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Autore: Alison92    26/10/2017    0 recensioni
Susan Winter, ventitreenne dal travagliato passato e da un presente senza attrattive, viene lasciata in tronco dal suo fidanzato Henry. Senza più un lavoro, rimasta sola nella sua grande città e priva di uno scopo per il quale andare avanti, Susan comprende che per lei è arrivato il tempo di ricominciare.
Non crede più nell'amore, non confida che qualcuno possa cambiare la sua situazione, ripartire da sé stessa è l'unico modo che ha per riprendere in mano la sua vita che l'ha trascinata lontano da qualsiasi gioia.
In biblioteca: è qui che Susan intravede la sua opportunità, fra gli scaffali polverosi e nei volumi che fin da piccola aveva adorato.
Fra lettere mai inviate, opportunità sfumate e vecchi sentimenti che non hanno mai abbandonato il suo cuore, Susan incontra le uniche due ancore di salvezza che possono condurla alla felicità: l'amore e la speranza.
"Lettere a uno sconosciuto", quella che reputa una curiosa trovata della biblioteca cittadina per attirare nuovi visitatori, le concede l'opportunità di cambiare vita, di far pace con se stessa e di scoprire che l'amore non è solo una fievole fiamma destinata a spegnersi.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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L’EndLand era insolitamente pieno quel mercoledì sera e Susan dovette destreggiarsi con Adair per il locale. Entrambi erano del parere che sarebbe stato saggio scegliere un locale più spazioso, gli affari non avrebbero mai raggiunto picchi eccellenti, non in un luogo talmente esiguo. A Rachel e Thomas non importava molto di divenire ricchi, gli bastava quello che avevano ottenuto.
Susan aveva promesso ad Ashley di andare con lei quella sera, probabilmente l’avrebbe trascinata al cinema, erano giorni che le parlava di un film dal titolo vintage e dal cast sconosciuto. La ragazza era lì fuori, appoggiata alla sua auto rossa, con indosso uno dei suoi soliti pantaloni in pelle nera e un top crop così poco adatto a quella stagione. Apparentemente Ashley non soffriva il freddo, la contrario di Susan che aveva tenuto la sua giacca più pesante per quella sera.
-Susan!
Esclamò lei alzando la mano per farsi scorgere da Susan. Adair uscì da quel momento dal ristorante e mosse qualche passo verso le due ragazze. Gli occhi chiari e attenti di Ashley intercettarono subito il ragazzo.
-Oh Ash, lui è Adair Caldwel, il nuovo cameriere di cui ti avevo accennato.
Susan aveva veramente detto poco di lui ad Ashley, non lo riteneva indispensabile. Ashley fissava Adair, scandagliando con le iridi azzurre i ricci rossi del ragazzo e soffermandosi sulle lentiggini che erano disseminate sulle guance.
-Ashley Ridway.
Disse lei porgendogli la mano anellata con argento e oro.
-Adair.
Il ragazzo le sorrise, senza celare un velato imbarazzo.
-Susan, dobbiamo andare. Ci vediamo Adair, piacere di averti conosciuto.
Adair fece un cenno con la testa e Susan entrò nella macchina di Ashley.
-Allora, ti piace, non è vero?
-Avanti Susan, non dire stupidaggini.
La risata di Susan fu coperta dal rombo del motore della Maserati scarlatta.
-Ho visto come hai fissato Adair, non puoi mentirmi Ash.
-E va bene, magari lo considero carino.
Susan sorrise con compiacimento, aveva imparato a conoscere Ashley e a comprendere i suoi stati d’animo. Anche durante la proiezione di quel film piuttosto sottotono, Susan scorse l’apprezzamento della sua amica per gli attori sconosciuti ma capaci, per la fotografia eccellente e la regia che lei trovò ottima.
-Posso dirmi soddisfatta, la prossima volta sceglierai tu.
Le disse Ashley uscendo dalla sala. In realtà, Susan sapeva bene che avrebbe sempre e solo deciso Ashley, c’era continuamente qualche nuova proiezione che la interessava.
