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Autore: Rosso_Pendragon    26/10/2017    3 recensioni
[Pan - Viaggio sull\\\\\\\'isola che non c\\\\\\\'è]
Peter si rende conto che il suo affetto per Uncino non è più lo stesso...
Dal testo:
"Peter ha sedici anni. Ha sedici anni da un po’, da quando lui e Uncino non parlano più, da quando un giorno ha chiesto alle fate se poteva reclamare la sua parte immortale.
Peter ha ancora sedici anni, perché il giorno del suo sedicesimo compleanno ha baciato il suo migliore amico, venendo rifiutato senza un secondo sguardo."
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note Autrice:

Questa fic è una richiesta fatta da Fefi97 che ama farmi scrivere qualsiasi cosa lei voglia e visto che io sono invaghita di questi due acconsento con gioia. È una fic senza pretese, non mi aspetto nulla, ma mi andava di pubblicarla per tutte quelle persone che si sono sentite dei mostri a guardare il film e shippare un ragazzino e un uomo adulto. In questa fic non ci sono riferimenti sessuali e dal mio punto di vista Uncino rispetta troppo Peter per fare qualsiasi cosa con lui finché non sia grande, ma in ogni caso è una storia d’amore con un buon dislivello di età, quindi se non gradite, non leggete.

Pace e amore e buona lettura <3


 

 

Peter ha sedici anni. Ha sedici anni da un po’, da quando lui e Uncino non parlano più, da quando un giorno ha chiesto alle fate se poteva reclamare la sua parte immortale.

Peter ha ancora sedici anni, perché il giorno del suo sedicesimo compleanno ha baciato il suo migliore amico, venendo rifiutato senza un secondo sguardo.

 

Era volato fino alla nave di James sentendosi ancora più leggero del solito, come se soltanto perché stava crescendo potesse realmente toccare il cielo. Non gli dispiaceva diventare grande, non ora almeno che aveva un buon motivo per essere felice di quella condizione.

Si era reso conto troppo in fretta di come sentisse il cuore in gola ogni volta che Uncino gli faceva uno dei suoi sorrisi, rivolti solo a lui, o come quando gli accarezzava i capelli rabbrividisse al tocco.

 

"Saremo amici per sempre, vero?

Non dimenticherà mai le piccole rughe che si sono formate intorno agli occhi di Uncino mentre gli faceva un largo sorriso, annuendo.

"Cosa potrebbe mai accadere?"



Peter sa solo adesso che poteva accadere di innamorarsi di quei sorrisi storti e di quei capelli scompigliati. Di quel tono pieno di menzogne che non gli aveva mai mentito, non davvero.

Non sapeva neanche cosa fosse l'amore, non sapeva neanche cosa fosse un bacio in effetti...

 

Un giorno era appollaiato su un albero a giocare con la sua fatina preferita, quando li aveva visti, aveva incontrato James da poco a quel tempo. Ricordava di essersi fermato un istante prima di invocare il suo nome, mentre vedeva il suo unico amico avvicinare le labbra a quelle di Gliglio Tigrato accostandole a quelle della giovane. Aveva sentito un borbottio strano all'altezza del cuore.

No, non aveva capito ancora cosa fosse.

Aveva voltato lo sguardo contando tutti i numeri che ricordava, fino a esaurirli, ricontandoli d'accapo, e ancora.

Non era riuscito a spiccare il volo quel giorno. Era la prima volta da quando aveva salvato James che non riusciva a trovare un pensiero felice. Nulla. Tabula rasa.

Era tornato al suo albero cavo a piedi, facendo attenzione a non far rumore, a non disturbare quell'intimità che non capiva e che lo disorientava.

Lo aveva anche chiesto a James.

"Tu e Giglio Tigrato... siete un po' come una mamma e un papà?"

Uncino aveva gli occhi larghi e il respiro mozzato mentre lo fissava in silenzio e poi sospirava "Non ci pensare, è ancora presto per farsi domande del genere."

