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Autore: Amanda_nikita    01/11/2017    1 recensioni
Il mondo monotono e rigido dei purosangue e dei mangiamorte é scosso da due ragazze, due migliori amiche, due streghe appartenenti a Case opposte. Il loro legame verrá messo alla prova, la loro forza dovrá reggere innumerevoli attacchi: riusciranno a portare a termine il loro destino? Fra incantesimi, tradimenti e colpi di scena, la loro avventura cambierá il mondo magico.
Dal testo: < ...dovevo fare in modo che qualcuno venisse a liberarmi dal controllo di quella pazza. Avrei potuto usare il Patronus, ma non l'avevo fatto mai prima di quel momento e si sa, la teoria è sempre molto diversa dalla pratica. Mi sforzai di ripescare dalla mente ricordi felici e tentai: non successe nulla. Non potevo arrendermi!
Ero già al quarto tentativo, e finora avevo prodotto solo qualche sbuffo di fumo; continuai a concentrarmi talmente tanto da farmi venire il mal di testa, ma... Ecco! C'era quel racconto di mio padre...>
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter
Note: Cross-over | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Alexia’s pov
 
“… un indovinello?”  che aveva detto? Non la stavo nemmeno ascoltando. Gli occhi a mezz’asta si intonavano al resto della debolezza e non capivo nemmeno se stessi dormendo.
“cosa?” si avvicinò a me e di conseguenza feci qualche passo indietro.
“sta ferma.” Mi fermai. Mi era sembrato automatico, era sbagliato e dannatamente malato.
Mi alzò la palpebra destra e passò qualche secondo ferma ad osservarmi.
“ora ti preoccupi per me?” sussurrai incerta. Mi abbracciò calorosamente.
I miei muscoli si ritrassero, incapaci di leggere la situazione e preparati ad una maledizione istantanea.
“come non potrei?! Guardati! Sei tutta ossa!” scoppiò a ridere immediatamente.
Per lei era tutto un gioco.
Dovevo ripetermelo.
Per lei era sempre tutto un gioco.
“…come stavo dicendo, sei pronta per un indovinello?” la guardai esasperata.
“bene! Qual è quella creatura che da piccola cammina ad otto zampe, crescendo a quattro e da adulta a due?” non aveva senso.
Provai a pensarci un attimo.
Giusto un ragno cammina ad otto zampe ma indipendentemente dalla sua età.
Doveva essere un trabocchetto, sinceramente non mi andava nemmeno di applicarmi.
“falla finita in fretta, avanti, dimmelo tu” mi fissò con uno sguardo deluso.
“oh andiamo! Ci puoi arrivare, non è difficile…” incrociò le braccia in risposta al mio silenzio e decisi di dire qualcosa.
“e va bene… non ci sono animali che camminino ad otto zampe e che varino questa abitudine durante gli anni, perciò deduco sia una domanda a trabocchetto.
Magari non ti riferisci a degli animali… magari parli di…” l’illuminazione.
Gemelli.
I bambini camminano a quattro zampe gattonando da piccoli, se si raddoppiano gli arti si tratta di gemelli.
Il ragionamento è giusto anche per la crescita ma non capivo la fase adulta.
“non ha senso… l’unica risposta plausibile sarebbe quella dei gemelli. Ma non capisco perché si riduce il numero delle zampe con l’età adulta” Bellatrix mi girò intorno.
“ ma allora non ti ho ancora bruciato quel bel cervellino che ti ritrovi!” mi accarezzò i capelli come avrebbe potuto fare con la nuca di un gatto.
“ti manca un tassello ecco perché non capisci… prendiamo per esempio i Weasley! C’è una coppia di gemelli in quella famiglia di traditori giusto?” la rabbia mi ribolliva nelle vene.
“si chiamano Fred e George e non sono traditori” ignorò quello che le avevo detto.
“comunque… mettiamo caso che uno dei due morisse…” il mio cuore prese a battere velocemente. Non mi piaceva quell’esempio.
Ma non ci fu nemmeno bisogno che terminasse la frase, avevo capito il suo indovinello.
La risposta era: una coppia di gemelli con uno dei due morto in età matura.
Glielo riferii.
“giusto!” batté le mani come una bambina felice.
“ah…quasi dimenticavo. Fred Weasley è morto… forse era per quello che ti avevo fatto l’indovinello, ma sinceramente ho perso il filo del discorso…” le sue risate incorniciavano la mia disperazione.
Fred? Fred era morto?! Oh mio Dio dovevo sedermi.
