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Autore: Huilen4victory    05/11/2017    2 recensioni
La storia di Seokjin e Namjoon, come si sono incontrati, le difficoltà che hanno attraversato, come si sono quasi persi e come infine si sono ritrovati, anche se lontanissimi dal punto di partenza.
“Signora Kim, Signor Kim, vostro figlio Kim Namjoon è l’anima gemella dell’erede dei Kim, Kim Seokjin.”
Improvvisamente tutti gli sguardi dei presenti si concentrarono su di lui. Namjoon si sentì di nuovo come quella volta in cui aveva rotto senza volere la tazza preferita di sua madre. A quel punto, si disse, tanto valeva mangiare qualcosa. Si infilò un cornetto in bocca per evitare di urlare.
La sua vita, lo sapeva, era sul punto di cambiare ma non sapeva se questa volta avrebbe gradito la svolta.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kim Namjoon/ RapMonster, Kim Seokjin/ Jin, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.6


 

“E questo cosa sarebbe, Namjoon?” la signorina Choi lo guardava da dietro i suoi occhiali, la fronte leggermente corrugata mentre la sua espressione in volto denotava una grande confusione. Namjoon provò per un attimo un senso di oscura soddisfazione nell'osservare l'effetto che le parole scritte da lui avevano su di lei, ancora di più considerando quanto lei lo avesse tartassato per giorni affinché si applicasse, solo per ottenere in cambio dei risultati che non erano di suo gusto. Una parte di lui sapeva benissimo che non era lei la causa delle sue frustrazioni, tuttavia, per sfortuna di lei, la signorina Choi era anche l'unica persona li dentro con cui lui se la potesse prendere. Non poteva infatti ribellarsi ai Kim, come del resto non poteva urlare tutta la sua irritazione contro Jin. I pugni che aveva tenuto serrati sin da quando era stato convocato in biblioteca, si contrassero lungo i suoi fianchi.

“Quello che mi ha richiesto signorina,” rispose lui usando un tono disinteressato. Perché il console Kim avesse insistito tanto affinché Namjoon facesse una relazione sul valore storico dell'algoritmo era qualcosa che andava al di là della sua comprensione. Lui sarebbe stata l'ultima persona che avrebbe promosso con entusiasmo il sistema attuale delle cose, eppure gli era stato chiesto di esprimere la sua opinione sul materiale in merito messogli a disposizione e Namjoon lo aveva fatto, aveva letto ogni singola pagina di quei plichi, noiose e barbose relazione sulla legislazione sulle anime gemelle dell'ultima metà di secolo, e sebbene l'argomento non fosse neanche di sua competenza, considerando che lo studente di diritto non era lui ma Jin, aveva suo malgrado finito col notare alcune cose. Ad esempio come nell'ultimo decennio gli emendamenti in materia si erano fatti più frequenti e più specifici, come in sostanza il controllo si fosse fatto man mano più stretto. C'erano molti riferimenti sull'obbligo di censimenti e studi demografici, e diverse modifiche alla disposizione del cosiddetto parametro dell'algoritmo (di cui Namjoon non aveva trovato specificazioni sebbene fosse nominato in diversi documenti).

“Pertanto se supponiamo che l'algoritmo è perfetto come la narrativa storico- scolastica ha così sapientemente espresso, le imperfezioni innegabili che ancora il sistema soffre sono da imputare all'organo di controllo, le persone dunque, e non al sistema stesso. Si suggerisce una indagine più approfondita e un controllo più stretto sull'oggetto per individuare l'anomalia,” lesse la signorina Choi ad alta voce con incredulità crescente via via che scandiva le parole. Namjoon cercò di rimanere in piedi e impassibile mentre la giovane donna di fronte a lui scuoteva la testa. Come aveva detto prima? Oscura sensazione di soddisfazione anche se purtroppo quello era solo un atomo di sollievo dentro un mare di tumultuosa rabbia.

“Sono queste le tue conclusioni? Ti rendi conto che questo tuo saggio verrà letto dal console Kim in persona?” Si, era esattamente quello che avevo in mente mentre lo scrivevo, Namjoon si trovò a pensare ma, per quanto si sentisse piuttosto imbaldanzito dal questo suo stato sottocutaneo di irritazione, il suo cervello funzionava abbastanza da sapere che non avrebbe ottenuto molto con il sarcasmo, considerando che non era a lei a cui avrebbe voluto rivolgerlo. Aveva voluto dire la sua nella speranza di riuscire a rovinare la giornata al signor Kim, oh come gli sarebbe piaciuto avere questa certezza, ma non voleva farsi affogare da quella stessa sensazione al punto da farlo comportare come un moccioso.

Namjoon era tante cose, ingenuo, goffo e terribilmente sbadato tanto per usare gli aggettivi più calzanti, ma la sua razionalità gli imponeva un certo contegno, non voleva darla vinta a quella casa, ai Kim, dare loro la soddisfazione di vederlo crollare. Tuttavia, non poteva fare a meno di contorcersi al pensiero che l'esistenza di una tale corrente di pensieri nella sua testa significasse l'aver accettato la consuetudine di nascondere i suoi reali sentimenti e che questo, dopotutto, rappresentasse una non insignificante sconfitta perchè voleva dire che i meccanismi oscuri di quella casa, fatta di segreti e manipolazioni, avevano carpito il suo cuore.

Ecco perchè invece di dire tutto quello che gli passava per la mente si limitò ad annuire.

“E ti è sembrato lo stesso opportuno?” Namjoon scrollò le spalle mentre la signorina Choi si toglieva gli occhiali e cercava di non sospirare. Per un breve momento Namjoon si sentì male per lei. Poi si ricordò di come la mole aggiuntiva di lavoro lo avessero costretto a rimanere a casa e a non poter quindi incontrare Yoongi e il sentimento evaporò come neve al sole.

