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Autore: afterhour    29/10/2017    6 recensioni
In un universo alternativo solo parte degli Uchiha è stata sterminata, e Sasuke è cresciuto con suo fratello all'interno del distretto, con il dubbio, mai del tutto soppresso, che ciò che gli è stato raccontato in proposito sia solo una bugia.
Alcune verità è meglio non vengano svelate mai, dicono, e forse è vero, ma non si può fingere per sempre di non vedere le ombre del passato, perché sono già dentro di noi.
Sasusaku, Alternative Universe.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danzo Shimura, Itachi, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Eccomi qua! (Ancora non ci siamo con gli spazi dell'html, ma ormai neanche ci provo più).

Il capitolo è lungo, ed alla fine ho aggiunto anche una parte dal punto di vista di Sakura, non tanto per par condicio, ma perché ho a disposizione ancora poco tempo e devo condensare parecchie cose.

Il prossimo è l’ultimo capitolo, e un po’ mi dispiace, ma al momento non ho nessuna idea per un capitolo di epilogo. :/

Come sempre un enorme grazie a chi sta seguendo tuttora la storia, e ancora di più a chi recensisce (avevo dimenticato quanto fosse stressante pubblicare!😅).
 

Buona lettura!

 

 

 

 

 

8. Qualsiasi decisione è sbagliata

 

 

 

 



Sakura dorme con lui, mentre Naruto si è piazzato con un futon nella camera accanto.

Non è mica contento di quella cosa, borbotta in riferimento alla loro sistemazione, Sakura merita un trattamento più ufficiale e decoroso, sostiene.

 

Lo pensa anche lui, ma vuole averla vicina, e vuole fare l’amore con lei, e al momento se ne frega altamente di quello che possono obiettare alcuni, o anche tutti i membri del clan.

 

Sasuke ha inviato una nota a suo fratello in cui spiega a grandi linee la situazione, o almeno quella parte di situazione di cui ritiene necessario informarlo per giustificare quella strana convivenza, e, sorprendentemente in fretta, passano cinque giorni di prigionia autoimposta all’interno delle mura del clan. 

Anche di riposo, finalmente, aggrovigliato a lei in lunghe notti tranquille. 

Non ha mai dormito così tanto, e da sveglio non ha molto tempo per pensare con loro tre forzatamente sempre insieme, ma deve ammettere che Sakura è una presenza preziosa, e Naruto non è così male: dietro l’eccesso di entusiasmo e faciloneria si nasconde la persona sincera ed affidabile che ricordava. 

 

Relegati lì non hanno niente da fare: gironzolano per il quartiere, si esercitano in semplici tecniche di taijutsu in riva al lago, ed in casa eseguono le mansioni più banali, quotidiane: puliscono, fanno la spesa, cucinano. Nessuno di loro è un granché nelle faccende domestiche, ma si arrangiano, ed è persino rilassante ritrovarsi tutti e tre in cucina cercando di imbastire qualcosa di commestibile.

 

Per lo più parlano del passato comune all’accademia, di stupidi aneddoti che pensava di avere rimosso, oppure della situazione attuale.

Naruto propone soluzioni pacifiche, improbabili, e sembra convinto che si possa sistemare ogni questione parlando, spiegandosi.

Sakura è silenziosa in quei momenti, ma ogni tanto la coglie a guardarlo pensierosa, piena di tenerezza.

 

Lui non commenta e persegue la ricerca della giusta decisione tentando di ordinare le priorità nel modo giusto, nel modo in cui sa devono essere ordinate.

 

Benché parlino poco dell’origine della situazione che si ritrovano a vivere, in Naruto, come in Sakura, c’è spesso un’ombra di indignazione che non è rivolta verso gli Uchiha, solo verso i capi del villaggio.

E’ qualcosa per cui prova un’imbarazzante gratitudine.

 

Un paio di volte Mira riesce a raggiungerli. 

Sembra felice di avere nuovi compagni di gioco, e le piacciono sia Sakura che Naruto, forse anche troppo: è quasi geloso, sarebbe geloso se non fosse che vedere Mira felice rende felice anche lui.

 

La notte si chiude in camera e fa l’amore con Sakura.

