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Autore: S_Austen    26/10/2017    2 recensioni
Edward Cullen, ricco e sfrontato giovane borghese nella sfrenata Chicago degli anni '20 verrà irrimediabilmente travolto dal desiderio per Isabella, semplice operaia di fabbrica. Ma tra il carbone delle nuove macchine ed il metallo della fiorente metropoli, tra sfarzose feste da ballo e intrighi economici, Edward riuscirà a scorgere in Miss Swan il tesoro più prezioso: un tenero, innocente, orgoglioso, delicato, semplice, combattivo, leale, dolce, comprensivo, sensibile Cuore di donna.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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1 Novembre 1917

Pov Isabella

Tornai a casa al calar della sera, ancora infuriata per le parole di Mr Cullen.
Come si era permesso di impormi di non vedere più Mr Davis? E poi denigrarlo con quelle ingiurie così cattive e completamente immeritate.
Se prima ero insicura ora ero completamente certa: il signor Cullen era un uomo superbo, cattivo, volgare, cinico, presuntuoso e magari anche violento.
Che persona odiosa!
Mi aveva praticamente ordinato di non frequenta più un uomo amabile come il signor Davis.
Ma chi era lui per dire e fare ciò? Nient’altro che un superbo signorino ricco e viziato con la puzza sempre sotto al naso e che crede di avere tutto il mondo ai suoi piedi.
Non voglio nemmeno pensarci a quel farabutto!” sbuffai tra me e me imponendo al mio pensiero di non soffermarsi più sul signor Cullen e concentrarmi a preparare la cena.
Una volta a tavola, mentre mangiavamo tutti insieme la nostra zuppa a base di cavolo come ogni sera, Emmett e mia madre cominciarono a chiedermi come avevo passato il pomeriggio a casa degli Hemilton.
Mia madre era elettrizzata per questo evento, era convinta che la sera della festa dai King avessi debuttato e che d’ora in poi mi si prospettava un futuro nell’alta società.
Ovviamente ciò che lei si aspettava da me era che trovassi un buon partito da sposare con cui avrei arricchito tutta la famiglia e messo al mondo i suoi futuri nipoti.
Rabbrividii all’idea.
Dubitavo che tra quei palloni gonfiati imbellettati quali erano i borghesi (tranne rari casi, ovviamente) sarei riuscita a trovare l’uomo che avrebbe rappresentato per me il mio compagno e mi ripugnava l’idea di dover un giorno condividere la mia vita (e addirittura il letto) con un uomo che per me non rappresentava niente e soprattutto mettere al mondo dei bambini nati da un unione senza amore.
Non mi sembrava di chiedere tanto, solo amare ed essere amata dal mio compagno di vita.
Ripensai a un discorso fatto un pomeriggio con Edward in una delle stanze degli ospiti di Villa Cullen … ecco!
Il mio pensiero era tornato a lui!
– Allora Bella racconta, hai conosciuto qualcuno di nuovo dagli Hemilton? – mi chiese mia madre con evidente eccitazione.
– No, tutte le signore e i gentiluomini presenti avevo avuto il piacere di conoscerli la settimana scorsa al ricevimento. –
– E … tra i gentiluomini … c’è qualcuno in particolare che ti sta in simpatia? – mi chiese con finta indifferenza.
Persino Emmett, che per tutta la sera era stato concentrato sul suo piatto di zuppa, alzò lo sguardo lievemente ansioso.
Arrossi ma tenni lo sguardo basso sulla mia minestra – Si … si chiama James Davis … è un vero gentiluomo mamma, sono sicura che ti piacerebbe. –
– E che lavoro fa questo Mr Davis? –
– È nell’editoria. – risposi nella speranza che questa informazione soddisfacesse mia madre.
Ella storse il naso e seppi subito cosa stesse pensando: metteva a confronto il signor Davis col signor Cullen.
Fin dal giorno in cui lui l’aveva soccorsa era entrato nelle sue grazie e ormai non passava giorno in cui lei non mi chiedeva se lo avessi incontrato e come stava. Sapevo perfettamente che lei aveva delle preferenze nei suoi confronti e di certo, se era davanti alla scelta tra un editore e un imprenditore di buona famiglia, sceglieva, senza ombra di dubbio Edward.
