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Autore: Shainareth    02/11/2017    2 recensioni
Le voci spaventate degli altri arrivavano ovattate alle sue orecchie, come se al momento lei stessa si trovasse in un’altra dimensione. Il fatto era che, presa com’era dal reprimere le proprie emozioni, Marinette non si era resa conto di essere sull’orlo di esplodere. Cosa che era effettivamente avvenuta quando Adrien aveva ammesso di essere innamorato di qualcuno. Di Ladybug. Di lei, quindi. Ma Adrien non lo sapeva. Né sapeva che lei sapeva. Che gran casino.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fiducia'
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CAPITOLO SECONDO




«Oh, mio Dio!»
   «Marinette!»
   «Che è successo?!»
   «Sta male?!»
   «Chiamate un dottore!»
  Le voci spaventate degli altri arrivavano ovattate alle sue orecchie, come se al momento lei stessa si trovasse in un’altra dimensione. Il fatto era che, presa com’era dal reprimere le proprie emozioni, Marinette non si era resa conto di essere sull’orlo di esplodere. Cosa che era effettivamente avvenuta quando Adrien aveva ammesso di essere innamorato di qualcuno. Di Ladybug. Di lei, quindi. Ma Adrien non lo sapeva. Né sapeva che lei sapeva. Che gran casino.
   «Allontanatevi, fatela respirare!» stava dicendo Alya, cercando di creare un po’ di spazio attorno all’amica, che ancora non era in grado nemmeno di riaprire gli occhi. «Marinette, mi senti?» continuava a chiamarla, dolcemente. «Cerchiamo di mantenere la calma, magari è solo un calo di zuccheri.»
   «A meno che non sia inciampata sui suoi stessi piedi», affermò il simpaticone di turno.
   «Che cattiveria…»
   «Ehi, non sarebbe la prima volta, che lo fa.»
   Non aveva tutti i torti, dovette riconoscere Marinette, riuscendo finalmente a schiudere le palpebre. La prima cosa che vide furono i volti di tutti sovrastarla dall’alto, visibilmente preoccupati per lei. I più vicini, però, erano quelli dei suoi più cari amici, e cioè Alya, che le teneva con dolcezza una mano, Nino che si trovava accanto a lei, e Adrien che la sorreggeva fra le braccia.
   Di colpo Marinette recuperò ogni singolo senso e spalancò gli occhi, lasciandosi andare ad un verso buffo e sguaiato, che suscitò il riso di qualcuno. «Sto bene!» annaspò poco dopo, sfuggendo alla presa di Adrien, che la fissò a metà fra lo stupito e il preoccupato. «Non mi sono natta fiente
   «Cos…?»
   «Mom ni noso fatta niente!»
   «Forse… è una conseguenza della caduta?» ipotizzò Nino, grattandosi il mento.
   Alya sospirò e scosse il capo. «No, sta benissimo», gli assicurò, riconoscendo chiaramente i sintomi del solito imbarazzo che la coglieva tutte le volte che le capitava di essere così vicina ad Adrien. Era strano, comunque, perché nelle ultime settimane le era parso che Marinette fosse riuscita a vincere quasi del tutto la propria timidezza nei confronti dell’amato, riuscendo a rapportarsi con lui in maniera pressoché normale. La sua confessione l’aveva sconvolta al punto da resettare ogni progresso fatto? Alya poteva capirla, ma non condivideva affatto quella reazione esagerata e non avrebbe tardato a farglielo sapere.
   «D’accordo, gente», dichiarò a gran voce, rivolgendosi alla classe. «Direi che per oggi possiamo finirla qui. Riprenderemo in un altro momento.» Visto quanto appena accaduto, nessuno obiettò. «Mi raccomando, tenete per voi i nostri segreti, ché tanto abbiamo materiale sufficiente per ricattarci a vicenda, nel caso qualcosa trapelasse al di fuori di queste mura. E, sia chiaro, semmai dovesse accadere, non esiterò ad aggiornare il blog della scuola con qualche succulenta curiosità.»
