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Autore: Sarck    01/11/2017    0 recensioni
Raccolta di confessioni a metà. Dichiarazioni più implicite, che esplicite, mentre l'estate giunge a termine.
***
1. Kageyama x Hinata: Twister (giallo) “Sta zitto, non sono io quello che cade sempre come un sacco di patate”
2. Akaashi x Bokuto: Overdose di Coca-Cola ghiacciata (verde) “Non si muore per un mal di pancia, Bokuto-san”
3. Oikawa x Iwaizumi: Ventilatore (arancione) “Non ti sopporto; sei davvero un esibizionista di merda”
4. Lev x Yaku: Car wash (giallo) “Glielo dico io da parte tua? Che ti piace o della votazione?”
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Koutaro Bokuto, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Tooru Oikawa
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Car wash
Rating: verde/giallo (?)
Parole: 1.541 
Tipo di coppia: yaoi
Pairing: Lev x Yaku (aah, li shippo follemente) 
Noteniente, Lev è così goffo che non posso non amarlo (è l'unica cosa carina di questa storia; lui e il suo essere un pasticcio).
[Non segno ancora la raccolta come "completa" perchè non si sa mai, potrebbe sfuggirmi una DaiSuga, ma non c'è nulla di certo]
Nel mentre, grazie a chi mi lascia sempre una recensione e chi ha messo la storia tra le seguite o preferite

 


 

 

 

Car wash

 

 

Strofina la spugna con insistenza, le maniche della felpa arrotolate sugli avambracci tesi, la schiuma fino ai gomiti. Non vede davvero bene il lunotto, perché i capelli – troppo lunghi – sono sfuggiti da dietro le orecchie e invadono il suo campo visivo. Li scosta con il polso, sbuffando, e risponde con un brontolio basso: “non sono distratto”, alle frecciatine di Kuroo. 

Quello in risposta continua a sciacquare con la canna dell’acqua il lato destro della macchina. Anche di profilo Lev riesce a vedere benissimo il ghigno seminascosto dai capelli neri. 

Sbuffa ancora (quattordicesima volta, è stato il capitano a contarle) nel rendersi conto che il suo sguardo è di nuovo scivolato fin lì, a due macchine di distanza. Lev davvero ci ha provato a non fissarlo troppo, a non arrossire quando lo ha visto sollevarsi sulle punte e piegarsi un po’ in avanti, gli addominali schiacciati contro il muso della macchina, il piccolo fondoschiena in bella mostra, fasciato in dei pantaloni della tuta troppo poco aderenti. 

Spalle più curve del solito, collo infossato e stomaco accartocciato come carta stagnola, quella che vorrebbe lanciare via, per smetterla di sentirsi in quel modo ogni volta che lo guarda. 

Sobbalza quando le parole di Kuroo si scontrano direttamente sul suo padiglione auricolare. La spugna gli scivola di mano dallo spavento. 

“Glielo hai detto?” 

Si piega per raccogliere l’oggetto e sciacquarlo nel secchio, il suo senpai a torreggiare su di lui, una mano sul fianco e l’altra a sorreggere la canna dell’acqua. Lo guarda dal basso, le guance completamente rosse. 

“C-cosa intendi?” 

Sopracciglia alzate sul volto dell’altro, angoli della bocca eccessivamente tirati, su, vicino agli occhi: “che sei stato tu a scrivere il suo nome”. 

 

      La proposta del lavaggio auto, per racimolare i soldi necessari per la gita a Miyagi, era stata un’idea del coach. A Kuroo, invece, era venuta quella brillantissima idea - alias: quella dannatissima idea -, che aveva tormentato le sue fantasie per l’intera settimana.

Erano bigliettini anonimi, quelli con cui avevano votato. Lev, con la matita in mano, teneva il foglietto appoggiato al suo stesso ginocchio e cercava di rannicchiarsi il più possibile. I capelli non gli coprivano solo il volto color porpora, ma invadevano anche il bianco della carta, da quanto teneva il viso vicino alla grafite della matita. Si era guardato a destra e sinistra un paio di volte prima di decidersi a “Yaku Morisuke” scrivere, la matita a grattare un po’ sul foglio, un po’ sui suoi capelli argentati.

