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Autore: NPC_Stories    26/10/2017    0 recensioni
Sono un ranger elfo dei boschi della foresta di Sarenestar, o foresta di Mir come la chiamano gli umani. Il mio nome è Johlariel, per gli amici Johel.
Sì, ho degli amici.
Sì, per davvero, anche se sono un elfo, quelle voci che girano sul nostro conto sono solo calunnie. In realtà sono un tipo simpatico e alla mano.
Questa storia è una raccolta di racconti, alcuni brevi altri lunghi e divisi in più parti, che narrano dei periodi in cui ho viaggiato per il mondo insieme a un mio amico un po' particolare. Per proteggere la sua privacy lo chiamerò Spirito Agrifoglio (in lingua comune Holly Ghost, per comodità solo Holly). Abbiamo vissuto molte splendide avventure che ci hanno portato a crescere nel carattere e nelle abilità, e che a volte hanno perfino messo alla prova il nostro legame.
...
Ehi, siamo solo amici. Sul serio. Già mi immagino stuoli di ammiratrici che immaginano cose, ma siamo solo amici. In realtà io punto a sua sorella, ma che resti fra noi.
.
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Nota: OC. A volte compariranno personaggi esistenti nei libri o nella wiki, ma non famosi.
Luglio 2018 *edit* di stile nel primo capitolo, ho notato che era troppo impersonale.
Genere: Avventura, Fantasy, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1317 DR: Epilogo (Parte 8), ovvero Quando tua nonna morta ti sblocca l’archetipo “damigella in difficoltà”


Eravamo riusciti a mettere insieme un bel gruppetto anche per questa seconda missione: eravamo io, Holly, il Wulf, Linomer (lui stavolta, non il suo simulacro) e Karasel, che era tornata per l’occasione.
Io ed Holly eravamo molto lieti di vederla e di avere ancora la sua compagnia (anche se Holly non l’avrebbe ammesso perché sostiene di non sopportare i bardi); inoltre se lei fosse riuscita a rimanere a lungo nel dungeon, sarebbe stata la prova che la fonte principale del male che lo infestava era stata rimossa.

Tornammo al Bosco del Crepuscolo. Lo sciamano annusò l’aria, assaggiò la terra, la sputò, e ci disse che secondo lui “puzzava come una latrina che straborda”. Certo, la fonte del male era stata rimossa, ma l’area non era stata purificata. Come aveva detto Linomer: la terra da sola ci avrebbe messo secoli a purificare la zona.
Tuttavia non incontrammo altri vegetali corrotti, e gli animali si comportavano normalmente. I briganti non erano tornati (sempre che qualcuno fosse sopravvissuto) e la foresta appariva normale.
Impiegammo un giorno di cammino per ritrovare il punto della scogliera in cui ci eravamo calati giù la volta precedente. Montammo il campo e decidemmo di comune accordo di lasciarlo lì in pianta stabile, se nei giorni a venire avessimo avuto bisogno di uscire e rientrare. Quella sera Karasel ci allietò con la sua musica celestiale, rinfrancandoci il morale. Holly la guardò storto per tutto il tempo, ma la lillend non si lasciò scoraggiare.
Il giorno dopo ci calammo lungo la costa rocciosa grazie a un incantesimo di Linomer che ci fece cadere lentamente come se fossimo stati piume. Non era una sensazione sgradevole, ma essere in balia del vento poteva essere pericoloso e portarci fuori rotta facilmente.
O almeno, a me è quasi successo. Per fortuna Holly mi acchiappò in tempo.
“Devi tenerti vicino alla parete di roccia!” Mi rimproverò, tenendomi per un polso e mantenendo la presa su una roccia sporgente con l’altra mano. “Non te lo avevo già detto? Quando la parete si discosta perché ha una rientranza, devi afferrare qualsiasi sporgenza e tenerti più vicino.”
“Oh, scusami tanto se non sono un esperto di levitazione!” Sbuffai.
Holly mi guardò con quell’espressione piatta che fa quando aiuta qualcuno e quel qualcuno si lamenta pure. Mi lasciò andare.
Avrei dovuto aspettarmelo, ma andai alla deriva per un paio di metri prima di riuscire ad aggrapparmi di nuovo alla parete rocciosa. Bastardo.