Il letto sembrava più duro del solito.
Non volevo crederci, non poteva essere vero.
“l’hai ucciso tu?” non volevo farle quella domanda, e sinceramente non mi importava chi l’avesse fatto.
“mmm…no” rispose intrecciando un ciocca di capelli nella bacchetta.
“Ma qui viene il bello…l’ha ucciso Piton!” le sue risate acute scheggiarono l’aria.
Lo stomaco mi si contorse dolorosamente.
Perché l’aveva fatto? Dio ti prego dimmi che aveva una giustificazione.
“non è l’eroe che pensavi fosse vero?” mi si avvicinò così tanto da sbilanciarmi e farmi cadere sul letto.
In un balzo mi fu sopra, a cavalcioni, bloccandomi i polsi.
Il mio respiro si fece affaticato. Il cuore minacciava di uscire fuori dal petto.
“io mi fido di lui” cercare di liberarmi fu solo un incentivo al suo gioco sadico, bloccò le mie braccia con tutto il suo peso.
Il suo fiato sposto delle ciocche vicine al mio orecchio destro e quasi lo solleticò.
“beh ti sbagli ragazzina. Come credi si sentano i genitori babbanofili?!” non riuscivo a non fissare i suoi occhi neri. Catalizzavano la mia attenzione e mi riuscivano ad ipnotizzare.
“saranno devastati, come una barca in un mare in tempesta…” – “esatto…” si avvicinò al mio collo mordicchiandolo, avvertii un morso vero e proprio quando si alzò di scatto come fulminata da un’idea.
“una barca in mezzo ad una tempesta dici? Andata!” cosa? Mi afferrò per un braccio e ci smaterializzammo.
Mi ci volle un po’ per capire che non mi trovavo più in quella maledetta stanza, che ero libera.
Ma poi mi resi conto dell’inconfutabile verità, ero in mezzo al mare.
“ma cosa?! Dove mi trovo?!” Bellatrix fluttuava proprio sopra la mia testa.
“non molto lontana da una spiaggia come puoi vedere!” constatò l’ovvio. La domanda era, mi ci avrebbe lasciato nuotare?
“perché la vedo troppo semplice?” D’altronde sapevo nuotare bene, dov’era l’impedimento.
“non lo senti anche tu?!” cosa avrei dovuto sentire?
“c’è una tempesta in arrivo!” toccò a malapena l’acqua che si mosse subito.
Le onde mi venivano incontro.
Invece di seguire il loro regolare corso andava all’indietro, cercavano di ostacolarmi al fine di non farmi raggiungere la spiaggia.
Maledizione.
“okay, ora io vado. Credo che ti aspetterò lì!” con un sonoro pop se ne andò via, lasciandomi sola al mio destino.
Non poteva andare peggio di così.
---
Dopo quella che mi era sembrata un’ora di tribolazioni i miei muscoli cominciarono a cedere alla stanchezza.
Lo scroscio delle onde mi aveva totalmente presa in balia.
Avevo bevuto molto e la tosse faceva tremare la mia gabbia toracica che non mi faceva immagazzinare abbastanza aria.
Cercai di rilassare gli arti e di lasciare che il mare mi trasportasse ma un’onda alta almeno tre metri mi colse di sorpresa mentre rifiatavo.
Pregai Merlino che fosse solo un incubo, che sarebbe finto presto e invece mi travolse.
Rotolai sotto acqua fino a che a fermarmi fu, probabilmente, uno scoglio che incontrai nella caduta. Mi tagliò il braccio facendolo sanguinare vistosamente.
Tentai con tutte le forza che avevo di risalire.
Appena varcai la soglia dell’acqua inspirai aria come non avevo mai fatto, fino a che i polmoni non mi bruciarono.
Raggiungere le spiaggia era fuori discussione, si trattava solo di sopravvivenza ora.
Dovevo sopravvivere.
Non ne avevo le forze.
Un’altra ondata di quel tipo e non sarei più risalita.
Sembrava quasi l’avessi chiamata, mi lasciò giusto il tempo di riprendere fiato.
Stesi le braccia in protezione del mio corpo e l’onda mi travolse.
Ruzzolai più giù di prima questa volta battendo la testa.
Sembrava tutto scorrere a rallentatore.
Il sangue uscì dalla mia tempia, persi tutte le forze e mi lasciai completamente andare.