Avrebbe ribadito ancora la domanda, avrebbe pestato i piedi e inclinato la Jolly Roger se Uncino in quel momento non gli avesse accarezzato i capelli, piano, abbassandosi alla sua altezza, sorridendogli.

"Hey, farfallino, smettila con quel muso... fammi un sorriso"

Aveva sentito una piccola scintilla al centro del petto, come la luce di una fata, ma più delicata, più debole, come una fiamma da proteggere, e infine, gli aveva sorriso.

***

Non si era arreso però. Aveva indagato in giro.

Aveva chiesto alle sirene, aveva provato a parlarne con il capo tribù di cui Giglio Tigrato era la principessa. Era finito persino a borbottare con le piccole fatine che amavano ronzargli intorno.

"Cos'è l'amore?"

Nessuno aveva dato una risposta decente alla sua domanda. Ognuno aveva un interpretazione diversa, un sorriso diverso, una voce più morbida e calda quando ne parlava.

Poi aveva chiesto a Giglio Tigrato.

La risposta di lei era stata… nuova.

 

Stavano raccogliendo fiori da intrecciare, riponendoli in un piccolo cesto di vimini. Quando gli aveva posto la domanda, le mani di lei si erano bloccate su uno stelo, mentre gli sorrideva piano e aveva mormorato "Cos'è l'amore per me? Oppure per te? "

Quello era stato strano. Nessuno chiedeva a lui cosa fosse l'amore. Come faceva lui a saperlo?

Lei aveva sorriso, bonaria, depositando il fiore nel piccolo cesto.

"Per me Peter, l'amore è... esserci. E' quella persona che rimane e non scappa via. Quella che ti accoglie a casa quando torni."

Peter era rimasto immobile soppesando le parole di quella che considerava come una sorella, una seconda madre.

"Per me l'amore è... un pensiero felice"

Non si era neanche accorto di essersi toccato piano il petto, dove stava la sua fiammella, la sua luce di fata.

"Giglio tigrato, si può amare un pensiero felice?"

Lei gli aveva porto un fiore, sorridendogli materna.

"Si può amare qualsiasi cosa piccolo"

Quello era stato il giorno in cui Peter aveva pensato per la prima volta che anche lui avrebbe voluto baciare il suo pensiero felice.

Non sapeva bene cosa fosse baciare, ma la parola lo riscaldava ancor di più, facendogli pensare al viso di James vicino a quello di Giglio Tigrato. Era una sensazione strana, come quando viveva in orfanotrofio.

Era triste, ma si sentiva anche calmo, pacifico.

Era un sentimento senza ragione.

***

Quella notte volò da solo il più in alto possibile, fino a sfiorare quasi le stelle, guardando da lì la Jolly Roger.

Pensando a James che riposava nella sua piccola branda tra le vele.

 

Un pensiero felice.

***





Aveva compiuto sedici anni una mattina di primavera.

Non sapeva neanche di fare gli anni, ma le fate erano arrivate correndo, coprendolo di fiori bianchi, ridacchiando e agghindandolo.

Le loro voci melodiose avevano recitato in coro "Quasi un uomo il nostro piccolo re" e lui era arrossito sotto quelle piccole premure, meravigliandosi in effetti di quanto si iniziasse a trovare diverso ultimamente.

Si era specchiato in un ruscello, guardando i capelli più lunghi. Aveva sorriso accarezzando una corteccia che solo poco tempo prima sarebbe stata così irraggiungibile e alta per lui e aveva guardato lontano, verso l'ormeggio della nave del suo migliore amico.

Erano passati anni, ma ricordava ancora il suo primo pensiero felice, il primo in cui avesse creduto, quello che gli aveva fatto dimenticare la paura e abbracciare l'aria.

Ricorda gli occhi di James che lo rassicurano, che sorridono, che lo amano.

Peter salta e semplicemente, vola.