Una volta giù indossammo gli amuleti per poter oltrepassare la barriera. Holly preferì andare per primo mentre io distraevo Linomer; non volevamo ripetere l’esperienza già vissuta con il simulacro, e se il simulacro aveva qualcosa come Visione del Vero permanente negli occhi probabilmente ce l’aveva anche il vero Linomer; non era il caso che Holly si facesse vedere senza la protezione della spilla che lo scherma da qualunque divinazione diretta.
Camminammo per ore, senza trovare ostacoli ad eccezione della naturale difficoltà del camminare sui cristalli. Non ne avevo sentito la mancanza, così come non mi era mancata la sensazione di claustrofobia dello stare in un dungeon.
Holly ci guidava apparentemente senza difficoltà, nonostante i molteplici bivi. Io non mi ricordavo assolutamente che strada avessimo fatto mesi fa, anche perché spesso eravamo andati alla cieca tornando sui nostri passi, però lui sosteneva di aver lasciato delle tracce (per me invisibili) per ritrovare la strada.
Trovammo il luogo in cui avevamo abbattuto i necroelementali e i loro corpi erano ancora lì; non si erano risvegliati. L’assenza di contatto con il Piano dell’Energia Negativa, e la scarsità di non morti nel dungeon a cui risucchiare l’essenza, avevano impedito a quei mostri di rianimarsi. Era strano il pensiero che le loro coscienze fossero ancora intrappolate lì, anche se non avevano l’energia per tornare a muoversi.
“Cosa pensi che accadrà ai necroelementali quando romperemo la barriera?” domandai a Linomer. “Pensi che anche i loro spiriti saranno liberi di tornare al Piano della Terra?”
Linomer scosse la testa dubbioso. “Onestamente non lo so. Solitamente quando si abbatte una creatura non morta, la sua anima torna libera di proseguire verso l’Aldilà, ma non so come funzioni per le creature come gli Elementali o gli Esterni, che in teoria non dovrebbero affatto diventare non morti. Delle due l’una: o i loro spiriti torneranno al Piano della Terra riformandosi come normali elementali, oppure avranno accesso al Piano dell’Energia Negativa e si riformeranno qui come necroelementali.
Immagino che lo scopriremo a cose fatte.”
“Queste creature meritano di andare in pace.” Interloquì lo sciamano. “Se torneranno come necroelementali, dovremo farli a pezzi e poi guiderò i loro spiriti verso la loro casa.”
Bene, di sicuro ero d’accordo con lui, ma ormai un po’ mi dava sui nervi il suo atteggiamento da armiamoci e partite. Sapevo benissimo che con dovremo farli a pezzi intendeva voi dovrete farli a pezzi. Ma vabbè, era un vecchio, non pretendevo davvero che combattesse.

Al termine di una lunga giornata di cammino, osteggiato dalla difficoltà del terreno e dalla necessità di trasportare di peso il Wulf nei tratti più ostici, arrivammo nella sorta di casa in cui avevamo combattuto contro gli ottaedri elettrici volanti. I congegni erano ancora a terra in pezzi, a quanto pare necessitavano di riparazioni a mano, non si sarebbero aggiustati da soli. Meno male.
In quella specie di stanza l’altra volta avevamo anche intravisto, oltre una sottile parete di roccia ormai completamente trasformata in cristallo, degli oggetti magici che però non emanavano aure malvagie. Forse ora era il momento di vedere che cos’erano; non avevamo più tutta la fretta della volta scorsa e non avevamo timore di attirare cose strane.
Linomer congelò l’intera parete di cristalli e poi ci consigliò di tapparci le orecchie. Scagliò contro a quella parete una bomba di energia sonora. Il solo spostamento d’aria spezzò la parete che nascondeva gli oggetti magici, il suono che pervase tutta la stanza per un momento fece vibrare e tremare tutti i quarzi. Qualche altro cristallo sulle pareti e sul soffitto si crepò, ma niente di più.
Nello sgabuzzino che avevamo aperto così brutalmente trovammo degli elmi di metallo. Avevano una foggia piuttosto buffa, forse la moda dell’epoca. Ci accampammo in quella stanza visto che eravamo tutti stanchi (stendendo molti strati di pellicce e mantelli per terra, perché il suolo di quel dungeon era sempre particolarmente scomodo), e Linomer si prese alcune ore per identificare quegli oggetti. Intanto io e Holly ci stavamo interrogando su come superare la stanza dei cerebrilith, che sapevamo attenderci poco oltre, visto che ormai il trucco di Holly non avrebbe più funzionato.

