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Autore: nikita82roma    10/11/2017    4 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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Una che stava per imbucarsi ad una festa della quale aveva declinato l’invito. Così si sentiva Kate mentre pensava se fosse meglio andare portando qualcosa oppure no. Il pensiero più stupido fu quello di fermarsi a prendere un dolce, come un’estranea qualsiasi che si presenta a casa per cena. I regali, da quello che aveva sentito, li aveva portati già tutti là Castle, quindi alla fine decise di andare così, senza niente, come forse era più giusto, ma avrebbe di gran lunga preferito tenere qualcosa tra le mani, magari anche di molto fragile così era costretta a tenerlo con attenzione e non farlo cadere, tenendosi occupata e riponendo su quello i suoi pensieri. Di fragile, invece, sentiva che c’era solo il suo animo in quel momento, lei che non era molto brava a chiedere scusa, a dire di aver sbagliato, che non piaceva mostrare il suo lato più fragile e debole e non avrebbe saputo come spiegare perché era lì. Forse non ci sarebbe stato nemmeno bisogno per loro, ma per lei sì. Doveva spiegare delle cose, rispondere a delle domande e quelle accuse che Castle le aveva mosso perché non rimanessero nel vuoto, perché non ci fosse possibilità di equivocare ancora.

Non si era incontrata con Cooper e la sua famiglia solo per una questione di pochi istanti. Mentre loro stavano scendendo con uno dei due ascensori, Beckett saliva con l’altro portando con se il suo carico di problemi, paure e insicurezze. Si trattava solo di andare a cena con quella che era la sua famiglia, fare una delle cose più normali del mondo, ma a lei sembrava di stare a scalare una montagna a mani nude, piano dopo piano, mentre saliva con altri sconosciuti che man mano scendevano ai vari reparti lasciandola sola nell’ultimo tratto.

Nel corridoio incontrò una mamma con un bambino che aveva qualche anno meno di Joy, lo teneva per mano ed il piccolo aveva una busta che sembrava troppo pesante per lui, ma che portava con orgoglio. Non poté non notare sul biglietto scritte con lettere ancora un po’ incerte una sola parola: papà. Aveva già incrociato quella donna lì, entrò in una stanza prima di quella di Joy e la salutò con un sorriso genuino, ricambiato dalla donna e dal bambino che la salutò agitando la mano liberata dalla stretta della madre. Dietro quella stanza un’altra famiglia si stava riunendo in quel Natale che aveva tante sfumature diverse: c’era chi sperava che presto sarebbe tornato a casa, chi conviveva con la coscienza che non ci sarebbe tornato mai e si godeva gli ultimi momenti illudendosi che quegli istanti durasse per sempre, sforzandosi di non far vedere ad un bambino il dolore della consapevolezza della realtà, cercando di fargli vivere quella festa nel migliore dei modi, provando a regalargli gli ultimi ricordi felici insieme.

Kate si fermò sopraffatta da quei pensieri e da quelle sensazioni. Tornò a quel punto della sua vita dove il filo si era spezzato e la matassa si era disfatta e confusa e lei aveva perso il bandolo di tutto. Pensò a quell’ultimo pranzo di Natale, a quel tacchino che era un po’ troppo cotto e a come sua madre di era rammaricata e di come lei e suo padre la prendevano in giro per il suo essere sempre perfezionista in ogni occasione e poi la sua mente tornò ad un particolare al quale non aveva più pensato, del quale non si era mai ricordata, il sorriso di Johanna quando aveva scartato il regalo che le aveva fatto Jim, un libro, uno di quelli che leggeva quando voleva rilassarsi. Era uno dei romanzi di Castle, forse proprio il primo della saga di Storm, non lo ricordava, riusciva solo a mettere a fuoco tra i suoi ricordi il viso sorridente di Rick nel retro, un po’ più giovane e più magro di quanto non era adesso e con la barba un po’ più lunga. Forse era un segno del destino. Rivide poi il volto di sua madre felice baciare suo padre e poi abbracciare anche lei, dopo aver scartato anche il regalo che le aveva fatto lei, una più banale sciarpa, ma che lei aveva subito indossato nel soggiorno di casa, girandola intorno al collo e alle spalle come se fosse un’abbraccio. Se ci pensava le sembrava di sentire ancora il calore di lei, il suo bacio sulla fronte, quel grazie sussurrato e la sensazione di sentirsi così figlia mentre già stava diventando mamma.

Fece un respiro profondo e si avvicinò alla porta della stanza di Joy, fece per entrare ma si fermò, ascoltò i rumori che venivano dall’interno, la musica natalizia e le risate dalle quali poteva distinguere facilmente le voci di tutti e quattro. Decise di bussare e non entrare, aspettare lì.

