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Autore: id_s    04/11/2017    2 recensioni
Ricordo il suo oro liquido, la sua ambra calda scivolarmi addosso con sdegno, disgusto. Va' via, Malferret, sto studiando.
E quanto era facile, bello in una maniera sadica, chiudere quel libro sulle sue stesse mani delicate ma ferme, tremanti di puro desiderio solo in mia presenza.
Quanto sapeva essere buono, l'odore delle pergamene, se era il suo corpo ad esserne marchiato.
Tutto questo è sbagliato, Malfoy...
E sbagliati lo erano davvero, quegli orgasmi insinceri, quella sofferenza così antica nella voce di una ragazzina - quel suo modo frustrante e terribilmente doloroso di non chiamarmi mai per nome.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Prendo una fotografia tra le mani, la osservo furtivo mentre - ne sono sicuro - lei non può vedermi.
Astoria, d'altra parte, sa. Una donna intelligente, forte al punto di piegare il proprio intelletto all'altrui volere pur di non farsi spezzare: forte al punto, forse, di tenersi accanto un marito che non l'ama e occhi di freddo acciaio impietosi, anziché la solitudine di una vita da rinnegata.
Resiliente.
Questo è sempre stata lei, questo - il motivo per cui non saremo mai separati.
Io guardo la fotografia e qualcosa dentro me si rompe, è un rumore sordo, conosciuto quello della mia anima che va in frantumi.
Io neanche ci credevo, all'esistenza dell'anima, ma lei sì. Lei aveva occhi da bambina e labbra impudenti, e una pelle d'avorio forse troppo ingenua per resistere ai marchi della sofferenza che le erano stati impressi contro la sua stessa volontà da una guerra ad armi impari: una guerra contro quello che lei era, contro il suo sangue, i suoi natali.
Come se fosse stata colpa sua.
Come se fosse stata sua, la scelta. Più volte, guardando quella fotografia negli anni seguenti, mi sono abbandonato all'ira - il mio sentimento più sincero - chiedendomi perché lei, fra tutte, io dovessi amare.
Perché non riuscissi a farmi bastare gli occhi verdi di mia moglie, così glaciali e simili ai miei.
E invece io devo ricordare i suoi.
Ricordo il suo oro liquido, la sua ambra calda scivolarmi addosso con sdegno, disgusto. Va' via, Malferret, sto studiando.
E quanto era facile, bello in una maniera sadica, chiudere quel libro sulle sue stesse mani delicate ma ferme, tremanti di puro desiderio solo in mia presenza. Quanto sapeva essere buono, l'odore delle pergamene, se era il suo corpo ad esserne marchiato.
Tutto questo è sbagliato, Malfoy...
E sbagliati lo erano davvero, quegli orgasmi insinceri, quella sofferenza così antica nella voce di una ragazzina - quel suo modo frustrante e terribilmente doloroso di non chiamarmi mai per nome.
Nella foto lei ride, è vibrante di colori e i suoi capelli, così ricci e scompigliati da giovane, scarmigliati come lei, risultano dolci e domati in lunghi boccoli del colore del miele, una cascata a ricoprirle gentile il corpo morbido, avvolto in un vestito rosso che - per l'Angelo - ha rischiato più volte di farmi impazzire.
Mi ferisce ogni volta questa foto, Hermione, e se potessi te lo direi.
Chissà se quell'uomo lì accanto a te, a stringerti con una possessività che solo qualcuno cresciuto in mezzo all'affetto dei propri cari può avere, sa di questa fotografia. Chissà se lo ami, lui coi suoi capelli rossi, lui - così goffo quando avevamo solo diciott'anni, così incapace di amarti, di accenderti come io facevo e forse lo ricordi anche tu, Hermione, ma tanto sei andata via lo stesso.
Perché Ronald era inesperto e tu volevi la passione bruciante, volevi carbonizzarti, dissolverti nel corpo di un altro e smettere di pensare così, annullandoti nell'amore. Sei sempre stata l'unica, Hermione. L'unica capace di amare con impeto, con la forza di una tempesta, capace di donare tutta te stessa e forse anche di più per poi riprenderti ogni cosa con leggerezza, come se non ti stessi portando via una parte della mia vita.
A volte mi racconto che sei partita.
A volte ignoro le vostre mani, intrecciate nella foto, posate sulle spalle di una ragazzina con i tuoi stessi ricci scomposti, ma di un colore così sbagliato - rosso come le fiamme dell'inferno in cui mi hai gettato - che mi darebbe il voltastomaco, se la guardassi troppo a lungo.
Perché i suoi occhi sono azzurri come un cielo limpido, non hanno la stessa forza del tuo oro bruciato.
Perché quel viso, dalle fattezze così simili alle tue, è cosparso di inequivocabili lentiggini.
A volte fingo non ci sia. A volte, fingo sia mia.
A volte fingo che anche tu lo sia.

 
   
 
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