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Autore: Luxanne A Blackheart    29/10/2017    2 recensioni
"Noi due siamo uguali, anche se diversi, Zafiraa. Siamo uguali perché siamo stati rinnegati. Siamo diversi perché distruttivi in modo differente: tu come la neve, io come il fuoco."
Zafiraa ha diciotto anni e due problemi. È albina e una piratessa, una delle più temute ed odiate dei sette mari. Fattori questi che rendono il sopravvivere,  in una società fortemente maschilista e  superstiziosa, molto difficile.
Zafiraa ha un rivale che cerca di catturarla, direttamente imparentato con il sultano, che la vuole morta dopo il torto subito.
Ma non appena le loro spade affilate si incontreranno, capiranno di essere due animi affini i cui destini e passati sono fortemente collegati fra di loro.
Sono neve e fuoco.
Sono rinnegati dalla stessa terra.
Sono un uomo e una donna che non hanno un posto nel mondo e che cercheranno di crearselo. Insieme, separatamente, chi può dirlo?
L'importante è che due occhi verdi da cerbiatta e capelli rossi come il fuoco non muovano le carte in tavola, girandole a proprio favore. Perché il tempo passa per tutti, ma le abitudini restano.
Segreti mai rivelati, bugie, odi repressi e amori proibiti e immorali... siete pronti a rientrare a Palazzo Topkapi e vivere una nuova avventura?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
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Roxelana è incinta. E' mio. Siamo spacciati. Credo che sia la notizia più bella di tutta la mia vita, ma allo stesso tempo non doveva accadere. Se solo il bambino dovesse nascere e dovesse anche solo lontanamente somigliarmi, io e lei saremmo morti; la furia di Selim ci seguirebbe fino alla tomba. Devo trovare un modo. Questo bambino, agli occhi del mondo, non deve nascere.
Ho fatto anche un sogno strano oggi... Ho sognato una ragazza dai lunghi capelli bianchi e ho questa sensazione strana, che ella sia mia figlia. Roxelana è stata maledetta dalla strega e anche i suoi figli. La morte aspetta lei e il primo frutto del suo più grande amore... Non sono uno superstizioso, ma dopo il dono di Fiammetta, non so che cosa pensare. Che sia io il più grande amore di Roxelana? Non ho la presunzione di pensarlo, ma lei, per me, lo è e lo sarà per sempre.”


Hurrem si recò in camera di suo figlio Mehmed. Era da fin troppo tempo che non passava del tempo con lui, tra tutte le cose che stavano succedendo e anche perché ormai che stava meglio, Mehmed non passava quasi mai del tempo chiuso fra quattro mura.
Lo trovò steso sul letto con un libro tra le mani, assorto nella lettura. Guardandolo, la donna aggrottò le sopracciglia, le sembrava di averlo già visto da qualche parte.
-Buongiorno, figlio mio. -
-Madre. - Il ragazzo la guardò, chiudendo il libro di scatto e poggiandolo accanto a sé. - Volevo parlare proprio con te. Siediti. -
Hurrem fu spiazzata da quella affermazione, per quel motivo fece come suo figlio le ordinò, trascinando una sedia, accanto al letto del ragazzo. Cercò di controllare il respiro, come faceva ogni volta che i polmoni le davano fastidio.
-Dimmi, amore mio, ti ascolto. - La rossa afferrò la mano del ragazzo, baciandogli il palmo. Era così fragile, così piccolo per soffrire, si meritava solamente l'amore di tutto il mondo. Era il suo bambino, il figlio preferito, la sua prima gioia.
-Di chi sono figlio? -
La sultana divenne ancora più pallida di quanto non fosse nell'ultimo tempo. Perse tutti i colori dal viso e assunse un colorito verdognolo.
-Come, scusa? Ma che domande sono?! - Cercò di mantenere la calma, deglutendo. Come faceva a saperlo?
-Non fare la stupida, madre, perché è l'ultima cosa che sei. - Mehmed si schiarì la voce, leccandosi le labbra. - E da come ti stai comportando, credo che il mio sospetto sia reale. -
-Chi te lo ha detto? -
-L'ho letto sul diario di Ibrahim o dovrei forse chiamarlo padre? -
Hurrem sgranò lo sguardo, portandosi una mano sul cuore. Si alzò, tappandogli la bocca con le mani. Sembrava che qualche demonio l'avesse posseduta all'improvviso. - Abbassa la voce, stupido di un ragazzo! Non lo sai che anche i muri hanno le orecchie?! Se si dovesse venire a scoprire una cosa del genere... -
Mehmed si dimenò, spingendo via la madre; le lacrime che volevano uscire dai suoi grandi occhi, ma che lui cercava di trattenere. L'ultima cosa che voleva in quel momento era mettersi a piangere e Hurrem lo sapeva. Il suo piccolo Mehmed odiava piangere davanti alle persone. Lo abbracciò, , stringendolo proprio come faceva quando di notte, avevano paura dei temporali.
-Tuo padre è il sultano e nessun altro. I figli sono di chi li cresce. -
-Ma se non fosse morto, mi avrebbe cresciuto! E adesso tutta la mia vita è una menzogna. Mi hai rovinato, madre, tu e tutta questa faccenda. Se fossi rimasta al tuo posto, se non ti fossi immischiata con il migliore amico di tuo marito, adesso tutto questo non sarebbe successo! -
-Ma tu non saresti mai nato! -
-E a chi importa! Sono solo un rottame, abbandonato in un angolo, madre! -
-Mehmed, ascoltami... -
-No vattene! Vattene! Non voglio vederti mai più, vattene! -
Mehmed la spinse via, in lacrime. Anche Hurrem lo era e cercava in tutti i modi di accarezzarlo, ma senza successo. Il figlio la respingeva ogni volta.
-Mehmed... -
-Vattene! -
Hurrem lo guardò, ma fece ugualmente come le venne detto.