Era la morte peggiore alla quale potevo andare in contro, ma per un momento…per un minuscolo momento sentii i muscoli rilassarsi. Avvertii la sensazione di essere cullata dall’acqua e appoggiata nel fondale con estrema delicatezza.
Avrei potuto risalire? Forse, non credo. Decisi di non farlo.
Chiusi gli occhi e respirai.
Che dolore.
I polmoni sembravano bruciare come se esposti sotto ad una fiamma incandescente.
L’acqua entrava ovunque invadente.
La vista mi si stava appannando e in quell’istante rimpiansi tutto, rimpiansi di non aver provato a risalire. Rimpiansi tutta la mia vita.
Avevo freddo e paura, allora era così morire?
Buio e poi niente più.
 
 
Quando aprii gli occhi stavo tossendo. Speravo che almeno da morta non avrei dovuto soffrire!
Stavo tossendo? No, se tossivo perché un liquido vagamente salato schizzava fuori dalla mia bocca, perché sentivo il bisogno impellente di vomitare?!
Lo assecondai, tanto peggio di così non potevo stare.
Mi sentii subito meglio, ora potevo respirare, ora potevo… vedere.
Ero sulla spiaggia.
Non ero morta.
Una sensazione di sorpresa e di troppa felicità, più di quanta non ne volessi esprimere, mi attanagliò.
Cos’era successo? Mi ridistesi, riuscivo a mala pena a rimanere dritta.
Pensavo di essere morta? Pensavo fosse tutto finito.
“pensavo fossi un po’ più resistente…” mi passò dietro qualcuno.
I tacchi nella sabbia affondavano rovinando il bagnasciuga.
Rovinava tutto.
“tu…mi hai salvata?!” chiesi non capendo il motivo delle sue azioni.
“per quante volte dovrò ripeterti che non voglio ucciderti! Cominci a diventare noiosa, io voglio solo… torturarti” rise, afferrandomi per un braccio con brutalità, il braccio ferito. Mi scappò un gemito.
Voleva solo… torturarmi.
Ma certo.
Non avrei sopportato una smaterlizzazione, ma fu proprio quello che accadde e finii per vomitare anche nel piccolo WC nella mia lurida camera.
La testa batteva, mi pulsava, faceva male.
Feci in tempo a guardare Bellatrix uscire dalla mia camera e poi mi addormentai per terra, o probabilmente svenni. Non ricordo.
Dei passi nella mia stanza, non erano di Bellatrix.
Anche ridotta così com’ero non erano i passi di Bellatrix, ne ero certa.
Due mani forti mi sostennero per la schiena e mi appoggiarono sul letto.
Poi nulla, ricordo di essere rimasta in silenzio e ad occhi chiusi per molto.
Una mano forte, ma precisa mi aggiustò i capelli bagnati, portandoli dietro le orecchie.
Avvertii un dolce calore sopra la tempia e sopra il braccio, sembrava che qualcuno mi stesse leccando le ferite.
Quel qualcuno si sedette.
Muschio bianco, Severus.
Mi alzai di botto, forse troppo velocemente.
Ci guardammo per qualche secondo.
Era lui, lo riconoscevo. Forse, però, lui stentava a riconoscere me.
In men che non si dica mi ritrovai tra le sue braccia, le lacrime scendevano da sole.
Riuscivo solo a scavare sempre un po’ di più nelle sue vesti.
Risalii il suo volto e lo baciai, le sue mani erano sulla mia nuca.
Mi teneva stretta forte, aveva quasi paura che potessi sfuggirgli come fumo.
“ti amo… ti amo, ti amo tanto” non riuscivo a dire oltre.
“mi sei mancato così tanto…” la voce mi si spezzò dal pianto, ero distrutta.
“anche tu Black…” mi asciugava le lacrime con le sue mani per poi mettermele sulle guance.
Feci quello che preferivo, mi strusciai sui suoi palmi chiudendo gli occhi.
Ero lontana da lì, lontana da quell’inferno.
Fino a che lui era con me io ero salva.
“cosa ti ha fatto…?” mi perdevo in quei suoi occhi neri.
Stava ribollendo dalla rabbia dentro, lo sapevo, lo conoscevo.
“ora ci sei tu… è questo quello che conta” si staccò da me, alzandosi.
“tu non sai…” mi alzai a mia volta con molta fatica.
“lo so, Severus lo so…voglio solo che tu mi dica la verità. Perché l’hai fatto?” dimmi che ti hanno costretto, dimmi che non volevi farlo.
Non mi rispose voltandomi le spalle. Il suo lungo mantello nero svolazzante era tutto ciò che vedevo, la sua armatura contro ogni nemico.
