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Autore: Lady Aquaria    01/11/2017    1 recensioni
Estratto dal capitolo 1:
Certo che voleva Camus, dentro di sé non aveva mai smesso di provare per lui qualcosa di più del semplice affetto; anche se a sé stessa lo negava, per Camus provava ancora amore.
"Io e papà ci siamo amati, un tempo."iniziò, cercando le parole più adatte."Amare, Lixue, capisci? È qualcosa di molto più forte del volersi bene."
"Quanto forte?"
Forte abbastanza da indurre una ragazza nemmeno ventenne a rivolgere fredde parole cariche d'odio all'altro. Un sentimento così intenso da indurla a restare a letto per giorni dopo il suo abbandono, tanto potente da spingerla a prendere a pugni il fratello che le aveva proposto di abortire.
EDIT: Storia completamente revisionata! Vale
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Dragon Shiryu, Nuovo Personaggio, Shunrei / Fiore di Luna
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le vie del Destino'
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38 principale

38.
Waterloo

My, my, I tried to hold you back
but you were stronger
oh yeah, and now it seems
my only chance is giving up the fight
and how could I ever refuse
I feel like I win when I lose
[Abba - Waterloo]
 
Quasi gli rise in faccia.
"E chi credi di essere, Don Rodrigo?"

Che diavolo aveva in mente? Annullare tutto, mandare all'aria un matrimonio di quella portata?
Camus inarcò un sopracciglio.
"Pensavo che Freya ti piacesse. Insomma, mi è stato detto che hai garantito per lei, e adesso questo repentino cambio d'idea..."

"Ma no, che hai capito? Non voglio impedire a Hyoga di sposare Freya, voglio annullare la cerimonia. Non fraintendermi, la apprezzo, è una brava ragazza e come tutti ha pregi e difetti ma il suo difetto più grande è che continua a lasciarsi influenzare troppo dalla sorella maggiore. Le voglio bene, ma ne voglio di più a Hyoga e non posso vederlo distruggersi l'anima per qualcosa e voltare lo sguardo altrove come se non mi importasse nulla. Sta rischiando l'ulcera! Per uno stupidissimo matrimonio, ti rendi conto?"
Lei sospirò, scuotendo la testa.
"Dovremmo pensare bene a come agire, non siamo in un film dove basta alzarsi e interrompere tutto sul più bello davanti agli invitati."

"Certo che no, anche perché quella cerimonia principesca non avrà luogo. Se lo ama e vuole davvero sposarlo, non dovrebbe importarle il luogo, no? Insomma, se mi svegliassi il due settembre e ti portassi via di soppiatto per sposarti... che so... a Kobotec, tu cosa faresti? Lo so che siamo già legalmente sposati, ma se ti dicessi che l'organizzazione della nostra cerimonia mi sta uccidendo e che voglio qualcosa di più piccolo e confortevole, tu come mi risponderesti?"
"Prendo un plaid e ti seguo anche in capo al mondo."
"Sono serio."
"E la mia era una risposta seria. Qualsiasi cosa ci attenderà il due settembre, la più importante sei tu, non è un hanfu, non è la musica, non è la torta... beh, a dire il vero mi dispiacerebbe per la torta, pensavo di ordinare la millefoglie con la panna al caffè."

Camus sgranò gli occhi.
"Davvero? Allora sì, decisamente sì. La millefoglie vale sicuramente la pena."

 
Hyoga abbassò il volume della tv quando udì dei passi attutiti in corridoio; ridacchiò appena, controllando l'ora: le tre erano passate da un pezzo.
"...attento a dove metti i piedi, altrimenti finirai col fratturarlo sul serio, quel mignolo."
"Ci mancherebbe anche questo."
Quando li vide passare, accese la luce.
"Siete andati a far bisboccia? Ma non sarete un po' troppo in là con l'età per fare così tardi?" li riprese.
"E tu invece, che fai ancora in piedi a quest'ora?" Mei restituì la domanda.
"Giusta osservazione." convenne Hyoga. "Non riesco ad addormentarmi."
"Hai un peso sullo stomaco?" buttò lì Camus, guadagnandosi una gomitata da Mei.
"...come?" domandò Hyoga.
"Lascia stare, ha bevuto troppo Gragnano ed è stanco."
"Sfido io, sono le tre e mezza del mattino."
"Sono perfettamente lucido e so quel che dico." sbottò Camus, irritato. "Adesso andrò a dormire ma oggi pomeriggio, mio caro, noi due parleremo."
"Eh no. Nel pomeriggio porteremo i bambini a casa. O vi chiarite prima del loro arrivo o uscite e andate altrove. Non m'interessa dove, ma non voglio tensione in casa." interloquì Mei, seria. "Punto. O facciamo i conti, Camus, mi hai capito? Vai a dormire, avanti. E tu metti a posto prima di tornare nella tua stanza."
"Signorsì."

 
**
"E tutto questo da dove salta fuori?!" si domandò Mei, guardando il tavolo della cucina invaso da pacchetti e pacchettini.
"Da parte di Shura e compagnia, hanno preferito portarli oggi anziché aspettare le Anfidromie." rispose Hyoga, distratto dal porte enfant che Mei stava reggendo. "È la mia Josie?"

"No, mi spiace, lui è Alex. La rossa che cerchi è nell'altro ovetto."
"Oh, bene." Hyoga carezzò appena la testolina del neonato addormentato, senza svegliarlo, quindi, raggiunto Camus, liberò la bambina dalle cinture e la prese in braccio, iniziando a mormorarle qualcosa in russo.
"Hyoga." esordì Camus di punto in bianco. "In auto. Subito."
"Miei Dèi, siamo appena arrivati, non potresti aspettare un po'?" sospirò Mei.
"No. Non starò via molto, forse un'oretta. Riesci a fare a meno di me?"

