Ormai mancavano pochissimi giorni ai
Golden Globes. Victoria
a quel punto non vedeva l’ora di arrivare al giorno dopo, e
di archiviare
questa incombenza mondana, pregando di non incrociare nemmeno per
sbaglio Ryan,
circostanza piuttosto improbabile. Tuttavia, causa anche il fortuito
scontro con
sua moglie, in quegli ultimi giorni aveva ripensato spesso a lui,
all’ultimo
incontro, al litigio che li aveva portati a troncare, così
come alle parole di
Blake. Ed ora forse non era più così sicura di
aver fatto la scelta giusta.
Certo, il loro matrimonio non meritava nemmeno di essere definito tale,
per lei
il loro rapporto era inconcepibile ed assurdo, ma iniziava a vedere le
cose in
una prospettiva diversa ed in fondo, anche se non l’avrebbe
mai ammesso, era dispiaciuta
per Ryan, perché di certo non poteva essere sereno ed
appagato in quella
situazione.
La cerimonia si sarebbe svolta di
domenica, come di
consueto, al Beverly Hilton Hotel. Già dalla mattina presto,
la stanza di
Victoria era stata invasa da professionisti della cosmesi e della
bellezza, il
‘team del restauro’, come lo chiamava lei. Con lei
anche Skyler, pronta per
partecipare all’evento, ed eccitata perché alcuni
dei clienti che rappresentava
erano nominati in diverse categorie. Anche se non amava questi eventi
mondani,
Victoria non poteva comunque lamentarsi. Era rilassante farsi viziare e
coccolare ogni tanto, e tutti i trattamenti di bellezza, le maschere,
manicure
e pedicure la aiutarono a rilassarsi ed a staccare per qualche ora il
cervello.
Per l’occasione, Skyler aveva scelto un vestito da vera e
propria principessa
di Dior, completamente bianco, che ricordava un abito da sposa.
“Dato che dubito fortemente
mi sposerò mai, almeno per
stasera voglio provare l’ebbrezza di sentirmi una
sposina!” esclamò divertita,
controllandosi allo specchio.
Victoria, invece, aveva optato, come
spesso succedeva, per
un abito nero. Era un colore che amava, e che le donava particolarmente
vista
la carnagione chiara, i capelli biondo miele e gli occhi verde/azzurro.
Era
senza spalline, fasciante, valorizzava il suo fisico ben proporzionato
e
formoso nei punti giusti, ed aveva uno spacco intrigante, ma per nulla
volgare.
Era impreziosito, sul bustino, da ricami di fiori con gemme incastonate
che
creavano dei suggestivi giochi di luce. A completare
l’outfit, una parure di
Cartier, composta da collier ed orecchini in oro bianco con diamanti ed
onice.
Aveva scelto un trucco leggero, sottolineando in particolar modo lo
sguardo ed
aveva raccolto i capelli in un morbido chignon, dal quale sfuggivano in
maniera
apparentemente casuale alcune ciocche ad incorniciarle il viso. Erano
entrambe
bellissime, ed Andrew, da bravo cavaliere le riempì di
complimenti.
“Anche quest’anno
sarò io l’uomo più invidiato. Siete
entrambe stupende” disse l’uomo, vedendo scendere
la figlia e la sua amica,
pronte per salire sulla limousine e dirigersi al Beverly Hilton.
Appena l’auto si
fermò, iniziarono a sentire le urla dei
fans di questo o quell’attore, già appostati da
ore dietro le transenne per
vedere i propri beniamini. Non era certo la prima volta per Victoria,
ma ogni
anno le sembrava come lo fosse, non si era ancora abituata.
Così come non si
era ancora abituata al red carpet ed al rito delle foto. Skyler,
invece, si
divertiva un mondo, viveva tutto come un gioco, cercando di far
sciogliere un
po' anche l’amica. Andrew, dopo qualche scatto con la figlia,
l’aveva lasciata
posare da sola, approfittandone per rispondere alle domande di qualche
giornalista. Sia Skyler che Victoria erano note
nell’ambiente, quindi i
fotografi iniziarono a chiamare a gran voce anche loro per aggiudicarsi
gli
scatti migliori.
