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Autore: Io_amo_Freezer    06/11/2017    1 recensioni
Ace, in uno scroscio di riflessione quotidiano, con il mare davanti ai suoi occhi e il cielo limpido e sereno sulla testa, nota una figura ambigua ma interessante, guardandola volare da lontano maestosa. Da questo incontro cosa scaturirà? E questa entità, a tratti incorporea cosa vorrà mai dal nostro piccolo guerriero?
Storia dedicata a Noel e a Federica, due mie amiche non iscritte su questo sito. Grazie, e spero possa essere di vostro gradimento.
Genere: Fluff, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Marco, Portuguese D. Ace
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un Angelo Fenice.

Ace scrollò le minute spalle, portandosi le gambine al petto mentre osservava il prato sottostante sulla scogliera sulla quale si trovava, con dietro la fitta foresta ad attenderlo, quel cosiddetto Monte Corbo a cui era stato destinato già a tenera età. Sospirò, annoiato e triste; si era sfogato ancora una volta su quelle persone nei bassi fondi della città che, alle sue domande rispondevano offendendo Gol D. Roger. Gli aveva riempiti di pugni, usufruendo del suo tubo di metallo, e si era procurato, come al solito, dei lividi, ma erano pochi, però era rimasta lo stesso ad albergare dentro di lui tanta rabbia e dolore; perché il mondo intero odiava suo padre? E perché come padre gli era toccato avere proprio quel criminale che gli aveva abbandonati, aveva abbandonato sia lui che sua madre per la sua voglia di avventura, preferendo il patibolo al ritorno a casa. Fece una smorfia, davvero infuriato con tutti e stringendo i pugni, afferrando pezzi di prato e strappandoli, snervato, anche da quel vecchio, suo nonno, che gli diceva che gli avrebbe impedito perennemente di fare il pirata. Ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederlo incatenato al suo di sogno: diventare un Marine; Ace era invece deciso ad avverare il proprio, essere libero, e magari provare a cercare una risposta alla domanda che lo assillava più di tutte: meritava di vivere?
-Ma, cos'è?- sussurrò piano, assottigliando gli occhi per vedere meglio, con tono lieve e faccia incredula, guardando da lontano delle fiamme azzurre che si imponevano nel cielo come un'esplosione, anche per via del loro colore più scuro, in contrasto con il celeste che faceva da sfondo.
Trasalì, sgranando di più gli occhi nel vedere quella figura evanescente di fiamme avvicinarsi come in picchiata verso di lui, e iniziò, Ace, a indietreggiare senza alzarsi, aiutandosi a tirarsi indietro grazie ai palmi nudi delle mani e ai piedi, coperti dalle sue scarpette nere, ma quell'essere era un fulmine, e più si avvicinava più lo riconosceva come un uccello, uno di quelli così grandi e maestosi da rimanerci estasiati, da pensare immediatamente "E' magnifico!". Ma accadde una cosa strana, nell'attimo in cui planò, fermandosi, divenne un uomo: si trasformò, tanto da lasciare il bambino perplesso e confuso. Ace non capì, non concepì come avesse fatto, eppure quel ragazzo era lì, in carne ed ossa, con delle ali al posto delle braccia, blu dalle sfumature gialle, ed una coda splendente che si separava in tre strisce, divulgandosi e lasciandosi comandare dall'andatura del vento; era così lunga e completamente dorata, che si diffondeva a piccoli cerchi fino alla fine. La cosa che lo stupì maggiormente, però furono gli arti inferiori, perché non erano piedi ma zampe dotati di artigli, come quelli di un volatile feroce.
Respirò con l'affanno il piccolo, incredulo e sorpreso da quell'arrivo inaspettato di quella creatura che lo scrutava attentamente, studiandolo con cura affabile, a differenza di Ace che cercava solo di capire se doveva individuarlo come nemico, e quindi attaccarlo, oppure affibbiarlo come 'amico' e lasciarlo lì dov'era. Ma la mancanza della sua fidata arma, il tubo di metallo, lasciato al nascondiglio per via di una futile dimenticanza, lo costrinse alla seconda scelta, e così provò a ricomporsi, ma quello iniziò a parlare prima che potesse solo provarci, salutandolo con un pacato:
-Hello?-
Ace sbatté le palpebre un paio di volte, traumatizzato; e non perché gli aveva rivolto il saluto in inglese, che a mala pena lui sapeva cosa fosse, ma perché sapeva parlare: non se lo aspettava; come non si aspettava tutto quello che stava davvero accadendo. Perché era mezzo uccello?, si chiese nel pensiero.