“Molto bene è tutto per oggi Namjoon, ci vediamo la prossima settimana.”

“E' tutto?” chiese lui cercando di non far trapelare la sua di incredulità. Si era aspettato una reazione più energica, un'esplosione, aveva bisogno di un'esplosione perché quel piccolo barlume non era minimamente abbastanza a sfogare il magma che covava dentro. “Immagino che se ci sarà qualcos'altro lo saprai direttamente dal console Kim,” lei aggiunse con tono di definitivo congedo e Namjoon incassò il colpo allora, nocche che erano quasi bianche per la pressione mentre con spalle ancora rigide usciva dalla stanza.

Uscì in corridoio allora, la soddisfazione che aveva pregustato al momento di entrare li dentro, solo un miraggio. Erano giorni che si sentiva così, come se stesse affondando lentamente dentro una vasca e fosse troppo intontito per uscirne fuori. Le sue giornate erano diventate impossibili, non aveva più un attimo per se stesso e tutto il suo tempo era speso per i Kim e l'università mentre le sue dita morivano dalla voglia di prendere una penna e un quaderno per scrivere (si era un nostalgico della carta) e lasciare che pensieri diventassero ritmo e invece no, veniva sbattuto da un posto all'altro senza sosta, con l'orribile impressione che tutto ciò fosse solo l'inizio.

Ma non era neanche la cosa peggiore di tutte, Namjoon si trovò a pensare suo malgrado. Scosse la testa ma si pentì subito del movimento. Decise quindi di andare in cucina per prendersi un bicchiere d'acqua con cui buttare giù un antidolorifico per il mal di testa che di recente era ridiventato un suo stretto amico. La cucina veniva in quel momento pulita e resa impeccabile da un industrioso personale della villa. Ormai Namjoon aveva famigliarizzato abbastanza con la routine della casa che lo staff non interrompeva più le proprie attività ogni volta che lui entrava in una stanza.

La cucina era, e non solo nel senso stretto del termine, il posto meno freddo di tutta la villa Kim. C'erano più voci e gente che effettivamente comunicava fra loro invece di mettere muri e accumulare cose non dette come se fosse un hobby, o forse era speciale più semplicemente perchè Namjoon lo sapeva essere il posto preferito di Jin. Infatti, sebbene non fosse goloso nemmeno lontanamente quanto il maggiore e quindi non avesse reale motivi per frequentare la cucina più di tanto, quando questo capitava era tuttavia certo di trovare Jin, seduto ad un angolo del lungo ripiano in marmo. Era per questo che, in effetti, di recente aveva frequentato il posto con assiduità, ma non vi aveva mai trovato Seokjin, come se quest'ultimo avesse fatto apposta per evitare i posti ovvi in cui farsi trovare. Era irritante, ma più che altro piuttosto mortificante constatare che, nel momento in cui Namjoon aveva ceduto al suo impulso di anima gemella, era stato il momento in cui Seokjin vi si era sottratto.

Fu per questo che quando entrò in cucina per prendere il suo bicchiere d'acqua e vi trovò Jin, a quello che aveva imparato a riferirsi nella sua testa come il suo posto, Namjoon quasi inciampò sui suoi stessi piedi. Sembrava di non vederlo da un tempo infinito eppure non avevano condiviso insieme la macchina al ritorno dall'università il giorno prima? Seokjin non gli aveva forse rivolto il suo solito sorriso gentile mentre usciva svelto dalla macchina per non rimanere solo a lungo con lui?

I suoi occhi brillavano mentre eccitato mangiava un po' della torta con la glassa di quella mattina che, da come stava divorando, Namjoon deduceva fosse la sua preferita. Seokjin sembrò sorpreso di vederlo ma non diede alcuna reazione ovvia, continuò a mangiare mentre osservava Namjoon andare verso il frigo e prendersi una bottiglietta d'acqua. I suoi muscoli improvvisamente apparivano fatti di gelatina ma cercò di non dare a vedere il suo disagio mentre si versava l'acqua nel bicchiere e mandava giù la pillola.

Senza poterlo evitare, il suo sguardo tornò su Seokjin. Quasi sussultò nel constatare che Seokjin non gli aveva staccato gli occhi di dosso e lo guardava in quel modo strano che da un po' di tempo a quella parte sembrava non poter evitare di fare.

“La torta alla glassa è la mia preferita,” Seokjin disse di punto in bianco mentre si portava la forchetta alla bocca e si godeva il boccone come se non ci fosse nulla di più buono al mondo.

Come facevi a sapere che ero fuori? Da quanto tempo sai che esco di nascosto? Perché sembra che all'improvviso non hai nulla da dirmi quando prima eri tu a scavalcare ogni volta il nostro muro, e quale segreto mi stai nascondendo con lo stesso accanimento con il quale io sto nascondendo il mio?

Namjoon sbatté le palpebre mentre tutte queste domande si susseguivano una dopo l'altra nella sua testa, le sue labbra che rimanevano sigillate incapace di dar loro voce.

“Seokjin...” provò a iniziare ma le sue parole morirono in gola quando Seokjin spostò nuovamente la sua attenzione dalla sua torta su di lui. Namjoon guardò l'orologio sulla parete della cucina allora e poi guardò nuovamente Jin. Non avevano tempo per questo, non lì, non in quel momento e scosse la testa allora, fitta di dolore che diede un'altra spiacevole fitta.

“Namjoon?” Chiese Seokjin espressione improvvisamente oscurata da un velo di preoccupazione. Namjoon pensò che lui non avesse davvero il diritto di preoccuparsi quando praticamente agiva come se lui non esistesse. Eppure era Seokjin, gentile e perfetto Seokjin, che nonostante fosse sfuggente pretendeva di preoccuparsi per lui.