   Grazie a quella non troppo velata intimidazione, tutti si rasserenarono, certi che i loro segreti fossero in una botte di ferro: sapevano che Alya era un’amica fidata, ma sapevano anche che era capacissima di mettere in atto le proprie minacce se solo le fosse saltata la mosca al naso.
   L’aula cominciò allora gradatamente a svuotarsi proprio mentre Marinette tornava sulle proprie gambe, sorreggendosi alla cattedra. «Tutto bene?» le domandò Nino, che, come Adrien, non si era mosso dal suo fianco.
   La ragazza abbozzò un sorriso poco convincente. «Sì… sì…. io… ho… avuto un calo di zuccheri, ecco.»
   «Sicura sia stato solo quello?»
   «Ma certo!» insistette. «Insomma, mi conoscete… Sapete che faccio spesso tardi a scuola e che a volte, per arrivare prima che suoni la campanella, salto la colazione.»
   Nino aggrottò la fronte. «Hai saltato anche il pranzo?» fu l’ovvia curiosità che non trattenne, dal momento che era ormai pomeriggio.
   «Ah», balbettò Marinette, presa in contropiede. «Forse… Forse non ho mangiato a sufficienza?» azzardò, non del tutto convinta. Avvertiva ancora il cuore battere a mille, il sangue pulsare fin nelle orecchie, e la mente tutt’altro che lucida: come poteva sperare di inventarsi una scusa plausibile?
   Alya l’afferrò per un braccio. «Vieni con me, bell’addormentata», disse in tono perentorio, trascinandola con poco riguardo fuori dall’aula. «Hai bisogno di sciacquarti la faccia.»
   Marinette la seguì senza ribattere, desiderando effettivamente sparire dalla vista di Adrien per qualche minuto. Sperava di ritornare abbastanza in sé per fare mente locale e immagazzinare a dovere l’informazione che lui aveva condiviso con l’intera classe. Avrebbe dovuto essere felice di sapere che il ragazzo che le piaceva da morire aveva una cotta per lei? Sì, dannazione. E allora perché la cosa, più che riempirla di gioia, la disorientava soltanto? No, non era la botta presa nella caduta a stordirla in quel modo. Si trattava di qualcosa di molto più serio che le pesava sul cuore come un macigno.
   «Come stai?» le chiese dolcemente Alya quando finalmente erano rimaste sole nel bagno della scuola.
   Non c’era bisogno di fissare il suo riflesso allo specchio per capire quanto fosse preoccupata per lei. Marinette chiuse il rubinetto del lavandino e lasciò che le gocce d’acqua le scivolassero copiosamente via dal viso, senza curarsi di asciugarle. «Bene. Credo.»
   «Marinette…»
   «Sul serio, Alya», la interruppe, recuperando infine un po’ di carta dal distributore per tamponare l’acqua in eccesso.
   «Allora perché quella reazione esagerata?» volle sapere l’amica, non del tutto certa di poter credere alle sue parole. «Mi ero convinta che fossi svenuta per via della confessione di Adrien.»
   E così era, in effetti, ma Marinette non poteva dirle la verità. Non perché non si fidasse di lei, figurarsi; semplicemente, non poteva rivelarle la vera identità di Ladybug, e che quindi Adrien, pur non sapendolo, ricambiava i suoi sentimenti.
   «Insomma, quello di Adrien potrebbe benissimo non essere amore, sai?» stava continuando Alya, cercando di tirarle su il morale. «Stiamo parlando di Ladybug, l’eroina di Parigi. Tutti hanno una cotta per lei, persino io!»
   Marinette scoppiò a ridere. «Sul serio?»
   «In senso lato, certo», si affrettò a giustificarsi l’altra, divertendola più di prima. «Quello che sto cercando di dire», aggiunse poi, lieta di essere riuscita almeno a strapparle un sorriso, «è che quella di Adrien potrebbe essere semplice ammirazione, che lui invece sta scambiando per altro.»
