1.
Holovox
By
Lily
Era una classica giornata di Autunno per la città di Luminopoli, le foglie degli alberi che decoravano le vie principali si tingevano di rosso, il cielo era coperto da un immenso manto grigio e la pioggia scendeva a catinelle nei momenti meno opportuni. Il clima di metà stagione non impediva alle persone di affollare le strade, le strutture pubbliche continuavano le loro attività senza mai fare una sosta e, le zone riservate alla natura o che si trovavano in prossimità della grande torre, brulicavano di ragazzini intenti a giocare con i loro amici Pokémon e famiglie occupate a visitare i negozi più in voga della capitale.
Fumavo una sigaretta vicino ai cassonetti della spazzatura quando notai un riflesso in lontananza, era vicino allo sbocco che si affacciava sulla parte più misteriosa e intricata di Luminopoli, quella che si collegava ai molteplici labirinti di vicoli oscuri che traboccavano di criminalità e sporcizia varia, non invidiavo per niente gli allenatori che si tuffavano in quel lago di degrado solo per provare l'ebrezza del pericolo, fin da bambino ero sempre stato un tipo tranquillo e con la testa sulle spalle, per me non era divertente l'idea di sfidare la sorte o di gettarmi in direzione dei guai senza pensare alle conseguenze. Ma non potevo resistere alla curiosità, perciò mi avvicinai con cautela in direzione del bizzarro luccichio e mi chinai per analizzare il misterioso oggetto. Si trattava di un Holovox di buona fattura e di un fucsia fluorescente immerso nell'acqua di una pozzanghera, dall'aspetto si capiva che era appena uscito dalla scatola, ma l'ampio schermo era rotto a causa di un'ipotetica caduta e ciò lo rendeva inutilizzabile. Raccattai l'aggeggio elettronico per analizzarlo mentre mi concedevo gli ultimi tiri della sigaretta, cominciai a rigirarlo tra le dita per vedere se era possibile accenderlo o risalire alla persona che l'aveva smarrito, solo allora i miei occhi entrarono in contatto con una scritta a pennarello che macchiava la parte posteriore.
“Lucy”.
Per un attimo cercai di fare mente locale e di collegare il nome a un possibile volto, questo procedimento risultò inutile sul nascere visto che la caffetteria mi metteva in contatto con un numero spropositato di gente. Ero sul punto di metterlo in tasca e di tornare alla mia postazione quando questo cominciò a tremare nella mia mano, il vetro si illuminò per una manciata di secondi. Di sicuro era il proprietario, perciò schiacciai il pulsante centrale per rispondere alla chiamata.
«Pronto?»
Passai
il resto della serata senza spiccicare parola e a lavorare per
distogliere la mia attenzione da quello che era successo nel vicolo,
appena Wenona provava a infilarsi nella discussione cercavo un motivo
valido per allontanarla, il tutto senza suscitare il minimo sospetto.
Non volevo coinvolgerla in una situazione che reputavo bizzarra e
insensata, credevo che la mia fosse una semplice suggestione e che
dovevo contattare la proprietaria per rintracciarla e renderle
l'oggetto smarrito. Eppure c'era una parte di me che non voleva dare
retta al mio istinto da uomo maturo, si rifiutava di entrare in
comunicazione con quella voce e sentiva il bisogno di sbarazzarsi
dell'apparecchio in questione.
«È
tutta la sera che ti comporti in modo strano, per caso hai visto un
fantasma e non me lo vuoi dire?»
«Non saprei, ho risposto ma dall'altra parte non si sentiva niente».
Non
era piacevole trascorrere le serate nel retrobottega della
caffetteria, il quartiere circostante diventava buio e silenzioso
quando l'orologio si avvicinava alle undici di sera, creando
un'atmosfera sinistra e inquietante capace di piegare anche l'animo
più coraggioso del creato. La luce dorata del lampadario
illuminava
solo una piccola parte dell'ampio locale in cui mi trovavo, decorato
per lo più da mobili ingombranti e vari scaffali di legno
nero.
Tutto questo non era molto utile per rassicurare il mio cuore che
diventava sempre più irrequieto, la penombra che riempiva i
vari
angoli della stanza mi impediva di controllare la porta del
magazzino, tenendo fuori dalla mia portata anche l'uscita chiusa dal
maniglione antipanico e che si poteva aprire solo dall'interno. Una
finestra occupava il muro posto alla mia sinistra e mi teneva unito
al mondo esterno, i lampi che schiarivano il cielo notturno mi
facevano comprendere dell'arrivo imminente di un temporale, il clima
autunnale era impossibile da prevedere e questo mi faceva pentire di
essere uscito di casa senza l'ombrello. Dai vetri appannati penetrava
il tenue bagliore bianco del lampione, lo stesso che da svariati anni
aveva il compito di fare luce sull'incrocio che collegava il vicolo
posteriore alla strada principale, le prime volte in cui lavoravo
nella caffetteria mi piaceva donargli la figura di una guardia
silenziosa, che portava avanti la sua unica mansione senza badare
agli avvenimenti che accadevano al calare del sole. La sua presenza
mi donava compagnia e mi tranquillizzava, appena i miei occhi
finivano sul fascio bianco riuscivo a controllare le mie emozioni
personali e mi chinavo sul pesante schedario per concludere il mio
operato e tornare a casa prima della mezzanotte.
