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Autore: Soul of dreams    30/10/2017    0 recensioni
"Aika, non tutte le persone che ami, ti lasceranno..."
[...] «Cosa hai provato?», chiedo a voce alta.
«...Perché ti ostini nel credere che io provi qualcosa?
Che ci sia del buono in me?
Credi che io abbia sofferto per quello che sia successo?»
[...] La mia mente vortica in luoghi e trame a me sconosciute.
Un raggio lunare sferza la mia pelle, avvolgendomi nella sua stretta vellutata.
Le palpebre si fanno pesanti, mentre affondo in un tedio burrascoso che mi inghiotte.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Vi propongo un piccolo esperimento, questa è una one-shot che mi è uscita di getto. In realtà già da tempo volevo scrivere una storia su questo genere ma non ne ho mai avuto l'occasione.
Beh, oggi mi sono decisa e finalmente sono riuscita a produrre qualcosa, questa one-shot è solo un piccolo assaggio di quello che sarà la storia integrale. Fatemi sapere cosa ne pensate e se siete interessati/e ad un seguito.
Buona lettura!

Aika


Le nuvole imbrattano quel manto oscuro che si staglia dinanzi alle mie iridi, donandogli un'accezione estremamente nostalgica.
La luna, con la sua luce flebile, reclama lo sprazzo di protagonismo che, quei semplici batuffoli di etere, le stanno sottraendo.
Le stelle sembrano piccoli cristalli, persi nelle pieghe di un tedio triste e profondo.
Ammiro la mia immagine riflessa in una pozzanghera poco distante da me.
Sono seduta su un marciapiede, sul ciglio della strada, ai lati di una traversa solitaria e ben nascosta.
Fisso ogni minimo dettaglio del mio viso, osservando con attenzione il trucco che ho realizzato per Halloween.
Ho un'aria allucinata, il cerone mette in risalto i miei occhi azzurri, mi soffermo su di essi.
Un velo li offusca, le lacrime che, in tutti i modi cerco di reprimere, fanno leva per rigare le mie guance.
Le loro risate stridule trapano le mie tempie, assordandomi.
“Da cosa saresti travestita?”
“Guardate, la stramba è uscita di casa!”
“Mostro!”
“Sfregiata, sei un abominio!”