"Perché me lo chiedi, se tanto non mi lasci altra scelta?"
"Duìbùqi."
"Sì, dispiace anche a me. Avevo cucinato italiano... sicuramente troverò qualcuno che apprezzerà i miei sforzi." replicò Mei, vaga.

Una volta in auto, Camus iniziò a guidare con gesti secchi, l'espressione indecifrabile. 
"Dove stiamo andando?" Hyoga lanciò un'occhiata fuori dal finestrino: avevano oltrepassato Parc Monceau e stavano per imboccare Boulevard de Clichy. "Uh! Hai organizzato il mio addio al celibato? La prossima traversa è quella per il Moulin Rouge!"
Camus superò la traversa indicata da Hyoga per imboccare Rue Caulaincourt, che tagliava in due il celeberrimo Cimitero di Montmartre.
"Stiamo andando al cimitero? Un po' inquietante, non trovi?"
"Niente Moulin Rouge né cimitero. Vedrai quando arriveremo."

"Ma siamo a Pigalle, direi che..."
Camus tamburellò sul volante, nervoso.
"Smettila di dire sciocchezze. Credi forse che ti abbia fatto salire in auto, alle otto di sera, per girovagare per Parigi come se non avessi nulla di meglio da fare? Oggi ho portato a casa i miei figli, dovrei essere con mia moglie a darle una mano, mentre invece sono qui, a quasi sei chilometri da casa, perché tu sei un emerito cretino."
"Io non ti ho chiesto niente..."
"Appunto."
Disorientato da quella strana risposta, Hyoga tacque finché Camus non parcheggiò davanti a un pub, sito a Montmartre, ma sicuramente lontano dai soliti posti frequentati da turisti. Gli rivolse la parola solo per dirgli di sedersi a un tavolino libero nell'area fumatori mentre lui prendeva qualcosa da bere.
Stava ancora cercando di capire perché si stesse comportando in quello strano modo, quando lo vide posare un vassoio tondo sul tavolo e sedersi a sua volta.
"...mi hai preso l'aranciata? Sul serio? Quanti anni ho, cinque?!" protestò, quando Camus gli porse il bicchiere.
"Le ultime settimane mi hanno portato a dubitare profondamente sulla tua maturità, quindi sì, per te solo aranciata stasera." fu la replica di Camus, che invece, dinanzi a sé, aveva posato un piatto con un panino e un liquore che, a giudicare dall'aroma, doveva essere Grand Marnier.
"Cognac e sigarette? Quando Mei lo scoprirà, ti farà lo scalpo."
"Probabilmente sì, ma lei non è qui e tu stai cambiando discorso." replicò Camus, senza lasciarsi distrarre.
"A proposito, perché siamo qui? Mi devi dire qualcosa?" domandò Hyoga, strappando un pezzo di croque monsieur dal piatto.
"Ah, io? Mi prendi in giro?" Camus bevve un sorso di cognac e gli mostrò le foto che Mei gli aveva passato tramite Whatsapp.
Riconobbe subito la propria gastroscopia e le foto dello scomparto nel suo armadio, dove riponeva le medicine. Perse il sorriso, quindi guardò il maestro dritto negli occhi.
"Chi te l'ha detto?"
"Non ha importanza, ciò che conta è che mi hai taciuto tutto: con certe cose non si scherza!"
Hyoga si ricordò delle commissioni che aveva affidato a Mei e scosse la testa: sicuramente era
 stata lei a trovare medicine e referti e a riferire tutto al marito.
"Mei proprio non riesce a farsi gli affari propri, a quanto vedo."
"Avrebbe potuto ignorare e passare oltre, è vero. Ma se l'ha fatto, è perché, come me, si preoccupa." lo corresse. "Te lo ripeto da quando eri un bambino, se hai un problema, non tenerlo dentro, parlane. Se non vuoi parlarne con me, hai degli amici, parlane con loro!"
"E con chi? Shun ha i suoi problemi, Shiryu ha una figlia piccola, Seiya e io non abbiamo mai avuto tanta confidenza, lui va d'accordo soprattutto con tuo cognato."
"Ci sono io. Io per te ci sarò sempre."
"Lo so, ma hai la tua famiglia, i tuoi figli... dopo la faccenda di Isaak ti ho sentito più volte star male per la sua perdita e mi sono ripromesso di non esserti mai di peso, di non aggiungere problemi su problemi."
"MA CHE ACCIDENTI..." sbottò Camus, ricordandosi solo dopo di non essere a casa, ma in un locale pubblico. "...ma che accidenti ti salta in mente?! Ho moglie e figli dei quali occuparmi, d'accordo, ma questo non mi distoglie dall'occuparmi anche di te! Un maestro non smette di essere tale solo perché il suo allievo è cresciuto e non ha più bisogno dei suoi insegnamenti! Non posso smettere di occuparmi e preoccuparmi per te, non lo capisci?"
Hyoga allungò la mano al cognac e ne bevve un sorso.
"Quant'è grave la situazione? Non è niente di brutto, vero? Miei Dèi, non dirmi che hai un... per Athena, non riesco nemmeno a dirlo."
"Un tumore? Dio, no." inorridì Hyoga, facendosi il segno della croce. "Ho una gastrite pazzesca e il medico del pronto soccorso mi ha consigliato una gastroscopia per essere sicuri dell'assenza di ulcere, almeno, per quanto ne so non ne ho, ma chi può dirlo? Oddio, che c'è? Perché mi guardi così?"
"Ti ho cresciuto da quando avevi poco meno di sette anni, ho trascorso notti insonni tenendoti tra le braccia quando avevi la febbre alta e temevo di perderti, ti ho guidato dall'aldilà quando dovevi affrontare entità più forti di qualunque essere umano e..." si bloccò, espirando, arrabbiato. "Ma che cosa ti frulla in testa, posso saperlo?"