Lei si abbandona piena di passione ai suoi baci affamati, al tocco delle sue dita impazienti, e in cambio gli offre una bolla temporanea in cui placare il caos dei pensieri, ed una devozione che non riesce a dissimulare, che neppure prova a dissimulare. A volte, mentre si prende il suo corpo come si è preso tutto il resto, come si è preso il suo cuore, i suoi pensieri, e persino la tranquillità della sua vita equilibrata, prova un desiderio tale di proteggerla, di renderla felice, che tutte le priorità si confondono di nuovo, e deve ricominciare daccapo.

 

Suo fratello non si vede, ed è meglio così. Non sa ancora come affrontarlo ed è penosa persino la prospettiva di vederlo, di incrociare quello sguardo che maschera ogni pensiero, qualsiasi emozione, o pena. 

Fatica a tenere a bada i pensieri in quei giorni, ed ogni particolare può risvegliare ricordi dolorosi: spesso, anche quando cammina per le strade del suo quartiere, della sua casa, prova un improvviso disagio, e allora ogni angolo, ogni persona incontrata, diventa fonte di sofferenza, incertezza, e una velata vergogna.

 

E’ questo che siamo, metà traditori, metà fratricidi?

Meglio traditori, pensa, mentre constata amaro che si ritrova ancora pieno di domande: per quale motivo suo padre, sua madre, così dolce, volevano ribellarsi?

 

Ha trovato ben poco al riguardo tra i documenti concernenti la strage, solo nudi fatti o congetture spacciate per tali, e sa di non poter rimandare ancora a lungo un incontro con suo fratello.

 

Quella sera, dopo che ha fatto l’amore con lei, perché perdersi in lei è una delle poche cose che lo mantiene intero in quei giorni, le bacia le labbra un’ultima volta e le dice di aspettarlo.

 

Lei annuisce.

In quei giorni non parlano molto tra loro quando sono soli, e vorrebbe farle capire quanto sia preziosa la sua presenza silenziosa.

Non sa spiegarglielo a parole, così fa l’amore con lei ogni volta come se fosse l’ultima, in un goffo tentativo di mostrarle la sua gratitudine.

 

Ora attende Itachi in cucina: sa che in qualche modo lo sentirà e verrà, come sempre.

 

Quando arriva ha già versato nelle tazze il loro the preferito, quello che preparava la mamma, e sta aspettando che il suo si raffreddi seduto in tavola.

 

Itachi si mette al solito posto, di fronte a lui.

 

 — Come stai? — gli chiede studiandolo.

 

 — Bene. Tu? —

 

 — Bene —

 

Sa di mostrare un viso stanco e tirato, ma quello di suo fratello è solcato da occhiaie particolarmente profonde, e manca del consueto perfetto controllo: al di sotto dell’impassibilità emerge a tratti un violento tormento che ora è in grado di comprendere perfettamente.

Non riesce comunque a perdonarlo, non ancora.

 

 — Volevo delle delucidazioni — chiarisce con distacco.

 

 — Lo immaginavo —

 

Così gli chiede della rivolta.

Innanzitutto vuole sapere se è vero che suo padre, in quanto capo del clan, la progettava, e quando riceve la conferma vuole capire qual è il motivo che si cela al di sotto, da dove è generata quell’esigenza di rivalsa che sembra così sbagliata.

Vuole la verità, sottolinea, anche a costo di scoprire che si è trattato solo di sete di sangue.

 

Itachi narra che gli Uchiha, pur essendo tra i fondatori del villaggio, non hanno mai goduto di un vero potere politico all’interno dello stesso. Racconta del sospetto con cui venivano guardati dal secondo hokage, e della conseguente creazione del distretto che presto si è rivelato una specie di ghetto che li relegava ai confini del villaggio. Il ruolo di polizia interna li ha isolati ancora di più, spiega, e li ha resi invisi agli altri clan, che esecravano qualsiasi ingerenza esterna. Dopo l’attacco della volpe a nove code la situazione è precipitata: molti li sospettavano coinvolti, nonostante anch’essi avessero subito perdite, e da allora gli Uchiha si sono ritrovati esclusi permanentemente dalle leve del comando. All’epoca non gli era neppure permesso di arrivare ai ranghi più alti delle unità Anbu: nessun Uchiha veniva mai messo a capo di una cellula.

E’ in questo clima che il malcontento si è concretizzato ed è sfociato nella progettazione di una rivolta, un’idea sbagliata e pericolosa, che avrebbe portato ad una guerra intestina, a morte e distruzione.

