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Autore: NPC_Stories    30/10/2017    0 recensioni
In un tragico momento della storia della nostra amicizia, io e Daren abbiamo litigato. Non una semplice lite, ma qualcosa che ha alzato un muro glaciale fra noi che non si è sciolto per un intero decennio. Noi elfi cambiamo idea lentamente, quindi ci è voluto del tempo per riconsiderare le nostre posizioni.
Gettare un ponte è un conto, ma riusciremo a recuperare l'affinità che avevamo un tempo? Partire per nuove avventure sarà d'aiuto? Quanto si deve rischiare la vita prima di capire che ogni attimo è troppo prezioso per passarlo nell'infelicità?
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Questa storia prima era un tutt'uno con "20th-level Sidekick", ora ho deciso di splittare quella storia in due differenti.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1372 DR: C’è posta per me

In quei giorni di navigazione mi concessi di perdermi nei ricordi di quel periodo felice di più di un decennio prima. Era dolce ripensare a come la mia famiglia avesse accolto mia figlia, al tempo che avevamo passato insieme. Ma la dolcezza nascondeva un’ombra di rimpianto e senso di colpa per come mi ero comportato con lei dopo l’attacco e la mia lite con Daren.

Hammer 1362, foresta di Sarenestar

“Vuoi che quel mostro se ne vada da qui sulle sue gambe? Dopo che ha cercato di uccidermi?”
Ripetei la straordinaria richiesta di Daren, senza capire.
“Non è riuscito a completare il suo incantesimo, era nelle retrovie, non ha ucciso nessuno...”
“Non ha ucciso nessuno oggi.” Ribattei con amarezza. “E solo perché tu glie l’hai impedito. Eppure lo lasceresti andare! Perché? Che cosa significa tutto questo?”
Avevo paura di sentirglielo dire. Pregai che non lo dicesse.
Invece lo disse.
“Un tempo io e An’drar... eravamo amici.”

Alcuni minuti (e molte parole che non voglio ricordare) dopo...

“Molto bene allora.” Conclusi con voce gelida. “Se lui se ne andrà te ne andrai anche tu. Fuori da questa foresta. Fuori dalla mia vita! Se per te è così importante prendere le parti di un assassino, lasciarlo libero di fare ancora del male, allora non sei una persona di cui voglio essere amico.”
“Saresti stato in grado di difenderti da An’drar anche senza che lo fermassi io, da solo non è una minaccia per te e nemmeno per il tuo clan. Ma il punto non è An’drar! Il punto è che non ti fidi di me! Non ti fidi della mia amicizia, anche se lo hai sempre fatto anche quando non aveva nessun senso farlo. Quale diavolo è il tuo problema ora?”
“Stai difendendo un nemico del mio popolo, non credo di essere io a doverti delle spiegazioni. Ti rinnovo la mia offerta: prendi le tue cose, prendi il tuo amico e vattene ora, prima che chiami aiuto e che tutto il mio clan sappia del tuo tradimento.”
Daren spalancò gli occhi e mi guardò come se lo avessi schiaffeggiato.
Avevo parlato sulla spinta della rabbia, ma il silenzio che calò all’improvviso mi fece capire che mi ero spinto troppo in là. La mia intenzione era dargli un ultimatum, metterlo davanti a una scelta come o lui o il nostro clan. Volevo costringerlo a scegliere sapendo che avrebbe scelto noi, anche se quello era un suo vecchio amico ormai non avevano più nulla in comune e io lo sapevo. Ma accusandolo di averci tradito avevo spinto le cose ben oltre quel punto, e ora non avevo più alcun controllo sulle conseguenze di quello che avevo detto.
Accusandolo di averci tradito gli avevo detto che non c’era più un noi da scegliere. Lo avevo reso un reietto.
“Molto bene.” Disse infine, a bocca stretta. “Me ne andrò subito. Devo portare via anche Jaylah? La sua vista ti darà gli incubi?”
Volevo rimangiarmi le mie parole, volevo fermarlo, ma il suo sarcarmo mi fece infuriare.
“No. Jaylah è mia figlia.” Non era giusto che mi accusasse di razzismo, non dopo che ero stato il primo in questo mondo a fidarmi di lui nonostante tutto quello che mi avevano sempre insegnato. “Non accusare me per le conseguenze del tuo comportamento!”
“Allora tienila finché non ti sarai stancato di giocare a fare il padre magnanimo, e non preoccuparti di potermi ancora incontrare: non andrò a stare da mia sorella.”
Estrasse dalla tasca la pietra che Krystel aveva incantato per lui e che faceva il paio con la mia, in modo che potessimo comunicare magicamente a distanza. La lanciò ai miei piedi con sdegno. Poi fece per togliersi dalle spalle l’arco che il mio clan gli aveva donato dopo averlo nominato Ruathar.
“Quello tienilo.” Lo fermai, con un groppo in gola.
“Ma come, sono un traditore...”
Una parte di me voleva smentire le sue parole, ma ero ancora troppo in collera.
“Tienilo, ti ricorderà le persone che si sono fidate di te. Forse questo ti farà tornare in te.”
“Sono perfettamente in me.” Affermò, ma decise di lasciare l’arco al suo posto. Ne fui sollevato.