Cosa gli frullava per la testa? Tante cose.
L'indecisione sulla laurea magistrale, sul matrimonio, sul suo futuro, che ora vedeva più incerto e nebbioso che mai.

Camus ingoiò d'un fiato ciò che restava del suo cognac e andò a prenderne un secondo.
"D'accordo che per farti ubriacare servirebbe mezza distilleria Moskovskaya, ma dovesse fermarci una pattuglia, sarebbero dolori: difficilmente crederebbero alla faccenda del Saint di Athena che resiste agli alcolici come e meglio di un settantenne moscovita."
"È per il matrimonio. Non eri sotto pressione nemmeno per il tuo esame più difficile, e adesso rischi l'ulcera? È della tua salute che stiamo parlando, della tua vita! Diamine!"
"Lo so, lo so. Penso a quello che mi aspetta e sudo freddo, se mangio un po' più del dovuto corro in bagno a dare di stomaco e... spesso mi sveglio nel cuore della notte col cuore che batte a mille." mormorò Hyoga. "Stavo uscendo per andare al centro commerciale l'altro giorno, sai. Prima di partire controllo sempre che ci sia il libretto di circolazione infilato nell'aletta parasole e quando non l'ho trovato, ho cercato nel vano cruscotto... e insieme alla cartellina è scivolata giù una rivista per spose che ha dimenticato Freya e non ho più mosso un dito: sono stato seduto in garage per due ore con il batticuore, ansimando come se avessi scalato l'Everest correndo a perdifiato fino in cima."
"Mi basta una tua parola e annullo tutto."
"Non scherzare."
"Potrei portarvi a Las Vegas, anche domattina. Saremmo lì in un batter d'occhio."
"Camus, non scherzare, ti prego."

"Ti pare la faccia di uno che scherza? Questa storia ti sta uccidendo! Senti, se è davvero ciò che vuoi, allora verrò con te ad Asgard, m'infilerò in quel frac e brinderò alla tua felicità, ma devo avere la certezza che tu stai bene. Mi hai capito?"
"Starò bene, anche se non so come. Non posso farle questo. Tu lo faresti, a Mei?"
"Le nostre situazioni sono diverse... Mei non è una principessa e non è assoggettata a nessuno, se le chiedessi di lasciar perdere la cerimonia che desidera per qualcosa di più intimo, lei lo farebbe. Pensaci bene, me la sbrigherei io con Hilda."
L'altro ridacchiò nervoso.
"Tu piaci a Hilda, e parecchio. Ma per quanto tu possa piacerle, non hai idea della rabbia che ti riverserebbe addosso."
"È una rabbia che sarei in grado di gestire. Ma poi... che significa che le piaccio?!"
"Hai un ottimo ascendente su di lei, in effetti hai ragione, puoi gestire la situazione. Ma non dirmi che non te ne sei accorto."
"No, perché la cosa non m'interessa."
"Credo che tu sia la persona più navigata e al tempo stesso ingenua che conosca."
"Fedele, dico io. Fedele e onesta. Regnante o no, tua cognata mi è del tutto indifferente: cerca di farglielo capire, prima che ci pensi mia moglie." rispose, mortalmente serio. "E adesso faremmo meglio ad andare, voglio stare un po' con i miei figli."
 
Hyoga e Camus si separarono sul pianerottolo che divideva i rispettivi appartamenti, dopo aver guidato con cautela dal pub verso casa.
"...e vedi di non fare sciocchezze e parlare di certe cose nei momenti sbagliati, non voglio saperne nulla, né di Hilda né delle sue fisime, è chiaro?"

"Certo, stai tranquillo. Anzi, mi scuso per avertene parlato." gli rispose. Lo vide entrare in casa, quindi sentì la chiave girare nella serratura e il rumore secco del limitatore di apertura scattare dalla porta blindata dritta nel suo alloggiamento.
Camus si sfilò le scarpe, cercando di non fare rumore nella casa immersa nel silenzio: la luce della cucina era spenta così come quella del salone, forse Mei aveva già messo a letto tutti i bambini.
Cose da pazzi, mancava soltanto Hilda e le sue assurde idee a minare la loro tranquillità.
Si era sbagliato, Mei non era a letto e non aveva ancora messo a nanna tutti i bambini: un rapido sguardo nella stanza dei bambini e in quella di Lixue gli confermò che Joséphine era ancora sveglia.
"Papà?"
Riaprì la porta, guardando la figlia maggiore nel suo letto, illuminata dall'abat jour che aveva acceso.
"Sì?" le sorrise. Lixue aprì bocca per rispondere, ma decise di non farlo, scuotendo poi la testa.
"...no, niente." mormorò.
"Non mi sembra sia niente." obiettò Camus, corrugando la fronte. "È per i tuoi fratelli?"

La figlia abbassò lo sguardo, stringendosi al petto il peluche di Mushu, quindi si distese di nuovo e spense la luce.
"Buonanotte papà."

