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Autore: Wings_of_Mercurio    01/11/2017    1 recensioni
Stan sta tentando di rimettersi insieme dopo la rottura con Wendy.
Craig di combattere la sua solitudine.
Tweek di ricostruire la sua vita.
[Staig] [Creek] [Stendy]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Craig, Kyle Broflovski, Stan Marsh, Tweek, Wendy Testaburger
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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1. 23:31

« Ehi amico, lasciatelo dire, hai davvero un pessimo aspetto ».
Grazie tante Kyle, aspettavo proprio che qualcuno me lo facesse notare, pensò. Tuttavia non lo disse. Stan Marsh poteva diventare davvero antipatico e lagnoso il giorno dopo una sbornia. Era irritabile e se ne rendeva conto, e dovette trattenersi per non mandare al diavolo il suo migliore amico.
Aveva delle occhiaie profonde e il viso di un pallore umidiccio, come se fosse malato. Non si era neanche preoccupato di sistemarsi i capelli e non ricordava da quanto non si facesse una doccia. Era anche appena consapevole dell'ambiente che lo circondava; sapeva solo che stava percorrendo il corridoio della scuola nell'ala davanti agli armadietti. Si era accorto di star trasportando uno zaino sulle spalle, perché ne sentiva il peso, ma davvero non riusciva a ricordare se avesse preso tutti i libri, il che era secondario, dal momento che neanche ricordava che lezioni avesse quel giorno.
Sentì il rosso sospirare al suo fianco.
« Ok, è abbastanza » decretò Kyle, tagliandogli la strada e imponendosi dinanzi a lui, così da costringerlo a guardarlo « Che diavolo ti succede? ».
Stan riuscì a stento a portare lo sguardo su di lui e a metterlo a fuoco. Aveva così tanto sonno che i suoi occhi non volevano saperne di restare aperti.
« Oh, dai! » si lamentò, schioccando la lingua in un gesto di impazienza. Avrebbe potuto superarlo facilmente in circostanze normali, ma adesso gli era difficile muoversi troppo, stava semplicemente muovendosi per inerzia.
« Hai passato tutto il weekend in giro per le feste. E non sei stato sobrio una volta. Ti sei addormentato per due ore in croce ieri, con la testa sopra le tette di Bebe Stevens, la quale aveva la sua sul secchio dell'immondizia dei Donovan. Clyde vuole farti un occhio nero, a proposito. Avresti fatto meglio a restare a casa a rimetterti insieme » gli ricordò con la sua voce petulante.
« Dio, Kyle. Ogni tua parola è una stilettata nel cervello » chiuse gli occhi e si portò le dita sull'attaccatura del naso, stringendola com'era solito. Poi si passò una mano in viso.
« Scusa se te lo dico, amico, ma se stai cercando di attirare la sua attenzione, non è questo il modo ».
« Fottiti » riuscì finalmente a dire. Kyle poteva essere un vero stronzo quando ci si metteva.
« Senti, fa come vuoi! Però non contare su di me, la prossima volta che vomiti pure l'anima! » la sua voce era mutata da accorata a fredda in un niente.  Ed era aumentata di tono; era da ciò che capivi che fosse davvero alterato.
Aveva voltato i tacchi e se ne era andato. Che andasse davvero al diavolo! Kyle non capiva che non avesse bisogno delle sue prediche in quel periodo, e neanche che tuttavia avesse bisogno di lui o, almeno, che non lo abbandonasse di lunedì mattina in mezzo ad un corridoio rumoroso dopo uno dei dopo-sbornia più brutti della sua vita.
E poi lui non stava cercando di attirare l'attenzione di Wendy. Al contrario, cercava di evitarla. E non solo lei.



Cercò di aggiustare un bottone nell'asola della camicia quando si rese conto che gli si vedeva la pancia, dal momento che l'aveva abbottonata male. Le sue dita però continuavano a scivolare intorno ad essa mentre tremavano nervose e il bottone non trovava la via per entrare.
« Tch! » si lamentò, stizzito, prima di rinunciare e dare un lieve colpo al banco coi pugni chiusi.
Alcune ragazze dai primi banchi si voltarono verso il fondo dell'aula, dov'era lui, che strinse gli occhi insieme per l'imbarazzo e la rabbia.