“Nulla, ne parliamo un'altra volta. Ti aspetto in macchina,” disse voltandogli le spalle in fretta ma non abbastanza da non vedere l'espressione di Seokjin frantumarsi per un penosissimo breve istante. Quasi corse via dalla cucina rischiando seriamente di andare a sbattere nello stipite della porta.

Cosa stava succedendo a tutti loro? Si chiese mentre attraversava i corridoi e poi giù verso la sua stanza dove si permise di fermarsi a riprendere fiato.

Era quella casa, quella casa stava logorando lentamente tutti.


 


 


 

Dopo l'episodio in cucina il viaggio in macchina era stato pieno di tensione. Seokjin aveva provato a rimediare, le sue dita che sfiorarono il suo braccio in un gesto affettuoso, ma lui aveva sussultato così tanto che il maggiore aveva abbassato la sua mano e Namjoon non aveva dovuto guardarlo per sapere che in viso aveva un'espressione ferita.

I giorni che erano seguiti allora, erano stati di una pesantezza insopportabile. All'esterno continuavano a scambiarsi convenevoli, Seokjin che timidamente cercava di tamponare le rispettive ferite, ma più dell'affetto era il senso di colpa quello che sembrava aleggiare sul maggiore come una nebbia e Namjoon lo trovava insopportabile. Eppure non riusciva a sottrarsi all'ascendente che Seokjin aveva su di lui, a quel nuovo sentimento che sembrava essere nato da quando lo aveva baciato in giardino.

Gli studi sull'algoritmo gli avevano dato qualche spiegazione al grande quesito che lo aveva tormentato da sempre, ossia cosa fosse veramente ciò che determinava l'attrazione tra due numeri due. Naturalmente l'unico modo per capire come funzionava il meccanismo delle anime gemelle sarebbe stato andando direttamente alla fonte, il grande computer che da qualche parte in qualche scantinato governativo segreto emetteva le sue combinazioni come verdetti inoppugnabili, ma sapeva benissimo che le speranze di mettervi mano erano pressoché impossibili.

I numeri due erano le persone che per nascita avevano il più alto livello di compatibilità possibile, era scientifico, era mappato all'interno del loro DNA, era dentro di lui, tatuato all'interno della fibra del suo essere. Se era vero che l'amore una volta era un incontro fortuito che dava una reazione chimica, quello tra i numeri due era un incontro predeterminato a una esplosione. Lo aveva sempre saputo dopotutto, era quello che raccontavano tutti, eppure averne letto la confutazione scientifica lo rendeva più reale, più irresistibile, e lui e Seokjin si trovavano a gravitare l'uno verso l'altro. Nel loro caso farsi male nel farlo per via dei rispettivi muri.

La situazione pertanto non migliorò, soprattutto quando qualche giorno dopo durante una cena in cui stranamente erano tutti presenti, il che avrebbe dovuto fargli suonare un campanello di allarme, sia lui che Seokjin vennero informati di un nuovo evento che avrebbe richiesto la loro presenza.

I due si scambiarono uno sguardo imbarazzato attraverso il tavolo in sala da pranzo, mentre metabolizzavano il fatto che dopo aver passato giorni a far finta di nulla, improvvisamente erano costretti ad agire come la coppia di anime gemelle che non erano. E per giunta sarebbe accaduto a uno di quegli orribili eventi in cui avrebbero avuto gli occhi di tutti addosso a controllare ogni loro minimo movimento in cerca di un sussulto, di una falla nella coppia perfetta.

Era una punizione per la relazione che aveva consegnato? Il signor Kim era consapevole del suo rigetto per tali occasioni al punto da costringerlo così presto a un'altra? Namjoon infilzò la patata al forno con violenza come se fosse colpa del cibo. Probabilmente non era affatto così, era solo che la sua mente era in grado di elaborare mille teorie con cui torturarsi una più ridicola dell'altra. Le parole che il console disse, infatti, confutarono del tutto tale insensato supposizione (e trasformarono in magma incandescente quello che allora era stato solo un fuoco vivo di rabbia).

“Namjoon a proposito, ho avuto modo di leggere la tua relazione. Hai fatto un ottimo lavoro,” il signor Kim disse e lui dovette trattenersi dal non ribaltarsi dalla sedia per lo shock.

Aveva sputato addosso alla gestione statale dell'algoritmo nella speranza di irritare tutti (non importava quanto pensasse di avere ragione, il proposito alla fine era quello) e invece ora gli venivano fatti i complimenti.

“Grazie, signore,” Namjoon rispose meccanicamente cercando di suonare cortese e il padre di Seokjin annuì a sua volta in approvazione come se fosse sordo all'inflessione del tono freddo di Namjoon, o come se non gliene importasse affatto. Cercò di evitare di incrociare di nuovo lo sguardo della sua anima gemella sebbene se lo sentisse addosso. Sarebbe stato meglio se Seokjin lo avesse ignorato del tutto e invece, nonostante il silenzio e la distanza, sapeva che il maggiore non smetteva di coprirgli le spalle ed era questo che più di tutti lo frustrava.

Namjoon si scusò non appena la cena finì, il fuoco che gli scorreva dentro e quasi gli bruciava la pelle in superficie troppo da sopportare se continuava a stare con i Kim. Quella casa era immensa, ci sarebbero potute vivere dieci famiglie comodamente eppure lui si sentiva soffocare tra quelle mura. Doveva uscire, doveva prendere un po' di aria non importava se non aveva niente in cui esibirsi perché le pagine dei suoi quaderni erano vuote di parole, l'importante era uscire dalle mura di quella casa. Non perse tempo allora, non aspettò neanche che fosse più tardi, prese il suo portafoglio, il cellulare e si infilò una giacca mentre con lo sguardo cercava freneticamente la sua chiave magnetica per il portone.