Dopo circa venti minuti di quella
‘tortura’, finalmente le
ragazze ed Avery riuscirono ad entrare nella sala dove, di
lì a poco, sarebbe
iniziata la cerimonia. Era finemente addobbata, ed i tavoli erano stati
apparecchiati con tovaglie di ottima fattura, ricamate, con
centrotavola molto
eleganti e raffinati, così come piatti e bicchieri, tutto
era di prima qualità,
ovviamente. I tavoli erano già stati assegnati e, come
sempre, Andrew Avery
sedeva in uno di quelli centrali, a pochi passi dal palco, insieme ad
alcuni
suoi fidati sceneggiatori e soci. Il salone iniziò ben
presto a riempirsi degli
ospiti, nominati ai premi e non, e Victoria cercò di evitare
di guardarsi
troppo intorno, per non incrociare nemmeno per sbaglio Ryan. Era
passata
velocemente dal red carpet all’interno dell’Hotel
per evitare di vederlo.
Fortuna o sfortuna vollero che lui e
la moglie fossero
esattamente al tavolo sistemato dietro quello di Avery, così
in pratica
Victoria si ritrovò a dar loro le spalle. Tuttavia, sapere
che era proprio
dietro di lei, le provocò un certo turbamento, che si era
illusa di poter
controllare. Così vicini eppure mai così lontani.
Come sempre per le loro apparizioni
di coppia, Blake e Ryan sembravano
perfetti, l’incarnazione vivente del principe e della
principessa delle favole.
Avrebbero potuto interpretare un adattamento cinematografico della
Bella
Addormentata, lei nei panni di Aurora e lui del Principe Filippo, tanto
erano
perfetti, quasi troppo perfetti per sembrare veri. Lei era fasciata in
un abito
nero di velluto, con inserti dorati, sorridente e per niente restia a
posare
per i fotografi ed i paparazzi che la chiamavano, mentre lui indossava
un
tuxedo blu scuro con profili neri e farfallino, e sembrava impaziente
di
fuggire dai flash. Era bellissimo, anche se il suo sguardo tradiva
sempre
quella nota malinconica che Victoria aveva imparato a conoscere.
La cerimonia iniziò con
qualche minuto di ritardo. Il
conduttore di quell’anno era Jimmy Fallon, che
riuscì a coinvolgere il pubblico
col il monologo iniziale, al quale prese parte anche Ryan, in una sorta
di
parodia del ruolo interpretato dall’omonimo Gosling in La La
Land, candidato a
diversi premi. E poi salì nuovamente sul palco per
presentare una categoria, ed
ogni volta che appariva e che sentiva la sua voce, per Victoria era
come
spargere sale su una ferita ancora aperta, per quanto si sforzasse
ovviamente
di mascherare il suo stato d’animo. Di certo non era il luogo
né il momento per
farsi prendere dai ricordi della breve parentesi che avevano condiviso
e poi
aveva la sensazione che suo padre si voltasse verso di lei, come a
controllarla, proprio ogni volta che Ryan saliva o scendeva dal palco
per
raggiungere la sala. Inutile dire che quella serata le
risultò interminabile,
ma alla fine arrivò anche la conclusione della cerimonia,
non della serata,
però. C’era il consueto after party della Warner
Bros, ed ovviamente sarebbe
dovuta andare, almeno per presenziare e fare un po' di pubbliche
relazioni
insieme al padre. Così, dopo un veloce cambio
d’abito, i tre raggiunsero la
location del party, poco distante dall’Hilton.
C’erano già
diversi ospiti, praticamente sembrava che
l’intera sala dell’Hilton si fosse trasferita a
quell’after party. C’erano
‘addetti ai lavori’ che Victoria conosceva
più o meno di vista, attori ed
attrici, registi, produttori come suo padre. Erano tutti su di giri ed
in vena
di festeggiare, soprattutto i candidati che erano riusciti a portarsi a
casa
l’ambito premio. Ad un certo punto, quando ormai era
lì da un’ora abbondante,
la ragazza vide con la coda dell’occhio Blake e Ryan.
Sembrava che stessero
discutendo, lei gesticolava e parlava quasi a mezza bocca, sicuramente
per non
farsi sentire, ma era evidente che fossero nel bel mezzo di un
battibecco, ed
alla fine lui si allontanò per raggiungere la zona bar. Sua
moglie era
palesemente contrariata, ma cercò di far finta di niente,
dato il momento e la
sala piena di persone, ma quando alzò lo sguardo
incrociò quello di Victoria e
la sua espressione si indurì. Fu questione di pochi minuti,
poi la vide sparire
in direzione della toilette.