"Per ora buonanotte, comunque ne riparleremo domani." le disse, prima di chiudere la porta.
Vide la luce filtrare dalla porta del sottotetto e salì piano gli scalini, sentendo Mei canticchiare –intervallando le parole a lunghi sbadigli- qualcosa seguendo uno dei tanti canali musicali in tv, nel tentativo di far addormentare la bambina. Restò a guardarla qualche minuto, appoggiandosi al muro e sorridendo.

"...because the night è una bella canzone, ma in questo caso, forse, sarebbe più indicata don't cry, non credi?" esordì a bassa voce per non spaventarla.
"In effetti la canterei a te, piuttosto che a Josie. Ma a quanto pare c'è la notte del rock in tv, e passano un po' di tutto, che vuoi farci?" ridacchiò Mei, voltandosi. "Che ore sono?"
"Le ventidue passate."
"Accidenti, quant'è tardi. Allora, signorina, quando ti deciderai ad addormentarti come i tuoi fratelli?"
"Mi spiace averti lasciata sola proprio la prima sera con i bambini."
"Lixue mi ha dato una mano, comunque non preoccuparti." rispose Mei. Josie, tra le sue braccia, riprese ad agitarsi. "Hai risolto qualcosa con Hyoga?"
"Si e no, nel senso che non ho risolto come avrei voluto."
"Mi spiace. Quindi tutto procederà come previsto?"

Si distese sul divano, la testa reclinata all'indietro sul bracciolo, massaggiandosi le tempie doloranti.
"Temo di sì, e non so più che fare."
"Troveremo una soluzione, vedrai." lo incoraggiò, un poco distratta dalla bambina che, aveva notato negli ultimi minuti, smetteva di agitarsi non appena sentiva la voce di Camus. "Continua a parlare."
"Di cosa?"
"Non so, qualunque cosa. Sembra che la tua voce abbia effetti calmanti su Josie."
Tornò a sedersi mentre Mei, con la bambina appoggiata alla spalla, camminava avanti e indietro, ondeggiando lentamente.
"Ehm... Boulevard de Clichy era stranamente poco trafficato, stasera, e sì che di solito c'è un gran viavai di gente..."
"...che diavolo stavate facendo voi due in quel quartiere schifoso?"

"A dire la verità eravamo solo di passaggio, siamo stati a Montmartre."
"Detesto quella zona, è piena di prostitute!"
"Suvvia, ci sono prostitute ovunque, non solo a Pigalle."
"Mh." sbuffò Mei. "E dove siete andati?"
"In un pub, fuori dai giri turistici. Abbiamo parlato due ore, ma nonostante le paure di Hyoga, tutto è finito con un non posso farle questo."

"E quindi si farà mettere i piedi in testa." sospirò Mei, decidendo di sedersi un po'. Si avvicinò a Camus e gli porse la neonata. "Ecco, vai dal tuo papà, che non vede l'ora di spupazzarti un po'."
E proprio come otto anni prima, per Lixue, e più tardi in Siberia con i figli di Kirill e Zoya, Mei lo vide sciogliersi, stringendo la neonata al petto. Non comprese il significato delle parole in russo che stava rivolgendo a Joséphine, ma Camus era felice, e tanto le bastava.
"Questa tutina è un po' grande per lei o sbaglio?" le domandò, distraendola dai suoi pensieri.
"No, purtroppo, non sbagli. È una tutina per prematuri e le sta comunque larga... il pediatra in ospedale ha provato a tranquillizzarmi dicendo che acquisterà peso col tempo, ma..."
"Beh, ha il sangue delle donne ShuFang nelle vene, perciò si rimetterà in sesto in un baleno, vedrai." le sorrise.
"Lo spero, lo spero davvero tanto." Mei si abbandonò contro lo schienale del divano. "Devono rimettersi in sesto, le mie preghiere rivolte agli Dèi non possono essere state vane."
"Andrà tutto bene, Athena è una dea buona, non può succedere niente di male." la rassicurò, stringendole la mano. "A proposito di figli, sono stato da Lixue, appena tornato. Ho ragione di credere che ci sia qualcosa che non va."

Un altro sospiro.
"Lo temo anche io, è da una settimana che si comporta in modo insolito." convenne Mei. "Ho notato che ha ripreso a dormire abbracciata al suo peluche e oggi ho visto che guardava in uno strano modo i fratelli mentre li cambiavo: non come guardava Yian-Mei, aveva un'espressione troppo seria. Volevo rassicurarla, ma è una cosa che devo fare tête a tête con lei, con calma."
"È gelosa. Eppure l'abbiamo preparata all'arrivo dei bambini fin dall'inizio."
Mei si alzò, andando a controllare il corridoio per accertarsi che Lixue non li stesse spiando.
"Cam, tu sei figlio unico, non sai cosa significa essere fratello maggiore, la gelosia è comune a tutti i bambini ed è una cosa da non sottovalutare. Spero che non abbia ereditato la mia stessa gelosia o sì che siamo nei guai."
"Dobbiamo bilanciare le attenzioni sui neonati e su di lei, per evitare dispetti."

"Dovesse limitarsi ai dispetti saremmo, diciamo così, fortunati." rispose Mei. "L'importante è che non segua le mie orme e non chiuda uno dei bambini sul balcone."
Camus sollevò immediatamente lo sguardo su di lei, gli occhi sgranati.
"Hai chiuso tuo fratello sul balcone?!"
"Sì, e giusto per chiarire, non ne vado assolutamente fiera, anzi. A mia discolpa potrei dire che avevo sei anni e che ero gelosa e arrabbiata, ma era comunque una cosa che non avrei dovuto fare, e per la quale mi sono sentita in colpa a lungo."
"Beh... non sarà stato piacevole per lui, ma le temperature ottobrine sono miti."
"Macché ottobre, è successo a gennaio e Shiryu aveva circa tre mesi." spiegò Mei. "Oltretutto è successo di notte, ed eravamo in montagna per le vacanze natalizie. A Sestriere, duemila metri di altitudine, non so se mi spiego."
"...e come si rese conto del fattaccio?"
"Il balcone era comune con la loro stanza, per fortuna se ne accorse quasi subito." ricordò Mei. "Mia madre, che non gridava mai per non sforzare la voce da soprano, quella notte lanciò uno strillo che nemmeno durante il vissi d'arte."