 

 — Ma c’erano delle trattative in corso, vuol dire che c’era la volontà di trattare — obietta lui.

 

 — Ad un certo punto non è più stato possibile, e Danzo ha impartito l’ordine finale. Pensavo fosse l’unica soluzione possibile, la meno cruenta —

 

Sasuke non ha un verdetto per lui, né di condanna né di assoluzione, riconosce solo l’orrore della soluzione che è stata trovata, e l’ingiustizia intrinseca della situazione.

Sa che non avrebbe mai fatto la scelta di Itachi, magari sbagliando ancor di più, magari sporcandosi le mani del sangue di un maggior numero di gente innocente, ma non avrebbe mai messo il villaggio sopra la propria famiglia: in fondo, comprende, neppure lui, come Sakura, è un ninja perfetto. 

 

  — …non ti chiedo di perdonarmi, è un tormento che mi porterò sempre dentro — continua Itachi. Prende la tazza di the, la solleva, e la ripone senza neppure assaggiare.

— Cos’hai deciso di fare al riguardo? — chiede invece.

 

 — Ho un’idea, ma sto ancora valutando i pro e i contro — 

 

 — Qualsiasi sia la tua decisione, l’appoggerò —

 

E’ un po’ come passare a lui il fardello, ma gli va bene, è un fardello che ha sollecitato lui stesso ed è disposto a sopportare.

 

Non rimane più niente da chiarire, e presa ognuno la propria tazza sorseggiano il the insieme, in silenzio.

Si è raffreddato ormai, pensa lui, e non è buono come quello che preparava sua madre.

Dovrà considerare anche i suoi, dovrà chiedersi cos’è il meglio anche per loro, per la loro memoria, soprattutto dovrà considerare il futuro del clan, il futuro di Mira, dei figli che un giorno, forse, anche lui avrà.

 

Quello che lui desidera non ha importanza, neppure ciò che è giusto, e ormai sa che qualsiasi decisione lascerà l’amaro in bocca, perché non ne esiste una giusta o sbagliata. Sono tutte sbagliate in un modo o nell’altro.

 

Itachi se ne va poco dopo, la schiena dritta nonostante il peso insopportabile, come si richiede ad un Uchiha, e lui sta per tornare a dormire, o a fare l’amore, quando riceve uno dei messaggeri di carta di Sai. 

 

Dice che sono tutti in pericolo, che Danzo ha convinto gli anziani a destituire Kakashi, che potrebbe diventare lui il prossimo Hokage.

Non è sorpreso: probabilmente ha usato l’occhio di Shisui, che è in grado di modificare e controllare i pensieri. 

 

Devono trovarsi tra meno di un’ora nel distretto degli Hyuuga, e Sasuke sveglia Sakura con un bacio, e Naruto con un calcio.

 

Non è preoccupato, perché ha deciso finalmente cosa fare.

 

Un’ora più tardi sono tutti lì, compreso Kakashi. 

La tensione è palpabile nelle voci concitate, negli sguardi sospesi tra l’incredulità e l’incertezza, mentre ogni tanto qualcuno lo guarda di sottecchi.

 

 — La situazione sta precipitando — comincia Kakashi senza più nemmeno l’ombra di quella sua aria sorniona — dobbiamo prendere qualche decisione e formulare un piano, in fretta. Qualche idea? Shikamaru? —

 

 — Io ho già preso la mia decisione, e credo di avere la soluzione — lo interrompe Sasuke tastando il sassolino di Mira che tiene ancora in tasca.

 

Si voltano tutti a guardarlo, in attesa, mentre Sakura gli prende improvvisamente l’altra mano e la stringe, come ha già fatto durante l’ultimo incontro. 

Lui stacca la sua, ma sa che lei sarà con lui qualsiasi sia la sua scelta, e le sarà sempre grato per questo.

 

 — Ho deciso di non rendere pubblico ciò che abbiamo scoperto: sarebbe destabilizzante, e più negativo che positivo per la mia gente —

 

Ha pensato alla memoria dei suoi, all’impatto che la divulgazione della verità potrebbe avere sulla vita e il prestigio di Itachi, il capo clan, e un fratello cui non riesce a non volere bene nonostante tutto, ma sopra ogni cosa è stato il pensiero di Mira che lo ha portato a questa decisione, il desiderio di lasciarla crescere nell’ambiente più sereno possibile, con un padre da amare senza ombre. In questo, solo in questo, riesce a capire cos’ha spinto suo fratello a tenerlo all’oscuro.