Se ne andò, liberando la nostra foresta dalla sgradita presenza del suo vecchio amico. Ma io non riuscii ad onorare la mia promessa; i miei sentimenti per Jaylah non sarebbero mai cambiati, nemmeno dopo quella notte, ma il mio comportamento sì.
La bambina non aveva idea di cosa fosse successo e decisi che doveva continuare a non sapere; l’attacco era stato sventato prima che raggiungesse la città protetta di Myth Dyraalis dove viveva insieme a mia madre. Era stata una benedizione che in quel momento fossero lì, mia madre era incinta e voleva portare a termine la gravidanza in città, dove c’erano dei chierici che avrebbero potuto aiutarla in caso di bisogno. Quindi negli ultimi mesi non era proprio mai uscita da Myth Dyraalis, e Jaylah era affidata alle sue cure.
Purtroppo mi accorsi presto che vedere Jaylah mi faceva soffrire. Non mi dava gli incubi, come Daren aveva previsto con cattiveria, ma mi ricordava lui e pensare al nostro recente litigio faceva troppo male. La amavo, era tutta la mia vita, eppure non riuscivo a guardarla senza provare sentimenti contrastanti. Inoltre la piccola aveva notato la sua assenza e cominciava anche a chiedere di sua madre. Anche quel pensiero era doloroso. Temevo che avendo tagliato i ponti con Daren anche la sua famiglia ormai mi fosse preclusa. Forse non da Krystel, ma dal mio stesso disagio.

Poche settimane dopo mi misi in viaggio per riportare Jaylah a casa. E mi vergogno ad ammettere che negli anni successivi, anche se avevo promesso di essere un padre presente, andai a trovarla meno spesso di quanto avrei dovuto, anche se lasciai a lei la pietra magica di Daren.
Riuscimmo a tenerci in contatto in quel modo, perché non avrei sopportato di tagliare i ponti con la mia preziosissima bambina, ma nonostante questo mi sentivo un padre indegno e le mie scuse sull'essere molto occupato potevano reggere solo fino a un certo punto.