“Problema risolto!” Ci annunciò Linomer, quando ci svegliammo dal nostro sonno poche ore dopo. “Questi elmi probabilmente appartenevano ai proprietari di questa... casa, o qualunque cosa fosse. Servono a schermare i pensieri. Con questi, potremmo passare in mezzo ai cerebrilith e loro ci scambierebbero per costrutti o altre creature senza mente. Non li sveglieremo. La magia di questi elmi interromperebbe anche qualsiasi legame telepatico fra di noi, di natura magica o psionica, e a giudicare dalla loro forma, azzardo che comprometteranno anche il nostro udito... ma è un piccolo prezzo da pagare.”
Di comune accordo, lasciammo che Linomer riposasse per alcune ore, dopotutto anche lo sciamano stava ancora dormendo come un sasso.

Il giorno dopo oltrepassammo la stanza dei cerebrilith. Holly insisté per andare per primo, per testare il funzionamento degli elmi. Ormai era un essere vivente quindi se l’elmo non avesse funzionato lui sarebbe stato alla mercé dei cerebrilith tanto quanto noi, ma avendoli già combattuti in passato aveva almeno il vantaggio tattico di sapere come agivano.
Ovviamente sarebbe morto comunque, a meno che non fosse riuscito a tornare indietro di corsa.
Ma, per fortuna, il suo elmo funzionò come Linomer aveva predetto. E così anche i nostri.

