Anime & Manga > Caro fratello
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Autore: Miss_Moonlight    30/10/2017    1 recensioni
Con questo racconto, ho voluto proseguire il manga di Ryioko Ikeda, "Oniisama e" ("Caro Fratello"), dunque segue gli avvenimenti del fumetto, non quelli dell'anime (cartone animato).
Rei Asaka (Saint Just) pare essersi suicidata, mentre Kaoru Orihara è morta di cancro, due anni dopo il matrimonio con Takehiko Henmi e la loro partenza per la Germania.
La storia del manga era ambientata verso la fine degli anni Settanta, dunque, nel mio racconto, siamo negli anni Ottanta.
La pubblicherò a capitoli ma non farò attendere molto; ho finito il racconto, lo sto solo ricopiando a pc (dato che a me piace scrivere su carta :) )
Se qualcuno leggerà e ed avesse voglia di scrivermi un commento, mi farebbe piacere!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Fukiko Ichinomiya, Mariko Shinobu, Nanako Misonoo, Rei Asaka, Takehiko Henmi
Note: Lime | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Threesome
Capitoli:
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Nei giorni seguenti Nana fu agitata dal pensiero di Mariko e della reazione ch'ella aveva avuto, nel rivederla.
Dopo diverse tribolazioni, si decise a riprovarsi.
Andò davanti alla galleria, voleva aspettare l'amica all'uscita del lavoro.
Quando arrivò, però, vide su una cabrio gialla, Takashi: anch'egli aspettava Mariko.
Nana dovette desistere.
La stessa cosa avvenne il giorno seguente finché, il venerdì, finalmente, lui non c'era e vide Mariko uscire dalla galleria e, a piedi, allontanarsi, sola.
La seguì.
“Mariko...” La chiamò.
L'altra si voltò di scatto e, vista quella che un tempo era stata la sua amica, accelerò il passo.
“Non fare così, parliamo un po'… Ti prego...”
“Ora, vuoi parlare? Per cinque anni niente ed ora vuoi parlare?”
“Hai ragione ad essere arrabbiata ma sono stata tanto male… È tutto cambiato per me...”
Mariko la guardò, dalla testa ai piedi.
“Sei un'estranea.” Sibilò la Sekyia.
Nana volse lo sguardo verso il basso. Era andata lì intenzionata a parlare con Mariko ma, trovatasi nel momento, non aveva più parole, nemmeno per sé stessa.
Il cielo era cupo e dei nuvoloni coprivano le poche stelle a la luna al suo far capolino.
“Perché sei qui?” Riprese Mariko, freddamente.
“Due settimane fa è morto mio padre e così...” Nana avrebbe voluto aggiungere che, da quando era tornata, qualcosa, dentro di lei, si era mosso: la sua armatura, fatta di lontananza ed apparente freddezza, si era incrinata ed il magma che aveva dentro, aveva cominciato a bollire.
Invece, non riusciva a raccontare niente, di certo non che la morte del principe Kaoru aveva spezzato la sua fede nella vita e l'aveva fatta piombare in una solitudine tanto profonda da farle sentire che il ricordo di Saint Just fosse l'unica cosa ad esserle rimasta.
“Mi dispiace molto… Condoglianze. Addio.” Detto questo, la bella Sekiya si voltò e si incamminò.
“Mariko...”
Ma lei non si fermò.

Nana guardò Mariko allontanarsi, senza trovare le parole, né il coraggio per fermarla.
Aveva visto in lei le fragilità di un tempo, quelle che la rendevano anche forte e che la facevano indignare e tremare della rabbia di un animale ferito.
L'aveva però trovata anche molto più sicura di sé.
*Chissà se pensi anche tu al passato… Vorrei sapere cosa provavi davvero per il principe Kaoru. L'hai amata davvero? Pensi mai a lei?*