Ma non era
l'unico oggetto in grado di infondermi il benessere che cercavo, per
l'occasione tenevo acceso il minuscolo televisore dall'aspetto
diroccato e malconcio, prima di mettermi a sedere l'avevo
sintonizzato sul programma televisivo più in voga degli
ultimi
cinque anni, era mia abitudine quella di crearmi un sottofondo
pacifico per tenermi compagnia durante le ore di solitudine.
In
quel momento ero appollaiato su uno sgabello traballante per stare
difronte al tavolino improvvisato, la testa iniziava a farmi male a
causa delle ore passate a scrivere numeri e lettere varie, ero
situato nell'angolatura che mi permetteva di individuare il salone
principale della caffetteria e dietro di me c'erano gli armadietti in
ferro che utilizzavo per dare un sostegno alle mie spalle stanche. Il
grande manuale riempiva il tavolo da lavoro ma, nell'angolo
più
remoto, avevo installato il mio computer portatile munito di una
connessione eccellente. Era mia abitudine quella di portarmelo a
lavoro per utilizzarlo durante la pausa pranzo, in quel modo avevo la
possibilità di continuare a scrivere la mia tesina di laurea
senza
avere pensieri o tornare a casa a tutti i costi.
Sospirai
e tornai a sudare sulle pagine rimaste bianche, quella situazione non
mi piaceva per niente e non vedevo l'ora di concludere per rifugiarmi
nella sicurezza del mio appartamento. Ma tutto sembrava essersi messo
contro di me, proprio allora il mio Holovox cominciò a
suonare
all'impazzata.
Controllai lo schermo lampeggiante con uno sbuffo,
era un mio caro amico.
«Mi dispiace, ma sono rimasto bloccato sul lavoro».
«Va bene...come vuoi. Io comunque sono rimasto fuori casa, ti scoccia se passo a trovarti per scroccarti una birra?».
«Puoi provarci, ma non ti assicuro niente riguardo alla reazione del mio principale».
«Sei sempre il solito perfettino, ci vediamo dopo».
Chiusa
la telefonata la mia attenzione tornò immediatamente
sull'inventario
e, dato che il programma televisivo cominciava a darmi sui nervi,
agguantai il telecomando per fare un po' di sano zapping. Non c'era
niente di interessante al di fuori della fascia oraria, durante la
notte di Halloween solo i film più osceni della storia del
cinema
avevano la possibilità di andare in onda.
Sospirai e mi
sintonizzai sul notiziario della mezzanotte.
Il Coroner non ha rilasciato molte dichiarazioni a riguardo ma, l'assenza degli effetti personali della giovane vittima, fa passare l'accaduto come una rapina finita nel sangue. Non è la prima volta che un fatto del genere sconvolge i cittadini di Luminopoli, molti sono gli allenatori che hanno incontrato esperienze simili dopo aver messo piede nei vicoli più apparati della capitale”.
La
voce della giornalista cominciava a diventare un eco lontano e
sinistro per le mie orecchie, il nome di quella ragazza mi faceva
ripensare all'Holovox che avevo rinvenuto vicino ai bidoni
dell'immondizia. Se quella storia era vera, allora ero entrato in
possesso di un oggetto utile per le indagini. Eppure non riuscivo a
non dimenticare la chiamata che avevo ricevuto, ricordavo
perfettamente la voce femminile provenire dall'altro lato della
cornetta, era impossibile dimenticare il tono acuto e sofferente che
ero riuscito a intercettare nonostante il segnale disturbato. In
qualche modo avevo sentito l'ultimo respiro esalato dalla povera
vittima.
Un brivido cominciò a percorrere la mia schiena, era
impossibile e irrazionale. Agguantai il telecomando per spegnere la
televisione e mi alzai dallo sgabello per andare dietro al bancone
della caffetteria, avevo bisogno di eliminare l'accaduto una volta
per tutte ed ero vicino allo scaffale degli alcoolici quando un
rumore assordante cominciò a provenire dal vetro della
finestra sul
retro. Il mio respiro diventò più affannato del
normale, ma era
meglio non lasciarsi travolgere dalla suggestione e affrontare la
situazione come un uomo maturo e dedito alla scoperta scientifica. A
quanto pare quel brutto rumore era opera del mio amico, forse era
arrivato prima del previsto e cercava di provocare quel rumore per
spronarmi ad aprire. Afferrai la birra che gli avevo promesso e
avanzai verso il retrobottega ma, arrivato sulla soglia della porta,
qualcosa mi bloccò così tanto da farmi scivolare
la bottiglia dalle
mani e che si frantumò a contatto con il pavimento. C'era
qualcuno
che mi fissava oltre al vetro della finestra.
Ero
sul punto di muovermi quando qualcosa dentro alla mia tasca
cominciò
a tremare, infilai la mano dentro al taschino per recuperare
l'oggetto che provocava così tanto disturbo. Lo guardai, era
l'Holovox dallo schermo danneggiato.
Senza rendermene conto avviai
la telefonata e lo posai contro all'orecchio.
Ascoltavo
quelle parole e tenevo lo sguardo incollato contro alla finestra,
quella creatura era sempre lì e i capelli si discostavano
dal viso
per permettermi di intravedere il volto martoriato della singolare
apparizione.
«Fa dannatamente male!».
La
voce gutturale e soffocata
prendeva il sopravvento, il mio cuore cominciò a battere
all'impazzata nel petto e per me era impossibile muovermi.
Il
terrore più grande mi assalì quando notai che
quello era soltanto
un inutile riflesso.