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RIUNIONE
“In
nome dell'unica religione, grazie all’infinita benevolenza
del tuo dio, ti
condanno alle eterne fiamme dell’Inferno”
rise, sadicamente, Keros.
Aveva
scovato, durante il suo turno di guardia, un'anima
errante e si stava divertendo a torturarla. Ignorava le suppliche e le
richieste di pietà, citando in modo ironico le formule che
sentiva pronunciare
fra gli esseri umani. Lungo la propria vita aveva assistito ad ogni
tipo di
strambo processo, da quello contro le streghe ai più strani
esorcismi contro gente
che con i demoni non aveva mai avuto a che fare. Ed in tutto il mondo
compariva
la stessa frase: unica e vera religione. Keros non si era mai
interessato più
di tanto alla teologia, anche se tecnicamente ci viveva in mezzo.
Girando per
la Terra aveva incontrato demoni di altre religioni e a volte Lucifero
gli
parlava di Dei antichi, e moderni, con cui si incontrava.
“Da
che zona sei fuggita, creaturina lurida?” sibilò
il
principe, piantandole gli artigli in un braccio.
Come
tutte le anime condannate, essa possedeva un marchio che
indicava il peccato per cui era condannata alla pena eterna. Non fece
in tempo
a scovare quel segno, tracciato da uno dei giudici infernali,
poiché venne
interrotto dalla voce insistente di un suo collega di addestramento.
Qualcuno
all'accampamento lo voleva vedere, ma il farfugliare eccitato del
demone non
era stato molto chiaro al riguardo.
Era
strano che Lucifero si presentasse senza troppe
cerimonie, senza araldo, annunci ufficiali o cortei reali.
Perciò
Astaroth ne fu molto stupito e si affrettò a
richiamare tutti i suoi allievi, per rendere omaggio in modo
appropriato
all'Imperatore degli inferi. Dopo aver appreso che Keros era
momentaneamente di
guardia, Satana si concesse un'ispezione alle truppe in addestramento,
che si
erano radunate.
“Che
magnifici esemplari” commentò il sovrano
“Lieto e
stupito di vedere anche delle donne ad affrontare una tale sfida. Siete
l’orgoglio del nostro regno e del nostro popolo”.
“Sì…”
sorrise Astaroth “Le donne sono quelle più
cazzute, qui
in mezzo”.
I
due demoni ridacchiarono.
“Posso
allietarvi con qualche combattimento, altezza? In
attesa del vostro prezioso figlio…” propose
Astaroth e Lucifero annuì, con un
sorriso.
Di
sfuggita, il re lanciò un'occhiata alla creatura che lo
seguiva, partita con lui dal palazzo reale e celata sotto un cappuccio.
Le
dedicò un ghigno divertito.
“Perdono
per il ritardo” furono le prime parole di Keros,
appena giunto all'accampamento “Ma quest’anima mi
ha rallentato”.
“Un
fuggitivo?” si leccò i baffi uno dei demoni
gemelli.
“Porta
il marchio degli assassini!” si aggiunse un altro
cadetto.
“Come
ha fatto a fuggire?!” si chiese Astaroth, lasciando che
i suoi allievi vi si divertissero “Non abbiate alcuna
pietà. Fatela a pezzi.
Tanto poi si ricompone”.
Lucifero
si lasciò sfuggire una risata, quando notò lo
stato
in cui l’aveva ridotta Keros prima di affidarla ai compagni.
Il ragazzo si era
messo sull'attenti, aspettando ordini.
“Sissignore"
rispose immediatamente, non appena Astaroth
gli ebbe spiegato che il re era giunto fin lì per parlargli
in privato e che
era momentaneamente sospeso il turno di guardia.
Lucifero
suggerì di concedere a tutti quei promettenti
soldati qualche ora libera e la reazione fu di entusiasmo.
Ritirati
nel rifugio che Keros con il tempo si era creato, re
e principe rimasero qualche istante in silenzio. Poi il ragazzo
sospirò.
“Ti
mancavo?” stuzzicò “Se ti serve
qualcosa, vieni al sodo.
Ho parecchio da fare”.
“A
palazzo si sente la mancanza della tua chioma ciglieggiuta”
ghignò il
Signore
degli inferi.
“E
l’incappucciato chi è?”.
“Sono
qui per questo”.
Il
principe si era creato un angolo relativamente comodo con
pelli e ossa di animali che aveva ucciso. Non era certo lussuoso o di
bell’aspetto, ma teneva lontane creature pericolose ed
intemperie.
“Per
prima cosa…” iniziò a parlare il re
“…sono fiero di te.
Seconda cosa: qui c'è qualcuno che vuole parlarti con una
certa urgenza”.
Colui
che accompagnava il re, avvolto in stoffe chiare,
abbassò il cappuccio e mostrò inconfondibili
occhi azzurri.