“Namjoon,” arrivò la voce di Seokjin da dietro di lui, immobilizzandolo sul posto. Namjoon si voltò leggermente, mentre cercava di dominare un fremito. Seokjin era in piedi sullo stipite della porta di camera sua, occhi grandi scuri su di lui e Namjoon non poteva fare a meno di notare come le sue dita si stringevano sullo stipite. Sarebbe stato un buon momento per parlare, sembrava davvero un ottimo momento per farlo, bastava che Seokjin chiedesse dove andava perché si aprisse quella porta, perché Namjoon rispondendo potesse aver la possibilità di fare a sua volta le sue domande.

Nonostante tutto quello che provava, rabbia, irritazione, sdegno, tristezza, voleva veramente provare ad abbracciare questa persona. No, forse era lui per una volta a voler essere abbracciato e farsi dire che sarebbe andato tutto bene.

“Non fare tardi,” uscì dalle labbra del maggiore invece. Namjoon si lasciò sfuggire uno sbuffo di scherno. Perché Seokjin ancora una volta si faceva scivolare una loro occasione volontariamente fra le dita pur guardandolo con un affetto così palpabile da far male?

Namjoon non disse nulla allora, perchè non riusciva a dire nulla, si voltò e aprì la finestra di camera sua, infine scavalcò il davanzale senza guardarsi indietro.

L'aria fresca della notte non servì a snebbiargli la mente ma solo a intirizzirgli le membra mentre camminava verso la solita fermata del bus. Si rendeva conto di essere più noncurante del solito, era ancora presto e c'era ancora dello staff a lavoro e c'erano decisamente più possibilità del solito che qualcuno lo interpellasse, eppure quasi ci sperava di mandare il perfetto staff di sicurezza della famiglia Kim in agitazione.

La voglia di tornare a casa era tremenda, ma sapeva di non poterlo fare di non poter tornare da sua madre e riversargli tutta la sua angoscia personale perché era un adulto anche se non lo era ancora e alcune cose non potevano essere riavvolte. Perciò andò in centro per mescolarsi tra la folla e dimenticare l'ironia della sua sorte, la dicotomia tra quello che lui sarebbe dovuto essere e quello che era, il numero uno di qualcuno eppure solo. Un numero uno perso.

Infine si trascinò al vecchio pub anche se non c'era Yoongi e nessuno degli altri artisti quella sera, tuttavia era l'unico posto che gli ricordava qualcosa di buono, che ancora lo faceva sentire al sicuro. Si sedette a un angolo del locale allora a bere un semplice bicchiere d'acqua perchè anche se i padroni del locale chiudevano un occhio sulla sua età reale durante le performance nessuno avrebbe servito da bere dell'alcool a lui senza Yoongi. Perciò se ne stette li solo, con il suo bicchiere d'acqua, telefono dimentico in un angolo mentre il tempo passava.

Era patetico, non riusciva neanche a ribellarsi davvero, si disse mentre guardava il suo bicchiere d'acqua e i messaggi non letti sullo schermo del telefono si accumulavano. Tornò presto, poco dopo mezzanotte senza alcun imprevisto e difficoltà, la finestra di camera sua socchiusa invece di essere spalancata, segno che Seokjin aveva provveduto a mettere le cose a posto ma senza togliergli una via di ritorno. Namjoon rotolò all'interno esausto come se avesse fatto una serata per davvero e pertanto, dopo essersi cambiato nei suoi abiti da notte, si infilò subito nel letto. Fu allora che affondando il naso nel cuscino percepì qualcosa di diverso, quel misto di colonia e caffè che era tipico del profumo della sua anima gemella.

"Mi dispiace di essermi addormentato qui, avevo paura che qualcuno venisse a controllare, ma ho creduto che se avessero saputo che mi trovavo qui non sarebbero venuti, così sono rimasto.” Seokjin doveva essere rimasto li a lungo, abbastanza perché tutti pensassero loro due due erano insieme e non pensassero di venire a disturbare. Namjoon gemette nel cuscino. Perché anche quando si comportava freddamene il maggiore sembrava pensare a lui sempre, sempre, sempre.


 


 

“Questo Seokjin sta iniziando a non piacermi,”Yoongi disse dall'altra parte del telefono. Namjoon sospirò mentre litigava con i gemelli della sua camicia, il cellulare in bilico tra la sua spalla e la sua guancia. In effetti ci sarebbe voluto veramente poco perché l'apparecchio facesse una brutta fine considerando la sua goffaggine cronica, ma aveva poco tempo e ben presto sarebbe stato inghiottito dalla festa e dai postumi della festa chissà fino a quando.

“E' complicato Yoongi, sto iniziando a pensare che questa storia delle anime gemelle è più complicata di quanto sembri. Almeno per me e te,” Yoongi sbuffò forte e Namjoon quasi se lo riusciva a immaginare sguardo duro e labbra corrucciate.

“Complicato? Sì, ne so qualcosa a proposito di complicato,” Yoongi rispose in tono sarcastico. “Però Namjoon,” proseguì l'altro, “prima o poi dovrai uscire allo scoperto. Se c'è una cosa che ho imparato dalla mia situazione è che la verità non può essere nascosta, non importa quanto ci provi.” Namjoon quasi fece cadere il telefono. Si, se c'era qualcuno che sapeva qualcosa sul disastro di certi segreti era proprio Yoongi, ma lui cosa poteva fare, come poteva aprirsi con qualcuno che si comportava in modo così confuso? Ognuno ha i propri segreti, Seokjin aveva detto. Namjoon sapeva che non era l'unico ad avere qualcosa che lo stava trattenendo, il comportamento di Jin era stato confuso a lungo ma ora stavo raggiungendo una escalation che stava rendendo la situazione quasi insostenibile.