“Severus! Dimmi la verità!” lo afferrai per le spalle scuotendolo.
“ti prego!” si girò, questa volta ero io a sostenere la sua presa sulle mie braccia.
“ho ucciso un ragazzino! Ho ucciso un ragazzino Black, non ci sono giustificazioni!” dovevo attirare la sua attenzione, fargli capire che mi fidavo di lui.
“Severus, io mi fido di te. Se l’hai fatto vuol dire che non volevi e che non avevi scelta!” si fermò ad osservarmi per quella che sembrò un’eternità.
“ero circondato dai Weasley. Quattro o cinque anatemi addosso, uno era più veloce degli altri e non sarei nemmeno riuscito a smaterializzarmi, così ho innalzato un incantesimo di protezione, uno di mia invenzione e mi sono smateriallizzato appena ho potuto. Da lontano ho visto che Fred Weasley, era stato colpito.” Mi aveva stretto e stretto, come se stesse sfogando la sua rabbia, non se ne era nemmeno accorto.
Quando finalmente lasciò le mie braccia mi guardò confuso.
I segni rossi delle sue mani incorniciavano la mia pelle diafana.
“scusami, sono un mostro” – “ sei il mio angelo.” Sbuffò enigmatico.
“Severus, ascoltami, siamo in guerra. La gente muore, la gente innocente… tu hai fatto quello che dovevi fare. Vedila così, se fossi morto sarei morta anch’io”
Mi baciò, da quanto lo stavo aspettando. Le sue mani che si intrecciavano sui miei capelli…
“smettila. Quando mi era arrivata la voce della tua morte mi stavo andando a consegnare al Ministero quando il Signore Oscuro mi ha chiamato e mi è stata detta la verità” mi affrettai ad avanzargli le mie richieste.
“l’hai detto a mia madre? A Harry e a tutti?” mi fece sedere sul letto.
“non ho potuto, il Signore Oscuro l’avrebbe letto nella mia mente. Ti rivedranno presto, resisti per un altro po’, userò Hogwarts come scusa. Non potranno opporsi”
Dovevo resistere ancora? Ce l’avrei fatta? Perché quella sua visita non poteva avvenire dopo, a giochi conclusi?! Ora sarebbe stato così difficile separarmi da lui di nuovo!
“quanto tempo abbiamo?” gli chiesi, abbassando la testa.
“un paio d’ore, il tempo di rimetterti in sesto come si deve” gli presi la mano trascinandolo verso il letto.
“no, il tempo che servirà a rilassarmi un po’” sembrò capirmi.
Le ferite ormai c’erano, non potevo fare nulla, era la mia mente, il mio cuore che necessitavano aiuto.
Si distese e io poggiai il mio capo sul suo petto.
Mi baciò la testa e io l’alzai per poterlo vedere meglio.
Lo baciai, un qualcosa che cominciò lentamente e prese forza con rapidità.
Intrecciai la mia mano nella sua e i nostri occhi si agganciarono in un loop eterno destinato a non morire mai.
Non so con quali forze salii sopra di lui e Severus si alzò guardandomi.
Mi baciò lui questa volta.
Avvertii ancora delle lacrime, perché delle lacrime? Perchè non sprizzavo gioia da tutti i pori?
Ero alla fine, il mio corpo mi avrebbe ricordato per sempre cosa avevo passato, sarei potuta morire da un momento all’altro.
Se fossi morta quella sera, la cosa che avrei voluto fare, sarebbe stata fare l’amore con lui.
Non servì spiegarlo o intuirlo. Sembrava semplicemente unire due pezzi di un puzzle.
Sembrava la pagina seguente di un libro, un qualcosa di così naturale da non porgere nemmeno dubbi o complicazioni.
I baci divennero tocchi, i tocchi divennero altro.
“Black, ne sei sicura?” mi aveva guardato con quel suo sguardo esaminatore al quale non sfuggiva nulla, nemmeno quello che sfuggiva a me.
Ne ero sicura? No.
Era tutto così naturale che non mi ero nemmeno chiesta se lo volessi veramente.
Avevo bisogno di un corpo spinto sul mio, di calore, di baci.
Ne ero sicura? No.
Poi un flashback.
 
Spinta contro il muro cercavo di entrarci dentro.
Avrei voluto scappare a Bellatrix, ma quello che continuavo a fare era, piuttosto, nascondermi dietro un dito.
Si fermò ad un palmo da me.