In alto, sempre di più, con il vento delicato che gli accarezza la pelle scoperta, che lo culla amorevole guidandolo. Ha sedici anni ed è innamorato per la prima volta, non sa neanche da quanto tempo ormai.

Arriva alla nave senza accorgersene e si appoggia all'albero di mezza guardando giù. Sotto di lui, metri più in basso, James ha le maniche arrotolate e sta intagliando qualcosa, non sa cosa sia, non gli importa in questo momento.

Si lascia scivolare giù, contro il legno liscio, e arriva a toccare terra. Non ha ancora parlato e già gli occhi di Uncino sono su di lui, sorridenti.

"Hey, ragazzino"

Il sorriso sulle labbra di Peter si chiude un po' mentre l'amico lo apostrofa con quell'appellativo e borbotta, scontroso "Non sono più un ragazzino. Ho compiuto sedici anni oggi!"

James sta sorridendo ampiamente e ha di nuovo quelle piccole rughe intorno agli occhi. Quelle che ha sempre quando gli fa quel sorriso solo per lui.

"Oh ma lo so! Trilli non è brava a mantenere segreti" ride con un tono profondo, rauco e Peter si sente rabbrividire.

È a piedi nudi e il legno a contatto con la sua pelle è stranamente caldo mentre avanza e si inclina in avanti. Non sono stati mai così vicini lui e James. Quegli occhi maturi, saggi e intelligenti, astuti, lo stanno scrutando come in cerca di una risposta mentre il sorriso scompare dalle sue labbra.

Il mio primo pensiero felice.

E lo bacia.

 

Le labbra di James sono morbide, calde e lui non sa cosa fare tranne che rimanere lì, immobile, come soggiogato, senza muoversi. Non pensa neanche che uno dei due stia respirando.

Si fa indietro, guardando James in cerca di un aiuto, di un chiarimento.

E ora? Ora cosa si fa? Cosa si fa mentre sento il cuore in gola e le guance caldissime?

Cosa si fa mentre la mia luce di fata brilla e brilla, e brilla?

James ha gli occhi chiusi e sta facendo respiri brevi e profondi. Forse ha fatto qualcosa che non doveva fare?

Non è così che si bacia?

Lo chiama piano, con la voce sottilissima che in quel periodo gli è diventata più profonda, più simile a quella dell'uomo davanti a sé.

Uncino riapre gli occhi e Peter si blocca. Non sono occhi felici, non sono occhi che sanno volare.

"Non dovevo farlo?"

James si sta leccando le labbra, arrestando poi il movimento, coprendosi la bocca, scuotendo la testa. Il piccolo pezzo di legno che stava intagliando gli è scivolato a terra, ma Peter non lo guarda, ha occhi solo per il viso del suo primo amore.

"Peter non avresti dovuto. Io sono più grande di te, e sei un ragazzo. Non sai cosa sia un bacio, ragazzino, non sai cosa significhi".

Se Peter non fosse stato furioso avrebbe notato le dita di Uncino che tremano, il leggero tocco con cui si passa il pollice sulle labbra che Peter ha baciato, ma ha solo sedici anni e non è il pensiero felice di James.

Stringe i pugni e si volta, allontanandosi a passo di marcia, la rabbia che gli ribolle dentro, il petto pesante e gli occhi che gli pizzicano. Va verso il lato della nave, pronta a buttarsi giù, a fuggire, ma non ha pensieri felici, non più.

Sta per cadere quando un braccio lo avvolge, si divincola e guarda James furioso.

"Non odiarmi farfallino"

Il nomignolo lo rende solo più incattivito, più crudele. James ha baciato Giglio Tigrato, un giorno di tanto tempo fa, ma non vuole baciare lui. Non vuole.

Abbassa il capo, voltandolo di lato, e fugge via.

Ha deciso che non vuole crescere più, che senso ha diventare grandi se Uncino non vuole essere il suo pensiero felice?

 

***

 

James non lo segue, non lo rincorre, magari pensa che il suo gesto sia solo un capriccio da bambino, forse è così, Peter non lo sa. Sa solo che la luce dentro di lui non c'è più e che non trova nessun motivo per volare.

