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Autore: Shainareth    05/11/2017    4 recensioni
Le voci spaventate degli altri arrivavano ovattate alle sue orecchie, come se al momento lei stessa si trovasse in un’altra dimensione. Il fatto era che, presa com’era dal reprimere le proprie emozioni, Marinette non si era resa conto di essere sull’orlo di esplodere. Cosa che era effettivamente avvenuta quando Adrien aveva ammesso di essere innamorato di qualcuno. Di Ladybug. Di lei, quindi. Ma Adrien non lo sapeva. Né sapeva che lei sapeva. Che gran casino.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fiducia'
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CAPITOLO QUARTO




«CATACLISMA!»
   L’albero esplose in una pioggia di schegge e foglie che ricadde sull’area circostante. Non appena scemò, rese visibili nuovamente i due eroi di Parigi in assetto da battaglia; un po’ ammaccati, forse, ma più determinati che mai ad avere la meglio sull’ennesima vittima di Papillon.
   «Mi sono stancato della tua immotivata gelosia, bestione!» esordì Chat Noir, sdoppiando il proprio bastone ed impugnandolo con entrambe le mani. Non poté aggiungere altro perché il suo miraculous emise un breve suono intermittente, segnalando che mancavano solo pochi minuti prima che l’effetto della trasformazione avesse fine.
   «Va’», gli suggerì Ladybug, rimanendo sulla difensiva e roteando a mezz’aria lo yo-yo, gli occhi ancora incollati sul mostro che aveva iniziato ad avanzare di nuovo nella loro direzione a lente ma pesanti falcate. «Lo terrò impegnato finché non sarai di ritorno.»
   «Sta’ attenta», la pregò il giovane, e senza lasciarselo ripetere una seconda volta, scappò a cercare riparo nelle immediate vicinanze. «Plagg», chiamò quando fu certo di non essere visto da anima viva, «trasformami.» Una luce abbagliante lo percorse dalla punta dei piedi a quella dei capelli, rivelando di nuovo le sembianze di Adrien, pronto ad afferrare al volo il piccolo kwami prima che precipitasse al suolo. «Ehi! Tutto bene?» domandò con preoccupazione, notando la sua aria spossata.
   Plagg lo fissò da sotto le palpebre pesanti. «Ho fame», rantolò disperato. Il giovane sospirò e tirò fuori dalla tasca della camicia un pezzo di camembert. Il kwami parve resuscitare all’istante, quasi come se l’odore pungente di quel formaggio fosse stato un cordiale messo sotto al naso di una damigella d’altri tempi, venuta meno a causa del corsetto troppo stretto.
   «Sbrigati, abbiamo lasciato Ladybug da sola contro quel bestione.»
   «Non mettermi fretta, se mi ingozzo poi rutto e tu ti arrabbi con me.»
   Portandosi una mano alla fronte, Adrien si impose di portare pazienza. «Spero di cuore che almeno il kwami di Ladybug sia meno snervante.»
   «Tikki è talmente buona e perfetta da sembrare noiosa», gli fece sapere Plagg, la bocca piena per metà. «Un po’ come te.»
   Ignorando a bella posta l’ultimo commento, il ragazzo inarcò le sopracciglia e sorrise. «Quindi si chiama Tikki. È un nome grazioso.»
   «Sei ancora deciso a scoprire chi si nasconde dietro la maschera della tua innamorata?»
   Adrien ci pensò su. «Sì», rispose dopo una manciata di secondi. Ogni volta che Ladybug gli era vicino, il suo cuore iniziava a battere come un tamburo e i suoi neuroni diventavano schegge impazzite, al punto che, se solo avesse potuto, avrebbe mandato alla malora ogni prudenza e si sarebbe precipitato a sfilarle il miraculous della Coccinella dalle orecchie solo per baciare il suo viso senza maschera. Eppure… Eppure quando incrociava il suo sguardo puro e sincero, ogni suo istinto veniva domato all’istante: non poteva tradire la sua fiducia, non se lo sarebbe mai perdonato. «Non oggi, però», si arrese a sospirare con un mesto sorriso sulle labbra, decidendo di aspettare ancora. Nel frattempo, avrebbe cercato almeno di convincere Ladybug della sincerità delle sue parole d’amore.
