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Autore: Alison92    08/11/2017    0 recensioni
Susan Winter, ventitreenne dal travagliato passato e da un presente senza attrattive, viene lasciata in tronco dal suo fidanzato Henry. Senza più un lavoro, rimasta sola nella sua grande città e priva di uno scopo per il quale andare avanti, Susan comprende che per lei è arrivato il tempo di ricominciare.
Non crede più nell'amore, non confida che qualcuno possa cambiare la sua situazione, ripartire da sé stessa è l'unico modo che ha per riprendere in mano la sua vita che l'ha trascinata lontano da qualsiasi gioia.
In biblioteca: è qui che Susan intravede la sua opportunità, fra gli scaffali polverosi e nei volumi che fin da piccola aveva adorato.
Fra lettere mai inviate, opportunità sfumate e vecchi sentimenti che non hanno mai abbandonato il suo cuore, Susan incontra le uniche due ancore di salvezza che possono condurla alla felicità: l'amore e la speranza.
"Lettere a uno sconosciuto", quella che reputa una curiosa trovata della biblioteca cittadina per attirare nuovi visitatori, le concede l'opportunità di cambiare vita, di far pace con se stessa e di scoprire che l'amore non è solo una fievole fiamma destinata a spegnersi.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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La risposta dello sconosciuto arrivò qualche giorno dopo, quando dicembre era ormai alle porte e il gelo aveva preso possesso della cittadina. La biblioteca cominciava lentamente a riempirsi di studenti e anziani, il reparto dedicato a "lettere a uno sconosciuto" era particolarmente rigoglioso. Le cassette della posta di molti erano ricolme, giovani, bambini e qualche pensionato rovistava fra fogli e pezzi di carta appallottolati. Cercavano conforto, parole di solidarietà e di vicinanza, altri volevano solo confessare i loro segreti, liberandosi da macigni e pesi insopportabili. Aveva trovato quella un'insensata trovata, incapace di recare qualche sollievo nella sua penosa vita e si rendeva conto di quanto aveva errato a pensare una cosa simile. Squadrò le figure maschili presenti quel giorno in biblioteca, fra di loro poteva esserci il suo sconosciuto. Qualche ragazzo moro, biondo e dagli occhi corvini vagavano nell'edificio, fra la gente che Susan non aveva mai incontrato, ma fra di loro poteva esserci qualcuno che la conosceva pur non avendola mai scorta.

Voleva veramente incontrare lo sconosciuto? Conoscerlo significava interrompere per sempre quello scambio di lettere, cessare quel cartaceo conforto. Susan distolse lo sguardo da quegli estranei, trovò curioso come in una folla di sconosciuti si possa nascondere la tua ancora di salvezza.

23 Novembre

Mia cara sconosciuta,

l'inverno si avvicina e io vorrei poter esserne scontento, invece mi auguro che giorni d'ordinarie nuvole grigie possano seguire a questi giorni ventosi e con un pallido sole. Mia sorella, ti ricordi di quando ho parlato di lei? È una tipa piuttosto impegnata, è andata qualche giorno fa a una conferenza fuori città e probabilmente non tornerà prima di due giorni. Le cose fra di noi cominciano a migliorare, ma la sento distante, è proprio vero che il sangue non significa amore.

Di amore invece parlavano proprio le tue ultime lettere. Le rileggo ogni tanto, non ho intenzione di buttarle o dimenticarmene in qualche recondito cassetto della mia casa. Posso dirti che non mi dispiace? Se sei felice adesso, conta quanto hai sofferto prima? Voglio sperare che la gioia, quella vera, possa soppiantare qualsiasi precedente dolore, che la felicità possa essere l'unico mezzo per far svanire ogni altro pensiero triste. Non tentare di seppellire morti che non sono mai stati uccisi, non serve a nulla. Lasciali vivere dentro di te e, se loro stessi hanno scelto di morire nella tua vita, custodiscili per sempre. Se non sei tu l'assassina non hai motivo di dimenticare o di sentire dolore, esibisci i tuoi "morti", vivono nei tuoi ricordi, nella tua testa e sono parte di te. La gente va e viene, se dovessimo considerare come "morte" tutte le persone che non fanno più parte di noi, potremmo riempire un cimitero di lapidi e croci ben allineate.