 

Nessuno commenta, e Kakashi appare visibilmente sollevato.

 

 — Allora parlerò con Danzo, cercherò di… —

 

 — No. Non ho ancora finito — lo interrompe — Mi occuperò io di Danzo, con o senza autorizzazione. Non solo perché è giusto che paghi per ciò che ha fatto: non gli permetterò di andarsene in giro con quegli sharingan impiantati, e non posso lasciarlo vivo, è una minaccia per me, il mio clan, e voi —

 

Se deve agire senza autorizzazione, persino da ninja traditore, non si tirerà indietro, ma forse, spera, non sarà necessario.

 

Neji annuisce, Shikamaru sembra soddisfatto, l’hokage fissa a terra pensieroso, e gli altri si limitano a non commentare, ma lo guardano con un’espressione dura, determinata, di approvazione.

Solo Sakura sembra preoccupata.

 

 — Devi farlo presto — interviene Shikamaru — e non qui, bisogna attirarlo fuori dal villaggio. Così sarà più facile coprire ogni cosa — conclude rivolto a Kakashi — Sosterremo che è rimasto ucciso da ninja ignoti, diciamo che è il karma —

 

Qualcuno si lascia sfuggire una risatina nervosa, e tutti iniziano a confabulare tra di loro, a gruppetti, mentre Shikamaru discute con l’hokage.

 

Naruto decide che è giunto il momento di dargli una pacca sulla spalla, irritandolo, e Sai si avvicina con quel suo sorriso inquietante.

 

 — Sei sicuro di batterlo? — gli chiede — Tu hai solo due occhi in fondo —

 

 — Sono sicuro —

 

 — E poi lo aiuto io! — interviene Naruto.

 

 — Ed io — aggiunge Sakura con fermezza — non sognatevi neanche di considerare l’idea di lasciarmi indietro —

 

 — Ne parliamo dopo — taglia corto lui, pensando che non ha nessuna intenzione di coinvolgerli in qualcosa che può ancora concludersi in un disastro. 

 

Poco dopo Kakashi comunica ai presenti che è deciso: inviterà Danzo ad un colloquio privato al di fuori del villaggio per chiudere definitivamente la faccenda. 

Si dice convinto che l’offerta verrà accettata senza indugio, ma non nasconde l’espressione preoccupata. 

 

Al contrario Sasuke è finalmente sereno, perché la decisione è presa, e il percorso è chiaro: non ha paura, presto ucciderà Danzo e tutto sarà finito.

 

Per gli altri è diverso, non è una questione personale per loro, e legge una forte tensione negli sguardi, negli atteggiamenti.

____________________________________________________________________________________________________________

 

Sakura è appena entrata in camera, in quella che sta dividendo con lui da diversi giorni ormai, e pensierosa lo osserva chiudere la porta dietro di sé.

 

E’ tardissimo, non manca molto all’alba, ed è meglio sfruttare quelle poche ore di sonno rimaste, se ci riesce.

Si è rilassata troppo in quei giorni, si è adagiata scioccamente nella pace illusoria che quella parentesi dorata (al cui interno, solo perché erano assieme, tutto pareva possibile, persino facile) ha creato. Adesso sono di nuovo in piena emergenza, e deve pensare ad un piano, in fretta: Sasuke ha appena comunicato a lei, e agli altri, che vuole affrontare Danzo da solo, che deve affrontarlo da solo, che spetta a lui oltre a rappresentare la soluzione migliore per tutti.

Kakashi ha approvato, ma non va bene così.

Lei sa che non va bene così.

 

Ha già una mezza idea in proposito, un mezzo piano, deve solo perfezionarlo e trovare il modo per parlarne con Naruto di nascosto: non crede che Sasuke apprezzerà, ma ci sono cose più importanti della sua approvazione, e la sua vita di sicuro è una di queste.

 

 — Vai pure tu in bagno, io aspetto — gli dice seria, sbirciandolo appena.

 

 — Non preoccuparti per me — le replica mentre si sfila la maglia di dosso, perché sa leggerla come nessun altro.

 

Fosse facile.