   Continuando ad asciugarsi distrattamente le mani, Marinette tenne lo sguardo fisso nel vuoto per qualche attimo prima di annuire. «Credo anch’io», fu costretta ad ammettere. Anzi, ad essere onesta preferiva pensare che le cose stessero davvero in quel modo. E non perché non voleva farsi illusioni, bensì perché voleva che Adrien l’amasse come Marinette e non come Ladybug. Di una cosa, però, forse poteva almeno rallegrarsi: fisicamente doveva piacergli comunque, maschera o non maschera.
   «Meglio?» le domandò Alya, sorridendole con tenerezza.
   «Sì, grazie», rispose lei, sinceramente grata di avere un’amica tanto premurosa.
   Uscirono dal bagno una manciata di minuti dopo, ma non fecero che pochi passi poiché qualcuno era rimasto ad aspettarle accanto agli armadietti: Nino e Adrien. Non appena le videro, i due si mossero, mentre le altre si fermarono stupite.
   «Ehi… tutto bene, Marinette?»
   Alya non nascose la propria contentezza riguardo alla loro presenza e subito diede il gomito all’amica, che invece sembrava essersi imbambolata come un’idiota davanti ad Adrien. «È una buona occasione per parlare con lui, non trovi?» le suggerì Alya all’orecchio, prima di rivolgersi ai ragazzi con un sorriso vispo che era tutto un programma. «Oh, sì, Marinette adesso sta bene», prese a spiegare con la sua solita parlantina che riusciva ad intortare chiunque. «Ha solo avuto un piccolo calo di zuccheri, ma ora va molto meglio, non è vero, Marinette?»
   «Gah», rispose lei, smentendola in pieno.
   L’altra la ignorò. «Volevo accompagnarla a casa, giusto per essere sicuri che non cada di nuovo a terra come una pera matura, ma poi mi sono ricordata che proprio oggi ho un impegno inderogabile con te, Nino.»
   Quello aggrottò un sopracciglio e prese a grattarsi una guancia. «Ah… davvero?»
   «Il solito sbadato!» esclamò Alya, ridendo e arpionandolo per un braccio. «Non ti ricordi? Dobbiamo andare, si sta facendo tardi, forza!»
   «Ehi, aspetta!» fu la blanda protesta dell’altro, che però non si curò di fermarla.
   «Adrien, mi faresti il favore di accompagnare tu, Marinette?» cinguettò ancora la ragazza, prima di sparire dietro l’angolo con Nino senza neanche attendere risposta.
   Ci fu un lungo, interminabile attimo di silenzio, durante il quale Adrien cercò di capire esattamente cosa fosse successo, tanto era stata rapida Alya a raggirarli come una volpe. Batté le palpebre e tornò con i piedi per terra, riportando lo sguardo sull’amica rimasta insieme a lui. «Allora, andiamo?»
   Marinette, che era rimasta pietrificata sul posto, ebbe un sussulto e sbiancò di colpo. «C-Che…?»
   «Ti accompagno a casa», disse semplicemente Adrien, sorridendole con affetto.
   Indecisa se uccidere o ringraziare Alya per quell’occasione, la ragazza cercò di recuperare un minimo di dignità – e di colore. «M-Ma… abito a due passi da qui…»
   «Non importa, ti accompagno lo stesso», insistette lui. «Mi sentirei più tranquillo», confessò, indeciso se dirle anche il resto. Ovvero che, sotto sotto, avrebbe dovuto esserle grato per aver platealmente, e dolorosamente, distolto l’attenzione dell’intera classe dalla sua dichiarazione d’amore a Ladybug per accentrarla su di sé e sul suo calo di zuccheri. Di più, si sentiva anche in colpa per l’aver provato un sospiro di sollievo per questo. «E poi… ehm… volevo chiederti se ti andava di fare due passi nel parco, prima. Se te la senti, è ovvio.»
