Storie originali > Giallo
Segui la storia  |       
Autore: ggiovbr    30/10/2017    2 recensioni
''Correvo più che potevo , distruggendo quello che era rimasto ancora dei miei polmoni crivellati dal fumo passivo che ero costretto ad aspirare dalle sigarette dei miei amici. O forse quella era solo una scusa per mascherare la voglia di ozio che mi aveva portato ad abbandonare qualsiasi sport negli ultimi quattro anni. 
Corsi così velocemente che quasi non superavo la barriera spazio/tempo. Ero davanti ad un semaforo che in quel momento lampeggiava rosso e la sfilza di macchine attendeva incessantemente di partire: mentre attraversavo la cerniera con un semplice movimento si ritrovò aperta e quel poco di materiale scolastico finì per terra. ''
Genere: Azione, Comico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Quella mattina andò tutto storto. La sveglia programmata la sera prima con il suo libero arbitrio di macchinetta 1990 non suonò e alle 8:05 mi ritrovai a cercare disperatamente nell’armadio qualcosa da indossare. Il fatto che non fossi il classico ragazzino “quello che trovo metto” costituiva uno dei più grossi problemi di tutti i giorni, soprattutto in quello. 
Fui costretto ad indossare la felpa del giorno prima ed ero terrorizzato dall’idea che qualcuno potesse accorgersene. L’unico pantalone disponibile era giallo e non si abbinava perfettamente con il capo superiore, ma chiusi un occhio davanti allo specchio e cercai di contenere la disperazione. 
La colazione sarebbe saltata come il giorno precedente. Mi sarei accontentato di un cornetto da pochi spiccioli comprato dagli insulsi distributori di cibo spazzatura posizionati nei corridoi della scuola. 
Infilai due quaderni nella sacca -lo zaino era in tintoria- e corsi da mio padre che mi avrebbe dovuto accompagnare a scuola.
Gridai “Papà” ma nessuno mi rispose. 
Cercai nella camera ma trovai solo un letto rifatto e dei cuscini posizionati alla perfezione sulle lenzuola limpide e pulite. 
Mi diressi verso il bagno, nella speranza che fosse lì a radersi  la barba ma anch’esso era deserto. 
Corsi verso la cucina e scoprì con orrore che non c’era nessuno. 
La cartella mi cadde dalla spalla e la mia mano raggiunse la fronte per la più totale disperazione. 
Presi dalla tasca il telefono per rintracciare mio padre e scoprire dove fosse finito, ma una vocina mi comunicò l’assenza di credito sul dispositivo.
Mi voltai e notai la presenza di un foglio al centro del tavolo da pranzo. Lo afferrai e lo aprì “ scusa Gioacchino, avevo un appuntamento con un cliente che mi ha chiesto di incontrarlo in privato alle 7:30. Mi farò perdonare” 
Lo strappai e lo gettai in preda al l’ansia. 
La campanella era sicuramente già suonata: l’orologio segnava le 8:15. 
Mio padre non aveva calcolato il blocco della sveglia, se avesse funzionato mi sarei regolarmente preparato e in meno di dieci minuti avrei raggiunto la scuola. 
A causa della mia pigrizia costringevo mio padre a fungere ogni giorno da tassista, invece che camminare per pochissimo tempo. 
Quella mattina fui costretto a farlo. 
 
Correvo più che potevo , distruggendo quello che era rimasto ancora dei miei polmoni crivellati dal fumo passivo che ero costretto ad aspirare dalle sigarette dei miei amici. O forse quella era solo una scusa per mascherare la voglia di ozio che mi aveva portato ad abbandonare qualsiasi sport negli ultimi quattro anni. 
Corsi così velocemente che quasi non superavo la barriera spazio/tempo. Ero davanti ad un semaforo che in quel momento lampeggiava rosso e la sfilza di macchine attendeva incessantemente di partire: mentre attraversavo la cerniera con un semplice movimento si ritrovò aperta e quel poco di materiale scolastico finì per terra. 
Le penne rotolarono. I quaderni finirono per bagnarsi di acqua fognaria.
Il cuore mi salì in gola e quasi finivo per strozzarmi. 
Cercai di raccogliere il maggior numero di oggetti caduti quando mi accorsi che il Timer indicava dieci secondi allo scatto del verde. Ancora non riesco a definire lo scatto da atleta che ebbi in quel momento ma con una forza eccentrica saltai e raccolsi il borsello che era finito accanto al tombino a tre metri di distanza. 
Il parabrezza minaccioso delle macchine in prima fila mi ricordava dei pochissimi secondi che mancavano allo scatto del colore della fortuna: mi alzai e corsi, come non avevo mai fatto e senza rendermi conto arrivai finalmente dall’altra parte della via; voltai appena il capo e vidi frecciare alla velocità della luce le costose macchine dei ricchi banchieri mescolate ai vecchi motori modificati. 
Non feci in tempo a trarre un  sospiro di sollievo che l’ansia pervase nel petto e mi ricordò dell’immenso ritardo che stavo commettendo. 
Attraversai il viale tappezzato di saracinesche e insegne spente. Solo le luci di un piccolo bar rischiaravano il velo grigio caduto sulla città. 
L’odore di cioccolato proveniente da lì aumentò la mia già sconsiderata fame. Guardai con le lacrime agli occhi gli invitanti cornetti farciti sul bancone ma fui costretto a non fermarmi. 
Il passo veloce mi condusse in breve tempo all’entrata ingrigita della scuola. 
Solcai la porta e ad attendermi c’era soltanto l’odioso bidello in tuta nera che non mi volse neanche lo sguardo mentre salivo le scale anguste per arrivare al odiano superiore, completamente deserto. 
Sapevo di aver dimenticato quasi tutto il programma scolastico dell’anno precedente  ma non mi aspettavo di certo  di aver cancellato dalla memoria anche la pianta topografica dell’istituto. 
In effetti mi persi per qualche secondo in mezzo alle pareti spente,  quando vidi spuntare da una porta Natasha, la figa della classe -e della scuola- così dicevano tutti, che mi fece ricordare l’entrata della mia classe. 
Lei si girò subito correndo e capì  che stava per incontrare uno dei suoi principi azzurri in fondo al corridoio. 
Io nel frattempo bussai sul legno traballante e senza sentire alcun entrai. 
Balzo al cuore. 
Vidi con spavento che seduti ai banchi non c’erano Angelo, Mattia, Alessia e tutta la combriccola di perdenti, di cui facevo parte anche io, ma solo volti nuovi, ragazzini con un sorriso da primini stampato sul volto. 
L’Altieri, insegnante di italiano, mi guardò con occhi sconcertati < cosa ci fai qui, Tommasi?> 
Feci due passi indietro e osservai con miglior attenzione l’insegna blu: 1ª B. 
Mi ricordai in quel momento che Natasha fosse stata bocciata! 
Chiesi scusa ai presenti e mi allontanai con vergogna arrivando alla porta seguente. 
Alzai i capelli con la mano destra, sollevai il petto, rischiarai la voce per essere presentabile davanti alla mia vecchia classe. 
Stava per cominciare l’inferno
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: ggiovbr