"Fermi l'auto!” Gridò Fukiko Ichinomiya al suo autista, quando la vide.
Il cuore le batteva con violenza nel petto.
Scosse la testa. Non era certo una persona irrazionale. Guardò bene: quella figura era più bassa di Rei e più minuta. Nonostante questo e, soprattutto, nonostante sapesse che si trattava di Nanako Misonoo, quella somiglianza la faceva agitare.
Fukiko scese dall'auto e, in quell'istante, Nana si voltò verso la sua direzione, incamminandosi.
Nana la notò subito, era impossibile non notarla. I capelli color dell'oro e del sole, la bocca scarlatta e quegli occhi… quello sguardo altero e fiero…
Fukiko indossava un completo cappotto-gonna di colore bordeaux e nero, sale e pepe ed una camicia bianca.
Aveva l'aspetto di una diva del cinema degli anni Sessanta.
“Misonoo, qual buon vento?!” Esordì l'Ichinomiya.
“L'ultima persona che avrei voluto incontrare!” Replicò Nana.
Fukiko corrucciò il volto in un'espressione sorpresa. “Che modi!” Esclamò.
*Perché questa scortesia?* Si chiese l'Ichinomiya, per poi riprendere la parola: “Sei tu che sei ricomparsa qui, di punto in bianco! Non ti eri eclissata? Adesso è a Mariko che dai il tormento?”
Non appena ebbe pronunciato quelle parole, Fukiko se ne pentì. Non ce l'aveva con Nanako; sapeva da molto tempo che non era stato giusto fare a lei una colpa dell'interesse e dell'affetto che in molti avevano provato nei confronti della ragazza, nemmeno se persone che Fukiko considerava sue, preferivano la Misonoo a lei.
Vedere Lady Miya così, impeccabile, vigorosa e spavalda fece salire in Nana una foga violenta. Un marasma di emozione confuse le fecero perdere l'autocontrollo.
“È a te che avrei dovuto dare il tormento perché sembra che qui tutti, da anni, ci maceriamo… Tutti, tranne la persona che non dovrebbe saper dormire la notte, per le proprie colpe.” Biascicò Nana.
“Cosa? Di cosa stai parlando?” Chiese Fukiko, allibita.
Gli occhi di Nana si riempirono di lacrime. “È tutta colpa tua… Solo tua...” Disse, con la voce bassa ed incrinata dal pianto.
L'Ichinomiya rimase con il fiato sospeso, inchiodata da quelle parole che erano come l'eco della propria coscienza.
Nana corse via, urtando Fukiko al suo passaggio, lasciandola in piedi, sola, in mezzo alla folla dei lavoratori che tornano a casa da lavoro.

Quando Nana arrivò a casa, era ormai notte.
Aveva camminato tre ore, fermandosi solo in un negozietto, a prendere una bottiglia di vino, che bevve, strada facendo.
Calciò via gli anfibi e salì le scale, cercando di non fare rumore.
Quando arrivò in camera sua, si gettò, di faccia, sul letto e, vestita com'era, si addormentò.

“Sono molto contenta di conoscerti. Avevo bisogno del tuo aiuto. Avevo bisogno del tuo aiuto...”
Nana si svegliò di soprassalto, con la voce e le parole di Saint Just nelle orecchie.
La Misonoo era madida di sudore. Aveva mal di testa e la nausea.
Erano le 4.20 di notte e fuori era ancora buio.
Nana corse in bagno, si mise due dita in gola e vomitò. Si lavò la faccia e si guardò allo specchio.
“Almeno, tu avevi aspetto divino, mentre ti distruggevi…” Sussurrò, non certo a se stessa.
*Che disastro. Sono rimasta qui per aiutare mia madre, invece, le causo solo dispiaceri. Si sarà accorta di stanotte? Mi avrà sentito rientrare? Non voglio che mi veda un'altra volta così.*
Si lavò i denti, bevve acqua fredda, quindi tornò in camera, prese il diario e, con una coperta sulle spalle, si sedette nella porta-finestra della sua stanza. L'aria fresca le diete subito una sferzata di energia.