Al momento gli era parsa davvero un’idea grandiosa, quella di far vestire da donna almeno un ragazzo della squadra, per attirare più clienti.

Così grandiosa che aveva passato tutta la settimana successiva a masturbarsi pensando alle gambe di Yaku, le cosce muscolose nude, esposte al vento ormai fresco, a scomparire sotto le pieghe di una gonna cortissima. Lo immaginava con un ginocchio sul cofano, l’altra gamba stesa – tesissima – a sfiorare il terreno. E schiuma, schiuma ovunque su quelle gambe corte, sul ventre lasciato scoperto dalla camicetta arrotolata sopra l’ombelico, sulla guancia, dopo essersela toccata per sbaglio.

Poi Kuroo aveva ammesso che non ci sarebbe stato nessun cross-dressing, che la votazione l’aveva organizzata solo in proposito di una scommessa fatta con Kenma, su quanti avrebbero scritto il suo nome (per lui: tutti, per Kenma: nessuno).

Avrebbe vinto Tetsurou, se non fosse stato per quel singolo voto discordante. A Yaku la cosa non era andata per nulla giù. Motivo per cui è da giorni, ormai, che sta cercando in tutti modi – uno più violento dell’altro – di scoprire chi sia il morto vivente che ha scritto il suo nome (perché lo sarà, per certo, una volta venuto alla luce).

Nel mentre, Lev ha già passato un’intera settimana a fantasticare su di lui in gonna.

Facile intuire lo sconforto che prova tutt'ora, a pomeriggio quasi finito, dopo la quinta macchina da pulire e solo dei larghi pantaloni della tuta sulle gambe piccole e perfette di Yaku.
Ha una leggera – leggerissima - voglia di rispondere male al viso ghignante - un po’ sadico - di Kuroo, in controluce.

“Kuroo-san” lo richiama invece, le guance che ancora sente bollire per la domanda che gli ha posto.

“Vuoi che ti aiuti a dichiararti?”

“No, è solo che…”

“Glielo dico io da parte tua? Che ti piace o della votazione?”

Lev grugnisce e “mi stai bagnando tutti i piedi!” si lamenta, voce più alta del solito.

Il capitano della Nekoma si limita ad abbassare lo sguardo con calma, farlo scivolare per tutta la lunghezza della canna dell’acqua e posare le pupille sulle scarpe del suo compagno, totalmente fradice. Sposta la traiettoria dell’acqua con un “ah” atono, per poi puntarla di nuovo sulla macchina, come se niente fosse.

“Comunque, Yaku ti sta guardando male”.

Non ne aveva dubbi.

Non alza neanche gli occhi, Lev. Incurva ancora di più la schiena e continua a sfregare energico con la spugna morbida, per non dar ragione di pensare che non stia lavorando abbastanza. Non ha bisogno di ulteriori motivi per essere menato da Yaku, succede già fin troppo spesso.

Certo, non sarebbe male essere preso a calci da Morisuke in minigonna. In quel caso si farebbe tranquillamente calpestare come uno zerbino, sicuro di riuscire a poter sbirciare i boxer che avvolgono i glutei sodi, sotto le pieghe della gonna. Poi potrebbe afferrargli una caviglia, tenergli la gamba ferma e, guardandolo dal basso, con l'altro palmo risalire tutta la lunghezza della coscia, con la scusa di star rimuovendo la schiuma. Chissà se arrossirebbe, Yaku, a quel contatto.

Appoggia la testa sul vetro appena pulito, sconsolato nella consapevolezza di non avere la faccia tosta per fare una cosa del genere, goffo com'è.

Sente qualcosa picchiettargli la spalla e sbuffa contro il vetro, senza allontanare la fronte dalla superficie fredda.