Forse era arrivato il tempo di svuotare il sacco, ma ci avrebbe pensato dopo, prima doveva sopravvivere a quel dannato evento.

“Io so solo che continuo a chiedermi se alla fine la verità ci farà bene oppure finirà col distruggere quel poco che ci è rimasto,” Namjoon confessò, riuscendo infine a infilare il gemello nell'asola e a prendere il telefono come si doveva. Un profondo silenzio seguì le sue parole e Namjoon si sentì il fiato in gola.

“Può essere. Io sono l'ultima persona che può darti delle risposte e non posso prometterti che andrà meglio perché c'è una discreta possibilità che non sarà affatto così. Ma almeno una volta che avrai messo le carte in tavola, saprai. Fallo prima che sia troppo tardi.”

Il suo migliore amico gli disse nel ricevitore. Yoongi più di ogni altra cosa sapeva cosa voleva dire lasciare che le cose cadessero così in basso fino al punto di non ritorno finendo col ferire ciò che invece aveva voluto proteggere.

“Ci proverò. Ora devo andare però, hyung.”

“Mi raccomando,” e con quelle parole si congedò. Rimase qualche minuto immobile e perso nei suoi pensieri, la verità delle parole del suo amico che li ronzavano in testa, infine, rassegnato, lasciò il cellulare sul comò per poi prendere la giacca dal suo armadio e infilarsela, stoffa costosa che scivolava su di lui come un guanto. Namjoon si chiese se si sarebbe mai abituato a tutto questo, se avrebbe mai smesso di apparirgli strano e se prima o poi si sarebbe sentito meno come un pinguino infilato a forza dentro un completo e dentro una vasca piena di squali. Si passò la cravatta intorno al collo mentre andava allo specchio per vedere come allacciarsela. Era diventato abbastanza bravo anche se non aveva ancora raggiunto la perizia di Seokjin, quel modo perfetto in cui le sue dita svelte annodavano la stoffa.

Una volta pronto uscì da camera sua e andò in soggiorno ad aspettare che il resto della famiglia fosse pronta. Seokjin lo raggiunse poco dopo, e Namjoon non poté sopprimere uno sguardo ammirato quando i suoi occhi si posarono sulla sua anima gemella e vide come, a sua volta, il volto del maggiore si apriva nel suo solito caldo sorriso. Per un attimo fu come se quelle settimane di vuoto fossero state solo un frutto della sua immaginazione.

Seokjin percorse in pochi passi la distanza che li separava.

“Sapevo che il grigio perla ti avrebbe donato,” Seokjin disse come se fosse il solito Jin, mentre passava una mano sulla spalla della giacca di Namjoon. Le sue dita poi si spostarono sulla sua cravatta, dita che sistemarono il colletto della camicia e tamburellarono sul nodo.

“Hai imparato,” sussurrò il maggiore. Namjoon evitò di dirgli che a lui ci erano voluti cinque minuti per riuscirci gli sembrò qualcosa di stupido da dire quando aveva Seokjin così vicino come non era da settimane.

“Grazie,” Namjoon disse ma da come lo sguardo del maggiore si scurì, capì che l'altro aveva capito che lui si riferiva ad altro.

La maschera di tranquillità di Seokjin scomparve e per un attimo Namjoon ebbe la certezza che finalmente l'altro avrebbe detto qualcosa ma le sue labbra si serrarono con forza invece, mentre la sua mano scivolava lungo il braccio di Namjoon fino a chiudersi delicatamente sul suo polso. Forse non erano mai stati così vicini, così privi delle rispettive maschere seppure senza dire niente, come in quel frangente in cui entrambi stavano riconoscendo la verità del caos che era la loro situazione.

“Siete qui,” era la madre di Seokjin, il suo volto glaciale che si apriva in uno dei suoi rari sorrisi. Il momento era finito, l'attimo di verità era fuggito, ma con grande sollievo di Namjoon Seokjin non lasciò la sua presa. Forse era solo la necessità di salvare le apparenza o la forza dell'abitudine, non lo credeva eppure qualunque fosse il motivo, dopo tanta rabbia e irritazione, Namjoon era contento di avere Seokjin vicino.

La signora Kim disse loro che era stato deciso che loro due li avrebbero preceduto il resto della famiglia all'evento, in quel modo avrebbero potuto godersi i riflettori come rappresentanti della famiglia, un modo intelligente per abituarli al ruolo in vista del futuro passaggio di consegne. Namjoon credeva non sarebbe accaduto molto presto considerando l'ovvio attaccamento alla sedia che il signor Kim sembrava provare per la carica, ma era senz'altro sicuro che aveva pianificato perché loro entrassero attivamente in politica una volta che entrambi si fossero laureati e tutto questo veniva fatto affinché al momento debito entrambi fossero non solo pronti, ma perfetti.

La loro vicinanza rimase tale anche una volta in macchina, ma era come se per un tacito accordo avessero deciso di seppellire qualsiasi cosa strana ci fosse stata tra di loro quelle settimane per agire invece uniti. Namjoon aveva sentimenti contrastanti perchè non era come se la sua irritazione fosse evaporata, giaceva ancora li incandescente, ma come tutte le cose che riguardavano Jin, non era qualcosa di semplice, il suo cuore aveva spazio a sufficienza per provare una grande varietà di sentimenti, perciò poteva provare sia sollievo quando l'altro allacciava il braccio al suo quando scesero dalla macchina, sia senso di smarrimento nei confronti dell'atteggiamento incostante dell'altro. Namjoon rivoleva indietro il suo Jin, non importava quanto questa frase suonasse ridicola considerando che lui lo aveva praticamente respinto sin dall'inizio, ma in mezzo a tutto quegli orribili sentimenti che provava, desiderò -per una volta - di poter contare sulla sua anima gemella.