Fu ancora Castle ad andare ad aprire e fu ancora più sorpreso nel vederla lì di quanto non lo fosse stato poco prima quando si era trovato davanti Margaret. Ls vide cercare coraggio in un respiro profondo mentre si torturava le mani.

- Ciao. - Gli disse cercando di capire dai suoi occhi come avesse preso il fatto che fosse lì.

- Ciao… non ti aspettavo… noi non… - Balbettò qualcosa mentre Kate guardò dentro, avevano appena cominciato a mangiare: il piccolo tavolo era apparecchiato per quattro ed ognuno aveva il suo posto. Non ci aveva proprio pensato e si sentì improvvisamente stupida ad essere andata lì così, senza avvisare.

- Scusatemi io… non vi volevo interrompere e… mi dispiace… Vi lascio mangiare. - Se ne stava per andare quando Rick la fermò prendendo la sua mano, ma poi la sua stretta fu del tutto superflua perché Joy appena sentita la sua voce si era letteralmente precipitata ad abbracciarla e Kate venne travolta da sua figlia senza nemmeno accorgersene, ritrovandosela stretta alla sua vita.

- Mamma! Avevi detto che dovevi lavorare! - Chiese entusiasta di vederla lì e di quella visita del tutto inaspettata. Beckett la strinse istintivamente le braccia intorno a lei, accarezzandole i capelli.

- Sì, dovevo lavorare, ma… volevo stare qui con te… con tutti voi. - Si corresse guardando Castle che annuì con un sorriso tirato. - Finite pure di mangiare, faccio un giro e torno più tardi.

- Katherine, non scherzare. C’è posto e cibo a sufficienza per tutti. - Disse Martha spostando il suo piatto verso quello di Alexis e poi facendo lo stesso con quello di suo figlio, in modo che tra lui e Joy rimanesse spazio anche per lei.

- Non vi voglio disturbare, mi dispiace non avervi avvisato prima, ma sono riuscita solo adesso a sistemare tutto… - Si giustificò ancora sempre stretta nell’abbraccio di Joy con un vivace pigiama rosso e bianco in perfetto stile natalizio. Si ricordava quando erano usciti e Rick lo aveva comprato per lei e Kate gli aveva detto che Joy non lo avrebbe mai messo, invece eccola lì con il suo pigiama di Natale con le renne e i pupazzi di neve.

- Ma figurati, dammi un paio di minuti e sistemiamo tutto! - Le disse l’attrice e Kate non potè fare altro che annuire riconoscente.

- Ti vado a cercare una sedia. Magari in sala infermieri ne è rimasta ancora qualcuna. - Rick stava per uscire ma fu Beckett questa volta a fermarlo.

- Ti accompagno. - Joy la guardò e Kate sciolse il loro abbraccio promettendole che sarebbero tornati presto, come se si sentisse in dovere di rassicurarla che non sarebbe scappata via, o in realtà lo stava dicendo più a se stessa.

 

- Ti devo parlare Castle. - Gli disse Kate mentre lo seguiva per i corridoi dell’ospedale.

- Non c’è bisogno. - Rispose un po’ scostante.

- Sì. Io ho bisogno di farlo. Aspettami. - Erano nella strana situazione che era lei a rincorrere lui, un ribaltamento di scena alla quale non era abituata, ma le bastò affrettare di poco il passo per essergli davanti. - Ti prego. È importante.

Era davanti a lui e lo aveva di fatto obbligato a fermarsi.

- Cosa c’è? - Dalle sue poche parole, dal suo tono e dai suoi sguardi era chiaro come fosse ancora arrabbiato per quello che era successo qualche ora prima.

- Sono qui perché voglio essere qui, non perché devo esserci. Io ho i miei tempi Castle che non sono i tuoi, ma spero che potrai accettarlo ugualmente. Avevi ragione. Su tutto. Io devo lasciarmi una parte del passato alle spalle e non farmi più condizionare, devo pensare al futuro. Devo imparare ancora tante cose e tra queste c’è anche come essere una buona madre per Joy e da sola non posso farlo, vorrei che tu mi aiutassi, perché tu sei un padre eccezionale.

- Kate…

- No, fammi finire. Io voglio le stesse cose che vuoi tu, per noi. Voglio che tu sia felice e voglio farti felice, perché così sono felice anche io. Per questo sono qui. Perché ho capito quanto è importante anche per me trascorrere insieme una serata come questa, per ricominciare. Non voglio fuggire, Castle, non dalle persone che amo e non c’è nulla che amo più di Joy e di te. E voi siete più importanti di qualsiasi altra cosa. E no, il mio lavoro non è più importante di voi, è solo un rifugio da tutte le cose che mi fanno male. Però voglio superarle e voglio cominciare da questa sera.