Bayezid trovò la ragazza da sola a vagare per i corridoi. Fra le braccia reggeva un cumulo di stoffa enorme, più grande di quanto fosse possibile per il suo peso.
-Zafiraa! - La chiamò, facendola fermare. La ragazza gli sorrise innocentemente, inchinandosi. – Da quanto tempo non ci si vede! -
-Ho avuto molto da fare, mio principe. Vostro fratello deve sposarsi e io sono la sua serva, per cui ho molto da fare. -
-Certo, lo comprendo questo. - Bayezid guardò la mano sinistra della ragazza, sull'anulare c'era un anello. Il viso del ragazzo divenne immediatamente paonazzo. Sua madre gli aveva raccontato il vero e non aveva mentito! Quella maledetta serva malata si era sposata con il suo fratellone maggiore!
Fu invaso da una tale rabbia omicida, che in un impeto d'ira scagliò tutta quella stoffa che Zafiraa aveva tra le braccia per terra, la prese per i capelli e la scagliò contro il muro, inchiodandola. La ragazza trattenne il respiro, essendosi fatta male alla schiena.
-Sei solo una piccola puttana approfittatrice E pensare che avrei potuto cadere nei tuoi giochetti! -
-Ma che cosa dite, quali giochetti? - Gli occhi verdi della ragazza lo guardarono; anche lei aveva l'aria parecchio incazzata e stava cercando di dimenarsi in tutti i modi.
-La verità, Zafiraa. Ho visto l'anello e tutti sanno di voi, persino mio padre. Il matrimonio con Fatma sarà anche saltato per colpa di voi due, ma mio fratello Selim sta arrivando dal suo castello per prendere il posto di Mustafà. Adesso è lui l'erede al trono, il primo. -
-Ma che cosa dite! C'è Mehmed prima di lui. -
-Ma fammi il favore! E' solo un povero storpio malato. Non è in grado di essere il prossimo discendente. Quelli come lui venivano uccisi alla nascita. Mio padre ha buon cuore e ha deciso di lasciarlo vivere. -
-E' pur sempre vostro fratello, come potete parlare così di lui! -
-Non m'importa nulla di lui, potrebbe anche morire e non me ne importerebbe niente. Adesso tu vieni con me, mia cara. Ci divertiremo insieme, mentre tuo marito viene brutalmente torturato e poi chissà, magari ammazzato come un animale! - Bayezid rise di gola, avvicinando il naso ai capelli della ragazza e annusandoli. Zafiraa si mosse velocemente, colpendolo con una ginocchiata nell'addome. Cercò di scappare, ma Bayezid piegato dal dolore e in preda alla furia, chiamò le guardie che la circondarono all'istante, colpendola con il manico della spada in testa. Zafiraa cadde come un corpo morto per terra , i capelli banchi si colorarono di rosso.
Bayezid si rialzò, vittorioso e sorrise. O era sua o di nessuno.