Quell'ambiente faceva girare la testa a Namjoon, e non aiutava che tra gli invitati ci fosse il secondo console Park, il quale sfortunatamente non perse tempo a intercettarli. Lui e Seokjin furono costretti a salutarlo naturalmente e il console andò subito all'attacco lasciando Namjoon basito per un attimo.

“Ho letto il tuo saggio sulle dinamiche sociologiche sui numeri zero e due. E' stato così illuminante. Per non parlare delle tue osservazioni sull'algoritmo di mondo due. Ti aspetta sicuramente un brillante futuro Kim Namjoon e, a dire il vero, non riesco a pensare a chi possa essere stato più fortunato se tu ad ottenere il nome dei Kim o i Kim ad ottenere te. Quando si dice colpo di fortuna!"

Non sapeva come ma il suo stupido saggio doveva aver fatto il giro del parlamento o perlomeno il secondo console lo aveva letto. Ebbe la sgradevole conferma quanto tutto quello che facesse fosse sotto lo scrutinio di tutti.

Ma le sue parole non colpirono solo lui ma anche Seokjin che si irrigidì al suo fianco. Il maggiore, Namjoon ormai lo sapeva, era bravo a tenere a bada ai suoi sentimenti, ma lui lo conosceva abbastanza da riconoscere il dolore quando la vedeva. E, nonostante le loro reciproche mancanze e le reciproche ferite Namjoon capì una cosa in quel momento e cioè che nessuno aveva il diritto di toccare Seokjin in nessun modo neppure con le parole eccetto lui. Era un sentimento nuovo ma non meno reale, guardò il console Park negli occhi: la sua irritazione aveva trovato un nuovo obbiettivo.

"Se posso dire una cosa console Park, Seokjin è ancora più sorprendente. Non si tratta solo di me. Potrebbero dire che sono di parte perché è il mio numero uno. Ma, onestamente, non ho mai trovato una persona migliore di Kim Seokjin. Da parte mia, quello speciale è senza ombra di dubbio lui,” Namjoon disse. Seokjin con i suoi segreti e con la sua distanza irritante, lui che senza saperlo era il motivo per cui Namjoon si trovava li, eppure se era vero che lui era il motivo, era comunque il suo e solo lui aveva il diritto di avercela con il maggiore e nessun altro. Mantenne le maniere cortesi ad ogni modo mentre congedava entrambi dal console Park ma lo fece solo per riguardo a Seokjin, la fiamma dei suoi sentimenti era accesa a un tale punto che gli sarebbe bastato poco quella sera per scoppiare. Namjoon dovette soffocare una risata era così innaturale per lui non essere in controllo, lasciare che le emozioni avessero la meglio sul suo cervello.

Senza rendersene conto aveva trascinato Jin verso il tavolo dove era seduto suo cugino Hyosang che lanciò loro un sorriso simpatetico.

Namjoon non aveva mai saputo bene come inquadrare Hyosang. Era vero che lo conosceva poco ed era sempre stato gentile e affabile con lui, ma lo era con tutti in generale. Tuttavia era la persona a cui Seokjin sembrava tenere di più, forse l'unica a cui Seokjin teneva nell'intera famiglia Kim, e questo non poteva non stuzzicare la sua curiosità. Considerando anche che Hyosang lo guardava sempre con quello sguardo col quale sembrava sempre essere due passi avanti.

"Suppongo che il secondo console sia una tenera presenza come suo solito. Devi perdonarlo Jinnie, il poveretto vuole essere promosso alla prima posizione da sempre ma con noi Kim annidati lì da tre generazioni, gli ci vorrebbe un mezzo miracolo per raggiungere l'obiettivo," Hyosang commentò allegramente. Namjoon trattenne a stento una risata mentre invece Seokjin sospirava stanco.

Poi il maggiore disse qualcosa che colpì Namjoon e lo lasciò ancora una volta con molte cose su cui riflettere.

"A volte vorrei che la gente potesse vederci come persona reali, non solo come Kim. E' faticoso.”

Sin da quando si erano incontrati non era capitato spesso che Seokjin facesse vedere il suo lato più vulnerabile. Tuttavia, se c'era una cosa che quelle settimane avevano dimostrato era che, dietro la naturale gentilezza del carattere di Seokjin, si nascondeva un mare di sentimenti inesplorati che il maggiore sembrava conservare gelosamente lontano dagli sguardi altrui. Più dei sorrisi affettuosi di Jin che da soli erano stati abbastanza da mettere in dubbio il suo scetticismo, era il sapere che da qualche parte che c'era un Jin che era simile a Namjoon che faceva in modo che lui si sentisse irrimediabilmente attirato verso di lui. Lo chiamano legame da anime gemelle ma forse era solo il canto unisono di due anime sole che si erano trovate.

Namjoon allora strinse la mano di Seokjin nella sua e fu come se si toccassero veramente per la prima da settimane.

“Ti capisco, ma siamo quello che siamo. Almeno abbiamo le nostre anime gemelle,” disse Hyosang e Namjoon sentì caldo salirgli in viso. Distolse lo sguardo dai due cugini e quando lo riportò su di loro vide che un cameriere aveva raggiunto il loro tavolo con un vassoio pieno di bicchieri di champagne. Namjoon senza pensarci due volte prese un bicchiere a sua volta seguendo l'esempio di quei due, ne aveva bisogno per cercare di bere il suo imbarazzo.

"Niente alcol per te Joonie, sei ancora...” sentì la voce di Seokjin dire per poi fermarsi bruscamente. Il significato di quelle parole non lo colpirono subito, fu come se il tempo si fosse fermato e in quel momento lui fu particolarmente conscio di come le pupille dell'altro si dilatarono, di come le sue labbra perfette si schiusero a o in un'espressione sbigottita quasi non riuscisse credere a quello che si era appena lasciato sfuggire. Namjoon sentì la sua mano appoggiare il bicchiere sul tavolo come se corpo e mente si fossero scollegati, mentre il suo cervello finalmente veniva colpito da ciò che Seokjin aveva appena detto.