Cara”, disastrosa me,
voglio provare a comportarmi meglio, voglio dare meno pensieri a mia madre ed aiutarla.
Nemmeno il papà c'è più. Chissà quanto soffre la mamma… Si sentirà sola.
Da anni è come se io non ci fossi ed ora non c'è più neanche suo marito.
Per cinque anni, non sono più stata qui, in questa casa, in questi luoghi.
Per cinque anni, non ho più visto nessuno di coloro che erano stati la mia vita.
Ora, ora sono qui ma niente è come allora, quando la gioia di vivere mi faceva scintillare,
quando ogni giorno era carico di entusiasmo
ed io piena di speranza.
Com'è scivolata via la magia della giovinezza!
È crollato un mondo intero ed ogni attimo mi manca.
Mi manca la scuola con i suoi dolori esagerati ma effimeri,
mi mancano le chiacchiere tra i corridoi,
i viaggi casa-scuola condivisi con Tomoko.
Tomoko… la nostra amicizia pulita… Le torte ed i biscotti, preparati nei pomeriggi di domenica.
I volti rassicuranti di mamma e papà, quando rientravo a casa.
Mi manca scrivere lettere al mio caro fratello.
Mi manca veder giocare a basket il principe Kaoru, divina, nella sua aura di giustizia ed energia.
Mi manca Mariko, avere a fianco la sua esuberante bellezza e la sua dirompente amicizia.
Soprattutto, mi manca lei, Saint Just, la regina dei fiori, dei miei battiti, del mio cuore.

Si stava facendo l'alba.
Il sole sorgeva, debole, oramai, in quei primi giorni di ottobre ma aveva ancora uno splendido color fuoco.
Nana si fece una doccia, si vestì comodamente, bevve un grande caffélatte e si mise a preparare delle omelette alla francese.
Svegliatasi, la signora Misonoo percepì un profumo squisito, in tutta la casa.
Scese al piano di sotto ed un sorpreso e gioioso sorriso comparve sulle sue labbra.
Il piano cucina era pieno di omelette, frutta, caffè.
“Nanako ma..!”
“Buongiorno mamma! Che bello vedere il tuo sorriso!”