Estate 1372, vicinanze di Secomber
 
Krystel non era alla locanda. Per il resto, era tutto come lo avevo lasciato dopo la mia ultima visita, circa tre anni prima.
La sua famiglia era sempre felice di vedermi, soprattutto mia figlia (cosa che mi faceva sentire una persona orribile), e Daren aveva tenuto fede alla sua promessa: non si era mai fatto trovare lì. Ma questa volta non ero animato dal desiderio di evitarlo.
“Non so con esattezza dove sia lo zio” mi rispose Jaylah quando gli ebbi spiegato le mie intenzioni. “Non me lo ha mai spiegato bene, ma forse una delle mie sorelle lo sa.”
“E tua madre?”
Jaylah si strinse nelle spalle.
“Alcuni mesi fa Amber ha mandato un messaggio di allarme perché Tek si era ferito.”
Dovetti fare un attimo mente locale per ricordare che Tek era il figlio che Krystel aveva adottato circa una quarantina di anni prima. L’avevo visto pochissimo negli anni perché era spesso lontano da casa insieme ad Amber.
“Quindi è andata ad aiutarlo? Mesi fa?”
Jaylah si strinse di nuovo nelle spalle. “Si è trattenuta lì per un po’. Dovrebbe tornare a breve.”
“Chiederò alle tue sorelle. Ti ringrazio. Ma se dovessi andare a cercare Daren, qualcuno potrebbe tenere qui questo cucciolo di gnoll?”
Gimli mi guardò con sufficienza e scelse quel momento per cominciare a rosicchiare la gamba di un tavolo.
“Ehm... si sta facendo i dentini?” Domandò Jaylah, studiando la strana creatura.
“Non credo.” Lo guardai con stupore. Questo comportamento era una novità. “Secondo me fa così solo perché è uno stronzo che vuole attenzioni.”
 
Nonostante Krystel abbia a mio parere un milione di figli, soltanto Tinefein e Jaylah vivevano ancora alla locanda. Hilda viveva a Secomber, ma non avevo voglia di rifare quella strada forse per niente.
Parlando con Tinefein scoprii che non sapeva con precisione dove fosse Daren ma c’era una persona che comunicava con lui ogni tanto. Un mugnaio che viveva a Goldenfields, di nome Grim Everwood. Ogni tanto recapitava loro delle lettere o dei pacchetti da parte del nostro comune amico.
Goldenfields non era eccessivamente lontana da Secomber. Inoltre conoscevo quell’uomo, Grim Everwood. Quando era solo un ragazzo il suo villaggio era stato attaccato da una banda di hobgoblin e lui era riuscito a fuggire, io e Daren lo avevamo trovato che scappava muovendosi a caso in una foresta inseguito da una pattuglia di goblinoidi ululanti che avevano voglia di giocare. Però non si erano dimostrati altrettanto entusiasti di giocare con noi. Incoerenti.
Grim aveva viaggiato con noi per qualche settimana finché non avevamo trovato un insediamento umano dove un mugnaio senza figli cercava un ragazzo a cui insegnare il mestiere. Non credo che quel luogo fosse Goldenfields, ma forse ci si era trasferito in seguito.
Ero abbastanza certo che fosse la stessa persona, quanti mugnai umani avrebbero dato credito a Daren?
 
Arrivai a Goldenfields in una dozzina di giorni di cammino.
Grim era invecchiato. Erano passati circa quindici anni da quando l’avevamo aiutato e ora probabilmente ne aveva quasi trenta, ma il lavoro pesante del mugnaio lo aveva logorato prima del tempo. Però aveva una famigliola felice con una moglie e una quantità di marmocchi.
Fu molto felice di rivedermi e ci tenne a presentarmi tutta la sua famiglia. Io ero un po’ a disagio perché non mi ero mai fatto vedere negli ultimi quindici anni, per noi elfi le lunghe assenze sono normali (non sono considerate lunghe, più che altro), ma essere costretto a prendere atto della brevità della vita umana mi fece sentire un insensibile. Una parte di me sapeva che non cerco mai volontariamente l’amicizia degli umani proprio perché odio vederli invecchiare e morire così in fretta, mi da sempre l’idea di non aver passato abbastanza tempo con loro e questo mi fa sentire in colpa.
“Daren? Sì, ogni tanto lo vedo. Gli vendo un po’ della mia farina. La vuole super fine, non so perché.” Mi raccontò, mentre mi offriva un boccale di birra. E non era nemmeno male come birra.
“Farina?”
Grim si strinse nelle spalle.
“Già. Quando vado a Waterdeep per il commercio, cosa che succede ogni tre mesi, ci incontriamo sul Monte Waterdeep. Mi paga molto bene, a volte gli porto anche altre cose.”
“E... come sta?”
Grim mi guardò con espressione neutra. “Chi può saperlo? Con me è amichevole, ma non mi racconta niente. Non sembra né felice né triste.”
Non era una vera risposta. Come ogni drow, è capace di rendersi illeggibile, soprattutto agli occhi disattenti di un umano.
Lasciai a Grim la lettera che avevo scritto per Daren, con istruzioni di consegnargliela quando l’avesse visto. Il suo prossimo viaggio per Waterdeep avrebbe dovuto avere luogo circa un mese dopo.
 