Fisso le mie cicatrici, un brivido percorre il mio corpo.
“Aika, non tutte le persone che ami, ti lasceranno...”
Mamma.
Lo schianto, il sangue, il sorriso di mia madre che si spegne, l'urlo soffocato di mio padre.
Poi c'è il vuoto, il buio.
Oscurità nella quale mi sono risvegliata e che non ho più abbandonato.
Prima c'era la luce, lo ricordo. Dentro di me, un calore dirompente, invadeva le mie membra, vivificandole.
Il vuoto non c'era, il dolore era assopito e la rabbia evanescente.
La paura era solo un mostro mitologico al quale ogni tanto pensavo, ma il gelo, subdolo e scaltro, ha reclamato una parte del mio essere, spegnendo la fiamma ardente che irradiava il mio wesen.
Il risveglio fu traumatico, il freddo si insinuò nella mia carne, scavando fin dentro le ossa, consumandole.
Fu doloroso, temevo che i miei nervi potessero collassare sotto l'incedere di una sofferenza che, con il trascorrere degli anni, è divenuta il faro, il cocchiere, che mi guida in questa coltre oscura.
Una boscaglia fitta e nostalgica che ho imparato ad amare, al posto della luce, è germogliato un fiore tenue e particolare.
È malinconico, inusuale, dal sorriso radioso e gli occhi spiritati.
Un perfetto connubio fra oscurità e luce.
Bene e male.
Il primo, capace di farmi innamorare della cosa più banale di questo mondo, aiutandomi a scorgere la bellezza collaterale celata dietro ogni piccolo anfratto di questo cosmo variegato.
E il secondo, fautore della mia sofferenza, capace di farmi notare il dolore di quelle anime afflitte, lasciando che io comprenda le pene custodite nelle loro iridi burrascose, desiderando immensamente un modo per alleviarle.
Ed ecco il senso di questo travestimento, ha un significato.
Lucifero.
È da lui che mi sono mascherata, luce e oscurità che coesistono.
Stella del Mattino, privata della sua luminescenza per brillare nelle viscere incandescenti della Terra.
Vuoto, tristezza e rabbia che emergono.
Un buio devastante che ha risucchiato ogni cosa.
Un'anima piegata sotto l'incedere di grandi fardelli: perversione, odio, vendetta, ira.
Un'incomprensione che gli è costata tutto.
Un atto di superbia e libertà che lo ha fatto precipitare, eppure sono convinta che ci sia molto di più da scoprire.
Che le sue ragioni siano più profonde di quanto si creda in realtà, io riesco a vedere solo questo: un animo ferito, consumato dal dolore e dalla devastante solitudine di Chronos.
«Pensieri lodevoli i tuoi, ragazzina, ma credo che tu sia nel torto».
Sgrano gli occhi e mi volto di scatto.
Un giovane, dai capelli corvini, scuri come la pece, due zaffiri, animati da una fiamma ardente e la pelle diafana, si erige dinanzi a me in tutto la sua imponenza.
È vestito completamente di nero, il suo sorriso è beffardo, inquietante.
Mi paralizzo. Non ho bisogno di chiedere chi sia. Una vocina, ancorata ad un frangente misterioso del mio Io, bisbiglia un nome che risuona nella mia psiche come una litania: Lucifero.
Piega la testa di lato e si abbassa alla mia altezza, il suo profumo invade le mie narici.
Resto stregata, una parte di me è assuefatta dalla sua bellezza, ma c'è qualcosa di devastante, una sensazione pericolosa e viscida che mi attanaglia le viscere.
«Curioso, ne ho vissute di esperienze nei millenni, ma non mi è mai capitata una cosa del genere: c'è chi inscena riti o sacrifici in mio onore; chi bandisce e combatte la mia figura; c'è persino chi mi ripudia dai propri pensieri con il timore che io possa intaccarli in qualche modo, ma non mi è mai successo che qualcuno, un essere miserevole e stupido come te, si interessasse alle mie decisioni da Serafino e alla mia conseguente caduta...»
Setaccia il mio corpo con un'unica occhiata sprezzante.
Resto ferma, immobile, imprigionata nella morsa gelida che la sua presenza emana.
Allunga una mano verso di me e mi afferra saldamente i polsi.
Lentamente scopre la pelle celata dal tessuto della camicia nera che sto indossando.
Analizza le mie cicatrici con una calma snervante.
Sorride di nuovo, «sei uno dei Suoi giocattolini rotti, non è così?
Le povere anime perse del Padre!»
Mi accarezza una guancia, sembro una bambola inanimata, esposta totalmente alla sua mercé.
«Forse, sai, non hanno tutti i torti nel considerarti un abominio...»
Alza un sopracciglio e si allontana, rialzandosi.
«Beh, sei totalmente inutile, mi sto annoiando».
Si volta, incamminandosi nella direzione opposta alla mia.
«Cosa hai provato?», chiedo a voce alta.
Arresta il suo passo, fissandomi con sorpresa.
«Allora sai parlare, e io che credevo che fossi muta».
Fa qualche passo indietro e mi osserva con un'espressione sarcastica dipinta sul volto.
«Sei testarda eh, ragazzina?
Perché ti ostini nel credere che io provi qualcosa?
Che ci sia del buono in me?
Credi che io abbia sofferto per quello che sia successo?
Che sciocca! È stata la decisione più azzeccata che potessi prendere in vita mia. Certo, sia chiaro, io non prendo mai decisioni sbagliate. Un intelletto come il mio non contempla l'errore, posso dire che, fra le buone idee che ho avuto, quella è stata la migliore».
«Ma devi aver pure provato qualcosa, la separazione dal Padre, dai tuoi fratelli deve essere stata devastante...»
Con uno scatto fulminio me lo ritrovo dinanzi.
Mi afferra per il colletto della camicia, sbattendomi contro il muro del vicolo in cui mi ero rifugiata.
«Vuoi dire quell'ammasso di traditori? Stupide marionette di un Essere che li manipola a suo piacimento?»
I suoi occhi sono divenuti due fiaccole ardenti, colorate da un rosso così simile al sangue.
Posso scorgere le tenebre che avvolgono la sua anima, è terrificante.
«Per me è stata una grande liberazione, mi sono sbarazzato di quelle insulse catene che imprigionavano e mortificavano il mio Spirito».
Il mio cuore batte come un forsennato nella cassa toracica.
Mi strattona, facendomi perdere l'equilibrio, allontanandosi bruscamente dal mio corpo.
Cado rovinosamente a terra, cozzando con la testa contro l'asfalto freddo.
«Piuttosto, perché non mi chiedi cosa ci fa Satana, il Maligno, Belzebù, per le strade di una misera città umana?»
Si abbassa nuovamente alla mia altezza, ponendo le sue labbra in prossimità del mio orecchio.
«Sono alla ricerca di anime da divorare. Ho bisogno di godere dei gemiti di dolore e di disperazione di voi insulsi fantocci, mentre invocate una pietà che io non vi concederò mai».
Brividi di freddo pervadono il mio corpo.
«Ma a te non concederò neanche l'onore di questo...», dice infine prima di scomparire nel silenzio della notte.
La mia mente vortica in luoghi e trame a me sconosciute.
Un raggio lunare sferza la mia pelle, avvolgendomi nella sua stretta vellutata.
Le palpebre si fanno pesanti, mentre affondo in un tedio burrascoso che mi inghiotte.
“…e tu sarai il primo, come vorrà la sorte,
a danzare con lei la danza della Morte!
La Morte bizzarra, la Morte normale,
la Morte che viene a lenire ogni male
La Morte regina senza scettro e corona,
La Morte! La Morte! La Morte in persona!”
-Dylan Dog

  
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