-Tu... Sei un angelo?-
Il biondo dalla capigliatura ad ananas ed il volto leggermente allungato sorrise divertito a quella domanda balbettata con così tanta ingenuità, detta da quegli occhi così brillanti di meraviglia nel vederlo in quella forma; si era avvicinato perché quel bambino lo stava osservano, e lo aveva incuriosito, così aveva voluto andare da lui; senza un motivo particolare in realtà: voleva e lo aveva fatto. Con cautela lasciò che una zampa si adagiasse sul terreno, trasformandola poco a poco nel suo vero piede nell'istante in cui toccò il prato verde, e seguì lo stesso procedimento con l'altro, coperti da dei sandali neri che finivano fino al polpaccio, risalendo fino a quel punto come a chiocciola, e poi si sedette, tornando completamente umano, e con la fascia azzurro chiaro legata alla vita dei pantaloni blu, che arrivavano fino a sotto il ginocchio, mentre, una parte di quel pezzo di stoffa, chiaro, fuoriusciva svolazzando tranquilla oltre la scogliera.
-Una specie.- gli rispose alla fine, continuando a sorridere e guardandolo, con quei due metri di terra che gli separavano.
-Oh.- mormorò il moro, scompigliandosi i capelli con una mano come se non avesse capito prima di mettersi seduto composto, o almeno così come sapeva essere, con un ginocchio adagiato sul prato ed un altro sollevato all'altezza del suo piccolo petto.
-Come mai quei cerotti?-
-Uff, non sono fatti tuoi. E poi, se sei un angelo come dici di essere, dovresti sapere tutto, no?- sbottò contrariato e con un tono davvero sgarbato, al contrario del biondo che non perse la sua calma e la sua gentilezza nemmeno dopo quel commento, ridendo anzi mentre il piccolo si grattò una guancia con fare scettico e annoiato, sfiorando la stoffa del cerotto più grande.
-Diciamo che non tutti gli angeli sono uguali, io...- fece finta di pensarci su, anche se non sapeva davvero le capacità di quegli esseri divini di cui stava trattando al momento con il piccoletto. -Io sono più un angelo pirata.- esclamò fiero, facendo scintillare quegli occhietti neri con ancora più entusiasmo.
-Davvero?- chiese strabiliato, avvicinandoglisi di più, curioso, mentre il biondo si indicò il petto dopo aver confermato.
-Lo vedi questo tatuaggio?- fece retorico, mostrando, anche grazie al fatto che la camicia viola che indossava era aperta sul davanti; un tatuaggio blu a forma di croce che, con in mezzo una luna rovesciata verso l'alto, sembrava sorridere. -E' il simbolo dei pirati a cui appartengo.-
-Che cosa bella.- sorrise. -Posso toccarlo?-
-Certo.- annuì, guardando il moro allungare la mano, lasciando percorrere, alle dita del bambino, quel simbolo; e lo fece con una cura estrema, a tratti che non gli apparteneva, senza uscire dai margini nemmeno una volta mentre sorrideva contento di quel privilegio.
-Sai, anch'io diventerò un pirata. Ma cos'è che rappresenterebbe? Perché una croce ed un sorriso?-
Ace sbuffò, roteando gli occhi al cielo, offeso nel sentire quello ridere per la sua domanda e si allontanò per poterlo osservare negli occhi, che il biondo teneva perennemente socchiusi; gli aveva neri, proprio come i suoi, ma senza la spruzzata di lentiggini sulle guance che invece caratterizzava il minore.
-Te lo spiegherò un'altra volta, questo.- si limitò a dire, tranquillo, passando poi una mano sulla capigliatura ribelle del moro che si distanziò di colpo.
-Ehi, falla finita!- scattò infatti, infastidito e con un lieve rossore sulle gote, imbarazzato per quello strano gesto.
-Ma dimmi, tu rimarrai qui?- chiese poi piano, calmandosi, il moro, dopo istanti di lieve silenzio.
-Forse un po'.- commentò quello, volgendo gli occhi ai nuvoloni neri che stavano per incupire il cielo, forse prossima una tempesta.
-Immagino che tu non sei il mio angelo custode... Nessuno vorrebbe avermi, nemmeno un angelo...- sussurrò incupendosi, svelando un margine dei suoi tormenti, e lasciando che le ciocche nascondessero i suoi occhi che brillarono di dolore.