Più tardi, Nana prese il telefono e compose il numero della casa di Tomoko.
Dalla mamma della vecchia amica, scoprì che ella si era sposata e viveva in una casa sul mare, con il marito.
Quello stesso pomeriggio, la Misonoo bussò alla porta della piccola casa sulla spiaggia.
Le aprì una Tomoko ricoperta di farina e con il mattarello in mano. Era un po' robusta, aveva le guance paffutelle.
Quando vide Nanako, il mattarello le scivolò, finendo a terra e producendo un gran frastuono.
“Che mi prenda un accidente! Ma… – Tomoko sgranò gli occhi – Nanako?!”
“Ciao Tomoko. Posso entrare?”
Tomoko la fissò a bocca aperta, come inebetita.
“Sì, sì, entra!”
Si sedettero sul divano e, con un po' di imbarazzo, cominciarono a parlare.
Ci provò anche Nana, cercando di abbassare le barriere entro le quali si era trincerata negli ultimi anni.
Raccontò a Tomoko che stava studiando letteratura europea alla Sorbonne e che era andata piuttosto bene negli esami fatti fino ad allora, anche se gliene mancavano ancora diversi, perché il lavoro le portava via parecchio tempo.
“Che lavoro fai?” Chiese Tomoko, curiosa.
“La bibliotecaia.” Rispose la Misonoo, con una mezza verità.
*Non mi va di raccontare anche dell'altro lavoro, spiegare che lo faccio perché con uno solo non arrivo a fine mese e che, tanto, a casa non saprei che fare, dato che fatico a dormire…*
Quindi si affrettò a cambiare discorso, raccontando delle meraviglie di Parigi.
Tomoko la ascoltava entusiasta, cercando di immaginare le mille luci, i ponti, il quartier Latin…
Poi, a sua volta, anch'ella raccontò a Nana dei suoi ultimi anni: del suo lavoro da pasticcera, della sua storia d'amore con Sorai, un giovane che gestiva il negozio di fiori della sua famiglia, situato di fianco alla pasticceria dove Tomoko aveva trovato lavoro.
“È molto bella la tua casa – notò Nana – dev'essere meraviglioso vivere vicino al mare.”
“Sì, lo è! Il rumore delle onde si abbina così bene con il profumo di dolci e fiori che noi portiamo a casa… E con gli abbracci di Sorai! – Tomoko aveva parlato con trasporto. Sembrava avere i cuoricini negli occhi – Scusami, Nanako, non avrei dovuto gettarti in faccia la mia felicità, senza prima chiederti come stai tu...”
“Hai tutto il diritto di essere felice, Tomoko ed io lo sono per te.”
“Ti ho pensato molto in questi anni… Per un po' sono stata arrabbiata con te… Non rispondevi alle lettere, alle cartoline e sempre meno anche alle chiamate… Così ho smesso di cercarti, pensando non volessi sentirmi, né avere a che fare con me. Poi, parlando tanto con Sorai, raccontandogli tutto quello che ci...che ti era successo, ho avuto modo di ripensarci ed ho capito che, forse… Cioè, mi è sembrato che, forse… vivere una vita nuova, lontano da tutto e da tutti, fosse il tuo modo per andare avanti. Mi diceva Sorai ed eccoti qui! Ho trovato proprio un brav'uomo, vero?! Ed è pure molto bello!” Concluse Tomoko, con un sorriso a trentaquattro denti.
Nana sorrise, si sentiva sollevata.
“Hai saputo niente di Mariko?” Chiese Tomoko.
“Sì, so che lavora da Lady Miya.”
“E dell'esaurimento?”
“L'esaurimento?”
“Sì… Quando te ne sei andata, ha ricominciato a non mangiare. Anche lei si era iscritta all'università, alla facoltà di arte ma a Natale pesava già poco più di trenta chili e sua madre l'ha fatta ricoverare. È andata fuori e dentro dall'ospedale per circa un anno. Poverina… Ci provava a frequentare le lezioni ma stava sempre male. Crollava spesso e finiva dentro, sotto flebo. Poi sua mamma se la riportava a casa. Questo finché il padre non l'ha fatta interdire ed ha firmato per un ricovero a lungo termine. Mariko non gli ha parlato per quasi due anni… Alla fine, Takashi ha trovato una clinica privata, una residenza in montagna… Una volta sono andata a trovarla; un posto molto bello e di lusso! Ha pagato lui. Lì lei si è rimessa ma è stata dentro quasi un anno. Quando è uscita, ha ripreso gli studi. Sta studiando ancora ma, più che altro lavora, come già sai. È l'addetta alla galleria d'arte. È un buon lavoro perché non fa solo la commessa: organizza eventi, mostre… Spesso fa decorare la sala a mio marito e fa fare a me i dolci da servire.”
Nana aveva ascoltato il racconto quasi trattenendo il fiato.
“È sposata anche lei?” Chiese.
“Chi, Mariko? No, no. Takashi continua ad aspettare che lei sia pronta ma lei gli ha detto che vuole finire gli studi prima. Però… ha una buona situazione. Vive sola, in un appartamentino, nella via proprio dietro alla galleria. Come faccia Takashi non lo so. Mio marito dice che, secondo lui, a Takashi per ora va bene così… Sai che ha preso il posto di suo padre? Ora dirige lui l'azienda. Mi sa che è ripartito proprio in questi giorni per l'Europa e, se non sbaglio, tornerà solo per il grande evento.”
“Quale grande evento?”
“Ma come, non lo sai?! Ma allora sei proprio fuori dal mondo! Il matrimonio di Fukiko con il regista. Sarà un evento con i fiocchi. Ne parlano già da un po' i giornali...”
“Quel che fa Lady Miya non è di mio interesse.” Commentò Nana, glaciale.
Tomoko rimase interdetta.
Ci furono alcuni, pesanti minuti di silenzio, tra loro, poi, la mora, riprese.
“Nanako… Perché ti conci come… Saint Just?”
Le lacrime velarono gli occhi della Misonoo all'istante. “Perché mi manca troppo e non so più essere me stessa.” Rispose Nana, con totale sincerità, come non faceva da molto, molto tempo.