La ragazza era combattuta, non sapeva
cosa fare. Aveva vogli
di avvicinarsi a Ryan, in fondo non c’era niente di male
nell’andare a
prendersi da bere e salutare un conoscente, ma aveva anche paura della
reazione
che avrebbe potuto avere lui, o sua moglie, in caso li avesse visti.
Però Blake
non era nei paraggi in quel momento; Andrew era impegnato a parlare con
Scorzese, e Skyler stava parlottando con la Hathaway, quindi alla fine
si
decise, e si avvicinò alla zona bar, dall’altra
parte della sala.
Ryan era lì da solo,
seduto al bancone, con l’aria
pensierosa, ed un bicchiere di scotch davanti.
“Posso avere un Apple
Martini, per favore?” disse,
rivolgendosi al bartender.
Ryan, riconoscendo la sua voce, si
voltò quasi di scatto,
fissandola con un’espressione indecifrabile. Lei non riusciva
a capire cosa gli
stava passando per la testa, se fosse sorpreso, felice di rivederla
oppure
seccato dalla sua vicinanza. Alla fine stirò una specie di
striminzito sorriso
di circostanza e bevve un sorso del suo scotch. Nel frattempo il
cameriere le
servì il drink che aveva richiesto, per poi passare ad altri
ospiti e lei si
accomodò su uno sgabello, vicino a quello di Ryan.
“Signorina Avery”
disse lui, quasi a voler sottolineare un
certo distacco, rompendo quel silenzio, senza però guardarla
“Come mai fra noi?
Sarà già stato uno sforzo immane per te
mischiarti a noi poveri morti di fama
per la cerimonia, ma addirittura l’after party?” le
chiese con malcelato
sarcasmo.
“Ho abbondato con lo
Chardonnay durante la premiazione e la
cena. E vedo che il bar qui è fornito, quindi dovrei avere
ancora un po' di
autonomia per sopportare voi attori volubili” rispose lei per
le rime.
Lui incassò il colpo,
finì d’un fiato quel che rimaneva
dello scotch e fece per alzarsi, ma lei lo fermò.
“No, per favore, aspetta.
Non andare” gli disse, quasi in un
soffio, ma sicura che avesse sentito. Infatti si bloccò e
restò seduto.
“Mi dispiace che tu non
abbia vinto il Golden Globe. Gosling
è stato bravo, ma se avessi vinto tu avresti aperto le porte
a tanti altri tuoi
colleghi che si sono cimentati col mondo dei super eroi. E poi te lo
meritavi,
solo per l’impegno e la tenacia che ci hai messo per fare il
film dopo anni di
porte sbattute in faccia” disse.
Lui si voltò verso di lei
e la guardò stranito, come se a
tutto pensasse tranne all’aver perso il premio.
“Era già tanto
essere candidato, non mi aspettavo davvero di
vincere” rispose un po' asciutto, stringendo le spalle.
“Tutto qui? Era questo che
volevi dirmi?” rimarcò fissandola
perplesso, ma ancora lei non si voltava verso di lui e giocherellava
col suo
bicchiere.
“No” rispose dopo
qualche istante “Ma questo non è il
momento né il posto per dirti quello che vorrei”
ammise, alzando finalmente lo
sguardo su di lui.
A quel punto, Ryan sembrava
genuinamente spiazzato.
“Quanto ti fermi
qui?” gli chiese.
“Un altro paio di giorni al
massimo” rispose “Ma pensavo che
non volessi più avere a che fare con me” la
punzecchiò.
“Possiamo vederci al solito
posto? Nella villa che spacci
per quella di un tuo amico, e che in realtà è
tua?” ribatté lei, spiazzandolo
di nuovo.
Tuttavia, non le chiese spiegazioni,
si limitò ad annuire.
“Alloggiamo al Four
Seasons, mi inventerò qualcosa e ti
raggiungerò là domani alle 16, ok? Se ci sono
problemi, mandami un messaggio.
Adesso è meglio che vada. Non sono sicuro sia una buona idea
che ci vedano
parlare insieme” aggiunse solo, prima di andarsene.
Victoria rimase ancora qualche minuto
al bar, e poi fu
raggiunta da Skyler. All’amica bastò guardarla per
capire che c’era qualche
novità, ma per parlarne liberamente dovettero aspettare la
fine della serata,
quando lasciarono il party. Andrew se n’era andato una
mezz’ora prima delle
ragazze, ma aveva lasciato a loro disposizione un’auto con
autista.
