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Autore: Jadis96    05/11/2017    1 recensioni
"La dottoressa non era una persona malvagia, non quanto Lewis Prothero o James Lilliman, ma, come questi ultimi, avrebbe potuto espiare i suoi peccati soltanto con la morte. Quella notte sarei stato io, come un sorridente Tristo Mietitore, a reclamare la sua anima". V si interroga sul concetto di espiazione, mentre compie la sua vendetta su Delia Surridge, la dottoressa di Larkhill.
[Fa parte della serie "V"]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: V
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'V'
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Ciao a tutti! Quest'anno la mia one-shot si focalizzerà sul personaggio di Delia Surridge e sull'espiazione. Buona lettura e buon 5 novembre!
 
Espiazione.
Un concetto astratto, vago, sul quale non avevo mai smesso di riflettere sin dai giorni di prigionia a Larkhill.
Esiste un modo per rimediare al male commesso in vita?, mi chiedevo. Non avrei mai potuto avere una risposta a tale domanda, pertanto non lasciavo che interferisse con i miei piani. Tuttavia, in un angolo della mia mente, quel quesito esisteva ed in alcune occasioni finivo per chiedermi se "punizione" ed "espiazione" fossero concetti equivalenti.
Quella notte, mi si presentò una di quelle occasioni.
Intrufolarmi nella casa della dottoressa Delia Surridge fu fin troppo facile, sembrava quasi che mi stesse aspettando. Delia sapeva che un giorno avrebbe dovuto pagare il prezzo per i suoi crimini, l'aveva saputo dal primo momento in cui aveva incrociato il mio sguardo attraverso le sbarre di una cella. La dottoressa non era una persona malvagia, non quanto Lewis Prothero o James Lilliman, ma, come questi ultimi, avrebbe potuto espiare i suoi peccati soltanto con la morte. Quella notte sarei stato io, come un sorridente Tristo Mietitore, a reclamare la sua anima.
Impiegai pochi secondi, una piccola iniezione, per compiere la mia opera. Poi restai in attesa. Volevo parlarle, volevo sapere che la mia clemenza non era stata immeritata.
<< Sei tu, vero? Sei venuto ad uccidermi >>, disse Delia.
Era calma, dignitosa.
<< Sì >>, risposi.
<< Ti ringrazio >>, disse, sospirando di sollievo.
Poi si voltò a guardarmi. Dovevo apparirle come un sorriso bianco che fluttuava nell'oscurità, un demone o un Angelo della Morte venuto a lenire le sue sofferenze.
Mi spiegò che sapeva del mio arrivo, che aveva già pensato alla propria morte.
<< Non conoscevo il loro scopo, te lo giuro >>, disse, << Leggi il mio diario >>.
<< Quello che hanno fatto è stato possibile solamente grazie a te >>, risposi.
<< Oppenheimer è stato capace di cambiare molto più del corso della guerra, ha cambiato il corso della storia dell'umanità. È forse sbagliato inseguire questa speranza? >>.
"Io sono diventato Morte, distruttore di mondi", fu la frase che attraversò la mia mente all'udire il nome di Oppenheimer. Non poteva esserci citazione più appropriata.
<< Non sono qui per quello che speravi di fare, sono qui per quello che hai fatto >>, spiegai.
<< È buffo, oggi mi hanno consegnato una delle tue rose, non ero sicuro che fossi tu il terrorista prima di vederla. Che strana coincidenza, averne avuta una proprio oggi >>.
Delia non sembrava spaventata, il suo sguardo era sereno, la sua voce colma di pacata accettazione. Di rimando, scoprii che anche la mia voce era più lieve, pervasa da un'insolita nota di dolcezza.
<< La coincidenza non ha madre, Delia. La coincidenza è solo un'illusione. Ho un'altra rosa, e questa è per te >>. Le porsi la rosa. Era un perfetto esemplare che avevo coltivato e selezionato appositamente per lei.
<< Adesso mi ucciderai? >>, mi chiese.
<< Ti ho ucciso dieci minuti fa, mentre dormivi >>.
<< Mi farà soffrire? >>.
Solo allora vidi nei suoi occhi un lampo di paura, la più normale reazione umana all'avvicendarsi della morte.
<< No >>, risposi.
<< Grazie. È privo di senso chiedere scusa? >>.
<< Non lo è mai >>.
<< Mi dispiace tanto >>.
Cadde il silenzio, e con quelle parole Delia Surridge portò a compimento la sua espiazione.
Io restai seduto sul bordo del letto ancora per qualche istante. Mai prima di allora qualcuno mi aveva offerto delle scuse per quello che mi era stato fatto a Larkhill. Tre semplici parole erano nulla in confronto alle atrocità che Delia aveva aiutato a commettere, eppure quelle stesse parole, pronunciate con sincerità su un letto di morte, avevano un valore. Un valore piccolo, come un fiore al cospetto di una montagna, l'enorme montagna che era Larkhill, ma quel fiore esisteva.
Presi il diario di Delia, che si trovava sul comodino. Mi ero preparato a doverlo cercare, forse a dover forzare una cassaforte, ed invece era lì, pronto per essere letto con il permesso della proprietaria.
Sfogliai le pagine, fitte di parole scritte con una grafia ordinata ed elegante.
 
18 settembre.
C'è un caso che continua a darmi una speranza. Non presenta nessuna delle patologie del sistema immunitario sviluppate dagli altri soggetti. Ho scoperto varie anomalie cellulari nel suo sangue che non sono stata in grado di classificare. Le mutazioni sembrano aver provocato uno sviluppo anormale della cinestesia e dei riflessi di base. Il soggetto ha detto di non ricordare più chi fosse o da dove venisse. Chiunque fosse, ora è la chiave del nostro sogno.
 
Passai al mese di novembre. La pagina era macchiata di inchiostro, la mano che scriveva non era più quella ferma e precisa di una scienziata, ma quella tremante e frenetica di chi aveva appena visto sconvolta la propria intera vita.
 
5 novembre.
...tutto il mio lavoro, perduto.
...quando l'ho visto, l'uomo della stanza numero 5. Mi ha guardato. Non con gli occhi, non aveva occhi, ma so che mi guardava, perché l'ho sentito.
 
Ripensai alla dottoressa Delia che esisteva nella mia mente, quella che aveva scritto quel diario tanti anni prima, e la confrontai con quella che giaceva sul letto con una Scarlet Carson tra le dita. Pensai a come dovevo esserle apparso quel 5 novembre, come un mostro emerso dalle fiamme, ed alla calma con cui mi aveva accolto nei suoi ultimi istanti di vita, come un vecchio amico. Mi chiesi quale fossero le differenze tra queste due Delia Surridge.
La differenza era una sola: l'espiazione.
   
 
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