C'erano mille modi per finire quella frase, mille parole che potevano essere appropriate ma solo alcune potevano causare quella reazione nel maggiore.

Seokjin sapeva.

Panico, puro panico si diffuse nel suo corpo e per questo quando Seokjin si alzò dal tavolo mormorando qualcosa Namjoon non riuscì a cogliere, ancora congelato per lo shock. Poi il suo sguardo incrociò di nuovo quello di Hyosang e dall'espressione preoccupata di questi capì che anche lui sapeva.

“Namjoon vai,” sentì l'altro dire. Fu quello che infine riuscì a risvegliarlo dal suo stupore.

“Joonie niente alcol per te, sei ancora,” minorenne.

Si alzò svelto dal tavolo e con il cuore che gli batteva a mille uscì dalla sala tuttavia una volta in corridoio il panico di nuovo rischiò di offuscargli la mente perchè non riusciva a cogliere l'altro da nessuna parte. Pensa stupida carcassa, pensa . Si ricordò vagamente che Seokjin aveva nominato la parola 'aria' quindi con molta probabilità si era diretto verso una terrazza perché il giardino interno era troppo lontano.

Namjoon corse a perdifiato lungo il corridoio alla ricerca di una finestra che si aprisse su un balcone, cuore che battezza all'impazzata. Seokjin sapeva, lui sapeva, ma da quanto?

Abbiamo tutti i nostri segreti, aveva detto e Namjoon avrebbe dovuto capire allora, avrebbe dovuto fare due e più due ma ancora una volta era stato troppo assorbito da se stesso. Si erano mentiti a vicenda, non avevano fatto altro per chissà quanto e Namjoon doveva scoprire il perché di tutto questo. Vide infine la porta finestra alla fine del corridoio spalancata e si gettò in avanti l'aria della notte che lo colpì in viso.

Seokjin era li appoggiato alla ringhiera, e Namjoon vedeva solo la sua schiena ma le sue spalle erano curve e il più giovane vedeva le nocche della mano destra stringere la barra in ferro con forza.

“Seokjin,” vide il maggiore rabbrividire ma questi non si voltò, continuò a dargli le spalle e Namjoon si disse che per quanto sembrasse poco promettente non poteva tirarsi più indietro.

"Prima. Cosa stavi per dire?" Chiese Namjoon schiarendosi la gola.

"Niente. Dimenticalo. Ho solo bisogno di una boccata d'aria fresca. Forse non avrei dovuto bere champagne, mi fa male la testa,” disse cercando di suonare leggero ma c'era un tremolio leggero nel suo tono e ancora non si voltava a guardarlo.

"Per favore Seokjin. Mettiamo fine a questa farsa. Parla con me,” Namjoon insistette perché era finito il tempo dei segreti, anche se lui aveva una paura tremenda e le sue emozioni non erano mai state cosi poco sotto controllo. Seguì un silenzio tombale e poi le parole sincere di Seokjin ruppero il silenzio della notte

"E' Seokjin hyung, per te." Ringhiò, voltandosi. Namjoon quasi fece un passo indietro mentre sentiva il sangue lasciargli il viso. Una parte di lui, ora lo riconosceva, aveva desiderato che Seokjin lasciasse cadere la maschera che il più giovane aveva sempre sospettato lui portasse sin da quando quando quella cortina di distanza era calata tra di loro. Ma forse aveva sopravvalutato se stesso. Aveva egoisticamente pensato di essere l'unico a soffrire e invece non era così. La bugia, quella che aveva pesato così tanto sulle sue spalle, era allo scoperto ormai e non c'era modo di tornare indietro.

"Hai mai avuto l'intenzione di parlarmene?" Seokjin chiese la voce sconvolta, ferita.

Di nuovo silenzio. La verità era una cosa difficile da dire anche di fronte all'inevitabile.

"Tu sei la mia anima gemella e io sono la tua. Certo, so che è colpa della mia famiglia, ma quello che non riesco a capire perché tu abbia mentito a me!”

Namjoon fissò a lungo il pavimento, mentre cercava di mettere ordine nella sua testa e riuscire a giustificarsi se poteva. Perchè si, aveva mentito per primo, ma la bugia aveva fatto male a lui quanto a Seokjin.

"La tua famiglia ci ha chiesto di non dire niente visto che sono abbastanza intelligente per poter frequentare il tuo stesso anno. Ho iniziato a considerarmi più grande tempo fa e per questo non ho protestato. Loro hanno chiesto e noi non abbiamo trovato un motivo valido per dire di no,” Namjoon fece una pausa e poi disse la cosa che avrebbe voluto dire sin dal loro primo incontro, sin dalla prima volta che aveva permesso che quella bugia rovinasse ulteriormente il tutto.

“Mi dispiace." Chiuse gli occhi.

"Ti dispiace? Posso aspettarmi questo dalla mia famiglia, che mi ha lanciato addosso tutte queste fesserie sull'essere un Kim da quando ho tre anni, ma non da te! Perché non hai mai pensato di dirmelo, in privato?” Chiese ancora Seokjin e Namjoon vi riconobbe la rabbia e lui strinse a sua volta i pugni perchè non era tutta colpa sua. Come poteva Seokjin pensarlo? L'irritazione, la rabbia il senso di smarrimento che come veleno avevano sobollito per tutto quel tempo iniziarono a risvegliarsi.

"Loro hanno chiesto e non ho potuto dire di no," Namjoon ammise a denti stretti.

"Perché?"