 

Si siede sul bordo del letto e lo guarda entrare in bagno ancora tesa, pensierosa, poi richiama una lumachina e le affida un messaggio da portare a Naruto, nella stanza accanto.

 

 — Attenta a non farti scoprire — sussurra dopo averla ringraziata.

 

Nel frattempo si volta a controllare la porta accostata del bagno, per accertarsi che lui non si sia accorto di nulla. Sente l’acqua scorrere, ma non vuol dire: Sasuke è intelligente ed estremamente attento. Spera sia troppo preso dai propri pensieri per sospettare qualcosa, in ogni caso è fatta, non vuole più pensarci. Ci penserà domani.

 

E’ così stanca ora, ha sonno, e tutta la tensione di quei giorni, e dei giorni che verranno, se la sente premere sul petto.

Se per lei è un peso gravoso, non sa immaginare cosa possa essere per lui, come deve essere portare sulle spalle il peso di quel passato oscuro, e di una decisione così difficile.

E’ talmente stanca che quel pensiero le inumidisce gli occhi.

 

E’ ancora lì seduta quando lo vede uscire dal bagno: ha solo un asciugamano addosso, arrotolato precariamente in vita, e con un altro si tampona i capelli bagnati.

 

Lo ammira in silenzio, e il fuoco del suo sguardo le genera un brivido sulla pelle che cancella ogni altro pensiero. 

Sarà uno dei ricordi più belli, fare l’amore con lui, o anche solo giacere nuda tra le sue braccia, le loro membra allacciate in un nodo che li avviluppa languido. Sentirsi avvolta in quella sicurezza effimera, incantata, schermata dal mondo esterno.

Chissà cosa sarà di loro tra pochi giorni, quando in un modo o nell’altro tutto finirà.

Lei tornerà a casa, finalmente libera dall’ombra di tutti quegli intrighi, da pericoli incombenti e sospetti destabilizzanti…ma loro due? Cosa sarà di loro due?

Gli Uchiha gli imporranno di lasciarla? 

 

E’ probabile.

 

E’ un tarlo che le rode il cuore e le avvelena i pensieri, e non l’annienta solo perché ancora non concepisce che possa finire così, ma è lo scenario più realistico, inutile negarlo, e non sa come potrà separarsi da lui e rimanere intera.

Non importa, si dice, e serra il suo inutile cruccio dentro di sé, perché non può trasformarsi in un altro problema per lui, non vuole diventare un’altra scelta crudele.

 

Sasuke si avvicina, e lei fa scorrere lo sguardo sulla sua pelle; scivola giù, come la goccia d’acqua che sta scendendo sul suo torace, lungo quello splendido corpo che le è diventato così familiare, indispensabile ormai, le pare.

E’ consapevole dei suoi occhi brucianti che la scrutano, e avverte ancora quel fremito che cancella il tempo e lo spazio circostante.

 

Si alza in fretta dicendosi che non è proprio il momento di pensare alla carne, ma lui si è già spostato di fronte a lei e le sue dita la toccano, le accarezzano lentamente la spalla, il collo, la linea del viso, irradiando piccoli brividi che si espandono sulla spina dorsale, fino al ventre.

 

Sarebbe meglio andare, ma ancora indugia, ebbra della sua vicinanza, e lo guarda negli occhi senza nascondere il suo desiderio, tantomeno il suo amore. Caccia il pensiero importuno che sia temporaneo, quella paura, più assillante man mano che si avvicina la fine, di non poterlo avere mai più, di tornare a vederlo da lontano, un’ombra irraggiungibile. 

 

 — Cosa c’è — 

 

 — Sono solo stanca — risponde distogliendo lo sguardo; non è esattamente una bugia, solo una mezza verità — Vado in bagno — aggiunge sospirando.

 

Lui la trattiene per la spalla.

 

 — Sei arrabbiata? — le chiede scrutandola.

 

Non è arrabbiata, o forse sì, è difficile venire a capo delle proprie emozioni in quel momento.

 

 — Non sono arrabbiata, ma neppure contenta — prova a spiegare — …sai come la penso, non è giusto che affronti Danzo da solo — 

 

 — Sono problemi miei, devo affrontarli da solo —

 

Lo sa che lui è così, che non confida in nessuno se non se stesso, ma adesso è troppo stanca per controllare il fastidio che questo suo lato le suscita.