“mmm… sai, non avevo mai notato quanto, in effetti, tu sia cresciuta” ma cosa blaterava?!
“cresciuta?” le sue mani erano sui miei fianchi, mentre rideva.
“sei proprio diventata una donna Alexia!” afferrai le sue mani spostandole da me con vigore.
Non osavo risponderle per paura di quello che avrebbe potuto fare.
“Il Signore Oscuro apprezzerebbe… dei tuoi servigi” avevo sentito bene? Mi si gelò il sangue nelle vene.
Ero paralizzata dalla paura, ferma a tremare.
“non gli bastano i vostri…?” chiesi fingendo una certa ingenuità e arpionandomi le spalle con le braccia.
“oh ma non quei tipi di servigi Alexia, lui ha diverse necessità…” una sua mano era in mezzo ai miei capelli mentre un’altra mi aggiustava una spallina del reggiseno che era calata nella spalla.
“… se capisci cosa intendo” fece scoccare la spallina, ridestandomi dal mio momentaneo stato di shock.
“no… questo no…” rise così tanto da farmi dubitare di aver capito bene.
“non sarai tu a decidere, se ti vorrà, ti prenderà. Hai poca voce in capitolo mia cara…”
 
Ne ero sicura? no. Ma non avrei mai rischiato di finire tra le spire di quel serpente senza prima aver provato davvero cosa fosse stare con chi si ama.
“Black… allora?” avrebbe migliorato quella esperienza, o avrei solo avuto il ricordo di qualcosa di meraviglioso rovinato dal contesto.
“si, sono sicura” si abbassò lentamente al mio livello, baciandomi con tenerezza il collo.
Aveva paura di ferirmi, aveva paura di farmi male dopo tutto quello che avevo passato.
Mi aggrappai a lui.
Scese fino ad arrivare al seno, lentamente mi tolse il vestito bianco che credo fosse ancora bagnato.
Mi sentivo così al sicuro che mi bastò chiudere gli occhi e rilassarmi.
Lui, al contrario, si fermò di colpo.
Mi stava guardando.
Avevo il corpo pieno di ferite e di abrasioni.
Un taglio abbastanza vistoso appariva appena sopra il seno sinistro ed il costato era una tavolozza dalle sfumature violacee.
“non guardami adesso… cerca di ricordarti come ero prima.” Gli incorniciai il volto con le mani, passandogli il pollice sul labbro inferiore.
Lo baciò, prendendomi la mano e coprendola con la sua ,per poi ancorarla nel letto. Continuò a lasciare caldi baci lungo tutto il mio corpo fino ad arrivare alle cosce.
Le mie ginocchia si piegarono e il bacino si alzò di poco.
Si sbottonò la veste rimanendo il camicia e fece lo stesso con i pantaloni.
Gli strappai un bacio e da lì in poi fu un reciproco cercare di aggrapparci l’uno a l’altro.
Quando arrivò a baciarmi vicino l’inguine una spinta che veniva dal mio ventre mi sorprese così tanto da fami aggrappare con le mani alle lenzuola del letto.
Sbottonai la sua camicia e baciai il suo petto, contornando alcune cicatrici scavate parecchio evidenti con le dita.
Le sue mani afferrarono i miei fianchi con decisione.
“pronta?” annuii con gli occhi chiusi avvertendo la sua erezione nel mio basso ventre.
Bloccò entrambe le mie mani vicino la mia testa e con un movimento fluido fu dentro di me.
Quasi automaticamente mi alzai finendogli molto vicina.
Faceva male, Dio se faceva male, ma era quel male che crea dipendenza.
Se ne accorse centellinando ogni movimento.
“rilassati, sta giù” mi intimò con una voce roca.
Feci come diceva lui, dopo qualche spinta il dolore era diventato sopportabile e dopo qualche minuto piacere.
Intrecciai le gambe dietro la sua schiena, avvicinandomi a lui con il bacino.
Mi aveva lasciato i polsi e ora le sue mani erano impegnate a massaggiarmi il seno.
Ero aggrappata a lui e per un momento sperai che avesse insonorizzato la stanza.
Si sentivano solo i nostri respiri affannati e i gemiti che non riuscivo a trattenere.
Quella che ormai mi era una droga mi sembrò durare un’eternità, un’ eternità che nessuno dei due aveva intenzione di bloccare.
Al contrario di ciò che pensavo trovò il suo epilogo naturalmente anche quella.