"Perché loro hanno chiesto!" Esclamò Namjoon guardandolo finalmente negli occhi, rabbia che fuorusciva finalmente libera. Tutti quei giorni a mantenere il controllo e ora tutto stava crollando come un castello di carta.

"Non ti azzardare a lasciare il peso di tutto questo solo su di me, perché non è colpa mia. Tu non sai com'è la tua famiglia. Non sai come è la mia famiglia con loro, come il fatto che io sono fidanzato con l'erede dei Kim li abbia colpiti. Loro hanno chiesto e io ho eseguito. Ero felice? Ovviamente no! Perchè tu sei sempre stato gentile con me e ogni volta che mi hai trattato come un tuo coetaneo qualcosa dentro di me si rompeva, ma considera per un attimo la mia posizione. Non ho mai avuto molta scelta,” Namjoon sputò fuori ed era bello liberatorio finalmente poter dire la verità, tutta la verità.

Seokjin sembrò preso alla sprovvista e improvvisamente non fu così sicuro di se. "So che la mia famiglia può essere piuttosto prepotente, ma ora stai parlando come se ti avessero chiesto di fare un sacco di cose che non volevi fare e che ancora non vuoi fare."

Namjoon avrebbe voluto scoppiare a ridere ma si limitò a non rispondere, era possibile che il maggiore fosse così ingenuo? Ma sentiva la sua rabbia fuori controllo ormai e sebbene ce l'avesse avuta con Jin per un sacco di cose, non voleva ferirlo inutilmente.

"Mi dispiace se ti ho mentito. Ora ti prego, torniamo dentro. Oppure torniamo alla residenza dei Kim, se preferisci." Namjoon cercò di concludere il discorso. Ormai la verità era stata detta non c'era bisogno di portare allo scoperto anche il resto. Ma Seokjin sembrava aver intuito ci fosse dell'altro e non sembrava intenzionato a mollare l'osso. Il maggiore fece alcuni passi verso di lui, sempre più vicino, così vicino che si potevano toccare senza aver nemmeno bisogno di sollevare il braccio. Si sentì soffocare, in trappola.

"Namjoon. Perché sento che una delle cose che non volevi è trovarti qui? " Chiese in un sussurro.

"Seokjin, hyung, andiamo,” Namjoon cercò di svicolare perchè non era necessario distruggere anche questo.

“Perché,”Seokjin insistette sempre più vicino costringendo Namjoon a indietreggiare e quando la sua schiena colpì il muro seppe di non avere via di scampo.

"Per una volta, una, dimmi la verità. Credo di meritarmelo,” il maggiore chiese con voce ferma e perentoria. Qualcosa di oscuro si risveglio e tutto quello che aveva provato sin da quando aveva messo piede nella residenza Kim trasbordò e non c'era più modo di fermarlo.

“Perché è vero. Io non voglio trovarmi qui."Vide le pupille di Seokjin tremare ma non poteva fermarsi, non più.

"Sono venuti a casa mia, ci hanno riuniti in cucina e ci hanno fatto questo lungo discorso per poi dichiarare che io ero l'anima gemella dell'erede dei Kim. La mia famiglia si sentiva così onorata, erano tutti così felici, che io non ho potuto dire nulla. Ho sentito il cappio intorno al collo stringersi sulla mia gola e tutte le mie speranze, tutti i miei sogni, svanire. Perché stavo per essere un Kim e questo avrebbe escluso tutto quello che ho sempre fantasticato di fare con la mia vita. Ero così arrabbiato, così arrabbiato ma i Kim erano felici, la mia famiglia era felice così sono rimasto in silenzio. Eppure non potevo fare a meno di chiedermi perché io, perché? Volevo perseguire la mia passione per la musica ma mi hanno iscritto alla facoltà di economia. Ero scettico circa il sistema delle anima gemelle, volendo invece una vita per me stesso, e invece sono stato legato al numero due più desiderato del paese. In seguito sono stato persino portato via dalla mia casa e dai miei affetti e non ho potuto fare nulla. Ma ho incontrato te, la mia anima gemella, quando tutta la mia vita ho dubitato di loro. Tu eri bellissimo e così dannatamente gentile con me e anche se ignoravi che la tua felicità era costata i miei sogni, non potevo odiarti. Non potevo neanche essere felice però. Quindi, per favore torniamo nella residenza. Dimentichiamoci di questo. I miei sentimenti, nel quadro generale delle cose, non sono poi così importanti." Namjoon concluse distogliendo lo sguardo.

Era finita, tutto era stato detto, e avrebbe dovuto sentirsi meglio e invece si sentiva giù a terra sull'orlo dell'abisso.

"Mi dispiace. Mi dispiace tanto Joonie. Non ho mai saputo, mai, se potessi fare qualcosa per sistemare il tutto..,”la voce di Seokjin iniziò a vacillare e Namjoon sollevò lo sguardo di nuovo allarmato dalla piega della sua voce.

"Seokjin!" Namjoon esclamò allarmato quando vide l'altro portarsi le mani al petto mentre il suo respiro si faceva accelerato. Stava avendo un attacco di panico ed era tutta colpa sua, Namjoon gettò le mani in avanti cercando di afferrarlo mentre invece Seokjin indietreggiava, con espressione infine rotta.

"Ti ho amato sin dalla prima volta che ti ho visto,"disse prima di spezzarsi come un liuto e Namjoon fece appena in tempo ad afferrarlo prima che la sua testa toccasse il freddo marmo.

Era triste che quella fosse la prima volta che aveva la sua anima gemella tra le sue braccia.


 

 


 

NdA: è stato difficile riuscire a scrivere questo capitolo che è importantissimo per la storia, ma ce l'ho fatta. Le cose cambieranno per Seokjin e Namjoon, tenetevi forte ;))

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