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Autore: hirondelle_    25/10/2017    1 recensioni
[hiromido][masahika][past!gazemido]
What if in cui Midorikawa è il padre biologico di Kariya, che torna a vivere con lui dopo moltissimi anni a causa della morte prematura di sua madre. L'inizio della sua nuova vita non è dei più facili. Per comprendere suo padre e soprattutto se stesso, Kariya dovrà venire a patti con il suo passato.
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Kariya buttò fuori l’aria che non si era accorto di star trattenendo, un singulto trattenuto all’altezza della gola che sembrava volerlo soffocare di secondo in secondo.
“Senpai?” chiamò una voce timida. Hikaru era al suo fianco, ancora avvolto dalla coperta, gli occhi stropicciati di sonno ma vigili puntati su di lui. Gli appoggiò una mano sul braccio e gli sorrise.
Kariya spostò lo sguardo da Hikaru a suo padre e seppe che sarebbe andato tutto bene.
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[50k words]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Kageyama, Jordan/Ryuuji, Kariya Masaki, Xavier/Hiroto
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ombrelli sotto la pioggia
Fin dal primo istante in cui aveva trascinato Endou Mamoru in quel bar non si era sentito molto sicuro della reazione di Midorikawa: Endou era sempre stato un suo grande amico oltre che collega, ma poteva sembrare decisamente eccentrico per una persona elegante e posata come Ryuuji.
Ancora prima di conoscere la sua reazione, tuttavia, si ricordò del fatto che probabilmente gente simile era all’ordine del giorno per una persona con lavori come i suoi; e ne ebbe la prova quando Midorikawa si alzò dal suo posto per accoglierli e rivolgere loro un inchino e un sorriso radioso.
Hiroto intuì non solo che Endou e Midorikawa sembravano molto aperti l’uno verso l’altro, ma anche che probabilmente sarebbero diventati degli ottimi amici.
“Il suo amore per il calcio è molto forte, ma c’è qualcosa che lo blocca.” spiegò l’allenatore, una volta sedutosi al suo fianco, “Ho avuto modo di osservarlo e ho notato che nutre un senso di disprezzo per la sua hissatsu. Ammetto di non aver mai avuto a che fare con casi del genere, e qualcosa mi dice che c’è effettivamente qualcosa di più dietro.”
Midorikawa colse lo sguardo equivoco di Endou e annuì con aria grave. “Si tratta di sua madre. Credo fosse molto… severa nei suoi confronti.”
“Ho potuto vedere la sua hissatsu solo una volta,” intervenne Kira, rivolto a Endou: se c’era una persona in grado di comprendere certe dinamiche era sicuramente lui. “ma non riesco a capire quale sia il suo problema. Davvero è solo una questione di… colore?”
Endou portò lo sguardo da Midorikawa a Hiroto, da Hiroto a Midorikawa. Alla fine scosse la testa in maniera abbastanza decisa, ma prima di rispondere sorseggiò un po’ dalla sua tazza di ramen. “Credo ci sia qualcosa di ancora più profondo… Un rifiuto molto più radicato. Quando un giocatore non riesce ad usare le sue hissatsu, solitamente è perché nutrono un grande senso di angoscia all’interno del suo cuore. Certamente, non mi è mai capitato che un giocatore arrivasse a rifiutare la propria hissatsu.”
A quelle parole, tutti e tre rimasero in silenzio. Era sicuramente qualcosa che sia Midorikawa che Hiroto avevano intuito da tempo parlando dei suoi comportamenti, ma non si erano mai addentrati totalmente nel discorso: era chiaro che, oltre alla repulsione per gli altri, in lui ci fosse un sentimento di disprezzo nei propri confronti. Il problema era che nessuno di loro aveva idea di cosa fosse, e soprattutto di come aiutare Masaki a risolverlo.
Hiroto vide Midorikawa lasciarsi andare a un profondo sospiro e ad appoggiarsi contro lo schienale della sedia. “Probabilmente dovrei consultare uno psicoterapeuta. Non credo di poter fare molto per lui nelle mie condizioni.”
A quel punto Endou gli rivolse un sorriso serafico e armonioso da sopra la tazza, rivolgendosi a lui in maniera gentile. “Potrebbe essere una soluzione, ma io starei a guardare ancora per un po’. Credo di aver solo iniziato a conoscerlo, chissà che non riesca a capire qualcosa in più su di lui.”
Lo sguardo di Endou talvolta poteva essere tanto deciso e determinato da provocare un misto di sensazioni contrastanti nell’animo di chi lo incrociava: Hiroto conosceva bene questa sensazione, ma Midorikawa ne fu totalmente affascinato e il suo viso si distese in un’espressione sorpresa e confusa allo stesso tempo. Gli occhi parvero farsi un po’ lucidi. “Non c’è bisogno che lei si preoccupi così tanto, Endou-kun…”
“Invece credo sia proprio uno dei miei compiti. Sono un allenatore, è vero, ma prima di tutto sono un educatore. E prima ancora un essere umano. Aiutare Masaki mi sembra una questione di principio.” Per ancora più valore alle sue parole, annuì con convinzione. Ryuuji sorrise, senza sapere come rispondere, ma decisamente riconoscente.
Sì, Endou poteva essere una persona particolarmente strana. Ma Hiroto era felice di averlo introdotto nella vita di Midorikawa esattamente come quel personaggio era entrato nella sua.
 