Le spinte di Severus si fecero più forti e il mio corpo ormai imperlato di sudore e scosso da brividi di piacere si preparò ad arrivare all’apice.
Con un ultimo movimento preciso venne e, quasi con una precisione innata, lo feci anch’io.
Urlai, mi ricordo la mia voce echeggiare in quella stanza per qualche secondo e poi mi aggrappai a lui.
Severus mi baciò la fronte, facendomi appoggiare la testa al suo petto.
Eravamo alla posizione di partenza.
Una dolce sonnolenza mi intimava di chiudere gli occhi, non volevo dormire.
Non volevo, ma l’avrei fatto.
“ti amo così tanto…” dissi sfinita.
“ti amo anch’io Black, sei la mia piccola guerriera” Morfeo mi accolse quando ancora avevo un sorriso rilassato impresso sulle labbra.
Avevo casa.
Casa era lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Irina’s pov
 
Tic…tic…tic…
Il riecheggiare di alcune gocce nel piccolo bagno della mia camera mi stavano disturbando seriamente.
Il fatto che Bellatrix non fosse ancora arrivata lo faceva ancora di più.
Cosa stava facendo in tutto quel tempo?! Oh… giusto. Probabilmente Alexia le stava dando del filo da torcere.
Alexia… no, non poteva essere. Alexia era dalla loro parte ormai.
Non sarebbe più servito torturarla in quel modo, si era salvata.
Alexia era libera ed io no.
Bell’affare, perché mi trovavo ancora lì… perché diamine non avevo gettato la spugna anch’io!
Forse ero troppo assuefatta a quello stile di vita da non contemplarle più un altro? No. D’altronde erano passate solo due settimane, quelle maledette lineette sulla mia mano lo ricordavano.
Era struggente, orrendo e disumano, ma dovevo ammettere che c’era di peggio.
La porta si aprì rivelando una figura dalla chioma indomabile e dalla presenza magnetica.
“ho riflettuto su una cosa… te la stai passando troppo bene” era seria. Era riuscita a mantenere un tono serio mentre lo diceva.
“oggi ho in mente un giochino che ti piacerà!” non feci nemmeno in tempo ad escogitare un piano che delle maniglie pesanti fecero la loro apparizione nella parete.
Sapevo che erano per me, era il suo regalo.
Si avvicinò con lentezza, scandendo ogni passo da un inesorabile stacchettare.
Si fermò ancora abbastanza distante da me.
Leccandosi le labbra, mi porse la sua mano; voleva che la seguissi?!
Sarebbe stato esattamente quello che avrei fatto.
Mi stava offrendo di poter arrivare civilmente alla mia tortura. Ma che gentile.
Le diedi la mano e mi accompagnò vicino alla parete senza dire una parola.
Appena ci fui vicinia mi afferrò il polso sinistro e lo fece entrare nella maniglia, stringendo ed assicurandolo bene, lo stesso fece con il destro.
Ora le davo la schiena e la cosa non poteva che preoccuparmi.
L’avevo vista fare cose orribili ma mi aveva guardata.
Non mi reputava più tanto importante?
Sentì qualcosa schioccare a terra con una forza inaudita e di risposta mi mossi ancora di più vicino alla parete, spaventata a morte di essere colpita.
Il mio riflesso non le scappò.
“hai paura? Quello era solo un assaggio Irina.” Sembrò poco convinta, come se non avesse terminato di dirmi qualcosa.
Si riavvicinò a me, questa volta con molta celerità. Se l’avessi potuta vedere probabilmente avrei pensato corresse.
La sua improvvisa presa sulle spalle mi schiacciò contro il muro.
“ora voglio che tu pensi a chi ti ha fatto del male in tutta la tua patetica vita, va bene bambolina? Se non lo farai lo saprò” una sua risata gutturale interruppe la frase, per poi fargliela ricominciare con un tono più carico.
“pensa bene, ad ogni colpo. Ricorda… io sono solo un’esecutrice. Non sono io a farti soffrire” l’aveva detto con una voce così seria e ferma da portarmi quasi a crederci. Ho detto quasi.
All’improvviso le sue mani fredde lacerarono il tessuto della mia maglietta verde, lasciandomi con la schiena scoperta.
Respirai affannosamente, avevo davvero paura.
Ridacchiò, facendo scivolare la sua mano da sotto la mia schiena, quasi all’altezza del pantaloni, fino al mio reggiseno.
Era invadente, non volevo mi toccasse. Quelle sue mani ghiacciate erano come delle sentenze di morte percepibili sulla mia pelle.