– Qual è la sua rendita? –
– Mamma! ma che domande sono?! – la rimproverai.
– Ero solo curiosa … comunque quanto guadagna? – mi ripeté la domanda.
– Non lo so mamma. – dissi stizzita.
– Credo che devo conoscerlo questo signor Davis, e visto che ci sono anche il signor Cullen, l’ho visto solo di sfuggita … sembrano due buoni partiti. – soggiunse Emmett un po’ pensieroso.
Lo guardai basita rendendomi conto che era la prima volta che lo vedevo entrare nel suo ruolo di padrone di casa.
– Non sono in cerca di marito! – scattai, arrabbiata.
– Per l’amor del cielo, Isabella! Non dire certe sciocchezze! Certo che tu devi cercare marito! – esclamò mia madre.
– Ma nessuno di quei signori mi interessa. –
– Baggianate! Se non trovi interessante la persona pensa a quanto sono intriganti i suoi soldi! –
Boccheggiai – Ma … io non posso … –
– Certo che puoi! Anzi, devi! Ovviamente baderemo che tu possa sposare un giovane uomo amabile e rispettabile, ma la sua rendita è una cosa fondamentale. –
– Perché? Non mi hai mai fatto di questi discorsi prima d’ora. –
Mia madre sospirò con stanchezza poggiando i gomiti sul tavolo e passandosi le mani sugli occhi lividi.
Non avevo notato quanto fosse pallida ultimamente.
– Bella, tesoro mio… io mi sono sposata per amore… e guarda ora cos’ho da offrire ai miei figli: nessun padre che si prenda cura di loro, una madre malata che è solo un peso e una soffitta piena di muffa… – si guardò attorno nella piccola cucina dagli spogli muri bianchicci e scrostati, gli occhi pieni di una rassegnata malinconia, poi riportò lo sguardo su di me, dolce come non lo avevo mai visto – non è mai stata questa la vita che sognavo per voi, ma io non ho avuto altre possibilità, non ho avuto la fortuna di prendere parte ad importanti eventi sociali, non ho mai potuto conoscere persone di spicco… ma tu, tesoro mio, tu sei stata graziata dalla Signore, Lui ti ha dato la possibilità di cambiare il tuo destino, tu non dovrai accontentarti di sposare un semplice operaio che ti condannerà a questa stessa misera vita. –
Abbassai lo sguardo – E se a me non dispiacesse vivere così? Se volessi sposare un semplice operaio? – mormorai e quasi sperai che non mi sentisse.
– Non dire sciocchezze Bella! – mi liquidò mia madre con uno scocciato gesto della mano per poi tornare a mangiare la sua zuppa.
– Bella … – Emmett prese la parola, un po’ a disagio – Vedi, l’equilibrio economico della nostra famiglia è molto fragile. Per me è solo questione di tempo prima che… Ah al Diavolo! Speravo di potervene parlare in un momento migliore. – sbottò passandosi nervosamente una mano tra i capelli e guardandosi attorno agitato mentre io e mia madre lo guardavamo preoccupate e in attesa che parlasse. Lui prese un profondo respiro mantenendo lo sguardo sulle sue mani strette a pugno, ma la sua voce fu ferma – Ho intenzione di lasciare il lavoro in fabbrica per andare a Boston, stanno cercando macchinisti e manovali per le navi transatlantiche. Non ho più intenzione di restare a lavorare in quella fottutissima fabbrica e questa è la mia occasione per andarmene e vedere un po' il mondo… circa. Ed inoltre la paga è molto maggiore rispetto a quella che prendo adesso e la non avrò bisogno di pagarmi niente quindi tutti i soldi che guadagnerò li spedirò a voi. –
Nella stanza calò il silenzio interrotto solo dallo scalpiccio e dal vociare provenienti dagli appartamente vicini.
Poi mia madre si lasciò sfuggire un singulto e si lasciò andare indietro sulla sedia portandosi una mano al petto, lo sguardo sconvolto perso nel vuoto.
Sentii un freddo innaturale ghiacciarmi le ossa ed intirizzirmi le mani, sentii i miei occhi ginfiarsi e la testa pulsare mentre tentavo di mandar giù un nodo amaro che mi si era bloccato in gola.