   «Sono pronto», gli fece sapere Plagg, che aveva finalmente ingollato l’ultimo boccone di camembert. «Torniamo pure dalla tua bella.»
   Un attimo dopo, Chat Noir era di nuovo sul campo di battaglia, pronto a dar manforte alla propria partner. Prima di raggiungerla, però, dall’alto di un cornicione scorse una figuretta accovacciata a terra e nascosta dietro ad un cartellone pubblicitario, che sbirciava in direzione dello scontro. Il giovane la riconobbe al volo e subito si precipitò verso di lei, ritenendola poco al sicuro così vicina alla scuola. «Cécile!»
   Lei sussultò spaventata e si girò a guardarlo, pallida in volto, gli occhi pieni di lacrime. «Chat Noir!» esclamò, lieta che si trattasse di uno dei paladini della città. Era talmente sollevata che neanche si chiese come facesse lui a sapere il suo nome. «Credevo che stessi fronteggiando il mostro!»
   «Ho bisogno del tuo aiuto», ribatté Chat Noir cogliendo al balzo la possibilità di ricevere una dritta sicura. La ragazza faticò a credere che l’eroe le avesse davvero rivolto quelle parole ma non lo contrariò. «Il tuo amico Roland… Sai per caso se tiene a qualcosa in particolare? Un oggetto, un capo d’abbigliamento… Ti viene in mente niente?»
   Cécile parve pensarci su qualche istante, benché nella confusione del momento sembrava essere andata del tutto nel pallone. Poi però le sovvenne una cosa importante. «Due giorni fa gli ho regalato un polsino di pelle per il suo compleanno», disse allora con voce tremante. «Mi aveva detto che non lo avrebbe mai tolto, ma non so se…»
   «Grazie», la interruppe gentilmente Chat Noir, sorridendole. «Sei stata di grande aiuto, soprattutto per il tuo amico», le assicurò, mentre le posava una mano sulla spalla. Ricordava anche lui quel polsino, lo aveva notato proprio quel pomeriggio, prima dell’allenamento, mentre Roland lo mostrava con entusiasmo ad un altro loro compagno di scherma. «Ora, però, allontanati da qui, potrebbe essere pericoloso. Penseremo io e Ladybug a lui. Tutto tornerà come prima, te lo prometto.» Cécile annuì, spaventata ma fiduciosa, e scappò nella direzione opposta allo scontro.
   Ci fu un frastuono e il cartellone pubblicitario tremò paurosamente, inducendo Chat Noir a serrare la presa sul bastone e a mettersi sulla difensiva. Quando però uscì allo scoperto, vide la sua collega appesa all’insegna e imprigionata nel filo del suo stesso yo-yo. «Hai bisogno di una mano?»
   «Tu che dici?!» Ladybug trattenne a stento un’imprecazione. «Ma quanto ci hai messo a farti vivo?!»
   «Mi perdonerai quando saprai che il mio ritardo ha un’ottima scusante», le assicurò l’altro, aiutandola a districare il filo e a tornare con i piedi per terra. «Ho scoperto dove si trova l’akuma, è nel polsino di pelle che quell’energumeno porta al braccio destro.»
   «Allora non sei buono solo a fare pessime battute», constatò la ragazza, individuando immediatamente ciò di cui l’altro stava parlando mentre Roland si avvicinava a loro con il solito incedere lento e pesante. Chat Noir emise uno sbuffo di protesta ma non questionò. «Bene, ora tocca a me», riprese Ladybug poco prima di lanciare per aria il proprio yo-yo. «Lucky Charm!»
   Comparsa magicamente a mezz’aria, fra le mani le cadde una lunga, pesante e spessa fune rossa a pois neri. «Una corda?»
   «Vuoi lasciarmi legato da qualche parte per essere usato come punching ball dal mostro, in attesa che tu gli sfili via il polsino?» volle sapere Chat Noir, curioso proprio come il gatto che rappresentava. «Va bene, mi immolerò per la causa. Ma prima ho bisogno di un incoraggiamento», aggiunse poi, protendendosi verso la compagna e facendo per baciarla.
