproiettile, resistono anche alle frecce lanciate dai principianti.” Spiegò Alec, “Dai, vieni qui!”
“Se insisti, fragolina…” Magnus si avvicinò ad Alec, il quale fece un passo indietro per fare in modo che il ragazzo coprisse il posto da lui occupato poco prima. Erano di nuovo vicini, si trovò a pensare Magnus, in quel modo che li faceva scattare entrambi e ringraziò che, almeno nella parte destinata alla posizione dell’arciere, i vetri fossero oscurati. Era come se si trovassero dentro ad una cabina protetta e non poté che essere felice per questa cosa.
“Come prima cosa,” cominciò Alec, “Devi aprire le gambe.”
“Per te lo faccio più che volentieri, tesoro.”
Alec divenne paonazzo e ringraziò il cielo che Magnus gli desse le spalle e non potesse vederlo in viso.
Si schiarì la gola, in un vano tentativo di darsi un contegno, “Allineale con il bacino.” Magnus obbedì e Alec, allora, portò le proprie mani sui fianchi del ragazzo per guidarlo a voltare correttamente il busto di lato. E siccome Magnus, per natura, adorava stuzzicarlo, accostò la schiena al petto di Alec, facendo particolare attenzione a tirare fuori il sedere, che si stava accidentalmente appoggiando al basso ventre del minore.
Magnus sentì Alec trattenere rumorosamente il respiro, come se improvvisamente tutto l’ossigeno fosse stato risucchiato dalla stanza e sorrise soddisfatto.
“E adesso?” sussurrò, tirando indietro la testa e appoggiandola nello spazio tra la spalla e il collo di Alec.
Il minore sentiva la bocca asciutta – improvvisamente incapace di articolare anche solo una parola che avesse un senso, figuriamoci una spiegazione di senso compiuto su come scoccare una freccia – mentre i suoi occhi indugiavano sul collo esposto del ragazzo.
“M-Magnus,” lo chiamò, i circuiti nervosi che stavano andando in tilt, “Luoghi consoni, ricordi?”
Magnus alzò la testa e si smise di spalmarsi totalmente su Alec, “D’accordo, d’accordo. Hai ragione, splendore. Mi sono fatto prendere la mano.”
“Ho notato.”
Magnus rise, “Avanti, insegnami come si fa.”
Alec lo guidò nei movimenti, prima su come posizionarsi e poi su come fare per scoccare una freccia e, con grande sorpresa di Magnus, questi impiegò solamente cinque tentativi prima di beccare il cerchio più esterno del bersaglio.
“Niente male, Magnus. Niente male davvero!”
“Dici sul serio?”
Alec annuì, “Certo. È una pratica abbastanza complicata e tu impari in fretta.”
Magnus si voltò di centottanta gradi, infilando due dita nei passanti dei pantaloni di Alec per tirarlo a sé, “Ho un buon insegnante,” disse, prima di appropriarsi della sua bocca.
Non ne avrebbe mai avuto abbastanza di Alec e dei suoi baci.



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Ciao a tutti e ben ritrovati! 
Allora, cosa ne pensate di questo capitolo? Mi rendo conto non sia estremamente sostanzioso in fatto di trama, ma mi piaceva inserire una scena con il gruppo al completo perché mi piace il rapporto che hanno gli uni con gli altri e che si vogliano bene nonostante le loro divergenze! 
Nel prossimo capitolo vedremo Alec e Magnus in versione baby-sitter e si accettano scommesse su chi sarà la fortunata creatura che passerà del tempo con loro! (scherzo, in realtà è abbastanza semplice intuire chi sarà xD). 
Spero che abbiate apprezzato il capitolo e che, visto che alcuni avevano suggerito un incontro tra Alec e Magnus che riguardava il tiro con l'arco, abbiate trovato la parte finale di vostro gradimento! 
Inoltre, ci sono dei riferimenti ai libri: il primo quando Isabelle chiede ad Alec se lui e Magnus sono diventati una di quelle coppie che usa sempre il noi, anche se il contesto era diverso, mi piaceva riprendere quella frase. Il secondo è un riferimento a Le Cronache di Magnus Bane, che ho preso e leggiucchiato un po', dove in un racconto sulla Francia si dice che Magnus ha conosciuto Maria Antonietta, quindi ho inserito anche quello! :)
Vorrei aggiungere anche che non ho idea di come funzioni veramente il tiro con l'arco, quindi tutte le istruzioni dettate da Alec sono completamente frutto della mia fantasia e di quello che si vede nei film! 
Vi ringrazio come sempre immensamente per leggere la storia, ringrazio anche chiunque l'abbia messa tra i seguiti/preferiti e chiunque trovi sempre il tempo per lasciare una recensione. Sarò ripetitiva, ma sapere che ci siete e che apprezzate questa storia per me è davvero importante, quindi grazie a tutti <3 
Un abbraccio grosso, grosso! Alla prossima! :)

PS: è probabile aggiornerò la storia ad Halloween per far coincidere la festa nel capitolo con la realtà... ho tutte le intenzioni di farlo, impegni permettendo, nel caso non dovessi riuscirci chiedo scusa in anticipo! 
   
 
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