“Mihael?!”
sobbalzò Keros “Cos'è? Uno scherzo?
Siete
impazziti?! Sapete che succede, se qualcuno degli altri lo
vede?”.
“Lo
sappiamo. Conosce i rischi che corre. Rilassati”
allungò
una mano Lucifero, e Keros si ritrasse.
“Intendo
dire se capite cosa potrebbe succedere a me! Sto
cercando di farmi un nome, una reputazione. Non voglio passare per
quello che
prende il tè con gli angioletti!”.
“Ha
fatto tutta questa strada solo per incontrarti e
parlarti” continuò il re, con calma.
“E
chi dice che io voglia parlarci?” fu la risposta,
parecchio irritata, del principe.
Lucifero
sospirò e lo prese da parte. Mihael, dato che i due
conversavano in demoniaco, poteva solo intuire il senso dei dialoghi.
“Keros…”
riprese Lucifero “…rilassati. Nessuno sa chi si
cela
sotto quelle vesti chiare, o lo immagina. Ha affrontato un viaggio
lunghissimo,
pieno di pericoli e…”.
“Tanto
gli angeli non possono essere feriti!” interruppe
Keros.
“All'Inferno
le cose funzionano in modo diverso, ragazzo. La
luce divina non giunge fin qui, e questo lo rende vulnerabile e debole.
È qui
per sua volontà, non per ordine dell'onnisciente
rompicoglioni. È un padre,
Keros, che cerca di trovare un dialogo con suo figlio. Un figlio che di
certo
non si sarebbe mai immaginato di avere, o che comunque non si aspettava
con una
natura come la tua. È un padre che, nonostante tutti i
secoli che avete
trascorso come nemici, è qui per cercare di conoscerti. Non
è da tutti. Almeno
cinque minuti glieli concederei…”.
Keros
sbuffò. Lanciò un'occhiata verso Mihael, che era
rimasto in piedi ed in silenzio.
“Odio
quando fai il saggio” sibilò il ragazzo.
“Per
fortuna non succede spesso” mostrò la lingua
Lucifero
“Vado a scambiare due parole con Astaroth, così vi
lascio soli…”.
Il
principe tentò invano di protestare. Rimasto solo con
l'Arcangelo, si rassegnò.
“Io
non ho nulla da dire” furono le sue parole, in perfetto
Angelico “Ma ho le orecchie pronte per ascoltare”.
“Come
conosci così bene la lingua degli angeli?” chiese
Mihael.
“Lucifero
me la insegnò quando ero piccolo. È molto
più
semplice del demoniaco, a mio parere. Ora parla. Non ho molto tempo a
disposizione. Sono qui per addestrarmi, non per cianciare".
“Me
lo hai fatto diventare un mostro" ghignò,
soddisfatto, Lucifero “Anche se qualche schiaffo ben
assestato ancora glielo
darei”.
“È il
mio lavoro” rispose, con finta modestia, Astaroth.
I
due, nel lussuoso rifugio del generale, sorseggiavano
liquori e ricordavano i tempi passati.
“Come
se la cava? Sii sincero” volle sapere Satana, tornando
al presente e pensando a Keros.
“Bene,
direi. Il primo periodo è duro per tutti ma poi non ha
avuto grossi problemi”.
“Sei
sicuro? Nessun tipo di problema? Nessun atteggiamento
particolare?”.
“Se
c'è una cosa su cui mi sento di fare un appunto e su
determinati modi di agire che reputo… Fuori
contesto”.
“Procedi…”.
“Nulla
di grave, sia chiaro. Solo che a volte il ragazzo si
mostra un po'… Non so come dire… Troppo
altruista”.
“Cioè?”.
“Qui
vige la regola dell'ognuno per sé, ma è come se
non
fosse in grado di seguirla. Se un suo compagno è in
difficoltà, lo aiuta. E
questo non per mettere in discussione la mia autorità, come
credevo all’inizio,
ma perché ritiene giusto farlo. Questo non è
molto demoniaco. C'è un lato del
suo cuore che è… ecco... Empatico. Ed a
questo io non posso porre rimedio. Posso
insegnargli a combattere ed uccidere, a sopravvivere in situazioni
estreme e
farsi valere… Ma non posso spegnere quella piccola fiamma
gentile”.
“Capisco…”.
“Non
che sia una cosa negativa” si affrettò a dire
Astaroth
“Solo che non è… Usuale! Anche se
bisogna dire che è comunque facente parte
della seconda generazione, e forse l'ereditarietà di tratti
angelici è più
probabile”.
“Che
consigli mi dai a riguardo, Astaroth?”.
“Consigli?
Io? A voi? Altezza, io non…”.
“Non
ho detto che li seguirò. Ma intanto dammeli. Che
faresti, se fossi in me?”.
“Sinceramente?
