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Autore: persikka    20/04/2005    8 recensioni
La storia dei Malandrini, del sesto anno di Harry e di un improbabile futuro... una storia che svelerà il segreto della profezia di Voldemort...
Per ora sono abbastanza avanti con la seconda parte della storia e spero di finirla presto! ^.^
Fatemi sapere cosa ne pensate, le recensioni sono sempre gradite!^_-
(La riposto dopo averla cancellata per sbaglio ._.)
Genere: Romantico, Drammatico, Avventura, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

Prologo.

 

And I give it all away

Just to have somewhere to go to
Give it all away to have someone

To come home to

 

 

 

L’euforia che Harry provava con l’avvicinarsi del primo di settembre non era paragonabile a nessun altro avvenimento. Il pensiero di poter trascorrere dieci mesi ad Hogwarts, lontano da Privet Drive e dai Dursley, rendeva anche più sopportabili le angherie che era costretto a subire da parte di Dudley durante tutta l’estate.

Anche se quella era stata un’estate piuttosto diversa dalle precedenti.

Voldemort era tornato e, finalmente, il Ministero lo aveva riconosciuto. Harry si chiese cosa aveva fatto l’Oscuro Signore durante quei mesi che lui aveva trascorso al numero quattro di Privet Drive; Sirius gli aveva mandato sporadici gufi in cui non l’informava affatto sulla situazione.

Sospirò; era strano, ma la rabbia bruciante provata l’anno prima si era attenuata. Forse il sapere Sirius al sicuro e finalmente fuori da ogni accusa gli dava una preoccupazione in meno e, certo, il fatto che la Gazzetta del Profeta avesse smesso di coprirlo di ingiurie non poteva che migliorare la situazione. Tuttavia non sapeva dire se la situazione fosse migliorata o meno, non era più entrato in contatto con l’Ordine dal giugno scorso e l’unica fonte di informazione sul mondo magico era la Gazzetta del Profeta, che, come Harry ben sapeva, era facilmente influenzabile dall’aria che tirava al Ministero.

Harry si chiese se sarebbe stato quell’anno a concludere la profezia della professoressa Cooman. Avrebbe ucciso o sarebbe stato vittima di Voldemort? Era un pensiero che di tanto in tanto gli riaffiorava alla mente, e quella mattina né quel chiodo fisso né la cicatrice gli davano tregua.

Si era svegliato prima dell’alba e non era più riuscito ad addormentarsi, così aveva preso a rifare il baule nella paura di aver dimenticato qualcosa. Mentre rimetteva tutti i suoi effetti personali nel bagaglio gli capitò tra le mani il grande album di foto magiche che Hagrid gli aveva regalato cinque anni prima.

Gettando uno sguardo distratto alla piccola sveglia appoggiata sul comodino, Harry decise che poteva ritagliarsi un po’ di tempo per darci un’occhiata. Oltre alle foto dei suoi genitori, che lo salutavano e gli sorridevano, Harry aveva aggiunto anche alcune foto di lui, Ron e Hermione ed alcune che ritraevano i quattro malandrini ai tempi della scuola: gliele aveva regalate Sirius l’anno prima. Guardarle gli provocava sempre uno strano senso, che non riusciva a classificare né come tristezza, né come felicità; ma non riusciva a distogliere gli occhi verdi da quelle foto che gli sorridevano. Guardarle era un po’ come conoscere uno spaccato della vita dei suoi genitori.

Girò una pagina e gli parve che qualcosa scivolasse fuori dalle pagine, appoggiò il libro sul letto e si chinò, gli pareva si fosse infilata sotto di esso. Era una foto.

La foto raffigurava suo padre, sua madre, Codaliscia, Sirius, Lupin e un’altra ragazza che Harry non conosceva, ai tempi della scuola; sorridevano e lo salutavano reggendo in mano quelli che ad Harry sembrarono dei rotoli di pergamena, riportanti lo stemma di Hogwarts.

Harry stava per rimetterla al suo posto quando si accorse che sul suo retro era scarabocchiata una data seguita da una didascalia, che sembrava inserita a postumi. Harry riconobbe la scritta per una frase di un libro babbano che aveva, una volta, letto in classe quando ancora frequentava la stessa classe di Dudley.

La scritta riportava:

 

E il gabbiano Jonathan Livingston visse il resto dei suoi giorni esule e solo. Volò oltre le Scogliere Remote. Il suo maggior dolore non era la solitudine, era che gli altri gabbiani si rifiutassero di credere e aspirare alla gloria del volo. Si rifiutavano di aprire gli occhi per vedere.

  
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