“Pensi che abbia
sbagliato?” domandò all’amica.
“Nemmeno per sogno, hai
fatto benissimo! Anzi, direi che
finalmente sei rinsavita. Ti sei fatta mille problemi e non ne valeva
la pena.
Il loro matrimonio è chiaramente una farsa, non ti stai
intromettendo nella
storia d’amore del secolo. Tu lo ami, lui ti ama,
riprenditelo. Vedrai che la
mollerà, deve solo capire come uscirne indenne”
rispose l’altra, che era già
spigliata di suo, figuriamoci alle 3 del mattino, dopo un party e
diversi drink
in circolo.
“Almeno poi lui tradisce
con discrezione e non fa il cretino
in giro. Stasera l’ho vista, faceva la gattamorta con tutti i
pezzi grossi
della Warner, ci mancava giusto che si strusciasse addosso a
qualcuno”
aggiunse.
Poco dopo l’auto si
fermò davanti all’appartamento di
Skyler, e poi ripartì per dirigersi a Villa Avery. Inutile
dire che per
Victoria fu piuttosto complicato prendere sonno. Era stanca, ma
continuava a
pensare a Ryan, all’effetto che le aveva fatto rivederlo e
parlargli, a cosa
gli avrebbe detto l’indomani, a come avrebbe potuto reagire
lui. Dormì poco e
male e l’indomani si svegliò con un bel mal di
testa. Bevve due belle tazze di
caffè nero, prese un’aspirina e poi in tarda
mattinata andò in fondazione, per
sbrigare alcune cose, e da lì andò direttamente
alla casa di Beverly Hills.
Era un po' in anticipo, non erano
ancora le 16, ma Ryan era
già lì ed ancora prima che scendesse per suonare
il citofono, vide il cancello
del viale aprirsi. Lui la aspettò sulla soglia, ed una volta
entrata, richiuse
la porta alle loro spalle.
“Non ho molto tempo. Le ho
detto che dovevo vedere Rhett, ma
fra un’ora al massimo dovrò rientrare. Abbiamo il
volo stasera” le disse, con
un tono piuttosto asciutto, ed affondando le mani nelle tasche dei
jeans. Era
chiaro che fosse ancora risentito ed arrabbiato, e che non le avrebbe
reso il
compito facile.
“Come mai hai voluto
vedermi?” la incalzò.
“Dritto al sodo!”
osservò lei, sedendosi sul divano.
“Non
c’è motivo di perdere tempo, non trovi?”
rimarcò,
sedendosi a sua volta, ma sulla poltrona.
Victoria
lo osservò
per qualche istante e poi prese un bel respiro, per darsi coraggio. Era
piuttosto orgogliosa, ma sapeva ammettere i propri errori, ed anche se
non era
semplice per lei chiedergli scusa, sentiva di essere in dolo con lui.
“Non ci girerò
troppo intorno, volevo solo dirti che mi
dispiace per come sono andate le cose fra noi, per quello che ti ho
detto
l’ultima volta che ci siamo visti. Sono stata troppo severa
forse, troppo
rigida, ti ho giudicato e non era mia intenzione” disse,
quasi d’un fiato.
Lui la ascoltava e la scrutava
attentamente, come se volesse
leggerle dentro.
“E come mai sei arrivata a
questa conclusione?” le domandò
sorpreso, incrociando le braccia al petto “Insomma, mi sei
sembrata molto
convinta e sicura di quello che dicevi. Hai anche detto che mi sono
venduto
l’anima al diavolo per restare famoso, e ti cito
testualmente” precisò,
inarcando appena un sopracciglio.
“Si, mi ricordo bene cosa
ti ho detto e ti ho chiesto scusa.
Diciamo che forse ora vedo le cose in una prospettiva
diversa” rispose lei.
“Ah, una prospettiva
diversa” rimarcò lui, che non sembrava
molto convinto.
Seguirono alcuni istanti di pesante
silenzio, in cui lui
continuava a scrutarla. Alla fine sospirò ed
appoggiò la schiena allo schienale
della poltrona.
“Cosa ti ha detto Blake?
Perché c’è lei dietro questo
repentino cambio di prospettiva, vero? Ed immagino sia stata lei a
dirti che
questa casa è mia” riprese a dire, calando
l’asso ed arrivando al nocciolo
della questione.