"Ci credo." commentò Camus. "Avrei voluto sentirla."
"Aveva una voce capace di rompere i bicchieri, non ti sarebbe piaciuto sentire uno dei suoi strilli rabbiosi."
"Sono abituato a sentire i tuoi, i suoi non mi avrebbero fatto né caldo né freddo..." le rispose, allegro, ricevendo in risposta uno sguardo in tralice. "Scherzo. Niente solletico quando non posso difendermi! Ho la bambina in braccio, carogna!"
Bambina che, tra le cose, si era addormentata del tutto beatamente.
"Finalmente! Abbiamo due ore di sonno, approfittiamone." esclamò Mei, a bassa voce.

"Ah, sonno. Speravo in altro."
 
**

Freya aveva avuto un malore: nulla di che, l'aveva rassicurato Hilda, semplice ansia prematrimoniale, il medico le aveva prescritto un blando calmante e un po' di riposo in vista del grande giorno.
Già, il grande giorno. Hyoga avvertì una fitta allo stomaco e sperò di non rigettare la colazione come faceva quasi tutti i giorni da un mese a quella parte: sapeva che non avrebbe dovuto pensarci troppo, eppure si sentiva come Damocle, con la sua mitologica spada pronta a cascargli addosso con tutto il suo peso.
"E perché non sono stato avvertito?" aveva domandato alla futura cognata, sentendo la rabbia farsi largo e mandare al diavolo la diplomazia. "Freya è stata male e non hai nemmeno pensato di telefonarmi?"
Camus e Shiryu avevano ragione, dopotutto. Quel matrimonio e ciò che sarebbe venuto dopo lo stavano mettendo alla prova anche troppo, doveva sul serio puntare i piedi, prima di esser trascinato via dalla volontà di Hilda.
Oltrepassò la porta che divideva i due appartamenti e si diresse, cercando di fare meno rumore possibile, in cucina, sicuro di trovarci il maestro.

"Faceva parte delle sei persone più anziane d'Europa la signora Marie-Thérèse Bardet che era nata in Borgogna, pensate, il due giugno di centoquattordici anni fa. Si è spenta questa mattina a Pontchâteau
lasciando due figli, sette nipoti, quindici bisnipoti e sei trisnipoti..."
"Ah, però." commentò tra sé e sé, mentre lo speaker di Radio France continuava a parlare. "Qui va a finire che non arrivo nemmeno ai ventidue, figurati ai centoquattordici."

" ...dunque il primato europeo, adesso, è in mano all'italiana Maria Redaelli Granoli, di centotredici anni, residente in Lombardia, Italia. Ma non posso fare a meno di notare che, secondo il Gerontology Research Group, dei quarantadue ultracentenari in vita, ben quarantuno sono donne e ventuno di loro sono giapponesi. A questo punto propongo di trasferirci in Giappone..."
"Evidentemente in Giappone non si arrabbiano come noi." commentò quindi ad alta voce, entrando in cucina. "Et voilà, pain aux raisins ancora caldi di forno!"
Vicino al samovar, Camus non lo degnò di uno sguardo.
"Se il buongiorno si vede dal mattino, prevedo una giornata niente male..." sospirò Hyoga, avvicinandosi. "Avanti, che c'è?"
Camus stava ronfando alla grande, la fronte appoggiata a un pensile e tra le mani un biberon vuoto e sporco, destinato sicuramente allo sterilizzatore accanto al samovar, il cui led stava lampeggiando.
"Ma come fai a dormire in piedi?!" ridacchiò. "Dobroye utro, vecchio mio."
L'altro si riscosse, riaprendo a fatica gli occhi.
"...lo sterilizzatore?!" biascicò Camus.
"Ha terminato il ciclo e l'ho spento." rispose Hyoga. "Devi spiegarmi come fai a dormire in piedi come i cavalli."
"Ho bisogno di un'endovena di caffè forte." sbadigliò Camus, sedendosi e afferrando le brioches. "Anzi, facciamo due."
"Nottataccia?"
"Ho un sonno pazzesco. Si sono svegliati tutti insieme."
"Ahia." commentò Hyoga. "Tre neonati urlanti in un colpo solo? Altro che sonno."
"Tutti e quattro, Lixue ha pure bagnato il letto." precisò Camus, a bassa voce.
"Oh no."
"Ed è solo la prima notte. Sento che impazzirò."
"No, una volta abituato ai loro ritmi, sarà tutto più facile." interloquì Mei, entrando in cucina. "Vado a fare spesa, devo prenderti qualcosa in particolare?"
"Di già? Vai così presto a far spesa?"