È comunque il suo compleanno e le fate esaudiscono un suo desiderio, Peter non crescerà più. Rimarrà per sempre un eterno bambino nell'isola che non c'è.

Da quel giorno sono passate le stagioni e lui si è rifugiato nel suo albero cavo, insieme agli altri bambini sperduti. Ha passato il tempo con quelli che considera fratelli e con le fate. Giglio Tigrato ha provato a parlargli, ma anche se non riesce ancora a volare sa arrampicarsi agilmente più di quanto lei riuscirà mai,  quindi è semplice evitarla.

James invece non si è fatto vivo, non è entrato nel bosco, non lo ha cercato.

Peter presume che le sue parole, quelle parole calde di così tanto tempo fa fossero solo un'altra bugia di una bocca troppo astuta.

"Bugiardo"

Le sillabe si perdono contro le stelle mentre sta sdraiato sul ramo più alto della foresta, in lontananza le luci della Jolly Roger lo cullano anche se non ammette a sé stesso che è per questo che ama così tanto quel posto. Non ammette che quello è il suo posto preferito perché riesce a sentire James vicino, guarda piuttosto le stelle e chiude gli occhi "mi manca solo volare".

***

È passato un mucchio di tempo quando si rivedono.

Uncino, il capitano Uncino, ha una barba corta ora a coprirgli il viso e Peter ha imparato l'arte della spada. Lo odia, lo odia così tanto che non riesce a non preparargli agguati e tranelli, non vuole fargli davvero male, vuole solo che senta il vuoto che sente anche lui.

Ha ripreso a volare, piano, a bassa quota, senza più riuscire a toccare le stelle, ma gli basta. Gli basta per poter volare tra le vele della Jolly Roger con la lama sguainata e un sorriso impertinente sulle labbra, gli occhi freddi. "Uncinoooooo, Capitan Uncinooooo. Venite fuori a giocareeeee!"

Gli occhi del capitano sono strani quando lo fissa, ma a Peter non importa, non molto comunque. Gli piace semplicemente il suono della sua lama contro quella dell'altro, il cozzare ritmico del metallo, il suono che copre ogni cosa, anche il freddo che sente al petto dove un tempo c'era una piccola brace.

"Non sei ancora abbastanza bravo da poter davvero pensare di poter giocare con me Pan. Dovresti crescere per riuscirci".

E Peter ride mentre fa ruotare la spada e la punta al collo liscio e muscoloso di Uncino. "Non crescerò mai Capitano".

Uncino sorride, di un sorriso sbilenco e gli appaiono delle piccole increspature ai lati degli occhi, è il loro sorriso, quel sorriso. Quello che gli ha rivolto prima di cadere giù, nell'oblio.

È il suo pensiero felice.

Tira indietro la lama, scosso, e si volta spiccando un piccolo balzo, aggrappandosi all'albero maestro, confuso dal suo cuore che batte troppo in fretta.

Non ha il coraggio di guardare verso il basso, non vuole assolutamente rivedere quegli occhi. Prova a volare via, ma ha la mente vuota, bianca e si appoggia al legno, sconfitto.

"Peter"

La sua voce lo chiama piano e sa già che si sta arrampicando per arrivargli vicino. Sente le sue dita tra i capelli ancora prima di vedere il suo viso davanti al proprio, i loro nasi vicini.

"Mi odi così tanto farfallino da non riuscire più a volare?"

Vorrebbe dirgli che è colpa sua se non ha più pensieri felici, se è sull'orlo delle lacrime, ma l'unica cosa che fa mentre sente le guance inumidirglisi è scuotere la testa. James è un bugiardo, ma non lo odia. Non può.

Sente le sue labbra contro la fronte e una carezza che gli asciuga una guancia mentre qualcosa gli viene poggiato in mano. E' caldo come se fosse stato tutto il tempo a contatto con la pelle di James, come se in quel piccolo oggetto ci fosse il suo calore. Abbassa lo sguardo con gli occhi ancora appannati, confusi, la mano protettiva di Uncino ancora tra i suoi capelli, morbida.