– Qundo partirai? – mormorai tentando di mantenere un po' di contegno nella voce, ma non fui molto brava.
– Non lo so ancora… presto, spero. – rispose mio fratello sempre con lo sguardo basso.
– Te ne vai… mi stai lasciando… – ansimò sconvolta mia madre.
Emmet alzò di scatto il capo per guardarla dritta in volto ansioso.
– No mamma, non ti sto lasciando, non sto lasciando ne te ne Isabella, solo… volglio farmi una nuova vita e potermi comunque prendere cura di voi e quasta è un’ottima soluzione. – allingò la mano afferrando quella bianchissima di Renèe – Prima o poi comunque me ne andrò di casa per costruirmi una mia vita, sono un uomo adulto ormai ed è ora che cominci a prendere la mia strada, ma non posso neanche abbandonare te e mia sorella da sole, so che è una scelta difficile ma così facendo posso garantire una vita migliore a tutti. Pensaci mamma, lo so che sarai d’accordo con me. –
Nostra madre chiuse gli occhi qualche istante stringendo in uno moto di disperato amore la mano di Emmet.
Poi riaprì gli occhi che sembravano ancora più stanchi e provati di poco prima e senza dire una parola annuì.
– Hai sentito tuo fratello? Perciò ora è ancor più ugente che tu ti ammogli con un buon partito. – abbaiò mia madre verso di me che ero stata fino a quel momento in silenzio, ammutolita – due donne sole è assolutamente fuori luogo – borbottò fra se abbassando per un’istante gli occhi, poi li riportò nei miei fiammegginati di collera trattenuta e di una ferrea decisione – è il momento che anche tu faccia il tuo dovere e guadagnati il pane come meglio puoi. –
– Ma mamma… – tentai mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime.
– Nessun “ma”, non voglio essere contraddetta su questa questione, ormai è deciso! –
– Io non voglio sposare nessuno di quei palloni gonfiati che la gente chiama “gentiluomini”! … voglio solo che voi non mi costringiate a sposarmi con un uomo che non amo. –
– Figlia ingrata! Noi facciamo di tutto per assicurarle un futuro felice, guarda cosa è disposto a fare tuo fratello per te! E tu come lo ripaghi? Disubbidendo! – urlò con cosi tanta foga che all’improvviso venne scossa da forti conati facendola accasciare a terra, sputando sangue.
Io ed Emmett corremmo subito a soccorrerla e quando finalmente la tosse finì e la ripulimmo dal sangue che le aveva sporcato il vestito e la bocca e la facemmo sedere di fronte al camino.
– Smettila con questi sciocchi capricci Isabella! Non ne posso più di te e delle tue insensate frivolezze, vai in camera tua senza mangiare! – mi ordinò ansante, mentre riprendeva fiato.
– Va bene. – sussurrai e mi diressi nella mia stanza che condividevo con mia madre.
Mi misi la camicia da notte, mi coricai e nel buio e silenzio della stanza iniziai a piangere.
Rimuginai per ore su ciò che mi avevano detto Emmett e mia madre.
Sembrava che per loro io fossi solo un peso ed ora volevano sfruttare la mia situazione per facilitarsi la vita senza badare ai miei sentimenti.
Ed ora pure mio fratello ci lasciava a noi stessi in cerca di una vita migliore in mezzo all’Oceano.
Mi sentivo così tremendamente sola, io contro la mia famiglia, contre lo convinzioni sociali e, in fondo, anche contro me stessa.
Perché per quanto mi ribellassi alla ripugnante idea di una vita passata al fianco di un uomo che non amavo permettendogli di starmi accanto e toccarmi, i sensi di colpa nei confronti della mia famiglia si facevano strada nel mio animo in tumulto.
Mi immaginai sposata con il figlio degli Yorkie, o magari col giovane vedovo signor Dawson, o forse col signor Jones che sebbene avesse la sua età non era ancora sposato e ciò poteva far sorgere dei dubbi sul perché nessuna donna lo avesse mai accettato.
Rabbrividii.
No, mia madre avrebbe sicuramente fatto di tutto perché io andassi a nozze col signor Cullen, ne ero certa.
L’idea era raccapricciante.