"Come, di già?! Sono le dieci, quando dovrei andare?!"
"Le dieci?!"
"Sono in piedi dalle sette, anche se avrei dovuto alzarmi prima. Ho già portato Lixue a scuola e Sabaka a fare il suo giro, i bambini hanno già mangiato e stanno dormendo, io passo in farmacia e poi vado al Carrefour. Chiama se hai bisogno di qualcosa, non fare di testa tua come sempre."
Hyoga aveva bisogno di parlare con Camus, ma preferì aspettare finché non sentì Mei richiudere la porta dietro di sé.
Gli raccontò della telefonata, del malore di Freya e del fatto che Hilda non avesse speso nemmeno un minuto ad avvertirlo a tempo debito. Dire che era frustrato era un eufemismo.
"Non la vedo da tre settimane, ci sentiamo solo tramite messaggi e non mi ha detto niente di niente. Accidenti."
"La mia offerta è sempre valida." fu il commento di Camus.

"Anche la mia risposta."
"Ebbene, allora inizia a puntare i piedi. All'undicesima casa li puntasti, se ben ricordo."
"Questione di sopravvivenza." obiettò Hyoga.
"Sciocco, non ti avrei torto nemmeno un capello. Ma Hilda potrebbe, se non impari a farti rispettare. Pensaci, prima che sia troppo tardi."


Dopo pranzo, Camus restò in cucina, alle prese con alcuni documenti di lavoro.
"Cosa c'è di tanto interessante in tv?" domandò Mei, impegnata con la lavastoviglie, sbirciando lo schermo dove intravide il logo di France 5, un canale culturale.
"Un documentario sulla corte asburgica." rispose distrattamente Camus, ancora abbarbicato sullo sgabello, il tablet e una pila di fogli davanti a sé, sul tavolo.
"...a differenza di quanto mostrato nei leziosi film di produzione austriaca degli anni 50, tuttavia, il rapporto tra Sofia ed Elisabetta non era governato dall'odio. Donna intelligente e sveglia dal temperamento forte, mal sopportava il carattere ribelle della giovane imperatrice ma la corrispondenza tra le due donne denota un affetto materno dell'arciduchessa nei confronti della nipote/nuora..."
"...ah. Affetto? Tolse i figli alla nuora per educarli al posto suo e lo chiamano affetto?"
"Perché riteneva troppo giovane e inesperta la giovane imperatrice per lasciarle educare i figli." replicò Camus, sempre distratto. "All'epoca era d'uso fare così, soprattutto tra i regnanti."
"Sissi aveva diciotto anni."
"Appunto."
"E perché, io quanti anni avevo?"
"Mh." mugolò lui, mordicchiando la matita, gli occhi fissi su un block-notes.

"Quindi al posto loro, tu avresti permesso a tua madre di portarmi via i figli?"
Fiutato il pericolo, Camus si riscosse di colpo.
"Mia madre era un pezzo di pane, non ti avrebbe mai fatto una cosa del genere."

"Lo credo bene, perché mia madre ti avrebbe rotto le ossa una per una." ridacchiò Mei, sporgendosi a guardarlo e frapponendosi tra lui e il foglio. "E senza anestesia."
"Mei, non sono dell'umore adatto."
"L'avevo capito, per questo cercavo di distrarti un po'."
"Te ne sono grato, tesoro, ma bastasse ciò a distrarmi. È in momenti come questo che ringrazio Athena di non essere un regnante o un membro della famiglia reale."
"Non posso che darti ragione. Per quanti danni possa avermi provocato il mio lavoro, tra i quali un paio di dita e un braccio fratturati, sono fiera di alzarmi la mattina e guadagnarmi da vivere, senza dovermi piegare a nessuno." sorrise. "Ti lascio solo, vedo che sei occupato."