“Sì sì, ora lo ripulisco bene”.

Forse, da una posizione del genere - semidisteso a terra e Yaku in piedi, a torreggiarlo - potrebbe addirittura afferrargli i glutei e stringerli, con le mani ancora bagnate di acqua e sapone. Insinuare le dita sotto il cotone dell'intimo e vedere tutto, da lì sotto, con il piede di Yaku ancora sulla propria spalla (la schiuma sulle cosce, il tessuto che si tende lì dove l'erezione spinge, il volto rosso che lo guarda dall'altro, occhi misti di eccitazione e rabbia, magari anche le dita ad artigliargli forte i capelli, perché no). Oh, non sarebbe proprio male, le gonne sono comode.

Uno schiarire di gola, Lev non ha voglia di girarsi e strizza le palpebre. Sbuffa per la diciassettesima volta.

“Kuroo-san” borbotta, le labbra che si separano di pochissimo, il fiato che appanna il lunotto ora da ripulire, “sono davvero un caso tanto disperato se ogni volta che ci penso ho un'erezione?”.

La risposta gli arriva acuta ai timpani, il suo nome calcato con eccessiva enfasi, totalmente fuori luogo: “ma no, è normalissimo volere una conversazione, LEV”.

Solleva pigramente le palpebre, così come la fronte, e le sbatte piano sugli occhi. Conversazione?
Intravede Kuroo oltre i ciuffi di capelli sottili – deve davvero tagliarli – e inclina la testa, un groviglio senza capo nei suoi pensieri. Gli occhi di Tetsurou, davanti a lui, sono ben rotondi, particolarmente esposti, le palpebre totalmente ritirate. Sembra stia cercando di comunicargli qualcosa.

“Eh?” grattare di corde vocali, ingranaggi che girano, “no Kuroo, che hai capito; intendo che mi va proprio in tiro a pensare a Yaku in minigo…”

“LEV!”

La matassa che inizia a sbrogliarsi a seguito della brusca interruzione, mentre si rende conto che Kuroo è davanti a lui. Sente la piccola falange premere ancora sulla sua spalla, oltre la sua schiena curva, e ritirarsi.

“Kuroo-san” sussurra, la presa sulla spugna inferma una volta che il gomitolo è stato snodato. Deglutisce e “non è dietro di me, vero?” soffia tra le labbra secche, la voce che leggermente trema.

Vede Tetsurou aprire bocca, le pupille che ondeggiano tra il suo volto e poco più in basso, al di là della sua spalla. È Morisuke – che sì, si trova proprio dietro di lui – a “Yaku in minicosa?” proferire minaccioso, in una domanda quasi sputata.

Si gira a rallentatore Lev, sudore freddo lungo la schiena, busto rigido come un palo. Il suo senpai ha il volto rosso di rabbia – e, è facile intuire, anche di qualcos’altro -, le pupille strettissime e due pugni tremanti, lungo i fianchi. 

Lev vorrebbe solo nascondersi nel bagagliaio. Ha la gola secca e lo stomaco - carta stagnola - ridotto ad un globo informe. 

Gli dà di nuovo le spalle, per cercare con gli occhi il capitano in cerca di aiuto, ma Kuroo si è già allontanato di un paio di passi, sventolando una mano in aria: “ehi Kenma, se vuoi faccio io qui!”.
Lo insulta mentalmente; lui e la sua dannata scommessa che lo ha illuso in quel modo, motivo della situazione scomoda in cui si trova ora e di costanti pensieri perversi. 

Torna a guardare Yaku, girando solo il busto – non riuscirebbe a spostare anche le gambe, di cemento in quel momento -  e abbozza un sorriso, tiratissimo.

Il pugno nello stomaco che Yaku gli rifila, condito da improperi, non è esattamente il tipo di violenza che condisce le sue fantasie. (Il modo in cui nasconde le guance rossissime sotto i capelli, comunque, non può che fargli tremare il petto).

 


  
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