Red indugiò ad osservarlo; l'aveva a stento salutato con un cenno del capo appena era entrato mentre Bebe, accanto a lei, lo aveva solo guardato stupita. Adesso parlavano con delle ragazze che non conosceva e di certo non erano nella loro classe due anni prima.
Nel banco vicino al suo un ragazzo storpio lo guardava interessato.
Era entrato zoppicando sulle sue stampelle e si era seduto nel banco accanto alla finestra senza né chiedergli chi fosse né dirgli se avesse occupato il banco di qualcun altro, e ciò non fece altro che accrescere l'apprensione di Tweek.
Inoltre non aveva ancora visto nessuno dei ragazzi e si chiese se fosse nell'aula giusta, anche se aveva contemplato il numero scritto sulla porta per un ammontare considerevole di tempo, confrontandolo con quello sulla sua scheda.
« Tu-tutto bene? » aveva infine parlato lo storpio, e Tweek si voltò verso di lui ad osservarlo.
« Ggh! Sì! » quasi gridò, fallendo nel proposito di controllarsi « Oddio- sono Tweek! Tweek Tweak! Tu chi sei? Dove sono Kyle e gli altri? Non ho sbagliato classe, vero? » concluse in un crescendo di panico.
« Ca-calmati, ami-mico. Io sono Jimmy. E Ky-Ky-Ky- » chiuse gli occhi per sforzarsi di pronunciare il nome « Kyle e gli altri stanno p-per arrivare, credo ».
« Oddio » sospirò, dal momento che la realizzazione ebbe più il potere di agitarlo che di calmarlo.
Fu in quel momento che Cartman entrò arrancando, seguito da Kenny e Kyle. Erano tutti e tre troppo impegnati nella loro conversazione per accorgersi della sua presenza; si erano diretti ai banchi davanti a quello di Jimmy.
« L'ho lasciato da solo in corridoio, ne ho abbastanza della sua merda! » stava dicendo Kyle, il ragazzo dai capelli ricci e rossi.
« Tweek! » aveva esclamato Kenny, interrompendolo, una volta che i suoi occhi si erano posati sul banco in fondo, e gli altri due avevano voltato la testa verso di lui.
Tweek poté osservare gli occhi di Kyle farsi grandi dallo stupore.
« Ehi, Tweek » lo salutò « Come te la passi, amico? ».
« B-bene! Voi? Gah! Come ve la passate? ».
« Bene! Non, non sapevamo che tornassi adesso » continuò il ragazzo coi capelli ricci, mentre si avvicinava insieme a Kenny al suo banco « Potevi dircelo! ».
Cartman era rimasto indietro, in imbarazzo. Tweek lo occhieggiò un attimo prima di rivolgere le attenzioni agli altri due.
« Non mi sembrava un'opzione -ngh!- dal momento che abbiamo perso i contatti » e non li stava accusando di niente, era solo un dato di fatto, ma ciò non fermò l'ondata di colpa che attraversò gli occhi verdi di Kyle.
« Ehi, amico, parlavamo di te proprio l'altro giorno! » disse Kenny « Ci chiedevamo proprio quando ti avremmo rivisto. Sono contento di vederti! » gli strinse una spalla.
McCormick era sempre stato gentile con lui, lo era con tutti; ma Tweek si ritrasse spaventato al suo contatto. Essere toccato dal ragazzo più bello di South Park gli metteva troppa pressione addosso, lo imbarazzava.
« Gah! Anch'io! Dov'è Stan? » chiese, cercando di calmarsi.
Kyle aveva fatto un'espressione seccata « Sta per arrivare ».
Come se lo avesse quasi evocato, ecco che il ragazzo entrò trascinandosi con un'incazzatura evidente. Aveva un aspetto a dir poco indecente, ma era comunque il più carino del gruppo dopo Kenny, con quell'aria da anima dannata che si portava sempre dietro.
Aveva preso posto allo stesso banco di Kyle, lanciato in malo modo a terra lo zaino e si era sotterrato con la testa nelle braccia.
« Non è proprio al meglio, come puoi vedere » sospirò Kyle, prima di allontanarsi verso il proprio banco.
Kenny fece per seguirlo, poi si fermò come se si fosse dimenticato qualcosa, e si voltò di nuovo  verso di lui « Forse dovresti sederti vicino a Jimmy ».
Tweek guardò il ragazzo al lato del suo banco, ma questi stava scribacchiando qualcosa su un foglio.