Lasciammo gli elmi fuori dalla stanza dei cerebrilith; al momento sarebbero stati solo un peso inutile da trasportare.
Il nostro viaggio proseguì senza interruzioni, o meglio con pochi ostacoli. Alcuni demoni minori cercarono di attaccarci, ma Linomer li brasò prima che potessero avvicinarsi. Era un mago davvero in gamba, forse come Yalathanil, difficile a dirsi per un profano come me.
Alla fine del secondo giorno, grazie ai segnali lasciati da Holly, riuscimmo a tornare all’ingresso del “castello” della Regina della polvere. Man mano che ci avvicinavamo, il nostro sciamano aveva preso a guardarsi intorno sempre più spesso, come se stesse vedendo qualcosa che noi non riuscivamo a vedere. Il mago mi svelò l’arcano sussurrandomi all’orecchio che eravamo circondati dagli spiriti dei morti, che ci guardavano dal Piano Etereo. Non so se lo sciamano riuscisse a vederli o se li percepisse soltanto, ma di sicuro era consapevole della loro presenza.
“Sei sicuro che possiamo entrare senza rischiare la vita?” Domandai a Holly per l’ennesima volta. “I suoi fantasmi l’avranno già avvertita del nostro arrivo.”
“Johel, le ho promesso che sarei tornato e avrei cercato un modo per liberarla. Dal dungeon e dalla maledizione del suo sangue. Lei si aspetta il nostro arrivo.”
“Sì ma...” esitai, con il cuore in gola ora che si era arrivati al confronto finale. “Se le soluzioni che possiamo proporle non incontrassero il suo gusto?”
Holly sospirò con fastidio.
“Noi siamo qui per proporle la soluzione del Wulf, qualunque sia, e per quel che ne sappiamo è l’unica soluzione. Lo so che le femmine degli elfi scuri non sono famose per il loro spirito di adattabilità e di compromesso, ma faremo del nostro meglio e lei è consapevole di avere poche scelte. Non parlare con lei, vuoi? Lascia parlare me.”
“Oh dèi... sei qui per salvarla. Come se fosse una maledetta damigella in difficoltà.”
Holly si girò verso di me e mi guardò malissimo.
“Certo, per te non è una persona da salvare, perché nel corso della sua vita tipo ventimila anni fa ha fatto delle cose malvagie, ha commissionato omicidi, e tutto il resto. Non riesci a capire che non conosceva nessun altro stile di vita? Non puoi essere mentalmente sana con una divinità malvagia che ti parla nella mente e ti indossa come un guanto!”
“Sì, questo lo capisco, ma...”
Ma? Ma cosa?” Insistette Holly.
“Ma una scelta ci deve essere! Lei aveva iniziato a capire che la sua condizione non era sana...”
“Ed è già un miracolo che avesse iniziato a capirlo.” Mi fermò Holly.
Stavamo parlando in elfico, una lingua che il Wulf non capiva ma sicuramente Linomer sì, forse anche Karasel. Però anche se si erano accorti che stavamo discutendo, ci stavano vistosamente ignorando per lasciarci un po’ di privacy.
“Lo sai perché non sopporto i bardi?” Mi domandò Holly di punto in bianco.
“No, diamine, non lo so, e non vedo cosa c’entri adesso!” Sbottai, cominciando ad irritarmi.
“E lo sai perché canticchio quando sono sovrappensiero? Sì, lo so che di solito nego tutto, ma lo faccio.”
“Dopo questa magnanima ammissione mi immagino che tu stia per rivelarmi il perché.” Risposi in tono amaro. A volte mi dà fastidio il modo in cui Holly pensa che ogni dettaglio del suo comportamento sia così importante, come se...
“Perché la sento nella mia mente. La musica. Ogni fottuto momento della mia vita, anche quando sono morto, sempre, tranne in questo dungeon grazie a questa cavolo di barriera; tutto il tempo sento un ghirighirighiri del cazzo nella mia testa e non c’è un cazzo di modo per farlo smettere! Alla mia dea piace la musica e quindi io vivo come se il mio vicino di casa avesse un’orchestra in camera e ci separasse solo una parete di legno e terra battuta.” Mi rovesciò addosso un fiume di parole, lasciandomi basito. Oh. Forse era importante. “Se provo ad ascoltarla per bene diventa incomprensibile ed è ancora più frustrante, ma se la mia mente vaga allora la sento più forte, come quando mi sveglio e quando cerco di dormire, o se faccio la reverie. Ogni volta che devo concentrarmi su un concetto difficile ho questa roba in sottofondo che mi dà fastidio, ormai ho la capacità di concentrazione di un monaco che sta seduto su una picca, a forza di sforzarmi per ignorare queste melodie che mi girano in testa. E so che la mia dea non lo sta facendo apposta, questo legame esiste indipendentemente dalla sua volontà. Ora, la mia condizione è tutto sommato piacevole, la mia dea ha un cuore buono e rispetta la comune decenza quindi evita di usare la mia mente come un parco giochi; ma se provo anche solo a immaginare come debba essere vivere con la voce di una divinità malvagia nella mente, stare a contatto con i suoi più oscuri pensieri e desideri... francamente ringrazio ogni giorno per aver avuto un totale disinteresse alla vita religiosa prima di conoscere Lei, e non me la sento di colpevolizzare chi invece non ha avuto scelta. Nenshalee Yril’Lysaer è stata educata fin dalla nascita a diventare una sacerdotessa di Lolth.”
Dopo questo, non trovai più nulla da obiettare.
Rimasi in silenzio per un po’, riflettendo su quello che mi aveva detto e ascoltando con mezzo orecchio mentre Holly e il Wulf parlavano di come approcciare la Regina e intavolare un discorso. Ci sarebbero stati problemi linguistici perché lei non parlava certamente il Comune, una lingua sviluppatasi ben dopo l’inizio della sua prigionia, ma Linomer forse aveva preparato l’incantesimo giusto.
Rimasi in disparte mentre parlavano, e alla fine mi avvicinai a Holly mentre gli altri si adoperavano per aprire il portone.
“A volte non capisco le tue ragioni perché le tue esperienze passate sono molto diverse dalle mie.” Cominciai, per gettare un ponte di riconciliazione.
“Lo so. Non sono arrabbiato. Io sarò sempre un po’ alieno per te, ma è perché ci sono dei lati di me che non desidero mostrare.”
Annuii, accettando la sua spiegazione. Ognuno ha il diritto di mantenere privati certi suoi pensieri.
“Solo, non pensavo... insomma, diciannovemila anni. Anche per noi elfi, sono tipo... fra le cinquanta e le trecento generazioni, a seconda dell’età a cui una madre concepisce. Come è possibile che il sangue sia ancora così forte? Come ha fatto, la tua famiglia?”
Holly sospirò e scrollò le spalle. “Non ho mai conosciuto la famiglia in cui sono nato. Però posso dirti ciò che ho capito spulciando l’archivio genealogico che copriva circa gli ultimi cinquemila anni... principalmente incroci fra cugini e poliandria, più un certo carico di incantesimi preventivi per mantenere basso il rischio di difetti ereditari.”
“A parte la maledizione?”
Holly rise, sconfortato.
“Per motivi a me incomprensibili, non era ritenuta un difetto.”