Si versò un bicchiere d'acqua, quindi sentì un valzer provenire dal salotto.
"Avevo davanti agli occhi tutta la mia vita, come se l'avessi già vissuta. Un'infinita processione di feste, balli di società, yacht, partite di polo... sempre la stessa gente gretta, lo stesso stupido cicaleccio. Mi sentivo sempre come sull'orlo di un precipizio, e non c'era nessuno a trattenermi, nessuno a cui la cosa importasse o che se ne rendesse almeno conto."
Camus levò gli occhi al cielo.
"Buon cielo, ancora?!" borbottò.
"Da quanto tempo sta guardando Titanic?"
"Da quando hai messo a dormire Milo, ma non lo sta guardando tutto, si concentra solo sul tentato suicidio."
Una quarantina di minuti abbondanti, trascorsi a fare rewind sulla stessa scena.
"Cavolo."
"Cosa sta cercando di farmi capire? Che vorrebbe fare come Rose, gettarsi giù da qualche parte?"
Stavolta fu Mei a roteare gli occhi.
"Miei Dèi, frena la fantasia, ti prego. È troppo intelligente per fare una cosa del genere."
"Rende stupidi anche i saggi, l'amore, amore mio."
"Questa l'ho già sentita. Non ricordo dove, ma l'ho già sentita... boh, prima o poi mi verrà in mente. Ascolta, occupati dei biberon sporchi mentre io mi occupo di lui. E niente ma, l'hai già strapazzato abbastanza."
Hyoga era in salotto, stravaccato sul divano con un'espressione quasi assente.
"Negli ultimi quaranta minuti ho dato da mangiare alle tre pesti più piccole, preparato la merenda per la più grande, ho caricato la lavatrice e steso il bucato e... nel frattempo, Rose ha tentato il suicidio... quante volte? Una decina?"
"Sto consumando il dvd eh?"
Mei si sedette accanto a lui.
"Che m'importa del dvd... quello si ricompra. Ma ci sono cose che non si possono riacquistare." rispose. "Continui a riguardare in loop questa scena... c'è un motivo o semplicemente è un tentativo per guardare e riguardare gli occhioni azzurri di Leonardo Di Caprio?"
"Oh, ti prego."
"Okay, okay, era per dire. Dunque il motivo quale sarebbe?"
Hyoga mise il film in pausa.
"Se è un subdolo tentativo per sapere se sto pensando al suicidio, lo metto subito a tacere: non mi ha neanche sfiorato l'anticamera del cervello."
"Lieta di saperlo, perché Camus è seriamente preoccupato. Siamo tutti in pensiero per te."
Lui annuì.
"Ed è per questo che sei andata a spifferare la storia delle mie analisi a Camus?"
"Intanto spifferare è inesatto. L'ho informato di qualcosa che, a ragione, ho ritenuto importante."
"Era qualcosa che avevo sotto controllo, nessuno ti ha autorizzata a cacciare il naso nei miei problemi né tantomeno ti è stato chiesto di porvi rimedio. Smettila di comportarti come se fossimo parte di una grande famiglia felice, sappiamo entrambi che hai agito così per Camus, non perché provi chissà quali sentimenti nei miei confronti. Non sei mia madre, anzi, a tutti gli effetti non sei n-..." si bloccò, conscio di aver parlato male e di aver detto fin troppo. Per quanto odiosa e cattiva fosse stata con lui in passato, non meritava quanto le aveva appena vomitato addosso.
Mei cambiò radicalmente espressione, gli occhi che fino a pochi istanti prima erano stati gentili e comprensivi, erano velati di gelo.
"Che idiota sono stata in questi anni, che stupida. Ecco che cosa ho guadagnato. Ma sai che avete tutti ragione? La maternità mi ha ammorbidita. Dovrei tornare a essere la Mei che ero una volta e preoccuparmi solo delle persone che realmente amo, ad esempio la mia grande famiglia felice alla quale tu non appartieni. Quindi d'accordo, d'ora in avanti smetterò di essere civile nei tuoi confronti e di preoccuparmi anche per te, del resto per te non sono nessuno, giusto? Era questo che mi stavi gentilmente facendo notare. E per te questo è un bene, perché se fossi tua madre, ti avrei già preso a calci nel sedere!"
Lui parve riscuotersi.
"Mi dispiace, so di averti offeso, non so come abbia potuto dirti certe cose. Ti chiedo scusa, non è un bel periodo."
"Sì che lo sai, covavi rancore dai tempi della scalata del santuario e me l'hai riversato addosso dopo otto anni. Otto anni! Io ci avevo messo una pietra sopra nonostante in quella storia fossi una vittima, ti ho trattato da amico e questo è tutto ciò che sai dire? La prossima volta la pietra te la lancio direttamente in faccia! Sai che cosa puoi farci, con le tue scuse?" ribatté Mei. "Sei intelligente, dovresti arrivarci da te."
Attirato dai toni concitati, Camus si diresse in salotto.
"Che cosa sta succedendo qui?" domandò, non ricevendo risposta.
"Sai, è incredibile il modo in cui ti sei arreso. Non posso nemmeno definirti perdente, perché almeno ci avresti provato. Tu invece, accettando tutto passivamente, sei protagonista di qualcosa di peggiore della sconfitta." proseguì Mei, ignorando gli sguardi del marito. "Ti definisci adulto, ma in effetti sei solo uno sciocco ragazzino senza nerbo né spina dorsale! E tu saresti morto per lui? Bravo, i miei complimenti. Ne è proprio valsa la pena."
"Mei, dai. Non fare così. È un periodo strano per tutti."
"Per me no! Per me è un periodo felice perché ho potuto portare i miei figli a casa! E non me lo faccio certo rovinare da quella testa vuota! Quindi, mio caro, da oggi in poi farò come il buon vecchio Ponzio Pilato: me ne laverò le mani!"
Aveva preso a parlare nella sua lingua madre, segno che era inferocita.
"Qualunque cosa abbia detto, lascia stare, ha ragione." interloquì Hyoga.
Camus tornò a guardarlo.
"Certo che ha ragione. Ma è mai possibile che non si possa mai stare tranquilli in questa casa? Parla con te e litiga col fratello, parla col fratello e litiga con te. Mai una volta che si possa andare tutti d'accordo." borbottò Camus. "E comunque, problemi personali o no, non trattare come zerbini le persone che cercano di aiutarti, a maggior ragione se tra queste c'è mia moglie."
"Ho già detto che mi dispiace."
"Senti, io ti conosco bene e so che sei sincero, ma lei no."

Hyoga sospirò.
"Me la sono giocata, eh?"
"Molto probabilmente sì." rispose Camus, sincero. "Cercherò di mediare per te."
"Grazie."
"Non ti prometto niente, però. Ora scusami, ho dei documenti da ricontrollare." concluse, raccogliendo i fogli sul tavolo. Mezz'ora dopo si alzò dirigendosi al suo studio. In corridoio, però, si bloccò, dopo aver sentito qualcosa dal bagno.

"Tutto bene? Ti sentivo singhiozzare da fuori."
Immersa nella vasca da bagno mentre i bambini, finalmente, dormivano, Mei mise in pausa lo streaming con il telecomando posato accanto al bagnoschiuma.
"Oh mamma, davvero?" rispose, afferrando un asciugamani e asciugandosi gli occhi.
"Hyoga è veramente dispiaciuto per ciò che ti ha detto, non voleva farti reagire così."
Inarcò un sopracciglio, voltandosi a guardarlo.
"Come, scusami?"