Non solo avrei dovuto sposarmi con un uomo che non amavo ma che odiavo persino. E con questi tetri pensieri passai le ore struggendomi fino a quando il buoi non mi accolse nel caldo e rassicurante abbraccio dell’incoscienza.


Pov Alice

Mi strinsi più forte nel cappotto rabbrividendo.
Non era stata una buona idea indossare l’abito verde smeraldo prima di uscire.
Certo, era un completo stupendo che metteva in risalto alla perfezione la mia carnagione chiara ed i miei capelli scuri, ma quella camicetta leggera in quel momento mi stava facendo patire le pene dell’inferno.
I signori Cullen mi avevano dato l’intera giornata libera e me l’ero goduta passeggiando col mio abito migliore ammirando le vetrine dei negozzi nei quartieri alti, ma ormai il sole stava calando e le strade cominciavano ad essere illuminate dai lampioni a gas.
Guardavo le coppie passeggiare per la strada parlando concitatamente fra loro, un gruppo di ragazze camminare a passo di marcia e tutte strette fra loro mentre parlavano e ridacchiavano di chi sa quale pettegolezzo, una combricola di studenti universitari passò sfrecciando su un’auto mobile ricolma di persone che quasi mi chiesi come facessero a non cadere giù dalla vettura.
Amavo quel momento della sera: quel momento in cui tutto pareva spegnersi, i pudore si metteva a dormire e la giovetù si svegliava.
C’era della musica in lontananza, una tromba suonava ad un ritmo sfrenato sulle note di un movimentato pezzo jazz e più mi avvicinavo all’angolo della strada da cui proveniva quella musica coinvolgente e più i suoni si moltiplicavano: chiacchere, risate, tintinnare di calici e bottiglie che venivano stappate.
Svoltai l’angolo incuriosita e vidi in fondo ad una via laterale una villetta in stile moderno piena di luci, colori, persone e manifesti, un musicista di colore suonava la sua tromba come se fosse la sua unica ragione di vita sul grande balcone del primo piano mentre le persone, tutte troppo eleganti e dall'aria troppo eccentrica ed intellettuale per essere li solo per una festa.
Mi avvicinai ad uno dei tanti manifesti appesi lungo la via che riportava scritto a grandi lettere rosse “THE GREAT SHOW OF ART DECÒ by the artist JAZZ”.
Una mostra d’arte. Mi voltai verso la villetta affollata e timorosa cominciai ad avvicinarmi.
Al mio passaggio gli eleganti ospiti dlla mostra mi ignoravano preferendo conversare di astratti pensieri filosofici e nuovi movimenti artistici, tutte cose di cui io non ne capivo niente.
Mi accostai alle pareti potendo così finalmente ammirare le opere esposte, trovandomi difronte ad un nudo femminile dalla bellezza struggente. Le donna ritratta coi lunghi boccoli dorati ad incorniciare un volto diafano ti guardava con un’angoscia così profonda nello sguardo da toglierti il fiato, le sue mani affusolate che raccoglievano al petto nudo un panno bianco, in un gesto di pudore ma che racchiudeva in se una potente carica erotica mentre col volto leggermente inclinato all’indietro sembrava invitarti a giacere con lei ma con la consapevolezza che ciò ti avrebbe risucchiato nello stesso dolore che lei portava nei suoi profondi occhi blu.
E così molti altri dipinti, la maggiorparte erano donne, spesso nude e dallo sguardo tormentato ti esprimevano un misto tra desiderio e paura.
Una voce squillante e sbarazzina mi destò dai miei pensieri.
– Hai l’aria sperduta. –
Mi voltai con un sussulto verso la giovane donna dai capelli chiari e gli occhi un po' troppo distanti ma anche inquietantemente attenti che si era rivolta a me.
– Oh salve! Ero incantata dai dipinti. – dissi sorridendo.
– Ti piacciono? A me lasciano un po' perplessa sono così… – fece una pausa alzando gli occhi al soffitto e lasciando divagare la mano che reggeva un calice di scotch – irrequieti, agitati, nervosi, smaniosi, turbati. – concluse infine soddisfatta 
– Probabilmente era esattamente quello che provava l’artista mentre dipingeva. –
– Oh e io che ne so? Puoi chiederlo a lui se vuoi, ci sta parlando in questo momento il mio accompagnatore. – si voltò verso un angolo della sala – Scott! Ehi Scott porta qui Jazz! –
Tra la folla si fece largo un uomo allampanato e dai tratti spigolosi seguito a ruota da un altro uomo che conoscevo fin troppo bene.