   Il mondo stava per finire. Fu questo il primo pensiero che invase la mente di Marinette dopo aver udito quelle parole. O forse Adrien la stava invitando fuori perché si era accorto che lei e Ladybug erano la stessa persona? No, impossibile. Se non lo aveva fatto fino a quel momento, come avrebbe potuto anche solo sospettarlo ora, di punto in bianco?
   «Ti offro qualcosa da bere. O da mangiare, se preferisci», proseguiva intanto il giovane, in attesa di una sua risposta. Sembrava ci tenesse particolarmente, a passare del tempo con lei.
   «D’accordo», accettò allora Marinette, facendogli tirare un non indifferente sospiro di sollievo. La ragazza sentiva ancora il cuore battere in petto come un tamburo e le guance in fiamme, ma adesso riusciva a ragionare in modo più o meno lucido. Parlare con Adrien era l’unica cosa da fare, su questo Alya aveva ragione. Certo non poteva dirgli come stavano davvero le cose, però poteva aiutarlo a fare maggior chiarezza con se stesso.
   Si incamminarono insieme verso l’uscita della scuola e quando videro l’auto della famiglia Agreste ferma alla fine dei gradini d’ingresso, Adrien fece cenno all’amica di aspettarlo un momento. Si avvicinò quindi a Nathalie, l’assistente di suo padre, e scambiò con lei alcune parole. La donna alzò gli occhi chiari su Marinette, squadrandola da capo e piedi e mettendola in soggezione come accadeva tutte le volte che si incontravano. Infine, tornò a rivolgersi ad Adrien e dopo un ultimo scambio di battute risalì in auto e ordinò alla guardia del corpo di allontanarsi da lì.
   Dall’alto della scalinata, Marinette seguì l’auto con lo sguardo, mentre Adrien tornava da lei per offrirle il braccio e un sorriso da batticuore. «Allora, vogliamo andare?»
   Sarebbe stata dura rimanere con i piedi per terra, si disperò la ragazza, cercando di non lasciar trasparire troppo l’ansia, mentre infilava timidamente la mano sotto al gomito del giovane e lo seguiva verso il parco lì vicino. Si fermarono solo a prendere qualcosa da bere, senza tuttavia scambiarsi altre parole, e infine sedettero insieme su una panca accanto ad un grosso albero dalle fronde folte e ombrose.
   Cadde nuovamente il silenzio, durante il quale Marinette tenne gli occhi fissi sulle proprie mani, strette nervosamente a pugno sulle ginocchia. Adrien sbirciò nella sua direzione, indeciso se parlare o meno. Alla fine lo fece. «Tu… pensi che io sia ridicolo?»
   «Eh?» balbettò lei, tornando a guardarlo con aria stupita.
   «Sai… per quella cosa che ho detto prima, in classe.»
   Adrien era imbarazzato. Soprattutto, le stava lanciando un’occhiata timida e speranzosa al contempo, quasi come se la stesse implorando per qualcosa. Il suo consenso, forse? Lo chiedeva alla persona sbagliata. Decisamente.
   Ripromettendosi di mantenere la calma e di non pensare all’assurdità della situazione, Marinette stabilì che, aiutando lui, avrebbe aiutato anche se stessa. Ne avrebbero ragionato insieme, ecco, anche se probabilmente Adrien non se ne sarebbe accorto.
   Inspirò a fondo e gli fece dono di un sorriso, tenero e comprensivo, che parve finalmente metterlo a suo agio. «No», lo rassicurò anzitutto. In seguito si sarebbe persino meravigliata del tono fermo che riuscì a dare alla sua voce nel proseguire il discorso, ma lì per lì non vi badò. «Più che altro, temo che tu sia… incauto.» Il giovane increspò appena la fronte e lei prese a spiegarsi meglio. «Non sai chi è realmente Ladybug.»