- Cosa ti ha fatto cambiare idea Beckett?

- Da quando sono uscita dal loft, per tutto il tempo, non ho pensato a nient’altro che a voi e quando ero al distretto mi chiedevo che cosa stavate facendo e l’unica cosa che volevo è stare insieme a voi. Ho capito che stare lontano da voi era più doloroso di ogni ricordo. Non voglio più sprecare altro tempo, perdere momenti e occasioni.

- Andiamo a prendere questa sedia Kate, e poi torniamo da loro, ok? - Le sorrise e le accarezzò il volto, ma a Beckett quello che doveva essere un gesto affettuoso sembrò, invece, qualcosa di tremendamente distaccato.

- Castle, aspetta.

- Cosa?

- Sei arrabbiato con me, ancora?

- No. Sono contento che sei qui e spero che quello che mi hai detto sia vero.

- Non credi a quello che ti ho detto, vero?

- Ho paura anche io e… Non mi voglio illudere, perché poi ogni volta fa male rimanere delusi. Vorrei tanto che tutto quello che mi hai detto fosse vero.

- Io non posso prometterti che non sbaglierò ancora, che non farò di nuovo qualcosa che ti ferirà. Ma farò di tutto per migliorare, per superare le mie paure, per essere migliore, la madre che Joy merita e… la donna che meriti anche tu.

Rick le prese il mento tra le dita, sollevandolo verso di lui. Le sorrise dolcemente e poi le diede un bacio, sfiorandole appena le labbra.

- Penseranno che ci siamo persi o che ci abbiano rapiti gli elfi di Babbo Natale. - Gli sussurrò Rick.

- Perché gli elfi di Babbo Natale dovrebbero rapirci? - Gli chiese aggrottando la fronte stupito da quella frase.

- Beckett! Mi stupisci! Ti chiedi perché ci dovrebbero rapire e non mi riprendi dicendo che gli elfi di Babbo Natale non esistono!

- È la notte di Natale, Castle, questa sera e solo questa sera, ti concedo l’esistenza degli elfi.

- E di Babbo Natale allora.

- Certo, e di Babbo Natale.

 

Tornarono in camera giustificandosi un po’ goffamente del tempo passato a cercare una sedia, provocando le risatine imbarazzate di Joy e Alexis che avevano equivocato decisamente come avevano trascorso quel tempo da soli. Alla fine la sedia diventò quasi inutile, visto che Joy trascorse quasi tutto il tempo in braccio a lei, sembrando, in quell’occasione, molto più piccola della sua età, stretta alla sua mamma che veniva sopraffatta dalle emozioni che arrivavano ad ondate, ognuna diversa che si andava a sovrapporre e poi a sostituire quella precedente. Aveva notato la naturalezza con la quale Castle aveva preso la sua mano lasciata appoggiata sul tavolo e di come giocava con le sue dita, accarezzandole, stringendole tra le sue, massaggiandole. Amava che lo faceva senza nemmeno guardarla, come se fosse un gesto del tutto normale, abituale, mentre parlava con sua madre ed Alexis o mentre mangiava l’ultima parte di budino al cioccolato e arancio rimasto.

Aprirono i regali subito dopo aver finito di mangiare e quella stanza diventò un trionfo di carte e nastri e dovettero riprendere più volte Alexis e Joy di evitare urla e gridolini. Le due si erano lasciate prendere la mano dimenticandosi dove si trovavano. Questa per Rick, Kate e Martha fu la soddisfazione più grande.

Anche l’attrice aprì i suoi regali, la borsa ed il foulard che le avevano preso suo figlio e la detective e poi quello delle ragazze, un paio di guanti di pelle raso fucsia con pelliccia e paillettes che Alexis le aveva assicurato si abbinavano perfettamente con il vestito che avevano comprato insieme qualche settimana prima. Fu poi la prima ad andarsene, le sue amiche la aspettavano. Abbracciò e baciò calorosamente ognuno di loro e poi uscì di scena a modo suo, enfatizzando ogni movimento e parola, da attrice navigata che abbandonava il palco.

Castle era seduto sul letto di Joy vicino a Beckett che si era appoggiata alla sua spalla ed era lei ora a tenere la mano di lui tra le sue mentre insieme guardavano le loro figlie alle prese con giochi, vestiti e pacchetti. La cosa più bella e sorprendente fin lì per Kate era vedere come entrambe erano tornate decisamente bambine, soprattutto Alexis, solitamente sempre razionale ed adulta, si era lasciata trasportare da Joy.