Victoria si sentì messa
nell’angolino, si sentì piccola e
pure un po' stupida. Evidentemente era un libro aperto per lui, era
prevedibile
e forse lo era anche Blake.
“L’ho incontrata
per caso al Four Seasons pochi giorni prima
dei Golden Globes. Ho cercato di evitarla, ma ormai mi aveva vista e mi
ha
raggiunta nei bagni. Sapeva di noi, ha letto dei messaggi sul tuo
cellulare e
mi ha detto che questo è l’alcova che usi con
tutte le tue conquiste. A suo
dire non è la prima volta che la tradisci, ed ogni volta
però torni da lei con
la coda fra le gambe” aggiunse ed a quel punto a Ryan
scappò una risata. Di
certo non sembrava scalfito né sorpreso da quello che la
moglie diceva di lui.
“Non ho mai negato di
averla tradita. Ti avevo detto che era
già successo un paio di volte, ma ti ho anche detto che non
c’era mai stato
nessun coinvolgimento e che sei stata la prima per cui ho sentito
qualcosa che
andasse oltre l’attrazione fisica.”
Precisò e Victoria non poteva contraddirlo
perché era la verità “E non ti ho detto
che questa casa è mia perché temevo
avresti pensato subito che la usavo come una specie di
garconnière per portarci
la fiamma di turno. Non sono un santo, mai detto di esserlo, ma con te
è stato
diverso, e non ti ho mai mentito”.
“Era sola?” le
domandò poi a bruciapelo.
Victoria alzò di scatto lo
sguardo su di lui, incerta, ma
alla fine fece segno di no col capo.
“Ah ecco, adesso
è tutto chiaro” riprese a dire lui, come se
avesse risolto un enigma particolarmente complesso.
“L’hai vista con
un altro, adesso sai che anche lei mi
tradisce, quindi ti senti meno in colpa, e hai pensato che magari
avremmo
potuto ricominciare da dove ci eravamo interrotti” disse con
ovvietà, sicuro
delle sue affermazioni.
“Si…cioè
no…insomma, non lo so! Io volevo solo chiederti
scusa” rispose lei, un po' sulle difensive. Si era scusata, e
lui sembrava
volerla mettere nell’angolo a tutti i costi.
“Mi sono sentita in colpa
per averti giudicato male, non
conoscevo tutta la situazione e sono saltata a conclusioni affrettate.
Poi
quando l’ho vista con un altro ho capito che non era una
povera vittima, e mi
sono sentita in difetto, volevo solo scusarmi, tutto qui. Ora
l’ho fatto, posso
anche andare.” Aggiunse, alzandosi per andarsene.
“Non sarei dovuta venire.
Io ti chiedo scusa, e tu mi tratti
come se avessi fatto chissà cosa! Se anche avessi cambiato
idea perché ora so
che anche lei ti tradisce, che problema ci sarebbe?”
rimarcò stranita.
A quel punto anche lui si
alzò e con una veloce falcata si
mise fra lei e la porta.
“Davvero non lo capisci o
fingi di non capire?” la incalzò
“Mi hai accusato di essere un uomo pessimo, di essermi
venduto l’anima per la
fama, ma siccome anche mia moglie mi tradisce, cambi idea su di me! Ti
serviva
questo per cambiare idea? Non bastava tutto quello che ci eravamo detti
in quei
sei mesi? Non ti erano bastate le mie confidenze? Ti ho detto cose di
me che
solo i miei fratelli sanno, non mi sono mai aperto così
tanto con nessun altro.
Ti ho detto che mi sono innamorato di te, ma tu non hai voluto
aspettare, mi
hai messo fretta, mi hai giudicato per il mio matrimonio di facciata ed
ora che
hai beccato Blake col suo amante cambi opinione e mi chiedi
scusa?” rimarcò
concitato.
Aveva ragione su tutta la linea, e si
sentiva minuscola ora,
una puffetta rispetto a lui.
Sospirò ed
abbassò lo sguardo.
“Mi dispiace, hai
ragione” disse in un soffio “Mi sono fatta
prendere dai sensi di colpa. Io non sono mai stata l’amante
di nessuno, ero
confusa, impaurita anche” continuò, alzando
finalmente lo sguardo “Non sapevo
più come gestire la cosa. Mi sentivo uno schifo, e forse ero
anche stanca di
aspettare e di dividerti con lei, non lo nego. Ma mi sentivo
così perché ero
innamorata di te e non volevo più nascondere quello che
c’era fra noi. E in
realtà, non ho mai smesso di amarti, ti ho praticamente
pensato ogni giorno”
ammise infine, mordendosi appena un labbro.