   «Non mi importa», si sentì rispondere, con risolutezza.
   «Potrebbe trattarsi di chiunque», cercò di farlo ragionare Marinette. Forse era stupida a darsi la zappa sui piedi in quel modo? Dopotutto, Adrien aveva ammesso apertamente di essere innamorato di lei – senza saperlo. Eppure… Eppure lei non poteva lasciare le cose in quel modo, e non solo per amor proprio: voleva soprattutto aiutarlo.
   «Te l’ho detto, non mi importa.»
   «E se fosse una persona orribile?»
   «Mi prendi in giro?» Adrien si lasciò scappare un risolino nervoso. «Ladybug è tutto fuorché orribile. Salva continuamente la città, mettendo a rischio la propria vita per proteggere gli altri.»
   Questo Marinette poteva concederglielo, certo. «Magari si tratta di Chloé», buttò lì, cercando di farsi venire in mente qualche esempio che potesse in qualche modo sminuire la figura dell’eroina agli occhi dell’amico. «Se lo fosse, significherebbe che sei innamorato di lei.»
   «Impossibile», fu la perentoria risposta dell’altro. «Le ho viste insieme in più di un’occasione. E poi è stata akumizzata, ricordi?»
   «Alya?»
   «Lady Wi-Fi.»
   «Mylène?»
   «Horrificator.»
   «Allora Juleka.»
   «Mi ha fatto provare l’ebrezza di camminare sui tacchi alti.» Marinette lo fissò con gli occhi sgranati e la bocca socchiusa. Imbarazzato, Adrien si portò una mano sulla nuca. «Sì, beh… aveva trasformato anche me», bofonchiò, benché sulle sue labbra aleggiasse comunque un sorriso divertito.
   «Ivan?»
   «Ora mi offendo», rise a quel punto, facendo sghignazzare anche l’amica, che a quanto pareva aveva ritrovato il buon umore.
   «Il punto è», riprese dopo un attimo lei, tornando seria, «che la tua potrebbe benissimo trattarsi di semplice ammirazione.»
   Adrien annuì, volgendo lo sguardo avanti a sé, senza fissarlo in un punto in particolare. «Ci ho pensato, cosa credi?» ribatté con un sospiro. «Ma ti assicuro che non si tratta solo di quello.» Lo sarebbe stato se lui non avesse combattuto al fianco di Ladybug ogni singola battaglia, arrivando ad avvicinarsi a lei così tanto da poterla toccare, abbracciare, poter sentire il suo odore e condividere i suoi stati d’animo più forti, le sue paure, i suoi dolori e i suoi trionfi.
   Marinette osservò attentamente il profilo del giovane, rimirando ancora una volta quei lineamenti che tanto amava e dai quali cercava, suo malgrado, di prendere le distanze. «Perdonami se sono scettica, ma finché non saprai chi si nasconde sotto quella maschera, dubit…»
   Si bloccò quando Adrien si volse di scatto nella sua direzione. «Chat Noir ti ha salvato la vita in più di un’occasione», sentenziò, passando di palo in frasca senza alcuna spiegazione. La ragazza lo fissò stranita, cercando di raccapezzarsi in quel repentino cambio d’argomento. «Non hai provato nulla, stando con lui?»
   Le sue sopracciglia si corrucciarono così tanto che era impossibile non capire quanto quella domanda la indispose. «No», fu la secca, rapida risposta che diede, spiazzando a sua volta Adrien, convinto invece di avere la sua buona dose di fascino, quando indossava la maschera.
   «No?» stentò difatti a crederci.
   «Solo perché mi ha salvato la vita, dovrei provare qualcosa per lui?» Davvero bastava così poco per abbindolare il cuore di Adrien? Fu questo che si chiese Marinette, sconvolta, senza sapere come si sentisse in realtà il giovane, che invece conosceva Ladybug molto meglio di quanto intendesse lasciar credere.