Mia sconosciuta, posso solo dirti che ti auguro ogni bene, con solo le tue parole mi hai dato più conforto di quanto immagini. Io non so chi sei e né tu sai chi sono, ma vedere la tua grafia elegante e tremante, tracciata con cura e riflessione, mi dona una fotografia dei tuoi pensieri, della tua anima e della tua vita che altrimenti non potrei mai avere.

Uno Sconosciuto.

Susan strinse la lettera al petto, poi corse via, lontano dalla biblioteca.

Era da poco passata la mezzanotte, quando Susan scorse Ashley fuori dall'EndLand, appoggiata con disinvoltura alla sua auto fiammeggiante. Adair, dietro di lei, fissò subito la sua attenzione sull'amica di Susan.

-Ash, non ti aspettavo per stasera.

I pensieri di Susan vagavano per i binari della stazione, lontano da qualsiasi altra persona che non fosse Felix.

-Volevo solo chiederti se questo sabato sei libera.

Susan rifletté e fissò con attenzione la sua amica prima di risponderle.

-Siamo liberi sabato sera?

Chiese al suo collega, a pochi passi da loro. Adair non rispose, scosse la testa e tornò a guardare Ashley.

-Ci sarà un party al J12, contavo sulla tua compagnia.

Il J12? Susan comprese solo dopo qualche secondo che Ashley stava parlando della nota discoteca fuori città, sempre ricolma di eventi e giovani. A Susan non erano mai piaciute le canzoni assordanti dei dj, neanche le persone che si barcamenavano fra di loro, le fronti grondanti di sudore e le mani sgradite di qualche sconosciuto senza ritegno.

-Sei invitato anche tu, Adair.

Aggiunse poco dopo abbassando la voce, come per mascherare l'imbarazzo.

-Allora dobbiamo andare, Susan.

Doveva andare? Susan non era di certo entusiasta come i due, ma non si sentiva di rifiutare quella proposta. Poteva invitare anche Felix. No, lui no, a Felix non piacevano di sicuro le discoteche.

-Ma è solo mercoledì, c'è ancora tempo.

-Meno di quanto tu possa pensare.

Susan indugiò per qualche altro istante prima di rassegnarsi al volere di Ashley e Adair.

-D'accordo, andiamo a questo evento.

Così, decise di non farne parola con Felix. Come quasi ogni notte, lui era lì, stavolta il freddo aveva vinto anche lui, che indossava una giacca blu, pesante e con i bottoni argentei. Susan più di un cardigan stretto e nero, non aveva nulla con cui coprirsi, uscendo di casa non aveva previsto un così repentino cambiamento di temperature. Viveva in quella città da anni, ma non era ancora riuscita a convivere con il clima cangiante.

-Winter, mi sembri piuttosto infreddolita, non rispecchi di certo il tuo stesso nome.

-Sono pur sempre umana.

Felix teneva le braccia incrociate al petto, mostrando che infondo Susan non era la sola a sentire freddo. Un treno passò davanti a loro in quel momento, poi continuò la sua corsa lontano dalla stazione deserta della città.

-Dovremmo prendere un treno, un giorno?

-Per andare dove?

Felix alzò le spalle, la meta era l'ultimo dei suoi pensieri.

-Il solo fatto di salire su uno di quei treni è sufficiente. Che cosa importa il luogo dove ti condurrà? Avrai comunque lasciato la tua casa per una destinazione sconosciuta.

-Fai tanti bei discorsi Harvey, ma quando li realizzerai concretamente?

Felix fissò il suo sguardo su Susan, tremante e con la mente che vagava fra i palazzi della sua città, le lettere che aveva ricevuto e inviato, insieme ai suoi due amici e fra le croci premature del cimitero cittadino.

-Adesso.

-Adesso?

-Si, lo faremo insieme, ora.