Lui continuava a guardarla, ma senza
aprire bocca, il che
non la aiutava perché non aveva proprio idea di cosa stesse
pensando.
“Meglio che me ne vada
ora” riprese a dire lei, e stava per
farlo, quando lui la fermò, trattenendola fermamente ma con
delicatezza per un
polso.
“Nemmeno io ho smesso, e ti
ho pensata sempre” rispose
infine, abbozzando un sorriso ed attirandola a sé per
abbracciarla.
Quanto le erano mancati i suoi
abbracci! Aveva quasi
dimenticato quella meravigliosa sensazione di sicurezza e protezione
che le
regalavano. La strinse forte, posandole un bacio sul capo.
“Mi farai finire al
manicomio, ragazzina” aggiunse
dolcemente in un soffio, strappandole una risata.
“Mi sei mancato. Mi
dispiace davvero, per tutto” riprese a
dire lei, alzando la testa per guardarlo ed alzandosi sulle punte per
rubargli
un bacio morbido.
“Anche tu”
rispose, ricambiando il suo bacio “Ma la mia
situazione è ancora quella. Non posso darti tempi, non posso
prometterti niente
per adesso.” Aggiunse serio.
Lei annuì.
“Lo so, e mi va bene. Sono
sicura, davvero! Non darò i
numeri fra un mese, per metterti fretta e non ti chiedo niente.
Riprendiamo da
dove ci siamo interrotti, vediamoci quando possiamo, con tutte le
precauzioni
del caso, perché Blake sa di noi, ma vediamoci. Non voglio
rinunciare a te, ed
aspetterò il tempo necessario” aggiunse senza
esitazione.
Lui sorrise ed annuì.
“Dovremo stare super
attenti! Ma visto che anche lei ha le
sue distrazioni, non può tirare la corda più di
tanto. Comunque, non devi
preoccupartene, ci penserò io” la
rassicurò, accarezzandole la testa.
Da quel giorno, Victoria e Ryan
ripresero a frequentarsi,
sempre di nascosto, ben attenti a non farsi beccare. Non che le cose si
fossero
improvvisamente semplificate, ma ora che avevano chiarito, la ragazza
si
sentiva più leggera, non sentiva più un macigno
sulla coscienza. Certo, le
pesava non poter dire nulla a suo padre, ma non era il momento, non
avrebbe
capito. Sperava, comunque, che Ryan sarebbe riuscito a risolvere la
situazione
con Blake, e che sarebbero potuti uscire allo scoperto, liberi di
vivere la
loro relazione alla luce del sole.
Passò lentamente un altro
anno, fatto di momenti rubati qua
e là, com’era ormai diventata la prassi per loro.
Si vedevano appena possibile,
incontrandosi a metà strada o approfittando di viaggi di
lavoro dell’uno o
dell’altra. Fra
di loro le cose andavano
bene, molto bene, ma i tempi non sembravano ancora maturi per arrivare
ad una
svolta. Ryan aveva parlato con la sua agente, che era poi anche quella
della
moglie, con cui condivideva anche l’addetto stampa. Da fuori,
continuavano a
mantenere la facciata di coppia inossidabile, ad apparire insieme
quando era
necessario per qualche evento, ma in realtà le trattative
erano in corso, nelle
fasi embrionali, ma pur sempre avviate, tuttavia era più
complicato di quanto
si potesse pensare. Andavano
definite
diverse questioni, da quelle economiche, a quelle relative alle visite
alle
bambine. Sicuramente quello era l’aspetto che più
preoccupava e frenava Ryan.
Non ci fossero stata le figlie, Victoria era certa che avrebbe preso in
mano la
situazione per darci un taglio netto, ma le bimbe erano il suo tallone
d’Achille, era comprensibile e Blake faceva di tutto per
sfruttarlo a suo
vantaggio. Non era semplice, ma Victoria continuava ad aspettare
pazientemente,
a stargli vicino e rassicurarlo quando ne aveva bisogno, anche se, ad
onor del
vero, Ryan faceva il possibile per non farle pesare la sua situazione e
per
fare in modo che i momenti che riuscivano a ritagliarsi fossero
dedicati solo a
loro due.