Vestito in abiti eleganti come non lo avevo mai visto, i capelli color dell’oro troppo lunghi per essere di moda tirati all’indietro con la cera, gli occhi azzurri gioiosi e un po' annebbiati per qualche bicchiere di troppo.
Lo avrei riconosciuto ovunque.
Quel bambino che un tempo mi faceva i dispetti in compagnia di Edward nascondendomi le bambole o mostrandomi gli insetti, quel ragazzo che passava i pomeriggi in compagnia del signor Cullen anche una volta diventati grandi e che crescendo aveva abbandonato il suo modo canzoniero di chiamarmi per nome per rivolgersi a me in un formale “Miss Brandon”, quel giovane uomo che qualche anno prima lo avevo visto venire a congedarsi dai Cullen in divisa militare pronto per partire per il fronte europeo, quello stesso uomo che era tornato dalla guerra totalmente cambiato, più silenzioso, più riflessivo e misterioso di quando era partito.
Mr Hale lo avrei riconosciuto ovunque.
– Ecco signorina… aspetta, come ti chiami tesoro? … – fece la giovane donna voltandosi verso di me corrucciata.
Ma non feci in tempo a rispondere che una voce stranita rispose per me – Miss Brandon… –
Alzai gli occhi su quelli azzurri e un po' vacui dall’uomo difronte a me.
– Mr Hale siete anche voi qui sta sera. – provai a sorridere.
– Ma allora lo conosci già l’artista! – esclamò la ragazza che ci osservava scettica ed io sussultai alle sue parole – Potevi dirlo prima… oh ma che toni formali che usate! Jazz questa è tua amica? –
– Zelda, tesoro, non t’immischiare negli affari degli altri! – la rimproverò bonariamente l’uomo dai tratti spigolosi.
– Oh ma sta’ zitto Scott, tu non fai altro che immischiarti nella vita degli altri! – disse l’altra alzando gli occhi al cielo infastidita e così dicendo si voltò scomparendo tra la folla e lasciando li impalato Scott che fissava il vuoto quasi incantato per poi ricomporsi e rivolgersi a Mr Hale con una leggera punta d’imbarazzo, ma egli fu più veloce di lui nel parlare – Va a recuperarla Fitzgerald, quella donna è una mina vagante. – disse ridacchiando e Mr Scott Fitzgerald fece un gran sorriso per poi dileguarsi tra la folla dietro alla sua accompagnatrice.
Rimasi immobile a fissare Mr Hale mentre egli, con lo sguardo ancora rivolto al punto in cui i due eccentrici signori se ne erano appena andati, prendeva un gran respiro prima di voltarsi verso di me con un sorriso tirato e uno sguardo ansioso.
– È… una bella serata… – tentai sorridendo e inclinando il capo.
Lui continuava a fissarmi basito, come se fossi un’apparizione, poi parve riprendersi e schiarendosi la volce disse: – Si… già… proprio una bella serata… è una bella serata non trova anche lei Miss Brandon? – balbettò arrossendo.
Trattenni una risata davanti al suo impaccio – Può smetterla di chiamarmi Miss Brandon, non crede, almeno per questa sera? I suoi amici la chiamano per nome, no? –
– Si… ha ragione… il mio amico Fitzgerald e… Zelda… si loro… loro mi chiamano Jazz o Jasper… o Hale se preferisce… o magari Mr Jasper… o Mr Jazz… no no Mr Jazz sembra strano… – parve bloccarsi qualche istante ormai senza fiato per aver detto tutto senza nemmeno un respiro poi butto fuori dai polmoni tutta l’aria lasciando cadere le spalle rigide e chinando il capo, imbarazzato – mi chiami come prefesce Miss Bran… cioè… Alice. – e mi rivolse un timido sorriso.