-La prossima volta non ci dividiamo i popcorn.
Ashley rise e ammise la sua ingorda colpa. Se fosse stato per Susan, avrebbero guardato qualche film visto e rivisto, comode sul divano logoro di Susan oppure su quello in pelle bianco e lussuoso di Ashley. Le poltrone rosso fuoco del cinema erano confortevoli e la sala profumava di burro e bibite frizzanti, ma non sapeva di casa, d’intimità e di quotidianità.
Come aveva predetto, alla fine della serata Ashley le aveva chiesto se avesse il numero di Adair. “Solo per curiosità, non voglio certo che tu me lo dia!” aveva prontamente aggiunto lei. Susan non poteva non dirle che no, Adair non le aveva dato il suo numero e né tanto meno lei aveva avuto interesse a chiederglielo. Neanche Felix aveva dato molta importanza a chiederle dove fosse, se quella notte sarebbe andata in stazione o se il giorno seguente lei fosse stata libera per suonare qualcosa al pianoforte. Susan si ripromise che sarebbe stata lei, se Felix non l’avesse chiamata, a mettersi in contatto con lui. Andò a dormire con il profilo di lui impresso nella mente, sperando che avrebbe potuto rivederlo l’indomani.
Sfortunatamente, non fu il viso di Felix che vide quella mattina. Il turno al ristorante toccava ad Adair quel pomeriggio, così Susan si era concessa qualche ora per sé. Il piccolo mercatino della città era il posto migliore dove trovare frutta e verdura a poco prezzo e di ottima qualità. Pur di mettere qualche risparmi da parte, Susan era ancora costretta a rifornirsi spesso in quelle bancarelle che erano certamente estranee all’igiene e alla gentilezza. Uomini e donne appioppavano davanti agli occhi dei passanti la loro merce, urlando e starnazzando con foga. Mille mani e polpastrelli sudici tastavano, sfioravano ed esaminavano quella che i venditori definivano “la migliore” merce. Pur non avendo nulla contro quelle persone, Susan detestava i loro modi grezzi e spesso bruschi che le propinavano, rendendole quel luogo come ostile.
Susan aveva molto sentito parlare della nobile e facoltosa famiglia Steel, così quando vide Ivory, la bionda ragazza del momento di Henry, la mela che stava ispezionando per capire se fosse matura o meno, le scivolò dalle dita e tornò nel mucchio con le sorelle. Con un abito argenteo che le discendeva con grazia, tacchi vertiginosi e fuori stagione, Ivory Steel vagava per il mercato con aria confusa. Una pelliccia a macchie nere le copriva il busto e le braccia strette al petto, tutti la notavano e molti visi paonazzi la seguivano curiosi. Ivory incrociò il suo sguardo e, dopo qualche attimo di esitazione, le venne incontro.  
-Susan Winter?
-Ivory Steel.   
Ivory sorrise mestamente e lasciò che le sue mani cadessero fino ai fianchi fasciati nella longuette argentata lucida.
-Volevo parlarti.
-Come facevi a sapere che mi trovavo qui?
Il viso avorio quanto il suo nome divenne rosato e si tinse di timore e timidezza.
-Che ne dici di andare a prendere una tazza di tè assieme?
Susan tenne per sé parole spinose che avrebbero potuto offendere Ivory e annuì. Si accomodarono sui tavoli legnosi di un bar che si trovava nei dintorni e Susan rimase in attesa, non avendo molto da dirle.
-Potrei averti seguito, ma non avevo altro modo per poter parlare con te.
-Qualcuno deve averti dato il mio indirizzo e quel qualcuno poteva almeno darti anche il mio numero, senza bisogno che una sconosciuta mi pedinasse.
-Mi spiace.
Ivory abbassò le palpebre truccate d’oro e corvino, giocherellando con la manica della sua pelliccia.
-Non so molto dio te e Henry, ma voglio che tu sappia che per me lui è importante.
-Non lo metto in dubbio.
-Chi era l’altra ragazza di cui hai parlato?