   Lei gli piazzò una mano in piena faccia, impedendogli di avvicinarsi oltre. «Per quanto la tua idea sia allettante, penso che per questa volta risparmierò i connotati del tuo bel musetto», rispose impassibile, guardandosi attorno per capire in che modo utilizzare la corda. Roland era stato tramutato in un essere molto forte, certo, ma era un dato di fatto che fosse anche molto lento nei movimenti e che non avesse grandi poteri. «Ho bisogno della tua agilità di gatto», disse a quel punto Ladybug, credendo di aver compreso come fermarlo e togliergli via il polsino senza rischiare di essere ridotta in poltiglia.
   «Puoi usarmi a tuo piacimento, my lady», le garantì Chat Noir, mentre lei gli passava la corda attorno al torace e gliel’annodava sul petto. «Ehm… posso però esprimere la mia perplessità al riguardo?»
   «Non dicevi che avresti sempre obbedito ai miei ordini senza ribattere?»
   «Farà male?»
   «Solo se ti farai calpestare.»
   «La tentazione è tanta, credimi, ma cercherò di evitare che accada.»
   La ragazza finì di assicurare l’altro capo della fune attorno al grosso cartellone pubblicitario alle loro spalle e gli sorrise, facendo tintinnare con un dito la grossa campanella che lui portava al collo. «Mi fido di te.»
   «La Tour Eiffel può andar bene?»
   «Direi che è perfetta.»
   «Proprio come te, my lady
   Fu con quell’ammiccamento che Chat Noir partì spedito verso il mostro, avanzando a zig zag fra gli arredi urbani vicini e le gambe dell’avversario, in modo da creare una ragnatela che lo rallentasse ulteriormente. Quando la corda fu sul punto di terminare, balzò in alto verso la torre alle spalle della scuola e si liberò dal nodo fatto dalla collega per assicurare il capo della fune ad una delle travi di ferro. E tirò.
   Roland perse l’equilibrio, ma non crollò a terra, poiché mentre Chat Noir lo imprigionava per le gambe, Ladybug faceva la stessa cosa con il filo del proprio yo-yo, concentrandosi però sul braccio destro, che bloccò dall’alto del tetto della scuola. Quel procedimento, tuttavia, aveva richiesto più tempo del previsto e il suo miraculous aveva iniziato a suonare da un po’, avvisandola che i primi minuti erano già trascorsi. Stringendo i denti, la ragazza balzò sulla testa del mostro, usandola come trampolino per raggiungere il polsino che agguantò nella mano libera. Provò a tirarlo via, ma quello sembrava troppo stretto per essere sfilato con facilità. «Maledizione!» sbottò, temendo di non fare in tempo a purificare l’akuma prima che la sua trasformazione avesse fine.
   Vedendola in difficoltà, Chat Noir si preparò a prendere lo slancio per correre in suo aiuto e richiamare di nuovo il potere del Cataclisma; tuttavia, prima ancora che avesse tempo di farlo, a causa di tutti gli strattoni, il polsino si lacerò mentre era ancora addosso al mostro e non appena l’akuma volò via, Ladybug liberò il braccio di Roland dal filo dello yo-yo e usò quest’ultimo per imprigionare e purificare la farfalla magica usata da Papillon per rendere schiava la mente della sua giovane vittima. Senza perdere altro tempo, la ragazza saltò di nuovo sul tetto della scuola e di lì fino alla Tour Eiffel, dove Chat Noir le passò il capo della fune che aveva liberato dalla trave. «Miraculous Ladybug!» gridò lei, lanciandolo per aria e ottenendo così di far tornare tutto alla normalità, a cominciare dal povero Roland, che si ritrovò seduto in mezzo alla strada senza ricordare cosa fosse successo da quando aveva visto Cécile aspettarlo all’uscita della scuola.
   Ladybug non fece in tempo a battere il pugno contro quello di Chat Noir in segno di vittoria che il suono intermittente degli orecchini la mise in allarme. «Il mio miraculous!» mormorò allarmata, portandosi d’istinto le mani ai lobi. «Sta suonando già da un po’!»
   «Allontanati, presto», le consigliò il suo partner, ormai deciso più che mai a rispettare il suo volere riguardo alla sua vera identità. Ladybug era più importante di qualsiasi altra cosa, anche del suo misero cuore innamorato.