« Ha ha ha ha! » le risate di un ragazzo dalla voce profonda richiamarono la sua attenzione verso la porta. Vide un gruppo di tre che non conosceva ma che chiaramente dovevano essere in classe con lui.
Il ragazzo che aveva riso era scuro di pelle e teneva il passo ad un ragazzo più basso di lui che aveva folti capelli castani e indossava la giacca da quarterback della scuola. Quest'ultimo aveva un'aria tronfia mentre camminava, da sbruffone, del tutto differente dal terzo ragazzo alto dietro di lui con lo sguardo truce.
« Oddio » si ritrovò a sussurrare fra sé e sé. Sembravano dei bulli. Doveva stare in classe con quei tipi?
Notò con ansia che si stavano avvicinando al suo banco. Il quarterback smise di sorridere non appena si rese conto della sua presenza.
« Ma che cazzo- » esordì.
Il ragazzo alto, al suo fianco, si avvicinò quel tanto che gli permettesse di calciare la sedia di Tweek in mezzo alle sue gambe, cosicché la sedia cadde contro il muro e lui si ritrovò bloccato in bilico con le spalle appoggiate ad esso e la sedia che minacciava di scivolargli da sotto.
« Gah!!! » urlò, terrorizzato.
Il viso dell'altro non tradì un'emozione, guardava Tweek semplicemente con i suoi occhi di ghiaccio mentre l'irritazione del quarterback accanto a lui cresceva a vista d'occhio.
« Questo è il nostro banco » lo informò, con una diplomazia fuori luogo, il ragazzo afroamericano.
« N-Non lo sapevo!! » tremava Tweek, sotto lo sguardo attento dei tre.
« Be', adesso lo sai, quindi smamma » parlò per la prima volta il ragazzo col cappello blu, quello che per poco non l’aveva fatto cadere con quel calcio.
« Oh Madonnina, ma cosa succede? » sentì sussurrare al lato della sua visuale. Riconosceva quella voce, era di Butters « Ma è Tweek! Ehi, Tweek, bentornato! ». 
Tweek osò appena voltare la testa verso di lui con negli occhi un’espressione di puro panico, ma Butters non lo stava più guardando, osservava i tre ragazzi nuovi che lo guardavano in cagnesco.
« Oh mamma » commentò.
« Tweek… » lo chiamò con cattiveria il ragazzo con la giacca da football scolastica « Stai provocando le persone sbagliate » lo minacciò con un sorriso lugubre.
« Me ne vado! Gah! » allungò le braccia verso il banco per darsi lo slancio e rimettersi diritto, ma il ragazzo di prima calciò un piede della sedia per sbilanciarlo. Tweek  riuscì comunque a rimettersi in piedi senza cadere, ma non ad evitare che la sedia lo colpisse dietro l’incavo del ginocchio.
I tre ridacchiarono.
« CAZZO, TUCKER! » la voce di Stan risuonò dal centro dell’aula, intrisa di irritazione. Non aveva neanche del tutto voltato la testa verso di loro « SMETTILA DI FARE TUTTO QUEL CAZZO DI RUMORE! ».
Il ragazzo dal cappello blu assottigliò gli occhi « Stai zitto, Marsh » e gli rivolse il dito medio.
Nonostante Tweek fosse sicuro che Stan non potesse vedere il gesto, lo vide ricambiare alzando il dito in aria, come se si aspettasse di riceverlo.
« Aspetta un secondo, Marsh » berciò il quarterback.
« Cazzo vuoi, Clyde? ».
« Clyde » la debole voce di Bebe, apprensiva, dal fronte dell’aula, non riuscì a dissuadere il ragazzo dall’iniziare a marciare verso Stan con rabbia.
Fu la voce risoluta di Tucker a fermarlo « Clyde ».
Il ragazzo in questione si voltò verso l’amico con espressione astiosa, ma non fece più un passo.
Tweek raccolse in fretta le sue cose e si spostò il più lontano possibile da quei tre. Il quarterback e il ragazzo di colore occuparono il banco appena liberato mentre quel tal Tucker si sedette ad un banco lì vicino, come se non avesse appena minacciato un ragazzo per prendersi un altro banco.
Tweek occhieggiò il posto accanto a Jimmy e con desolazione si accorse che era occupato da Butters.