– Jazz … – dissi gustandomi il suono di quel nome e più ci pensavo e più mi rendevo conto che gli si addiceva quel nomignolo al suo aspetto così eccentrico, mondano eppure insolito. – Jazz. Mi piace come suona. –
– Allora… come mai sei qui Alice? – disse in un finto tono distratto, grattandosi la nuca mentre faceva vagare lo sguardo.
– Oh è stato un caso, passavo di qui e ho sentito la musica. –
– Eh si Freddy è un gran musicista… –
Ne seguì un imbarazzato silenzio. – Quindi… è lei l’artista? Il Jazz del manifesto? –
– Oh io… io si… sono io… –
Mi voltai verso i dipinti alle mie spalle – Incredibile. Non sapevo che sapeste disegnare! –
– Prima della guerra non lo sapevo nemmeno io … – mormorò, lo sguardo turbato e distante in ricordi forse troppo cruenti per essere rivissuti.
– Chi sono queste donne? – provai a chiedere nella speranza di distrarlo dalle sue oscure memorie.
Lui si riscosse d’improvviso e resosi conto della mia domanda arrossì furiosamente – L-loro sono signore… e signorine… ehm molto disponibili… si… disponibili diciamo… –
Non ero una sciocca, sapevo cosa volesse intendere e cosa significasse quel suo mortale imbarazzo ed avvampai a mia volta guardando altrove fingendomi indifferente – Sono state molto gentili a posare per lei… –
Mr Hale arrossì ancora di più se possibile – Si… molto gentili… già… gentili e disponibili… –
Rimanemmo in silenzio guardando altrove nel più totale imbarazzo, poi lo vidi prendere fiato e torturandosi le mani rialzò lo sguardo su di me.
– Mi… mi stavo chiedendo se voleste venire a vedere il mio studio un giorno… sa, dove dipingo… –
Lo guardai attonita, totalmente impreparata alla sua proposta ed egli vedendo la mia titubanza sbiancò e si affrettò ad aggiungere: – Ma se la trovate una cosa stupida lasciate stare, non voglio farle perdere tempo per … –
– Verrò! –
Mr Hale alzò di scatto il capo puntando i suoi occhi cerulei nei miei – Come avete detto, Miss Brandon? – chiese con un filo di voce e mi parve di distinguere nel suo tono e nel suo sguardo limpido una lievissima scintilla speranzosa.
Sorrisi divertita – Ho detto che verrò molto volentieri, se per lei non è un disturbo. –
Lui scosse in fretta il capo, il suo bel viso si apriva in un sorriso grato.
Intanto mi risestemai il giacchetto e misi bene la borsetta sotto al braccio voltandomi verso l’uscita.
– Comunque, mi chiami Alice. – gli feci un’occhiolino giocoso prima di voltarmi ed uscira da quella bizzara casa in festa, lasciando Mr Hale impalato a fissarmi.
Jazz .



Ok ok ok... finalmente ce l'ho fatta ad aggiornare! questa è stata una settimana super impegnata che proprio non ho trovato il tempo per postare il niovo capitolo? allora che ne pensate? La nostra Bella sta cedendo ai sensi di colpa o no? E povera Renèe provo così tanta pena per lei sebbene abbia un comportamento duro con la figlia.
Che ne dite del Pov Alice?? è stato un piccolo esperimento, nella stesura originale non c'era e l'ho aggiunto un po' all'ultimo! Spero che vi sia piaciuto :D e avete indovinato chi sono i due amici di Jasper?? Sono Scott e Zelda Fitzgerald (in realtà in quel periodo non si trovavano a Chicago ma diciamo che mi sono presa una piccola licenza narrativa) una delle più famose coppie che hanno fatto la cultura artistica, filosofica e letteraria del XX secolo americano, nel 1917 i due si erano appena conosciuti e avevano cominciato a frequentarsi e nel 1920 si sposarono ed ebbero una figlia. adoro questi due personaggi anche se non ho in programma di farli apparire ancora nella storia), erano il simbolo della nuova generazione americana, la loro vita fu sfrenata e piena di eccessi e svaghi. Insomma, loro si che si sapevano divertire! 
Spero tanto che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto e vi prometto che nel prossimo ci sarà una sorpresa ;) Recensite in tante che sono sempre felicissima quando mi scrivete e mi invogliate a scrivere sempre di più!
Bacioni
S.

  
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