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Autore: DreamerGiada_emip    02/11/2017    0 recensioni
Attenzione: questo libro è il sequel di Dark Angel, presente anch'esso sul mio profilo, se non si conosce la storia precedentemente nominata sconsiglio vivamente la lettura di questo sequel.
La bella Lilith viene costretta a una vita che non avrebbe mai nemmeno immaginato. Il suo nome, i suoi sogni, le sue perdite di controllo, il suo sangue la legano indissolubilmente a questo nuovo e oscuro regno. La ragazza non sa come uscire da questa situazione che non ha mai desiderato, vorrebbe ritornare in quella che considera la sua vera famiglia, ma un'ombra oscura la tiene incatenata.
Nella villa Sakamaki, i sei fratelli non sanno cosa fare, la loro preda è scomparsa tra le fiamme sotto i loro occhi. Soprattutto il giovane Subaru è alla disperata ricerca di quella che ormai considera la sua unica ragione di vita. È deciso a ritrovarla e riportarla a casa, per tenerla con sé al sicuro per sempre.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Angel, Demon or Human?'
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Lilith’s P.O.V.
 
È inebriante. La sua linfa è così fresca, così rafforzante, così rigenerante, così eccitante. Sento il mio potere aumentare a dismisura e ogni mia cellulare prendere letteralmente fuoco. Potrei fare qualsiasi cosa in questo momento, sposterei una montagna se solo lo volessi. Nulla mi ha mai dato una tale eccitazione. Lo sento scorrere nelle mie vene, mescolarsi con il mio sangue. La sua forza mi attraversa dalla testa ai piedi. Sono talmente rapita da quella sensazione nuova, quasi da non accorgermi che lui sta iniziando a crollare, il suo peso inizia a gravare su di me, anche se non è un grosso problema. Aumento la morsa. E Subaru stringe i miei fianchi in risposta. Vengo catapultata in un altro luogo, immagini sfuocate mi danzano davanti, finché il tutto si stabilizza. C’è un bambino di fronte a me, mi è familiare. Tiene gli occhi puntati verso l’alto, oltre la mia figura. Seguo il suo sguardo fino a giungere a una torre, più precisamente ad una finestra con sbarre di ferro dove una donna guarda fuori con occhi spenti. Anche da questa distanza mi accorgo della sua fredda e triste bellezza. I capelli sono candidi e raccolti su un lato della testa da una corona di rose rosse, gli bellissimi anche se malinconici e spenti, il viso dai lineamenti dolci trasmette un senso di abbandono. È vestita di bianco e rosso, un velo semi trasparente le copre le spalle. Anche lei mi ricorda qualcuno, ma la mia mente non riesce a collegare.
 
«Che sta succedendo?» chiedo al bambino. Non mi risponde e non si degna nemmeno di guardarmi. Lo osservo stranita. «Ehy, sto parlando con te» riprovo allungando una mano per toccargli una spalla. Lo trapasso. Ma che diamine…? Osservo la mia mano e poi lui con la fronte aggrottata. Vedo gli occhi del piccolo divenire lucidi, ma non una singola lacrima scivola giù sulle sue giovani guance. Il suo sguardo è ricolmo di una tale tristezza e solitudine da spezzarmi in due il cuore. Stringe tra le mani un oggetto che poco fa non avevo notato. Mi rendo conto che è il pugnale d’argento di Subaru. Lo analizzo velocemente dalla testa ai piedi. Gli occhi rossi, i capelli chiari, quelle labbra sottili. Spalanco gli occhi indietreggiando. È Subaru, non ho dubbi. Sotto i miei piedi scompare il pavimento e cado nel nulla. Il piccolo Subaru e la donna in bianco non si accorgono nemmeno del mio grido. In un attimo ritorno nel mio corpo. Mi spingo lontano da Subaru e vado a sbattere con la schiena contro la ringhiera. Sento gocce del suo sangue fresco che mi scivolano giù sul mento, non resisto e con la lingua le raccolgo assaporandole. Ho il fiato corto e gli occhi spalancati per la frenesia che mi attraversa il corpo. Ho i sensi talmente sviluppati da sentire le ultime gocce del suo sangue cadere per terra. Mi perdo nel bel mezzo dei rumori e dei profumi che mi assalgono. Sento il profumo del sangue di Subaru e più attenuato quello degli altri fratelli, avverto anche l’odore delle rose e delle piante del giardino sotto di noi. Anche i rumori mi travolgono stordendomi: rumore di fogli spostati con Reiji, una canzone malinconica di Kanato, il lieve russare di Shu, le poesie romantiche di Raito, i passi di Ayato per i corridoi, infine il rumore delle ultime gocce di sangue che cadono dalla ferita di Subaru. Chiudo gli occhi e cerco di calmare il fiatone, lentamente sento che la temperatura del mio corpo si abbassa, il fuoco che mi brucia nel petto si placa. Riapro gli occhi puntandoli verso di lui, seduto contro la parete.
 
