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Autore: nikita82roma    05/11/2017    5 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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Beckett aveva pensato alle parole di Castle per tutto il tempo da quando era uscita dal loft. Le aveva detto cose che le avevano fatto male, che l’avevano colpita e messa a nudo davanti alle sue responsabilità. Sapeva che lui aveva ragione sotto molti aspetti, che era lei che adesso doveva fare un passo in più, un passo avanti, che doveva trovare la forza di lasciarsi alle spalle le sue paure e affrontare tutto in modo diverso. Lo doveva a Joy, a Rick ma soprattutto lo doveva a sé stessa. Ferma ad un semaforo si mise a pensare ai suoi ricordi di Natale e la mente inevitabilmente si bloccava a quelle ultime feste felici: lei con il suo segreto che custodiva già gelosamente, con la sua bambina che cresceva dentro di sé e quel fare finta di nulla che la logorava, ma non voleva turbare il Natale della sua famiglia. La mente si fermò di nuovo a quegli inizi di gennaio, ma questa volta si sforzò di andare oltre, tornare più indietro, a quando era piccola: la felicità dell’attesa, i regali da scartare, la sorpresa, il profumo delle candele, i pupazzi di neve con Jim e i pomeriggi a pattinare con Johanna, i biscotti allo zenzero e quelli alla cannella, il tacchino arrosto. I sorrisi di sua madre, i suoi abbracci quando la sera le raccontava le favole sugli elfi e sulle fate sul divano davanti all’albero di Natale, quando tutto era buio e l’unica luce era quella colorate ed intermittente delle luci.

Sentì un clacson suonare che la riportò alla realtà, era scattato il verde e riprese la sua strada verso il distretto. Sentì una stretta al cuore per quei ricordi così belli che le provocavano ancora una profonda nostalgia. Avrebbe tanto voluto avere sua madre per poterle chiedere mille consigli su cosa fare, avrebbe ancora avuto bisogno di quell’abbraccio così rassicurante ma questo pensiero gliene generò subito un altro e lei non era più la bambina stretta tra le braccia di Johanna, lei era la donna adulta e quella che aveva tra le braccia era Joy. Ora era lei la madre, era lei quella che doveva proteggere e rassicurare ed aveva ragione Rick, con il suo comportamento non stava togliendo qualcosa solo a se stessa, ma toglieva a Joy la possibilità di passare per la prima volta il Natale con sua madre.

Il parcheggio del distretto era desolatamente vuoto, come sempre in quelle giornate, il personale di turno era più che dimezzato, erano veramente in pochi, quasi sempre i soliti a fare quel turno, chi non aveva famiglia che preferiva passare le feste con i colleghi invece che a casa da solo, chi voleva arrotondare con degli straordinari in più.

Avevano portato come sempre dei dolci e qualche bottiglia per brindare, nella speranza che non andasse come l’anno precedente quando proprio la notte di Natale erano dovuti uscire per un duplice omicidio, una rimpatriata tra parenti finita non nel migliore dei modi per vecchi rancori tornati prepotentemente a galla, qualcosa che li tenne occupati tutta la notte e gran parte del giorno dopo. Quella sera Beckett sperava veramente in qualcosa di più tranquillo, come tutto sembrava che fosse in quel momento. Si andò ad appoggiare verso un termosifone per scaldarsi un po’, ma sapeva che il freddo che sentiva dipendeva da altro. Non voleva essere lì, voleva essere altrove, dove avrebbe dovuto essere.

- Vuole un caffè Detective Beckett?

Kate si voltò e vide vicino alla sua scrivania il detective Miguel Ruiz con una tazza in mano fumante. Gli sorrise ringraziandolo.

- Mi farai compagnia tu stanotte? - Era l’ultimo detective arrivato al dodicesimo da Miami, un giovane un po’ spaurito appena promosso e trasferito in città da poco.

- No, mezz’ora e poi finisco il turno. - Gli sorrise un po’ timido, Beckett non sapeva perché, ma sembra che fosse intimidito da lei.

- Ti aspettano i tuoi? Sono venuti a trovarti?

- Oh no, sono rimasti a Miami, la moglie di mio fratello Raul dovrebbe partorire tra pochi giorni e mia mamma non se l’è sentita di lasciarli e poi una sua sorella è riuscita a scappare da Cuba e l’ha raggiunta a Miami in questi giorni, non si vedevano da più di vent’anni.

Kate sorseggiò il caffè. Non era proprio di suo gradimento, era troppo forte ed amaro, ma non voleva essere scortese verso il gesto gentile di Miguel.

- Senti Ruiz, ti andrebbe di farmi un favore? Mia figlia è in ospedale e le farebbe molto piacere se passassimo il Natale insieme. Potresti sostituirmi? - Sperò che il ragazzo gli dicesse di sì, la vedeva come la sua unica occasione quella sera di trovare una soluzione a quella situazione pessima che lei stessa aveva creato.

- Certo detective Beckett. Sempre meglio che stare a casa solo. - Non sapeva Kate se era vero oppure no, ma non gli diede nemmeno il tempo di ripensarci. Lasciò la tazza di caffè sulla scrivania, presa la giacca e la borsa e dopo averlo ringraziato con uno sguardo che lasciava trasparire tutta la sua sincera gratitudine, scappo via, verso l’unico posto dove doveva realmente essere quella sera.