   «Certo che no!» ribatté l’altro, cominciando ad agitarsi anche lui. «È che pensavo che ti piacesse almeno un po’!» Eccolo lì, il suo lato vanesio. Aveva davvero bisogno di sentirsi accettato fino a quel punto? Evidentemente sì. Forse non lo avrebbe mai ammesso, ma avrebbe davvero avuto bisogno di uno psicologo. Di uno bravo, senza dubbio.
   Marinette sospirò. «Certo che mi piace», si arrese a spiegargli con più calma. «Chat Noir è affidabile e protettivo, come può lasciare indifferenti?» gli assicurò. «Ma non lo conosco.» Bugiarda, si disse da sola. Scacciò subito la voce della coscienza in favore di un fine superiore: aprire gli occhi ad Adrien. «Non so chi ci sia sotto quella maschera, potrebbe essere anche un… non so… un vanaglorioso farfallone a cui piace andare in giro a fare lo scemo con le ragazze», sputò d’un fiato.
   Questa lui proprio non la mandò giù. «Come ti salta in mente un’assurdità del genere?!» replicò con foga, piccato. «È un eroe!»
   «Una cosa non esclude l’altra», affermò Marinette, incrociando le braccia al petto. Era la prima volta che si trovavano così apertamente in disaccordo su qualcosa, eppure lei davvero non poteva lasciar perdere: aveva il sacrosanto dovere di salvare l’amato da un abbaglio colossale, e se fosse servito allo scopo, avrebbe persino utilizzato Chat Noir come esempio lampante.
   «Ma se ha occhi solo per Ladybug!» scappò detto ad Adrien, il cui orgoglio bruciava smisuratamente.
   La sua amica sollevò le sopracciglia, scettica. «Difendi il tuo rivale in amore, quindi?» Lui non seppe cosa rispondere e Marinette si sentì in diritto di continuare. «A Chat Noir affiderei la mia vita ad occhi chiusi», chiarì a scanso di equivoci, portandosi una mano sul petto a mo’ di giuramento, «solo che non farei la stessa cosa con il mio cuore.»
   «Perché?» pretese di sapere Adrien, cercando di capire per quale dannato motivo quella sciocca si fosse convinta di una cosa tanto orribile. Dopotutto, quante volte aveva avuto a che fare con Chat Noir? Due? Tre? Beh, di certo non erano sufficienti per inquadrarlo a dovere. Anzi, se Marinette avesse saputo la verità, si sarebbe mangiata le mani per quelle accuse ingiuste e diffamanti.
   «Perché, se anche continua a ronzare attorno a Ladybug, come dici tu», prese pazientemente a spiegare lei, «quel damerino fa il galante anche con le altre.»
   «Cosa?» Adrien non riuscì a nascondere una smorfia di disappunto: quando mai aveva fatto una cosa del genere? Poi, come un fulmine a ciel sereno, gli sovvenne il ricordo della prima volta in cui aveva fronteggiato Marinette con la maschera: le aveva fatto il baciamano, l’aveva chiamata principessa e, dopo averla afferrata per la vita con fare quasi passionale per portarla in salvo, le aveva persino sussurrato un equivoco Mi ringrazierai più tardi – o qualcosa di molto simile.
   Imprecando fra sé, si diede una manata in faccia sotto lo sguardo perplesso della ragazza che, adesso Adrien lo sapeva, non aveva tutti i torti ad aver frainteso le intenzioni di Chat Noir. La cosa più curiosa era che non si era mai comportato in quel modo con nessun’altra, a parte lei e Ladybug, e ciò gli diede in qualche modo da riflettere.
   Come se gli avesse letto nella mente, Marinette ponderò a mezza voce: «Anche se non mi pare che Chat Noir abbia mai fatto una cosa del genere con Chloé o con le altre…»
   «Magari è solo perché sei più carina…» mormorò sovrappensiero Adrien, cercando lui stesso un qualsivoglia motivo che spiegasse quel suo insolito comportamento. Certo aveva occhi solo per Ladybug, eppure doveva riconoscere di non essersi dimostrato del tutto integro – se per gioco o altro non avrebbe saputo dirlo – nei confronti di Marinette.