«La donna in bianco nella torre… è Christa, tua madre, vero?» chiedo subito senza muovermi dalla mia posizione. Non sento più quella sete atroce, ma ancora non mi fido del mio lato demoniaco. Subaru mi osserva stranito.
 
«Come fai a sapere di mia madre?» domanda mettendosi in piedi lentamente, ma resta comunque appoggiato al muro con la schiena. Io resto dove sono, attenta, vigile ed esaltata grazie al suo sangue potente. Lo scruto dalla testa ai piedi.
 
«Raito mi ha parlato di tutte le vostre madri» rivelo stando attenta ad ogni sua mossa. Subaru rotea gli occhi e solleva un sopracciglio subito dopo. Non è convinto della mia risposta. Si stacca dal muro e viene da me osservandomi dall’alto al basso.
 
«E come fai a sapere che si vestiva di bianco e stava su una torre?» chiede nuovamente. I nostri sguardi si incontrano e si incatenano. Incontro questi occhi che sanno resistere ai miei. E comincia la sfida più bella che è a metà tra la voglia e la tortura. Mi piace scavare nel rosso dei suoi occhi, alla ricerca di qualcosa di sconosciuto, qualcosa che nessun altro ha mai visto. Sospiro.
 
«Mentre bevevo il tuo sangue» pronunciare queste parole le rende ancora più reali. «Ho avuto come una visione… ho visto tua madre da sola in cima a quella torre e ho visto te, Subaru» gli rivolgo il mio sguardo analizzando il suo viso. Non voglio spaventarlo o altro, voglio solo dirgli la verità. «Eri solo un bambino e stringevi tra le mani il tuo pugnale d’argento, i tuoi occhi… non ho mai visto uno sguardo così triste» scuoto la testa a occhi chiusi. Non voglio mai più vedere un’espressione simile nel viso di un bambino, soprattutto sul viso di Subaru. Anche se a pensarci, quell’espressione non è mai scomparsa del tutto, si è solo affievolita nel tempo, atrofizzata nei secoli trascorsi. Non mi risponde, il suo sguardo è puntato nella mia direzione ma non sembra vedermi.
 
«Il mio passato… madre…» continua a guardare il vuoto ed io inizio a preoccuparmi. Mi avvicino a lui lentamente, quasi con la paura che abbia una reazione inaspettata.
 
«Subaru?» gli appoggio delicatamente una mano sulla spalla. Prima che possa reagire in qualche modo, lui mi sta già stringendo convulsamente il polso guardandomi dritto negli occhi. Il suo sguardo è annebbiato da una patina di paura, odio e rabbia mischiati. Sento il mio istinto che mi dice di ribellarmi, attaccarlo e ucciderlo, il demone dentro di me si agita ringhiando per uscire allo scoperto. Scuoto la testa vigorosamente e resto immobile, mentre lui continua a stringere ringhiandomi contro. Sento che aumenta la presa. «Subaru, mi fai male…» abbasso lo sguardo sul mio polso. Lui ringhia scoprendo le zanne aguzze e mi osserva sempre più arrabbiato, mi guarda, ma non vede me. Appoggio la mia mano sulla sua gelida e stringo appena. I suoi occhi si spalancano di scatto e si scaglia contro di me con le zanne esposte. Cerco immediatamente di scappare, ma mi tiene saldamente stretto il mio polso per tenermi vicino a lui. Mi scaraventa violentemente contro il muro di fronte a lui. Mi si appanna la vista per la botta alla testa. Strizzo gli occhi e lo vedo avanzare verso di me con le zanne scoperte e uno sguardo omicida negli occhi, mi ricorda tanto una pantera nera con la propria preda. Sento il sangue macchiarmi i capelli, devo aver dato davvero una bella botta. Mi fa paura, questo non è lui, non è in sé. Il demone dentro di me combatte per uscire dall’oscurità, sento la mia pelle scaldarsi e le ali premere per venire sfoderate. Rispingo tutto nel profondo del mio animo, senza cedere all’istinto. So che non è il modo giusto per affrontarlo, lo spingerei solo ad attaccarmi ed io non voglio assolutamente combattere contro di lui. «Subaru! Sono io: Lilith! Quello che vedi non è reale!» Subaru si riprende improvvisamente e sbatte più volte le palpebre guardandomi come se avesse appena visto un fantasma. Io continuo a fissarlo con un braccio davanti a me per proteggermi.
 
«Che cosa è successo?» indietreggia immediatamente sbattendo più volte le palpebre. Mi squadra da capo a piedi, mentre io mi appoggio una mano sulla nuca per alleviare il dolore, la ferita si sta già rimarginando. Mi alzo in piedi e lo sguardo si Subaru scorge i lividi rossi sul mio polso lasciati dalla sua stretta e la mano insanguinata. Si blocca immediatamente e s’incupisce. I suoi occhi perdono luce. Mi guardo anch’io la mano insanguinata, poi guardo lui.
 