Quando salutarono Endou e aspettarono che si allontanasse in auto, rimasero al di fuori del bar per un po’, in silenzio, stringendosi nelle loro sciarpe. Midorikawa non distolse lo sguardo dalla strada nemmeno quando Endou ebbe superato l’angolo. Finalmente, dopo attimi che ad Hiroto sembrarono interminabili, tornò a incrociare il suo sguardo. “Ti ringrazio per quello che stai facendo. Endou-kan sembra davvero una brava persona.”
Kira era pronto a rivolgergli la solita espressione che gli rivolgeva quando lo ringraziava per l’ennesima volta: modestia e, all’occorrenza, un po’ di imbarazzo. Ma prima che potesse aprire bocca Ryuuji lo anticipò. “Dico sul serio.”
Si ritrovò a osservarlo con molta più attenzione. Sembrava incredibilmente serio anche se la sua postura suggeriva un senso di rilassamento, forse dettato anche dalla stanchezza. Ancora non conosceva gli orari del suo part-time, ma ogni volta che si incontravano sembrava sempre più stanco di quella precedente. Eppure, anche quella sera, i suoi occhi neri e grandi lo stavano fissando con la stessa vitalità di sempre: Ryuuji era un uomo che era caduto e si era rialzato troppe volte perché potesse mollare.
E Hiroto si era sentito attratto da lui dal primo momento in cui l’aveva visto, forse perché lui stesso aveva mollato senza prima tentare.
Tossicchiò per nascondere l’imbarazzo, ma non parlò subito. Lasciò che il silenzio scivolasse tra di loro come una coperta di neve, mentre il freddo impregnava i loro vestiti pesanti.
“Io… credo di dover essere io a ringraziare te.”
Ryuuji si girò verso di lui completamente, interrogativo. L’orecchino tintinnò leggero a quel movimento e qualche ciocca di capelli avvolta nel berretto di lana iniziava già a sfuggire ribelle al suo controllo. La luce bianca dei lampioni faceva sembrare il colore della sua pelle più latteo di quanto non fosse.
“Non ci conosciamo,” mise subito le mani avanti, “ma credo di aver capito molte cose grazie a te.” confessò. “Vedi, io…”
Una macchina passò al loro fianco, assordando per un attimo i suoi pensieri. Si interruppe, cercando le parole giuste. Non ne sarebbe stato capace, già lo sapeva. “A me piace molto… osservare le persone.” tentò di dire, impacciato. Sul viso di Ryuuji si dipinse una smorfia confusa e divertita assieme, perciò Hiroto si affrettò a continuare: doveva cercare di lasciar parlare più il cuore e meno la testa, per una volta. “Non fraintendere, io…” Si bloccò. Quanto poteva essere difficile?
“Credo di capire.” lo incoraggiò Ryuuji con un sorriso. Era molto diverso da uno di quei sorrisi che rivolgeva a tutti al club: quello lì era solo per lui, e a Hiroto si strinse il cuore.
“Il fatto è… che non ho mai capito molte cose di me stesso, finché non ti ho incontrato…” riformulò, “ho sempre vissuto nell’ombra di molte persone per paura di essere quello che sono. E tu… tu mi hai fatto capire che… nessuno di noi è sbagliato. Perciò…”
Prese fiato. Non avrebbe potuto dirglielo, non così. Sarebbe sembrato strano, del tutto assurdo, oltre che sconveniente. E ad un tratto disse qualcosa che sul momento non ebbe senso nemmeno per lui. “Credo che domani sera offrirò da bere a una persona. E mi dichiarerò.”
Midorikawa sembrò molto colpito da quell’affermazione, e dal suo sguardo capì che si aspettava qualcosa di… diverso? Hiroto chiese se fosse possibile. “D-domani?” balbettò quasi, smarrito, e la sua espressione cambiò: ora più che sorpreso sembrava allarmato. “Cavolo, mi sono quasi dimenticato di dirtelo!”
“Dirmi cosa?” chiese Hiroto, ancora profondamente provato dallo sforzo.
Ryuuji si batté la mano sulla fronte. “Domani mi esibisco con tutte le Muse!”
Hiroto sbatté le palpebre per un attimo. “L-le Muse? Intendi… La band?”
“Sì!” esclamò. “Ci sarà sicuramente un sacco di gente. Mi dispiace così tanto…”
“Di cosa?” chiese Hiroto: non era sicuro di aver afferrato totalmente il filo del discorso. “Di cosa ti dispiace?”
Midorikawa gli prese le mani fra le sue e si inchinò con un gesto di scuse. “Ti auguro tanta fortuna, Hiroto-san. Probabilmente non sarà facile per te fare un gesto simile in mezzo a tante persone… Ma sappi che hai tutto il mio sostegno.”
Kira per un attimo rimase lì, imbambolato, aspettando che qualcosa succedesse. Davvero non si era reso conto delle sue intenzioni? Avrebbe dovuto essere un po’ più specifico? Probabilmente era stato troppo metaforico.
Con un gesto imbarazzato lo invitò ad alzare il capo e gli fece intendere che fosse tutto a posto. Beh, quasi. Non si era mai sentito più scombussolato in vita sua, e forse aveva bisogno di rientrare a casa. “Sono davvero curioso di vedere la vostra esibizione. In… in bocca al lupo!” riuscì a balbettare.

Modificato: 21/07/20
   
 
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