Zafiraa era scomparsa. Nessuno l'aveva vista, neanche Mehmed e Alexandros. Mustafà era preoccupato.
L'ultima volta che si erano incontrati era nell'ultimo incontro tenuto, nel quale avevano deciso di agire, avendo le prove che Hurrem non era stata fedele a suo padre e anche che avesse generato dei figli con il suo amante. Mustafà e Mehmed sapevano, poiché avevano letto il diario insieme e l'avevano finito.
Diciott'anni prima la sua matrigna era rimasta incinta di Ibrahim, il Gran Visir. Aspettava due gemelli, un maschio e una femmina, Mehmed e Zafiraa. Suo padre non si trovava a palazzo nel momento della nascita dei bambini e i due amanti avevano agito velocemente, con la complicità del Guaritore.
Avevano mandato la bambina lontano, l'avevano mandata da Fiammetta e Drake, chiedendo loro di crescerla, altrimenti sarebbe morta, mentre avevano tenuto il bambino. Nessuno sapeva della loro malattia e del difetto di Mehmed, quello si è scoperto molto dopo.
Non potevano tenere entrambi, poiché essendo gemelli e nati nello stesso giorno, il sultano avrebbe dovuto uccidere uno dei due, secondo la tradizione, per evitare futuri contrasti. La bambina, in quanto donna e considerata inferiore agli uomini, sarebbe stata uccisa. Ibrahim, per evitare che uno dei suoi figli, innocenti e senza colpa, pagassero per le sue bravate, decise di mandarla via.
Zafiraa non lo sapeva ancora, aveva deciso di non rivelarle la verità. Scoprirlo così all'improvviso, sarebbe stato uno shock.
Gironzolava per i corridoi con Alexandros, alla ricerca della ragazza, ma era inutile. Non potevano dare nell'occhio.
Un servitore, sui sessant'anni circa, si inchinò al suo cospetto, fermandolo.
-Mio principe, ho sentito che voi state cercando la vostra serva. -
-Sì, è così. Voi sapete dove si trovi? Verrete pagato adeguatamente. -
-Non ho bisogno di soldi. E' stata vostro fratello Bayezid a rapirla. Da quello che ho sentito si trova nei sotterranei e vostro padre lo sa. E' stato lui a concederglielo. La sta torturando. Temo però, che non vi faranno passare, mio signore. -
-E come mai avete disubbidito agli ordini del vostro sultano? -
-Perché queste braccia rozzi sono state le prime a stringerla il giorno in cui è nata. Se quei pirati non l'avessero presa con sé, probabilmente queste mani si sarebbero macchiate di sangue. -
Mustafà annuì, dando una pacca sulla spalla dell'uomo in segno di ringraziamento.
Percorsero pochi passi, quando si sentì la voce del capo degli eunuchi, gridare: - Mustafà Sultan, per ordine del Magnifico, vi ordino di fermarvi! -
-Cazzo, questa non ci voleva! - Disse a denti stretti il ragazzo. Alexandros lo prese per il braccio, spingendolo dalla parte opposta. -Sei forse impazzito? -
-Vai da mia sorella, trovala e salvala, uccidi quel figlio di puttana se devi. Riportamela viva, per favore, è tutto quello che ho. A loro penso io. -
Mustafà annuì, lanciandogli la sua spada. -Non morire, d'accordo? -
-Ho la corazza dura, dovresti saperlo. - Alexandros sorrise, correndo verso gli eunuchi, armati. Mustafà cominciò a correre, dirigendosi verso le segrete.
Bayezid l'avrebbe pagata cara.