Soffiò sul mio collo, il suo alito mi fece venire i brividi e se ne accorse.
Mi morsi la lingua, sforzandomi di non mostrale il mio terrore.
Legò i miei capelli disordinatamente per allontanarli dalla schiena.
Quando speravo avesse finito, quando speravo si sarebbe allontanata cominciò a sganciarmi il reggiseno.
“no… per favore…” quelle parole uscirono dalla mia mente tramutandosi in suono.
Le ignorò anche se sapevo stessero gonfiando il suo ego.
Quando fu arrivata all’ultimo gancetto sospirò esasperata.
“Sei uguale a Cissy… mi chiedo perché li indossiate se non avete modo di riempirli” il mio spirito ragazza con una seconda abbondante si ferì.
Davvero mi ero offesa per un commento di una mangiamorte?!
Quell’argomento mi riportò alla memoria i pomeriggi con Alexia a discutere di quanto lei fosse più formosa e di quanto le mie gambe fossero più belle delle sue.
Quasi sorrisi ricordando quei tempi.
“beh si in effetti Alexia è più donna ti te sicuramente. O almeno ne ha i presupposti”.Legilimanzia. Stronza.
Ecco fatto, offesa di nuovo, non capivo perché quell’argomento fosse così delicato per me.
“ti da fastidio vero? La perfezione di Alexia?” ridacchiò facendo qualche passo lontana da me.
Non dovevo risponderle, non potevo dare inizio al suo gioco.
Sarei rimasta in silenzio.
Alexia la perfetta. Dio se mi dava fastidio.
La prima in tutto anche quando non si impegnava, era odiosa quando faceva così.
E quando si offriva di parlarne, quando decantava quanti difetti avessi… oh… lì era ancora più…
“devo forse ricordarti che posso leggere nella tua mente dolcezza? Con quei pensieri mi meraviglio tu non l’abbia uccisa nel sonno” giusto. Maledizione.
Pensavo davvero quelle cose o… o erano solo la somma di quelle torture?
“a chi la dedichiamo questa?” cosa avrei dovuto dedicare?!
“cosa vuoi farmi?” cercai di nascondere la mia voce eccessivamente tramante.
“non si risponde ad una domanda con una altra domanda. E’ maleducazione Irina” di nuovo quel tono serio, lunatico.
“perché dovrei dedicare una tortura a qualcuno?!” ormai la mia voce usciva quasi strozzata.
“perché ti aiuterà a tirare fuori quello che non hai mai tirato fuori. Vedrai… sarà una vera e propria liberazione!” non avrei augurato quello che stavo passando nemmeno al mio peggior nemico… o l’avrei fatto.
Avrei dedicato quello a Voldemort.
“e va bene… la dedico al tuo signore!” non feci nemmeno in tempo di pentirmi di ciò che avevo detto che qualcosa sferzò l’aria con estrema velocità e si abbatté sulla mia schiena.
Mi era sembrata una frusta, si certo, una frusta con aghi bollenti alle estremità e con la capacità di mozzarti il respiro.
Fu proprio per quello che le mie urla rimasero bloccate nella mia gola.
Le gambe non ressero il mio peso e mi ritrovai ad accasciarmi, tenuta su solo da quelle maniglie.
“…è anche il tuo signore e quello di Alexia e a meno che tu non voglia perdere qualche vertebra nelle prime scoccate ti consiglio di pensare a quello che dici. A chi dedichiamo la prossima?” ce ne sarebbe stata un’altra?!
La mia schiena si sarebbe spezzata in due probabilmente, come pretendeva di non arrecarmi danni permanenti in quel modo!
“ti prego, smettila” la mia voce sembrava meno sicura di quella che risuonava nella mia testa.
“sai come farmi smettere Irina. Avanti, a chi la prossima?” dovevo scegliere. Mi sarei arresa così in fretta?!
…a mio padre”  non ci avevo nemmeno pensato.
L’unica cosa plausibile da pensare era che finite le persone verso le quali serbavo rancore mi avrebbe lasciata andare.
Questa volta la frusta si scagliò contro la scapola sinistra, finendo addirittura per schizzarmi vicino al seno.
Le mie urla ruppero quell’atmosfera finta che si era creata.
Sentivo che non mi sarei più potuta distendere.
“ecco… brava. Così mi piaci” quel tono era risultato quasi suadente.
Ripresi fiato e dopo quello che mi sembrò poco più di un minuto dissi “questa è per te, stronza…” senza nemmeno sapere come mi ritrovai davanti a lei.