Non le dette il tempo di ribattere, Felix le afferrò la mano e la condusse verso la biglietteria automatica della stazione.

-E se io non volessi?

-Fidati Susie, tu non vedi l'ora di andartene anche per solo un'ora da questa città.

Forse Felix aveva ragione, perché l'attesa per il treno successivo fu estenuante. Per un'ora e mezza rimasero ad aspettare, infreddoliti e stretti fra loro. Susan la riteneva una pazzia, cosa che la rendeva impaziente. La meta l'aveva decisa lei, chiudendo gli occhi e cliccando sullo schermo del dispositivo senza avere la minima idea di cosa stesse selezionando. La fortuna volle che il suo dito puntò sul nome di una città piuttosto vicina, fra andata e ritorno avrebbero impiegato meno di tre ore. Felix si era offerto di pagare per entrambi, visto che la natura dell'idea era sua, ma Susan insistette per essere lei a sborsare per quel viaggio senza nessun apparente senso.

-Susan, se avessi potuto scegliere con consapevolezza, dove saresti andata?

-Da nessuna parte, sarei stata condizionata dalle spese, dalla durata del viaggio o dalle possibili mete stesse. Alla fine, non avrei scelto nulla.

I vari fattori della sua condizione l'avevano sempre influenzata, non permettendole di compiere molte scelte, di farne altre a malincuore. Se avesse scelto a occhi ciechi, almeno non avrebbe sentito su di sé i suoi rimpianti e biasimi.

-Eccolo!

Felix puntò il dito verso il treno che stava giungendo nel binario dov'erano fermi. Oltre loro, nessun'altro salì sul treno. Gli scompartimenti erano quasi del tutto vuoti, solo un signore appisolato e con a testa appoggiata al finestrino e una ragazza dall'aria assonnata, viaggiavano insieme a loro. La ragazza dalla carnagione ebano e i magnetici occhi scuri, li fissò per qualche istante, poi portò all'orecchio qualche ciocca riccia e distolse lo sguardo da entrambi. Susan si sedette a poca distanza dalla ragazza insonnolita e Felix la imitò.

-Allora, faremo un giretto quando saremo arrivati?

-Felix, ma sono quasi le due! Ti sembra forse l'ora di fare "un giretto"?

La ragazza la guardò e le rivolse uno stentato sorriso, che Susan ricambiò radiosa.

-Va bene, ma sappi che stiamo prendendo un'occasione.

Susan guardò fuori dal finestrino la pioggia che sferzava sui finestrini, il rumore poco piacevole che emetteva il treno e le poche luci fioche che s'intravedevano nel buio di quella notte.

-Forse dovremmo scappare, tu e io, fuggire dalla nostra vita e scoprire cosa può offrire il mondo a noi.

Sussurrò Susan, più a sé stessa che a Felix.

-E se il mondo non avesse nulla da darci?

Alzò le spalle, non pensava a quella possibilità. Se andare via dalla città era la cura, allo stesso tempo poteva essere il veleno per entrambi.

-Noi però abbiamo così tanto da dare, non è vero?

Felix non le rispose, dopo qualche secondo le circondò le spalle con il braccio e fissò insieme a lei il panorama fuori dal treno.

-Non è forse quello che pensiamo tutti? Susan, tu potresti donare la tua anima al mondo, ma sai bene che nessuno ne comprenderebbe il valore.

-Cosa m'importa? Ci sarà sempre qualcuno che lo apprezzerà, non voglio certo la gloria eterna, o i favori di alcuno. Felix, tu hai sfiducia nel mondo e nelle persone diverse da te, io non posso che comprenderti, ma allo stesso tempo credo che ci sia del buono che tutti noi celiamo. Ho fiducia che, prima o poi, smetteremo di autodistruggerci e di odiarci.

-Forse un giorno sarà così, ma non oggi e neanche domani.

Susan annuì e posò la testa sulla spalla di Felix. Non sarebbe stato neanche dopodomani, ma confidava che gli anni le avrebbero dato ragione.      

  
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