Quando tornai alla locanda, Krystel era già di ritorno e sembrava essere l’unica che riusciva a gestire Gimli. Forse per la sua abitudine a trattare con i bambini, forse perché Gimli aveva assimilato i ricordi di Daren quando aveva mangiato una ghianda della quercia benedetta e quindi aveva ereditato anche il rispetto innato che l'elfo scuro aveva per l’autorità di sua sorella. Sia come sia, lei era riuscita in qualche modo a renderlo meno selvatico, e nei mesi successivi il cucciolo imparò anche a distinguere meglio fra le varie lingue che aveva appreso in modo improvviso.
“Johel, quando sarò grande devo fare quello che faceva Daren?” Mi domandò un giorno. Era una cosa su cui anch’io mi ero interrogato spesso.
“Non credo, secondo me sei libero di fare quello che vuoi.”
“Ma è come se il suo passato è il mio passato.” Protestò, inciampando un po’ nella lingua comune. “Io non riesco nemmeno a distinguere cosa sono io e cosa è lui. Ricordo le cose che gli sono successe ed è come se sono successe a me.”
Il suo modo di parlare mi indisponeva come lo stridio delle unghie su una lavagna, ma cercai di lasciar correre.
“Ma sei ancora un cucciolo e la tua vita è quello che ti succederà da ora in avanti. Quando sarai grande, le tue decisioni saranno influenzate da tutto quello che sei. I ricordi di Daren e i tuoi.”
Gimli mi guardò storcendo il tartufino.
“Gli elfi parlano strano.” Latrò, scuotendo la testa. “Io non voglio dover diventare per forza come Daren perché voglio scegliere io. Però non voglio neanche essere uno gnoll normale.”
“Ah, tranquillo.” Gli diedi un paio di pacche sulla testa. “Questo non è proprio un pericolo.”
 
Mi mossi nuovamente verso Goldenfields quando calcolai che Grim potesse essere sulla via del ritorno. Arrivai al suo mulino qualche giorno dopo di lui.
C’era una lettera per me.
Con mani tremanti, l’aprii.
 
Era la mia lettera. Era la mia lettera che gli avevo scritto sia nella mia lingua che nella sua, in segno di buona volontà e di apertura. Gli avevo scritto che ero pronto a rivedere le mie posizioni, che riconoscevo almeno in parte le sue ragioni e che mi sarei fermato da Krystel almeno fino all’inverno.
Daren si era limitato a correggere tutti i miei errori ortografici e sintattici (ed erano tanti). Mi chiesi se fosse un segnale positivo o negativo. Forse un tempo l’avrei saputo.
Una parte di me aveva sperato in una risposta più chiara, ma sapevo che se avesse voluto comunicarmi una chiusura totale non avrebbe risposto affatto.
“Mi ha lasciato un altro messaggio per te.” Mi disse Grim, torcendosi le mani. “Non ti arrabbiare, io riporto solo le sue esatte parole. Ha detto dì a quello stupido biondino abbraccia-alberi che arrivo quando lil vith mi pare.

Oh. Bene. Allora era probabilmente un segnale positivo.


           

   
 
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