Avevo cambiato posizione ed ora la guardavo.
Ero nuda.
Mi sentii avvampare, ero nuda davanti alla mia aguzzina.
Quello che trattenne fu un accenno di risata, quasi a schernirmi.
Ci riuscì in pieno. Cos’era che non andava in me?! Perché rideva?!
Mi osservò per un bel po’ di tempo prima di parlare.
Rettificavo, non volevo mi toccasse, ne che mi guardasse.
Centellinava ogni secondo per farmi sentire debole, spogliata della mia dignità e del mio onore.
Perché rimanevo lì?! Perché le permettevo di farmi quello?!
Fece qualche passo in avanti, fronteggiandomi.
Era come se non notasse che ero nuda.
D’altronde per lei lo ero sempre stata. Incapace di difendermi dai suoi attacchi e dai suoi sfregi.
“questa te la sei cercata…” ritornando alla sua posizione iniziale fece scoccare la frusta che mi finii proprio in mezzo al petto.
Tutto divenne nero.
Uno schiaffo mi riportò alla realtà.
Alzare la testa sembrava un’ impresa titanica ma consumai tutte le mie forze facendolo.
Non riuscivo a respirare bene, al centro del mio petto c’era una scia rossa, sanguinante ed indimenticabile.
Provai a tirarmi su ma mi faceva troppo male il petto e la schiena.
Non riuscivo a trovare una posizione che potesse farmi respirare.
Bellatrix sembrò capirlo e mi venne incontro.
“che pazienza che ci vuole…” posizionò una mano dietro la mia schiena e sentii un bruciore infernale.
Sarei morta in quell’istante se non l’avesse tolta.
Mi mossi come indemoniata cercando di liberarmi dalla sua presa.
“Irina… sto cercando di aiutarti se non si fosse notato” le urlai contro con tutte le forze che avevo “no! Non si era notato! Toglimi le mani di dosso!” il suo sguardo si incattivì più di quanto non faceva di solito.
La sua mano premette forte sulla mia schiena portandola in una posizione eretta e facendola scrocchiare malamente.
Aveva funzionato.
Stavo meglio.
“okay, ricominciamo…”  un “no” esasperato fuoriuscii dalle mie labbra senza che lo volessi.
Schioccò la bacchetta e mi ritrovai di nuovo faccia al muro e spalle alla strega.
Quasi la ringraziai, aveva fatto troppo male.
“su, pensa velocemente” sapevo come farla smettere, sapevo come riuscirci.
Ma non potevo ammettere a me stessa di dire quel nome. Non potevo o non volevo.
“so che stai per dirlo… su mia cara!”
“no!” la mia voce interiore era uscita di nuovo.
Una frustata dritta sulla spalla destra. Il braccio si ammosciò rimanendo succube della sua maniglia.
“ho detto… DILLO!” avrebbe funzionato, avrebbe smesso…
Un altro colpo. Questa volta sulla parte bassa della mia schiena.
Le mie urla si confondevano alle sue.
Alexia!” si fermò proprio mentre stava levando quell’oggetti infernale.
Poi una risata, una risata acuta e chiara.
“esatto…” sembrava mi venisse addosso la forza di una tempesta.
Sentii la schiena tremare sotto quell’ultimo colpo, quasi piegarsi, spezzarsi, bruciare, implodere.
Le mie grida ricreavano il nome di quella che una volta era stata la mia migliore amica.
Avevo finito le forze, prosciugata fino al midollo.
Lasciai che le maniglie mi tenessero e caddi, lasciandomi andare.
I suoi tacchi risuonavano nelle mie orecchie.
Staccò le maniglie dal muro ma rimasero nei miei polsi.
“questa si che è la mia ragazza…” biascicò mentre mi spingeva a terra.
Immagazzinai aria troppo in fretta e finii per urlare anche solo per aver poggiato la schiena a terra.
“ah… quasi dimenticavo… Alexia è dalla parte di Piton naturalmente. Tu sei dei nostri giusto?” basta, volevo morire, volevo che mi lasciasse stare. Volevo la mia casa.
“si…”.
Mi sentivo un po’ più vestitia.






Salve a tutti!!!
Scusate l'ennesimo ritardo, ma utlimamente sono stata impegnatissima!!
Non vi tratterrò molto, cercherà di essere più puntuale la prossima volta! 
Recensite e fatemi sapere che ne pensate!
Alla prossima settimana!
   
 
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