Per il resto, la ragazza continuava a
dividersi fra il
lavoro nella casa di produzione del padre, e quello in fondazione, che
le dava
grandi soddisfazioni. Era quasi sempre di corsa, molto impegnata, e fra
il
lavoro e le corse per raggiungere Ryan da qualche parte qui e
là per gli Stati
Uniti, non aveva molto tempo di riposarsi. Avrebbe voluto rallentare,
soprattutto depennare qualche impegno per la casa di produzione del
padre, ma
ultimamente lui si affidava molto a lei, delegandole diversi incarichi
e
facendosi sostituire a riunioni ed appuntamenti anche fuori
città. Le sembrava
strano, aveva la sensazione di essere come monitorata dal genitore, e a
volte
si chiedeva se sospettasse qualcosa. Quindi, nonostante una certa
stanchezza
che ultimamente avvertiva, non voleva saltare nessun impegno, anche se
aveva
accumulato molti giorni di ferie arretrati. Si convinse che era solo un
calo
fisiologico, o che forse stava covando qualcosa, si imbottì
di vitamine e
continuò ad onorare i suoi impegni, fino a quando un
pomeriggio, nel bel mezzo
di una riunione del consiglio di amministrazione della casa di
produzione,
cadde lunga distesa per terra. Quando si riprese, si
risvegliò in una stanza di
ospedale, con una flebo al braccio. Intravide suo padre dalla
finestrella della
porta, intento a parlare con un medico. Poco dopo quello stesso medico
entrò
per visitarla e per rassicurarla che era stato un calo di zuccheri,
unito ad
una leggera anemia, che si sarebbe ripresa presto, ma che sarebbe
dovuta restare
a riposo ed evitare sforzi, viste le sue condizioni.
“Le mie
condizioni?” esclamò lei stranita. Si sentiva
meglio, solo un po' stanca, e non capiva a cosa si riferisse il medico.
“Lei è incinta,
signorina. Di circa 8 settimane” le disse,
quasi con ovvietà “Dovrà stare a
riposo, evitare stress, assumere ferro e
vitamine, le prescriverò tutto. E poi con calma
farà un’ecografia, ma per il
momento direi che va tutto bene” aggiunse tranquillo.
Lei invece non credeva alle sue
orecchie. Aveva un ritardo,
ma non era stata mai molto regolare, soprattutto in periodi di forte
stress
come quello. Erano settimane che faceva la trottola su e giù
da un aereo per
lavoro o per vedere Ryan, non ci aveva dato peso. Ed invece era
incinta. Erano
sempre stati attenti, ma forse non così attenti come
credeva. Come l’avrebbe
presa lui? E suo padre? Avrebbe dovuto dirglielo, sempre che
già non lo
sapesse.
Quando il medico la
lasciò, entrò proprio suo padre.
Sembrava serio, ma Victoria si convinse che fosse per lo spavento. Non
le chiese
niente di particolare, voleva solo assicurarsi che stesse meglio e
già dopo
qualche ora fu dimessa. Tuttavia, durante il tragitto fino a casa,
Andrew
rimase stranamente in silenzio, e lo stesso quella sera a cena.
Solo l’indomani, dopo
colazione, e prima di andare in
ufficio, chiese alla figlia di raggiungerlo in studio.
“Se è per quelle
relazioni che dovevo preparare coi
prospetti ed i budget dei prossimi film in pre produzione, è
tutto a posto, sono
pronte da un paio di giorni, ho chiamato Lauren prima e le avrai in
mattinata”
lo anticipò la figlia, sperando che volesse parlarle di
lavoro.
“No, no, non è
per quello. Non sono preoccupato per il
lavoro, ma per te” disse serio.
“Ma non devi, io sto bene.
Un paio di giorni di riposo e
tornerò come nuova” rispose lei, abbozzando un
sorriso, ma il dubbio che suo
padre fosse a conoscenza del suo stato diventava sempre più
concreto.
Andrew sospirò.
“Credo sia arrivato il
momento di parlare” riprese a dire,
poi aprì il cassetto chiuso a chiave della suo scrivania, e
ne estrasse una
busta grande gialla.
Victoria si avvicinò, la
aprì e vi trovò una serie di scatti
suoi e di Ryan insieme. Erano scatti di mesi fa, ma anche
più recenti, come se
qualcuno li avesse seguiti.