Le rovine del castello della Regina erano come le ricordavamo: vuote e pervase da un’atmosfera stantia e pesante. Meno malvagia dell’ultima volta, però; la torre dell’arcimago non era lontana dal castello, e l’assenza della perla di Ka’Narlist si faceva sentire.
Nenshalee Yril’Lysaer era sul suo trono e come l’altra volta se ne stava in una posizione molto poco regale. Questa volta era sdraiata per traverso, poggiando la schiena contro un bracciolo e le gambe sull’altro bracciolo. Mi colse all’improvviso il pensiero che il trono dovesse essere molto grande oppure lei molto bassa, l’altra volta non ci avevo fatto caso.
Stava sfogliando un libro, una copia economica ed esteticamente insipida di una collezione di antiche poesie elfiche; lo riconobbi come un libro che Holly aveva acquistato a Derlusk poco prima della missione precedente, dicendo che intendeva studiarle e comporre delle versioni parodistiche. A quanto pare invece lo aveva prestato alla regina lich.
“Questo libro è bellissimo.” La signora ci accolse con queste parole, girando un’altra pagina. “Dice così tante cose sugli elfi chiari e sulla loro cultura, che sembra quasi di leggere la loro anima. Meriterebbe di essere scritto da un amanuense esperto, con inchiostro di sangue di elfo, e rilegato in pelle di elfo. Questo gli renderebbe giustizia.” Lo disse in tono rapito, serissimo, senza alcuna malizia.
Gli dèi benedicano le edizioni economiche ed esteticamente insipide.
“Mia Signora, questo è il tipo di idea che tende ad indisporre gli elfi.” Commentò Holly. “Sono persone, sapete.”
La Regina della polvere si voltò a guardarlo, con un’espressione sorpresa e perfettamente innocente.
“Intendeva essere un complimento alla loro razza e alla loro cultura.” Spiegò.
“Io... lo capisco, Signora, ma per quanto divenire parte di un’opera d’arte possa essere lusinghiero, molte persone preferirebbero conservare la propria vita. Immagino che un concetto simile sia sempre stato estraneo all’educazione e alla cultura del popolo degli elfi scuri, ma anche una vita può essere un’opera d’arte.” Rispose Holly. Un punto di vista davvero interessante nel suo essere inquietante.
L’antica regina lich corrugò la fronte in una smorfia quasi graziosa.
“Non comprendo, ma la moralità deve essere cambiata molto in questi millenni. Ti ringrazio per la tua esposizione. Io desidero tornare nel mondo, sempre che possa farlo libera dai legami del mio sangue, e se tornerò nel mondo immagino che dovrò imparare gli usi e i costumi di oggi.”
“Sicuramente.” Convenne Holly. “Forse è il momento di parlare seriamente delle possibilità che voi e i vostri sudditi avete, nella situazione attuale. Ho portato con me alcune persone esperte di anime, religioni, e di tutto quello che concerne la morte e la vita.”
L’elfa scura si sedette più composta sul suo trono e chiuse il libro.
“Benissimo, allora. Sono disposta ad ascoltare.”

           

   
 
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