Susan scoppiò a ridere, mai avrebbe immaginato d’avere una conversazione simile.
-Non ho idea di chi sia e né ho voglia di scoprirlo. Perché invece di chieder a me non lo dici al tuo amore? Io non sono certo la persona adatta per fare lusinghe sul suo conto e non conosco che una breve parte dei suoi ultimi mesi.
-Eppure è da anni che lo conosci.
Era vero, Susan e Henry si conoscevano da troppo tempo, anche se negli ultimi due o tre anni avevano perduto ogni contatto. Susan aveva conosciuto versioni differenti di Henry Davies e avrebbe preferito rimanere all’oscuro di ognuna di esse. Lei e Henry si odiavano, si detestavano a vicenda e hanno continuato a farlo per anni. Durante l’ultimo anno di scuola le cose erano cambiate e Susan era diventata sua cara amica. Quattro anni dopo si erano rivisti e messi insieme, parte della storia del loro rapporto che Susan avrebbe preferito non vivere mai.
-Ivory, che cosa vuoi veramente?
-Voglio sapere se sto riponendo il mio cuore in mani sicure.
-L’amore non si basa forse sulla fiducia e sull’affetto reciproco? Allora non dovresti dubitare di lui, altrimenti potresti dire di avergli dato il tuo cuore?
Susan non voleva parlare di Henry, ma trovava singolare il fatto che una delle fiamme di Henry potesse essere veramente innamorata di lui.
-Chiamalo come vuoi, dimmi ciò che ritieni giusto, io voglio solo sapere più di lui.
-Chiedi a Henry allora!   
Era spazientita dalle richieste e dai modi di Ivory, ma vedendo la ragazza affranta, il suo sguardo duro s’addolcì.
-Dimmi, non ho molto tempo.
-Ti ha fatto soffrire?
-Abbastanza, ma è anche colpa mia, io non avrei mai dovuto stare con lui. Se ci siamo odiati dal principio un motivo doveva esserci: noi non siamo compatibili. Lo siamo stati per qualche tempo, ma per quanto amore ci possa essere da entrambe le parti, se due pezzi di un simile puzzle non combaciano, non potranno mai restare uniti per sempre. Se credi d’aver trovato il tuo pezzo compatibile non posso che essere felice per entrambi. 
-Tu lo hai trovato?
I pensieri di Susan volarono a Leo, poi circumnavigarono i ricordi per giungere a Felix. Stava per dirgli di lui, che nonostante sentisse di essere talmente simile a lui, non trovasse le parole per esplicitarglielo. Poi ricordò della sera precedente, dove Adair si era presentato come il suo ragazzo. 
-Credo di sì.
-Ti ha spezzato il cuore?
Lo aveva fatto? Le parole che Susan aveva bruciato le tornarono in mente, insieme alle lacrime di quel giorno. “L’odio serve solo a condannare anche la mia anima”, non certo il modo migliore per cominciare quella storia, ma abbastanza efficace.
-Si, ma è stato meglio così. I cuori spezzati non sono sempre sintomo di dolore e sofferenza, di occasioni sfumate e di relazioni che terminano nel peggiore dei modi possibili. Se un cuore affranto significa afflizione, da una parte potrebbe voler dire libertà e gioia futura. Ivory, non ho idea di quanto sia intenso o profondo il vostro rapporto e dubito che sia radicato come lo era il nostro, dato che non è da molto che state assieme, ma posso dirti che se lo ami e lui ama te, non hai nulla di che preoccuparti. Avrai il cuore spezzato, prima o poi lui lo maltratterà, che sia con intenzione o meno, ma siamo umani e tutti commettiamo errori, sta a te decidere se lasciare a lui il tuo amore oppure no.
Ivory passò una mano anellata fra le ciocche bionde, poi le sorrise radiosa.
-Susan, non posso che ringraziati e augurare il meglio a te e a lui. Spero che un giorno c’incontreremo ancora, vorrei poterti essere amica.
-Spero che sia così. 
  
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