 

 — Pensi e agisci sempre come se fossi da solo — sbotta frustrata — …magari è la scelta migliore in prospettiva, ma abbiamo condiviso così tanto, e siamo ancora qui, insieme, anche se per poco —

 

Lui non risponde, e per un istante il terreno perde solidità e in un punto preciso del cuore le si apre uno spazio vuoto, un presagio della solitudine che arriverà: così si sentirà presto, così deve finire, lo sapeva fin dall’inizio.

 

 — Va bene, capisco — mormora solo.

 

 — …Sakura…ascolta… — le dice lui sfiorandole i capelli — dopo, quando tutto questo finisce, chiederò a Kakashi il permesso di andarmene via per qualche mese: ho bisogno di stare lontano da tutto —

 

 — Ah — fa irrigidendosi e spostando lo sguardo sulla parete di fronte — Capisco. Mi sembra una buona idea — 

 

Si sforza di mantenere ferma la voce, non vuole mostrare alcuna debolezza, a qualcosa saranno serviti, no?!, tutti quegli anni sprecati a tentare di contenere le proprie emozioni, ad essere un ninja migliore.

Ma è così difficile incontrare i suoi occhi quando le prende l’ovale del viso nel palmo della mano e la costringe a guardarlo.

Si sente avvolgere da quel fuoco nero, e c’è qualcosa nella sua espressione, una dolcezza e un calore che contraddicono le sue parole e la lasciano sospesa. Lo fissa ammaliata, così innamorata, e sente frastornata il tocco delle sue dita sulla fronte: riconosce l’intimità di quel gesto d’affetto, ma non capisce a cosa alluda.

E’ ancora più difficile quando lui appoggia le mani sui suoi fianchi e l’attira a sé.

— …mi aspetteresti? — le sussurra all’orecchio.

Le sembra di percepire il calore del suo corpo e le arriva alle narici il profumo dello shampoo che ha appena usato; le sue labbra indugiano sulla pelle delicata del collo, le sue parole la inchiodano a quel momento, a quell’emozione, e le ci vuole qualche secondo per registrare la domanda, per capire appieno il suo significato.

 

 — Io…Sas’ke — balbetta infine — …non è temporaneo? Non siamo temporanei noi due? — 

 

Lui solleva la testa.

 

 — Tu pensi che lo siamo? — ribatte.

 

 — Non è così? —

 

 — Non sei temporanea. Non lo sei più da tempo  —

 

— Ma…il clan? —

 

— Non mi importa di clan, leggi, o patrimoni genetici — le carezza la guancia e indugia con le dita tra i suoi capelli —…siamo solo io e te, se tu mi vuoi —

 

Non risponde subito, e per una frazione di secondo si bea dell’incertezza che gli legge nel volto, una piccola vendetta infantile, poi gli circonda il collo con le braccia, il cuore che batte turbinoso nel petto.

 

  — Ti voglio — risponde decisa — Ti amo — aggiunge serena.

 

Perché lo ama così tanto, non gliel’ha dimostrato abbastanza? Ed è tutto ciò che desidera, la possibilità di offrirgli intero quell’amore che ha provato invano a comprimere dentro di sè, che le gonfia il cuore per il bisogno di uscire ed espandersi fino a lui. 

Un amore che non fa male, giura a se stessa, privo di sensi di colpa, ricatti, o rimpianti, senza ombre. 

 

E per il resto…non sarà facile lottare contro le leggi del clan e del villaggio, anche quelle non scritte, ma non teme le difficoltà, non potrà essere peggio di ciò che stanno affrontando, e saranno insieme, le affronteranno insieme.

 

Lui adesso le bacia il collo a quel modo, preme addosso a lei inondandola della sua presenza, della fisicità del suo corpo e di tutto ciò che racchiude, dei suoi pensieri così diversi dai suoi, del suo passato, del suo presente, che lo rendono quello che è. 

 

 — Mi aspetterai? — le chiede di nuovo.

 

 — Ti aspetterò — dichiara quando lui solleva il volto per guardarla — ma ti prego, non farmi aspettare tanto —

 

Si fissano negli occhi e non c’è più bisogno di parole: tutto il resto, i dubbi, l'emergenza del momento, scompare.

Gli sorride mentre il cuore sussulta di gioia per quel nuovo futuro che si schiude, e lui risponde con un sorriso suo, stupendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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