 

La camera di Joy era in un reparto dove si trovavano tutte persone che erano lì per lunghe degenze, per motivi diversi. Si respirava un clima diverso rispetto ad un normale reparto ospedaliero, era più a misura d’uomo, meno freddo, infermiere più comprensibili ed orari di visita liberi. I parenti ed amici che si incontravano erano sempre più o meno gli stessi, si salutavano con un sorriso, come se fossero gli stessi abitanti di un condominio, ma già da uno sguardo si poteva capire se le notizie ricevute erano più o meno buone, se tutto andava come previsto o c’erano degli intoppi.

Quella sera Rick non era stato l’unico ad avere l’idea di portare il Natale lì, aveva incontrato altre famiglie vestite a festa che andavano a fare una sorpresa al proprio caro ricoverato, certo, nessuno aveva organizzato tutto quello che aveva fatto lui. Così il piccolo albero era stato quasi sommerso dai pacchi regalo che si sarebbero scambiati più tardi, il tavolo era stato apparecchiato con piatti e tovaglie a tema e sul piccolo mobile vicino alla finestra erano stati appoggiati tutti i piatti che avevano preparato per quella cena, il tutto accompagnato da allegra musica natalizia di sottofondo e mentre Martha e Rick preparavano per la cena, Alexis e Joy giocavano sul letto più piccolo dalla parte opposta della stanza con un gioco di carte che Martha si era rifiutata di capire, nonostante le due avessero provato più volte a spiegarle le regole. Aveva detto loro che lei rimaneva fedele al suo amato poker e che anzi, quella sera stessa le sue amiche la aspettavano per una lunga notte di partite all’ultimo sangue, e tanto alcool, ma questo evitò di dirlo alle due giovani.

Avevano quasi finito di preparare tutto quando sentirono bussare alla porta. Castle immaginava che si trattasse di uno dei controlli per Joy ma non vedendo nessuno entrare andò lui ad aprire con le mani sporche di salsa di lamponi. Rimase stupito quando vide la donna davanti a lui sorridergli un po’ imbarazzata.

- Buonasera Signor Castle.

- Buonasera Margaret, prego entrate. - Dietro la donna con il volto ancora più teso c’erano Connor e sua moglie che entrarono evitando di incrociare gli sguardi con gli altri presenti, un po’ stupiti anche loro della mancanza di Kate.

- Il detective Beckett non è qui? - Chiese Margaret guardandosi intorno.

- No, era di turno questa sera. - Rispose Castle amaramente.

- Oh, capisco… - Replicò la donna con disappunto che evidentemente non concepiva nemmeno lei come in quella situazione non avesse passato il Natale con Joy, facendole crescere dubbi e perplessità.

Alexis, poi scese dal letto, lasciando sola Joy con i tre appena arrivati, andandosi a rifugiare nell’abbraccio di suo padre, guardandolo preoccupata, mentre lui le sorrideva cercando di rassicurarla, proprio come fece con Joy quando sembrò chiedergli in silenzio cosa dovesse fare e fu lui il primo a rompere quella situazione di imbarazzo.

- Grazie per essere passati a fare gli auguri a Joy, noi finiamo di preparare per cena, così se volete potete parlare un po’.

Joy si sentì rassicurata dalle parole di Castle e sorrise a quello che era suo padre e alle due donne. I tre le porsero un regalo e la bambina li ringraziò sinceramente felice.

- Posso aprirlo adesso? - Chiese un attimo prima di strappare la carta.

- Beh, vedo che lì ne avete tanti, forse è meglio metterlo insieme agli altri così li scarterai tutti insieme dopo! - Disse Connor a sua figlia mostrandosi decisamente più comprensivo con lei di quanto non lo era mai stato.

- Ok… - rispose un po’ delusa.

- Come preferisci tesoro, se lo vuoi aprire adesso fallo pure, non credo che il signor Castle avrà qualcosa da dire in merito. - Le parole di Margaret furono un frecciatina a Rick che sentendo il suo nome si voltò repentinamente, avendo seguito attentamente tutti i loro discorsi.

- Joy, fai come vuoi, se vuoi aprirlo adesso, aprilo!

Non se lo fece ripetere due volte e strappò allegramente la carta piena di brillantini che le si appiccarono tutti sulle mani e tra i capelli che si toccò subito dopo, rimanendo veramente a bocca aperta quando vide proprio quella bambola della quale aveva parlato con Alexis pochi giorni prima. Guardò prima i tre e poi la giovane Castle che le fece l’occhiolino, era stata lei, infatti, a dire a Margaret una delle cose che avrebbero fatto felice Joy.

Per la prima volta Rick la vide abbracciare i tre spontaneamente, riconoscente per quel regalo e perché in quel momento per lei non erano dei nemici che la stavano portando via dalla sua famiglia. Avrebbe voluto dirglielo e spiegarglielo, ma non sapeva come fare.

- Starà benissimo nella mia camera. Il suo vestito è dello stesso colore dei miei mobili, vero Al? - Chiese ad Alexis indicandole la bambola. La sua camera era quella al loft, a casa di Castle. Alexis annuì sorridendo un po’ imbarazzata, aveva capito il modo genuino e spontaneo della piccola per rimarcare il suo desiderio di tornare a vivere con loro, anche a chi le aveva appena fatto un regalo molto gradito ma che voleva portarla via dal suo mondo. Nessun altro rispose a quella frase di Joy e dopo un momento impasse i tre salutarono Joy, assicurandole che sarebbero passati di nuovo nei prossimi giorni.

   
 
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