L’unico posto libero in aula era quello vicino al bullo terrificante di prima, e l’ansia iniziò a prendergli il petto. 
Fece un respiro profondo. Non poteva essere il suo primo giorno di scuola, si rifiutava di crederlo. Non poteva essere già iniziato così male, peggio delle sue previsioni; era surreale.
Si avvicinò al ragazzo dal cappello blu che se ne stava seduto scomposto sulla sedia con le spalle poggiate al muro laterale della classe.
Il ragazzo lo osservò con i suoi occhi blu, senza dire una parola, con espressione stoica.
« Questo -gh!- è l’unico posto libero ».
Tucker gli rivolse uno sguardo penetrante, prima di spostare i piedi dalla sedia accanto alla sua per fargli posto. Poi si sotterrò con lo sguardo nel suo smartphone e non disse più una parola.


Dal preside. Il signor Garrison lo aveva mandato dal preside! 
Stan se ne stava seduto fuori dall’ufficio in attesa che lo accogliessero all’interno. 
Kyle aveva ragione, era stata una mossa stupida farsi vedere lì, da tutti, dall’insegnante, in quelle condizioni. Il professore l’aveva richiamato un paio di volte prima di rendersi conto che Stan fosse reduce da una sbornia e così, come il rottinculo che era, aveva pensato bene di metterlo in punizione invece di mandarlo in infermeria, come forse avrebbe avuto bisogno. 
Kenny ci era comunque andato al posto suo con la scusa di andare in bagno e gli aveva portato un’aspirina con un bicchiere d’acqua. Stan lo aveva ringraziato e lo aveva guardato allontanarsi. Kenny sì che era un amico, non come quello stronzo di Kyle. A volte si chiedeva perché facesse di tutto per lui solo per non essere ripagato di niente quando ne aveva bisogno. 
Però Kyle aveva ragione, si ritrovò a pensare ancora una volta, aveva ragione perché se era lì quella mattina, a mettersi in ridicolo, era solo per attirare le attenzioni di Wendy, la sua ex che lo lasciava un trimestre sì e l’altro pure.
Il sediolino accanto al suo cigolò quando un ragazzo vi  scivolò sopra. Restò in silenzio ma Stan lo riconobbe subito, senza necessità di guardarlo. Si passò una mano in viso, sconcertato.
« Hai di nuovo mandato a fanculo il professore? » chiese, con scherno, chiedendosi se lo avesse fatto di proposito per seguirlo.
« Io almeno non sono ubriaco » rispose flemmatico Craig.
Stan avrebbe voluto argomentare che non lo era. 
« Ti preferisco quando lo sei » disse acido.
« Non avevo nessun dubbio. Anche io, preferisco quando lo siamo ».
Stan smise di respirare per qualche secondo. Non poteva averlo detto, era un incubo. Non stava davvero toccando l’argomento, vero?
Si voltò verso di lui rivolgendo lo sguardo verso l’alto, perché era chinato in avanti, con le braccia sulle ginocchia. Craig lo stava guardando con lo sguardo altero, certo, ma sempre pieno di sottintesi. 
Intrecciò le mani in un pugno e se le portò davanti al viso, pensando a cosa dire.
« Craig, a proposito di ciò che è successo venerdì… ».
« Marsh » lo interruppe l’altro « Eravamo ubriachi » gli ricordò.
E Stan sapeva che non volesse dire proprio nulla. Perché l’alcol può essere una scusa, ma solo una scusa, per fare ciò che vorresti fare. E Craig lo sapeva anche lui. Tutta quella tensione fra di loro, la rivalità accesa, i colpi di testa, non potevano che portare da una sola parte. E lui, almeno lui, non lo aveva realizzato se non quel fine settimana.
Buttò fuori un sospiro di sollievo.
« Era per dirti che, semmai ti venisse in mente di dirlo a qualcuno, io ti… » iniziò minaccioso il ragazzo dal cappello blu, ma la minaccia scemò quando lesse negli occhi di Stan che aveva inteso.
Eppure Stan si chiese perché non avesse completato la frase. Adesso sarebbe vissuto nel dubbio di cosa gli avesse fatto nel caso, o anche se la minaccia potesse essere effettivamente reale o no.
Portò due dita a mimare la chiusura di una cerniera davanti alla bocca, prima che il preside lo chiamasse dall’ufficio.
  
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