Io credo che quel ragazzo un giorno possa
essere un grande re. Però non so se sarà mai del
tutto soddisfatto. Quel lato
gentile, come regnante, di certo non potrebbe alimentarlo come
vorrebbe. Le
opzioni, secondo me, sono due. O si fa in modo che quella fiammella si
estingua, mettendo a nudo ogni lato malvagio possibile, oppure la si
lascia
bruciare più intensamente. Ignorando questo lato, come cerca
in ogni modo di
fare, non farà altro che ingigantire la sua
frustrazione”.
Astaroth,
a gambe accavallate ed i tacchi bene in vista,
attendeva una qualche reazione da parte del re. Questi, rimasto in
silenzio,
svuotò il bicchiere e si limitò ad annuire.
Alzò lo sguardo. Fuori gli altri
demoni in addestramento stavano ancora lottando, torturando l'anima
fuggitiva
in base ai desideri del vincitore. Dentro di sé si disse che
avrebbe
partecipato volentieri a quel gioco.
Keros
e Mihael non si erano detti molto. Si fissavano, come
studiandosi. L'Arcangelo fece una smorfia, all'ennesimo grido di dolore
dell'anima.
“Perché
fai così?” non capì il giovane
“Quell’anima è stata
condannata. In vita ha commesso degli omicidi. È giusto che
paghi”.
“Lo
so. Ma lo trovo comunque spiacevole…”
mormorò Mihael.
“Torna
a casa presto, allora. Qui le cose vanno
così…”.
Piuttosto
stanco, l’angelo sedette in terra, fra le pelli e
la nuda pietra.
“Parlami
di te” riuscì a dire, mentre Keros sbadigliava.
“Che
dovrei dirti? Ho detto fin da principio che mi limito ad
ascoltare”.
“Va
bene. Allora inizio io. Volevo solo… Chiederti scusa. Per
non averti creduto, averti insultato e tante altre cose che tu suppongo
sappia
già”.
“Hai
fatto tutta questa strada per dirmi questo? Potevi
lasciare un bigliettino ad un demone a caso”.
“Ci
tenevo a farlo di persona. Prima non credevo ad una sola
parola. Tutta la faccenda di Carmilla e Costantinopoli mi sembrava
inventata
solo per farmi perdere il controllo e le staffe. Ma da quella sera,
quella in
cui ti ho visto le ali, ho iniziato a ricordare. E mi sono sentito
profondamente in colpa. Come avevo potuto dimenticare? Come avevo
potuto non
capire?”.
“Ora
ricordi tutto?”.
“Si.
All’inizio ho avuto paura. Ho provato a parlare con il
Padre ma non è di grandi parole. Non sapevo come fosse
giusto reagire, se
fingere l’indifferenza o affrontare la realtà. Ho
deciso di iniziare da qui. Un
piccolo passo…”.
“Io
non posso considerarti mio padre. Non mi hai
cresciuto…”.
“Lo
so. E non lo pretendo. Ma non voglio ignorare la
faccenda. Parlami di te. Tu di me suppongo sappia già
tutto…”.
“Già… Be'… Io
mi chiamo Keros. Sono un demone vampiro, rubo le
anime agli imbecilli ed erediterò il trono reale. Non penso
ci sia altro da
dire”.
“Keros… Ti
ha chiamato Lucifero così. Vero?”.
“Sì.
Così come ha dato il nome a te…”.
“Ed
è un nome che…”.
“Scusate
se interrompo” irruppe Lucifero, spostando la tenda
di pelli “Keros, ragazzo mio, che ne dici di mostrarmi quel
che in
addestramento ti è stato insegnato?”.
“Molto
volentieri!”.
Il
principe ghignò soddisfatto. Circondati da altri demoni,
nell'arena l’addestramento, re e principe iniziarono a
lottare. Mihael trovò la
cosa a dir poco spaventosa, ma i due combattenti ridevano
divertiti.
“Da
tanto non bevo il tuo sangue” si leccò le labbra
Keros,
afferrando per gioco la coda di Satana.
“Te
lo concedo se riesci a prendertelo!” gli sorrise,
sadicamente, il re.
Le
urla degli spettatori si facevano sempre più alte e
incalzanti. Keros era in difficoltà, stava lottando contro
il più forte dei
demoni, ma determinato a dimostrare le sue capacità. Il
sovrano notò i
miglioramenti, complimentandosi. La rissa continuò ancora
per parecchio, fra
l’entusiasmo dei cadetti.
“Ho
una proposta per te” ansimò Lucifero, dopo aver
atterrato
Keros ed avergli concesso qualche goccia di sangue “Stammi a
sentire…”.
Ciao
a tutti! Ci
tenevo a ringraziare chi ha seguito la storia fin qui e chi si
è unito alla mia
pagina fb. Al prossimo mese!!!