Lo stavano cercando tutti; era come se fosse diventato una sorta di fuggitivo all'interno del suo stesso castello, a casa sua. Si nascondeva nella penombra e percorreva i vari passaggi segreti in modo cauto. Gli eunuchi e le guardie giravano per il castello armati e compatti.
All'entrata delle segrete, trovò due guardie ad aspettarlo; riuscì a stenderle senza nessuno sforzo, ma non le uccise. Afferrò la spada di uno dei due e si addentrò, nel buio di quel posto orribile, umidiccio e freddo.
Affrettò il passo quando sentì delle voci e specialmente quella di Zafiraa urlare, mentre Bayezid rideva.
Mustafà cominciò a correre, arrivando fino all'ultima cella, la più grande, quella delle torture. Il fratello gli dava le spalle, mentre Zafiraa era stata legata ad un cerchio in legno, tutta nuda, con gambe e braccia spalancate. Nella carne bianchissima aveva scottature prodotte con la candela, lame infilate negli arti e nell'addome e il viso, il suo bellissimo viso, era tumefatto e martoriato dalle botte, così come il resto del suo corpo. Le aveva persino tagliato i capelli lunghissimi a zero e buttati in un angolo dietro di sé; ora in testa aveva solo una peluria indistinta bianca.
-Potrete farmi del male quanto volete, brutto figlio di puttana, ma non avrete mai il mio amore. Siete un essere spregevole. -
-Ucciderò Mustafà davanti ai tuoi occhi e poi ti farò mia e solo dopo interminabili torture ti avrò uccisa, tra mille sofferenze. -
-Non abuserai di me, sporco maiale turco, se non vuoi diventare una principessa. - Zafiraa rise, sputandogli in faccia un mix di sangue e saliva. Bayezid la schiaffeggiò, facendole girare la testa e arrabbiato, la slegò da quell'oggetto infernale. Zafiraa cadde per terra, senza forze, mentre il fratello poggiava i coltelli dietro di sé.
Fu quello il momento di intervenire, infatti Mustafà entrò nella cella, silenzioso e letale come un cobra, facendo segno a Zafiraa di stare zitta e continuare a distrarlo.
-E adesso cosa vorresti farmi, grande Bayezid? Stuprarmi? - Zafiraa rise di gusto. - Ma se l'unica donna nuda che avete visto è stata vostra madre il giorno della vostra nascita! Siete solo un bambino capriccioso, che vuole giocare a fare il sultano. Non siete come Mustafà, mio marito, forte, determinato, possente! Non vi amerò mai! -
Bayezid ringhiò, ma prima che la colpisse o azzardasse a fare qualsiasi altra cosa, Mustafà gli fu addosso e lo buttò per terra, cominciando a colpirlo prepotentemente.
Doveva pagare per tutto quello che aveva fatto. Aveva toccato la sua donna, la sua amata, l'amore della sua vita, la sua futura moglie. Sì, perché indipendentemente da tutte le voci che si erano sparse nel castello, Mustafà e Zafiraa non si erano ancora sposati. Non c'era stato tempo.
Meritava di morire, si soffrire, sarebbe stato lui a prendergli la vita, con le sue stesse mani.
Infuriato, con lo sguardo iniettato di sangue e le mani che agivano da sole, rese Bayezid irriconoscibile. Zafiraa lo chiamava, dicendogli di lasciarlo stare, mentre il fratello lo supplicava.
-Ti prego, fratello, risparmiami. -
-Tu non sei mio fratello. -
Zafiraa afferrò un pugnale e senza pensarci due secondi, tagliò la gola a Bayezid. Mustafà la guardò, stupefatto e confuso, prima che la ragazza svenisse.








Mentre a palazzo si consumavano omicidi e vendette crudeli, due figure incappucciate su due cavalli dalla chioma bianchissima, correvano come pazzi, fuggivano, se ne andavano lontano, alla ricerca di una vita felice e giusta.
Fatma e Ibrahim si erano incontrati e innamorati nella loro semplicità e dolcezza con il profumo di rose nell'aria. Adesso fuggivano per viverlo quell'amore, anche a costo di vivere una vita povera e di stenti, ma loro sapevano, che insieme, sarebbero stati felici.
L'Ungheria, dalla lingua strana, vicina all'occidente, terra di grandi sogni e speranze, li aspettava impaziente.




SPAZIO AUTRICE!
Ed eccoci qui! Siamo veramente giunti alla fine, poiché mancano solamente tre capitoli, epilogo incluso, alla fine di questa avventura.
Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento e magari datemi un parere su cosa, secondo voi, potrebbe accadere. Che cosa aspetta ai nostri protagonisti?
Alla prossima!
   
 
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