   La ragazza annuì. «Ci vediamo, gattino!» Roteò lo yo-yo ancora una volta e lo usò come rampino per fuggire da lì e riparare quanto prima verso casa, piuttosto vicina alla torre, per fortuna.
   Chat Noir la seguì con lo sguardo, riempendosi gli occhi di quella meraviglia dai capelli scuri e sospirando all’idea di non poter ottenere subito quel che anelava sapere. Avrebbe proceduto per gradi, ripeté a se stesso, rispettando i desideri di lei e, al contempo, parlandole con il cuore in mano dei suoi sentimenti, con la fragile speranza che un giorno Ladybug avrebbe accettato di togliersi la maschera davanti a lui.
   Era sul punto di tornare a casa anche lui, quando un urlo ridestò i suoi sensi felini e i suoi occhi percepirono un bagliore in lontananza, a mezz’aria, proprio lì dove aveva visto per l’ultima volta la sua amata collega. Un brivido gelido lo percorse da capo a piedi e d’impulso si gettò nella sua direzione.
   Stava precipitando nel vuoto da un’altezza spaventosa. Fu questo il primo, disperato pensiero che passò per la mente di Marinette quando la trasformazione svanì nel bel mezzo dell’ultimo volteggio. La sua breve ma intensa esistenza sarebbe finita lì? Sopra di lei vide Tikki, sfinita, planare a fatica sopra di lei e mormorare invano il suo nome, disperata allo stesso modo perché incapace di aiutarla oltre. Povera piccola… ce l’aveva messa tutta, ma ora…
   Marinette chiuse gli occhi e sulle sue labbra si formò un’ultima parola, un unico nome: Adrien.
   Non sarebbe morta. Non quel giorno.
   La sua corsa verso il suolo venne fermata da una presa forte e virile, che l’avvolse per la vita e la tenne saldamente fino a che non avvertì un contatto solido sotto di sé. Anzi, continuò anche dopo, quando Marinette realizzò non solo di essere ancora viva, ma di essere anche stretta fra le braccia di Chat Noir, al sicuro da qualsiasi pericolo imminente. Avvertì il cuore palpitare con prepotenza, tanto da darle l’impressione di essere sul punto di esplodere, le lacrime che scivolavano copiosamente giù dagli occhi e la paura che infine si era decisa a venir fuori, accalappiandola ferocemente come un’amante gelosa. La ragazza affondò le unghie nella schiena del suo salvatore, il viso contro il suo collo e si lasciò andare ad un grido liberatorio, abbandonandosi ai singhiozzi.
   Dal canto suo, il giovane non stava meglio di lei: il terrore di perderla per sempre era stato tale da annebbiargli del tutto la mente, e ora, se qualcuno glielo avesse chiesto, non avrebbe neanche saputo dire come diamine avesse fatto a compiere quel miracolo. L’unica cosa che era in grado di fare, al momento, era respirare a pieni polmoni, affondando la bocca fra i capelli scarmigliati dell’amata, nutrendosi del suo odore e continuando a stringerla a sé come se da quello dipendesse la sua stessa vita.
   Passò diverso tempo prima che Marinette riuscisse a placare almeno in parte i singulti che ancora le scuotevano le spalle. Tirò su col naso e si sentì chiedere con voce roca: «Va meglio?» Annuì contro la spalla di lui, senza tuttavia avere ancora il coraggio di incontrare il suo sguardo. «Non sono riuscito a vedere il tuo volto, se questo può servire a tranquillizzarti.»
   Quelle parole fecero breccia nel suo cuore quasi quanto il gesto che il giovane aveva appena compiuto, salvandole la vita. Chat Noir avvertì la ragazza fremere fra le sue braccia, ma rimase immobile, coerente con se stesso e con la propria decisione di rispettarla. «Giunti a questo punto… non mi importa più…» la sentì mormorare.
   «Non voglio che tu te ne penta.»
   «Ti devo la vita. Forse molto di più», realizzò lei, pensando di colpo ai propri genitori e al dolore che avrebbero sofferto se avessero perso la loro unica figlia: Ladybug era rimpiazzabile, Marinette no. «Guardami.»