   Non ricevendo più segnali di vita da quest’ultima, fece scivolare lo sguardo nella sua direzione, trovandole stampato sul viso paonazzo uno di quei suoi sorrisi a trentadue denti, molto più simili a una paresi, che lo inquietò alquanto.
   «Tutto… bene?»
   «Alla grande!» esclamò lei, troppo felice per riuscire a controllare ancora le proprie emozioni o anche solo il tono della voce. E come poteva rimanere impassibile sapendo che Adrien la trovava carina?!
   Il suono di una sveglia li riportò alla realtà e il giovane recuperò il cellulare dalla borsa. «Lezione di cinese, devo andare.» Alzandosi, lanciò una nuova occhiata all’amica, che sembrava aver recuperato parte della propria lucidità. «Pensi davvero che non possa esserci amore senza conoscere l’identità dell’altra persona?»
   «Assolutamente», gli garantì lei, rimettendosi in piedi a fatica perché ancora intontita dal complimento che lui le aveva fatto.
   Adrien parve rifletterci su qualche altro istante e poi affermò con decisione: «In tal caso, non mi rimane che scoprire chi è Ladybug.»
   «Sì, è l’unica», concordò Marinette, molto più attenta ai suoi occhi verdi che alle sue parole. Si rese conto di ciò che aveva detto con un attimo di ritardo e sbiancò, portandosi le mani fra i capelli scuri. «No! Cioè! Voglio dire…!»
   «Grazie per avermi ascoltato», la interruppe Adrien, rivolgendole un sorriso affettuoso mentre si incamminava frettolosamente per tornare a casa. «E grazie soprattutto per il prezioso consiglio!»
   «No!» ripeté la ragazza, in preda al panico. «Lascia perdere il consiglio! Non è prezioso! È pessimo! Orribile!»
   «Ci vediamo domani a scuola!» gridò l’altro, ormai troppo distante per cogliere appieno le sue parole. «Fa’ attenzione mentre torni a casa!»
   «Adrien, aspetta!» Lui però non lo fece, lasciando Marinette nello sconforto più totale. «E ora cosa faccio, Tikki?!» prese a commiserarsi, lasciandosi di nuovo cadere sulla panchina, mentre il piccolo kwami faceva capolino dalla sua borsetta.
   «Devi solo fare in modo che non scopra la verità.»
   «La fai facile, tu…» biascicò la ragazza, sconsolata. «Quando Adrien mi guarda, non capisco più niente. Sono completamente alla sua mercé.»
   Tikki sorrise con dolcezza. «Puoi almeno consolarti al pensiero che lui sia innamorato del tuo alter ego e, allo stesso tempo, trovi molto carina anche te.»
   Marinette si concesse un sospiro profondo, grata all’amica per quelle parole che erano servite a calmare almeno in parte il suo cuore, che lasciò scivolare via l’ansia per tornare a palpitare d’amore. Forse aveva davvero una possibilità con Adrien.












Ed è con questo secondo capitolo che si conclude la parte introduttiva della storia. Dal prossimo si comincerà a fare sul serio, promesso.
Essendo la storia già scritta per intero, ho intenzione di non lasciar passare troppo tempo fra un aggiornamento a l'altro, quindi suppongo che per domenica dovrei riuscire a trovare il tempo per postare anche il terzo capitolo.
Prima di chiudere, ci tenevo a ringraziare tutti voi che siete ancora qui a leggere, dando così una possibilità a questa storia, ma soprattutto chi è stato così gentile da lasciare due righe al primo capitolo e chi ha già inserito la fanfiction fra quelle preferite/ricordate/seguite. Davvero, mi rendete felice. ♥
Buona giornata!
Shainareth





  
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