"Hyoga mi ha chiesto di porgerti di nuovo le sue scuse. Non avevo idea che stessi così male."
"Ehi, ehi, frena. Pensi che sia così fragile da piangere per come mi ha trattata quello stupido? Assolutamente no, sei fuori strada." sbottò Mei, indicando il pc sistemato sulla cassettiera del bagno tra trucchi e flaconi, sul quale stava guardando una puntata del suo serial preferito. "Piango per il telefilm, è il finale dell'ottava stagione e sta morendo uno dei miei personaggi preferiti."
Sospirando, Camus spostò la pila di asciugamani dietro la testa di Mei e si sedette sull'ampio bordo della vasca, appoggiandosi poi al muro.
"...dì a Meredith che le voglio bene e che è stata una buona sorella...dì a mio padre..."
"Tu non stai morendo."
"Dammi... la mano."
"No. Non ti do la mano, perché tu non stai morendo."
Dei rottami, una ragazza intrappolata sotto l'ala di un aereo e un uomo, probabilmente il suo fidanzato, che gridando a pieni polmoni cercava invano di sollevare il rottame e liberare la sua donna. I singhiozzi di Mei aumentavano di secondo in secondo.
"Io ti amo. Ti amo. Sono sempre stato innamorato di te, e ti amerò sempre, perciò tu devi vivere. Noi... noi ci dobbiamo sposare e tu diventerai un grande chirurgo e avremo due o tre figli..."
"Stranamore?" domandò Camus, a bassa voce.
"No, quello è Derek. Questo è Mark Sloan."
"Ah."
"...siamo fatti per stare insieme."
"È la seconda volta che guardo l'episodio e speravo di averlo guardato male, e invece..."
"Quella sotto l'ala è... Meredith?"
"Ma no, è Lexie, sua sorella. Te l'avevo detto, che non prevedevo nulla di buono per lei e Mark. Odio la sceneggiatrice, se non fa morire qualcuno non sta bene."
"Mi spiace..." commentò Camus. "Tornando a Hyoga..."
"Ti ha sicuramente raccontato la sua versione dei fatti, ma come saprai anche tu, ogni campana ha due rintocchi." sbottò Mei, senza distogliere l'attenzione dallo schermo del pc. "In passato ho commesso errori come chiunque, ero furiosa e ferita e ho cercato più volte di fargli la pelle, ma poi basta, ho compreso il tuo punto di vista, l'ho accettato e accolto in famiglia e messo una pietra sopra quel brutto periodo."
"Lo sa, ha reagito in malo modo."
Mei uscì dalla vasca, sbuffando appena.
"Sarà ansioso, sotto pressione, agitato o quello che vuoi e posso comprenderlo, ma trattare la gente in questo modo, no, in fondo cercavo solo di aiutarlo. E poi, non ho mai permesso nemmeno a Shiryu di rivolgersi a me in questo modo, figurati se lo permetto al tuo allievo, che oltretutto con me –e con te, per quanto ti piaccia pensare il contrario- non condivide nemmeno una goccia di sangue." puntualizzò, infilandosi l'accappatoio e spegnendo il pc. "Per quanto mi riguarda, può anche arrangiarsi, da me non avrà più nemmeno una parola."

"Ah, dunque ora è di nuovo il mio allievo? Ricominciamo da capo?"
Dal ricevitore del baby monitor posato accanto al pc sentirono dei mugolii, segno che uno dei tre gemellini –Mei sperò non tutti e tre insieme- si stava svegliando.
"Scusa, ma ho cose più importanti alle quali pensare." gli disse, indicando l'apparecchio con un cenno.

"E per quanto riguarda il matrimonio? Mancano pochi giorni, sai." le ricordò Camus.
"Come ti ho già detto, ho cose più importanti alle quali pensare."
"Hai dato la tua parola."
"Non intendo rimangiarmela, ma non farò più dello stretto necessario: m'infilerò in quel vestito, farò dei luminosissimi sorrisi di circostanza e poserò per le foto ufficiali. Stop."
"Te lo chiedo per favore... potreste smetterla, tutti e due?"
"No. No, basta. E stavolta non riuscirai a farmi cambiare idea, non lo farò né per te né per Freya, la mia pazienza non è un interruttore che potete accendere e spegnere come vi pare." concluse Mei. "Per me questa faccenda si chiude qui."

Rimasto solo, Camus alzò per l'ennesima volta in quel giorno, gli occhi al cielo.
"Athena, ti prego, dammi di nuovo tanta pazienza, perché quella che mi hai dato ieri sta per finire."


***

Lady Aquaria's corner
-Il titolo riprende l'omonima, famosissima canzone degli ABBA. Perché? Diciamo che Camus vive la lite tra Hyoga e Mei e la situazione che si è creata tra lo stesso e Freya come due grandi sconfitte personali.
-"Vissi d'arte" è una struggente aria tratta dalla Tosca.
-Dobroye utro: secondo il mio frasario, buongiorno, ovviamente in russo.
-"Rende stupidi anche i saggi, l'amore, amore mio" è un verso tratto da "Il mare calmo della sera", di Andrea Bocelli.
-La frase che Mei dice a Hyoga, sulla resa, è tratta da "Appunti di un venditore di donne" del compianto Giorgio Faletti. L'originale è questa: "
È incredibile come certa gente si arrenda subito. Non sono perdenti, sono quelli che non ci provano nemmeno. E questo li rende protagonisti di qualcosa che è molto peggio di qualunque sconfitta."
-La puntata che Mei sta guardando è il finale dell'ottava stagione di Grey's Anatomy. Do' per scontato che, essendo il web pieno di frasi, immagini e meme riguardanti Mark e Lexie, quanto descritto non sia spoiler. Come già detto, non amo fare spoiler e questo non lo è.
Non mi resta che ringraziare come sempre, alla prossima.

 

Lady Aquaria

   
 
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