- Credo che Alexis avrebbe sempre voluto avere una sorella per condividere queste occasioni speciali. - Le sussurrò Rick senza farsi sentire dalle due e Kate annuì compiaciuta di quel momento e di quell’atmosfera. Poi Joy prese un pacchetto che ancora non era stato scartato, ma non lo aprì, anzi lo portò a sua madre che la guardò stupita.

- Questo è per te, da parte nostra perché non ho potuto prenderlo io, ma Alexis ha seguito scrupolosamente le mie indicazioni.

- Scrupolosamente uh? - Ripetè Kate prendendo il pacchetto emozionata e divertita allo stesso tempo dalla figlia. - Non dovevi regalarmi nulla Joy. Sei tu il mio regalo più grande.

- Ecco io… ci tenevo. - Le disse la piccola mentre lei scartava il pacchetto e nel vedere il regalo l’emozione e la commozione presero il sopravvento. Una sciarpa, grande e morbida, proprio come l’ultimo regalo che lei aveva fatto a sua madre, solo il colore era diverso, lei aveva regalato a Johanna una sciarpa blu, questa invece era fucsia, un colore allegro e brioso.

- È splendida Joy! - Disse indossandola subito, un gesto istintivo senza pensare che si stava comportando proprio come sua madre.

- Questo colore ti sta veramente bene. - Le disse Castle facendola sorridere, mentre Joy si sedeva di nuovo sulle gambe di Beckett.

- Sì mamma, sei bellissima, ti sta bene! - Concluse Joy.

Alexis si avvicinò portando il regalo a Rick e Kate ne approfittò per ringraziare anche lei e poi tutte e tre osservarono Castle scartare il suo regalo con la stessa gioia di un bambino, provando prima ad indovinare il contenuto tastando e muovendo la scatola voluminosa, mentre la figlia lo pregava di fare attenzione, facendogli quindi dedurre che era qualcosa che potesse rompersi. Quando finalmente aprì la scatola si lasciò andare anche lui dimostrando tutto il suo entusiasmo per quel regalo che risvegliava tutto il suo spirito nerd: una lampada che riproduceva la “Death Star” di Star Wars.

- Wow! Starà benissimo sulla mia scrivania! - Abbracciò Alexis e poi Joy, prima di cercare una presa nella stanza per poterla provare subito, così rimasero al buio illuminati solo da quella lampada e dall’albero di Natale, mentre Rick la guardava girare imbambolato.

Kate sorrideva nel vederlo così, gioiosamente felice per un regalo così semplice fatto dalle ragazze. La cosa la sollevò e la fece riflettere allo stesso tempo, pensando che in fondo lei doveva ancora imparare a conoscere tanti lati di lui. Aveva passato giorni cercando qualcosa da potergli regalare, pensando che uno come lui, potesse avere tutto e che quindi era difficile fargli un regalo che lo facesse felice. Invece era tutto il contrario, perché Castle era un bambino nel senso migliore del termine, uno che si emozionava e si entusiasmava per le cose che potrebbero sembrare più semplici e banali. Lo raggiunse mentre era accovacciato vicino alla lampada e si mise nella stessa posizione vicino a lui, cingendogli le spalle con un braccio.

- Non è bellissima? - Le chiese sottovoce con gli occhi fissi sulla luce.

- Sì, è molto bella.

- Non la lampada, dicevo questa serata. Non è bellissima.

- È perfetta. Grazie.

Kate si appoggiò per un attimo con la testa sulla sua spalla, ma subito dopo furono sbilanciati e caddero a terra a causa dall’arrivo di Joy che si voleva insinuare tra loro.

Scoppiarono tutti a ridere, poi ad Alexis arrivò un messaggio e richiamò l’attenzione di suo padre.

- Papà, è Allison. Voleva sapere se poi mi accompagnavi tu da lei o mi deve venire a prendere sua madre.

Rick si rialzò non senza faticare un po’.

- Ti accompagno io piccola, te lo avevo promesso.

- Andiamo adesso? - Le chiese ancora la figlia sentendosi un po’ guastafeste, ma aveva promesso alla sua amica che sarebbe andata a dormire da lei quella sera per trascorrere insieme poi il giorno successivo.

- Certo, andiamo.

Alexis salutò Kate e Joy e lo stesso fece Castle.

- Rimani con lei? - Chiese Rick a Kate sulla porta della stanza.

- Certo. Torni qui?

- Certo che torno. Ci vediamo tra poco. - Le diede un bacio che rassicurò Kate e la fece sorridere quando Rick prima di lasciarla morse delicatamente il suo labbro inferiore. Poi tornò da Joy felice di potersi godere qualche momento sola con sua figlia.

   
 
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