È una statuina, una statuina in legno.

È lui, lui che vola...

Ha la gola stretta mentre tira su col naso.

"Era il mio regalo per i tuoi sedici anni, è la prima volta che ti ho visto volare davvero, quando ti sei buttato giù per salvarmi."

La statuina ha una mano protesa e Peter si trova giovane e spaventato in quella piccola opera, ma è perfetta, è meravigliosa e lui si sente davvero un bambino capriccioso mentre James se lo stringe al petto e lo lascia piangere.

Rimangono lì abbracciati, con la guancia ruvida di James contro la sua, in una strana carezza, mentre oscillano insieme e il suo amico canticchia una vecchia canzone da marinaio, lo fa sorride, lo fa sentire leggere come non si sentiva da tanto, tanto, tempo.

"Ragazzino, se tu crescessi solo un altro po', se capissi solo un altro po' "

Peter si fa indietro per fissare il volto di James, gli occhi appannati, quasi lucidi.

"Voglio fare un patto con te Peter, solo per questa volta..."

E lui si ritrova ad annuire come sotto un influsso magico, con la statuetta contro il petto, contro il suo bagliore da fata.

"Un bacio Farfallino e tu mi giuri che diventerai grande"

Peter vorrebbe dissentire, vorrebbe dirgli che non può decidere lui quando e come cambiare, che ha ricevuto un regalo dalle fate, ma quegli occhi gentili e velati di aspettativa lo portano in alto, verso il cielo. Cosa importa essere grandi se ha ancora un pensiero felice?

Acconsente con la voce stanca, tirandoselo più vicino, facendo incontrare per una seconda volta le loro labbra e si sente così in alto, così lontano dal terreno che pensa sia giusto che il suo primo vero bacio gli venga dato tra le vele di una nave, mentre il vento gli scompiglia i capelli.

Le labbra di James sono calde, come le ricordava, morbide, sanno di sale, ma questa volta si muovono attente contro le sue, gli depositano baci in sequenza uno dietro l'altro, leggeri, delicati, nuovi.

Lo fanno sorridere e fanno spuntare le piccole rughe che tanto ama ai bordi degli occhi di James.

La sua barba lo pizzica, ma non gli da fastidio, la accetta come accetta tutto del suo primo vero amico, del suo primo amore. Dalle bugie, alle avventure rischiose, dai sorrisi attenti ai rifiuti scocciati che ha sentito troppo spesso in passato.

Dura un istante, o forse qualcosa in più, e poi rimangono lì, stretti e come nuovi, dopo troppi, troppi anni.

“Manterrai la tua promessa?”

E Peter gli sorride sbarazzino, con le dita che tremano intorno al piccolo oggetto intagliato.

“Mi prometti avventure? Mi prometti che rimarremo amici per sempre?”

James gli sta accarezzando una guancia, guardandolo stranamente docile, con un sorriso furbo.

“Ti prometto anche di più”.

***

Peter ha ripreso a volare, a toccare il cielo con un dito, ha ripreso ad avere pensieri felici.

Peter compirà ancora gli anni e potrà chiedere un altro desiderio alle fate.

Uno diverso, perché Peter Pan vuole crescere, vuole correre e raggiungere tutti gli obiettivi che gli mancano. Vuole ancora lanciarsi nel vuoto e sapere che non toccherà mai terra finché ha lui.

***

"Cos'è l'amore James?"

"Beh Farfallino, l'amore è saper aspettare chi ami"

si guardano fissi, in silenzio, in attesa.

"Amare è aspettare che lui si lanci nel vuoto per prenderti."

Peter sogghigna, ridacchia e gli vola vicinissimo, rubandogli un piccolo bacio. Poi si lascia cadere nel vuoto.

Ama volare.

Ama.
  
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