Cara”, confusa me,
rivedere Tomoko è stato diverso che con gli altri.
Quanta confidenza, quanta tenerezza c'era tra noi, da ragazzine!
È stato più facile parlare con lei, forse perché lei è diversa… Lei non è logorata dai dolori.
Saint Just era la pioggia, in tutte le sue forme. Malinconica, romantica, turbolenta, disturbante… Ti entrava dentro, come gocce che filtrano sotto alla pelle, fino all'anima.
Kaoru era il vento, la brezza di vita che rinvigorisce, che rinfresca.
Mariko la ricordo come un uragano: dirompente, indomabile, un po' spaventosa.
E io… Io sono la nebbia,
mentre Tomoko è il sole di maggio; forte ma non pernicioso. È il sole alla luce del quale è ideale giocare. È la stagione di mezzo, di cui non ti lamenti mai.
Tomoko è un parco giochi.
Le voglio bene e, forse, lei mi capisce più di quanto non facciano gli altri 
ma io ho il cuore devastato,
d'amore e di tormento.
Ho il cuore annegato,
nella pioggia.
Sono liquefatta,
immateriale.
Sì,
nebulosa.
Sono una pesca ammaccata,
caduta dall'albero della vita,
troppo presto,
in quella primavera dell'esistenza in cui mi hai sradicato,
Saint Just.

Nana scrisse sul treno, diretta in città.
Aveva deciso di tornare da Mariko la sera stessa. Troppo la agitava quanto le aveva detto Tomoko.
Quando Nana arrivò sotto casa dell'amica, attesa che qualcuno entrasse nel condominio, per non dover citofonare da sotto e rischiare che non le venisse aperto.
Fece le scale ed al secondo piano trovò l'etichetta che diceva “Sekiya”. Bussò. Nessuna risposta. Suonò. Mariko aprì, in accappatoio viola e con i capelli bagnati. Immediato fu il gesto di richiudere la porta ma Nana se l'aspettava e la fermò, sbarrando la porta con la mano.
“Vattene!” Gridò Mariko ma Nana si chiuse la porta alle spalle.
“Vattene, ho detto!”
Nana fece dei passi verso Mariko. Questa indietreggiò ma la Misonoo si allungò e le cinse le spalle in un abbraccio.
Mariko la spinse via con forza ma Nana si fece avanti di nuovo e si strinse a lei.
Mariko cercò di schiaffeggiarla ma Nana non mollò la presa.
“So tutto, so cosa hai passato. – Disse la Misonoo – Sono anni che pago il prezzo della mia codardia, credimi.”
"Non hai diritto… – Replicò Mariko, colpendola ancora – Perché non sei rimasta? Perché non abbiamo affrontato le cose cose insieme?”
“Non ne ero capace, Mariko. Avrei dovuto essere più forte ma… Tutto quello che è successo… Io non ce l'ho più fatta ad affrontare la vita.”
Mariko sembrò quietarsi. Alzò il volto e guardò l'amica negli occhi. “Nemmeno io.” Rispose.
“Mi dispiace tanto...” Sussurrò Nana.
Mariko le mise le braccia al collo. “Abbracciami.” Fece.
Allora la Misonoo la avvolse in un lungo abbraccio, che sapeva di mille ricordi, di mille lacrime, di mille nostalgie.
“È dura la vita, vero?” Chiese la Sekiya.
“Così tanto che non so farmene una ragione.”

Prima di andarsene, si promisero che si sarebbero riveste, prima della partenza di Nana.

 

   
 
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