   Aveva dunque la sua approvazione? Col cuore a mille e le fauci secche, Chat Noir sentì di colpo tutto il peso della solennità di quel momento: un conto era fantasticarci sopra, ben altro era viverlo per davvero.
   Inspirò profondamente e, con timorosa lentezza, allentò la presa, lasciando che la ragazza scivolasse via dalle sue braccia. Infine, gli occhi verdi di Chat Noir incontrarono quelli azzurri di Marinette.
   Gli ci volle qualche attimo per capire, per realizzare che era tutto vero. La sua amica, la sua compagna di mille battaglie, ora lo fissava da sotto in su a viso scoperto, senza più alcuna menzogna. Le dita gli tremarono attorno alle sue braccia e lui schiuse la bocca, come a voler dire qualcosa. Non ne uscì alcun suono.
   «Marinette!»
   La voce di Sabine arrivò lontana, ma chiara al punto da scuotere entrambi dal torpore in cui erano rimasti fino a quel momento. Fu allora che Chat Noir realizzò di trovarsi sul terrazzino della camera di Marinette. Era lì che l’aveva tratta in salvo, era il posto più vicino, quello in cui evidentemente Ladybug stava cercando di rifugiarsi quando il suo miraculous l’aveva tradita.
   «Marinette!»
   «Mamma! Papà!» esclamò la ragazza, ritrovando la voce ma non riuscendo tuttavia a rimettersi in piedi, poiché le gambe le tremavano e non volevano saperne di obbedire alla sua volontà.
   La donna, seguita dal marito, fece capolino dalla botola che immetteva sul terrazzo e corse ad abbracciare la figlia. «Tesoro, stai bene?»
   «Eravamo così preoccupati che tu fossi nel bel mezzo dello scontro!» intervenne Tom, circondando entrambe fra le poderose braccia.
   «Lo ero», confessò Marinette, stringendosi ad entrambi e godendo del loro insostituibile calore. «È stato Chat Noir a salvarmi e a riportarmi qui.» Su questo, almeno, non aveva alcun bisogno di mentire.
   Gli sguardi dei tre andarono sulla figura vestita di nero che nel frattempo si era spostata accanto alla ringhiera per far loro spazio, senza tuttavia riuscire a staccare gli occhi da Marinette.
   «Grazie per ciò che hai fatto», gli disse di cuore Tom, sentendo di dovere a quel ragazzo tutto il proprio mondo.
   «Di nulla», mormorò l’altro in tono assente, troppo preso dalla sconcertante rivelazione per pensare lucidamente.
   «Chat Noir…» Marinette lo implorò con lo sguardo. Lui non disse più nulla. Balzò sulla ringhiera e, gli occhi ancora fissi su di lei, si lanciò nel vuoto. «Chat Noir!» chiamò a gran voce la ragazza, riuscendo infine a muoversi e a rimettersi in piedi, il busto oltre il parapetto, le mani strette attorno al ferro battuto che delimitava il terrazzino. Non ricevette risposta e tutto ciò che le rimase fu un’ombra scura che spariva fra i tetti della città.












ZAN-ZAN-ZAAAN!
Ve l'aspettavate? Io sì, ma forse solo perché in effetti la storia l'ho scritta io. La cosa divertente, però, è che ora che la sto rileggendo non riesco assolutamente a ricordare come io sia arrivata a quest'idea. Ma va beh, fa lo stesso, ormai è fatta e vado avanti, magari sperando di essere colta da una nuova ispirazione.
Intanto continuerò a vedere e rivedere questa fanfiction, sperando di postarla fino alla fine senza troppi errori/sviste. Fatemeli notare, se ne trovate, per favore!
A parte ciò, ho sempre pensato che è molto probabile che Adrien e Marinette scopriranno le rispettive doppie identità proprio grazie a qualche imprevisto di questo genere, cioè ad un miraculous che li tradisce sul più bello o cose così, cogliendo l'altro del tutto impreparato. Vedremo.
Ringraziando come sempre tutti voi che leggete, chi lascia una recensione e chi aggiunge la presente fra le storie preferite/ricordate/seguite, vi do appuntamento al prossimo capitolo.
Buona domenica! ♥
Shainareth





  
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