«No no, va tutto bene» mi avvicino a lui strofinando il palmo sui pantaloni per pulirmi. Non so cosa dire ne cosa fare. Cammino piano verso di lui. «Non è successo nulla» dico lentamente. Lui mi lancia un’occhiata.
 
«No, Lilith, non va tutto bene» controbatte serio lanciando un altro sguardo alla mia mano che io subito nascondo in fretta dietro la schiena. «Ti ho appena attaccato e senza motivazione apparente, a quanto pare» distoglie lo sguardo dal mio. «E non ricordo nulla, questo è forse quello che mi irrita di più… forse sarebbe meglio per te che te ne torni all’Inferno il prima possibile» si volta e si avvia velocemente per tornare in casa. Lo guardo sbalordita. Non si era mai abbattuto così prima d’ora per un attacco. Mi riscuoto e lo inseguo afferrandolo per un braccio e girandolo.
 
«Che cos’hai oggi? Prima mi baci, poi mi fai bere il tuo sangue, e ora questa scena, che succede?» chiedo guardandolo fisso negli occhi scarlatti. Lui mi fulmina con lo sguardo e strattona via il suo braccio dalla mia presa sovrastandomi dall’alto. Mi sono sempre sentita piccola davanti a lui. Sostengo il suo sguardo.
 
«Succede che ti stai impicciando di cose che non ti riguardano, come sempre dopotutto, Lilith» fa una smorfia infastidita, poi continua: «oltretutto, chi ti ha dato il permesso di sbirciare tra i miei ricordi?» ringhia sollevando un sopracciglio. Lo guardo stupita.
 
«Pensi che abbia volutamente ficcato il naso nel tuo passato? Non è stata una mia scelta» controbatto irritata guardandolo male. Mi ha appena dato dell’impicciona! Mi osservo come per dirmi che non ci crede nemmeno lontanamente. «Oh fantastico, dunque è questo ciò che pensi? Beh, ti dirò quello che penso io, penso che tu debba imparare a controllare i tuoi istinti animali perché qui altrimenti abbiamo un bel problema» gli punto l’indice sul petto e lo guardo con le sopracciglia aggrottate. Sento le guance accaldarsi per l’irritazione che inizia a salire.
 
«Perfetto, se non vuoi più essere aggredita di nuovo allora vattene, vai dal tuo diabolico paparino oppure dal biondino occhi blu che, sono certo, sarà felicissimo di servirti e bacarti i piedi come vorresti, principessina» serra forte i pugni fino a far sbiancare ulteriormente le nocche già molto pallide. Ringhio infuriata da queste sue ingiuste parole, ma poi cerco di rilassarmi e controllare la rabbia, senza però ottenere grandi successi. Parto a passo di marcia verso la porta a vetri per rientrare in casa e facendolo urto Subaru con una spallata. Entro e sbatto la porta facendo tremare i vetri in ogni pannello. Lancio un’ultima occhiata a Subaru, poi mi dirigo quasi correndo giù per le scale.
 
«Odioso pomposo damerino da due soldi… io volevo solo aiutarlo, ma no, il signorino non ha bisogno del mio aiuto» continuo a camminare velocemente per i corridoi per arrivare alla mia stanza. «Bene, se non gli importa che sto qui, me ne andrò» arrivo in camera e inizio a preparare le cose per la partenza lanciando tutto in valigia alla rinfusa. «”Principessina”… io sarei la principessina? È lui che deve scendere dal piedistallo, o al massimo se sta là sopra potrebbe rendersi utile, tipo pulendo il lampadario» chiudo con rabbia la valigia e la lancio per terra.
 
«Parli da sola?» mi volto di scatto verso la porta fulminando chiunque sia lì. Ayato mi osserva divertito appoggiato allo stipite della porta. Mi passo una mano tra i capelli, poi mi raddrizzo e schiarisco la voce. Prendo la borsa e mi avvio verso la porta.
 
«Beh sai, ogni tanto serve anche a me il parere di un esperto, no?» gli faccio l’occhiolino e lui scoppia a ridere. Sento ancora la rabbia ribollire dentro di me, ma sorrido anch’io. Lui si sposta e mi fa passare.
 
«Sei in partenza?» ritorna serio e mi guarda. Sospiro ripensando alla scena di poco fa con quell’idiota di Subaru, annuisco. «Sai che dovrei impedirtelo vero?» aggiunge con il suo solito sorrisetto.
 
«Sai che non ci riusciresti vero?» controbatto sorridendo a mia volta. Lui sbuffa, forse ricordandosi che non sono più una debole umana.. Lo saluto con la mano mentre mi avvio svelta verso la stanza della musica, dove il sigillo mi riporterà da mio padre, nel mio regno.

Angolo Autrice:
Scusate scusate scusate per l'interminabile attesa, ho avuto il blocco dello scrittore! Non che io sia una scrittrice ma ok... mi dispiace tantissimo care lettrici (e lettori, anche se dubito che ce ne siano). Ma ora sono tornata e spero di riuscire ad aggiornare più regolarmente.
   
 
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