-Mhm... Dimmi, perché sei qui tutto solo?- chiese allora, fingendo di non averlo sentito, ma elaborando appieno quelle parole intrise di rammarico e sofferenza.
-Sabo non era ancora tornato, ci dovevamo incontrare sull'albero come ogni giorno. Mi annoiavo ad aspettarlo, e sono venuto qui.- rispose cupo, ancora pensieroso sulle proprie parole di prima.
-Beh, abbiamo fatto un passo avanti: ora mi dici chi ti ha procurato quelle ferite?- chiese, contento nel vederlo aprirsi di più.
-Smettila.- brontolò lui, con una smorfia di diniego. -Quindi starai qui per un po', e cos'hai da fare in un postaccio simile?-
-E' così che critichi la tua isola? Comunque, passavo da queste parti.-
-Mhm. E' bello essere una 'specie' di angelo?- domandò curioso, guardandolo pensarci su con un mezzo sorriso prima di rispondergli:
-Sì, direi di sì. Sei pieno di domande, eh?- commentò, guardandolo sbuffare ancora, e il biondo si divertiva a vederlo così.
-Senti, posso salirti in groppa? Insomma, mi fai volare?- brontolò ancora nel fare quella domanda, come se gli risultasse difficile farla mentre divenne rosso sul viso, imbarazzato.
-Certo.- annuì il maggiore, alzandosi in piedi e trasformandosi ancora, questa volta diventando una fenice completa davanti al piccolo che sgranò gli occhi, issandosi in piedi anche lui.
-Wow!- si lasciò sfuggire un sorriso sincero, contento di quello spettacolo mentre allungò una mano verso quelle piume fiammeggianti e raggianti, così belle con quelle fusioni di blu sul corpo e quelle sfumature di giallo qua e là, e poi il becco rigido, e le zampe lunghe e pericolose per via degli artigli che le costituivano.
Con un po' di esitazione, Ace sfiorò quelle piume, accarezzandole e sentendole calde e morbide prima di saltare intraprendente sulla groppa del volatile che non sembrò risentire per niente del peso in più, scuotendosi solo un po' per cercare di farlo mettere in una posa comoda per entrambi mentre sentì le manine del piccolo aggrapparsi con dolcezza su di lui per reggersi, e il possessore del frutto del diavolo non si aspettò tanta cura da parte di quell'esserino visto i suoi atteggiamenti che aveva avuto e i suoi modi bruschi, anche se, a ripensarci, era stato cauto anche nel toccare il suo stemma sul petto. E lo lasciò fare, contento, sentendolo mettersi comodo e far passare le sue braccine attorno al proprio collo lungo e forte, adagiando poi la testa sul retro della gola, come in un tenero abbraccio.
-Sei bello.-
Lo sentì mormorare, imbarazzato tale commento e chinò la testa in segno di gratitudine, anche se non sapeva se lo stava osservando, ma aveva la sensazione che tenesse i suoi occhietti puntati sui suoi.
-Anche tu sei un bel bambino.- gli rispose con gentilezza prima di sbattere le ali, contento che, per la prima volta, non avesse nulla da ribattere quella 'peste', senza sapere che avesse affondato il muso nelle sue piume con più insistenza a quelle parole, davvero felice di averle sentite.
Ma Ace sentì anche che mancasse qualcosa, non lo capiva ma pensò che a quel complimento dovesse rispondere con altro, ma non poteva ancora sapere che la parola che cercava era un semplice ma profondo "Grazie.", ancora nessuno gli aveva insegnato le buone maniere. Ingoiò quella sensazione di incompletezza e lasciò che il vento facesse vibrare il suo corpicino appena furono in mezzo al cielo, sopra al blu del mare; era tutto blu quel giorno, per Ace: il cielo, il mare e quel volatile; tutto blu. Ridacchiò a quel pensiero, permettendo al ragazzo di udire per la prima volta la sua risata cristallina mentre svolazzava tranquillo e veloce, con il vento sul becco e sugli occhi, appagato da quella sensazione: amava volare, danzare nell'aria e sentire la natura circostante addosso, tra cui il sole che era tornato, scacciando via quei nuvoloni che aveva intravisto poco fa.


Atterrò tranquillo, ritrasformandosi appena il bambino tornò a terra, e lo guardò sedersi per poi distendersi e sospirare con un immenso sorriso sul volto.
-E' stato bellissimo!- esclamò euforico, con il respiro a mille e il petto che correva impetuoso, coperto da quella semplice e bianca canottiera. -Lo rifacciamo?- si mise seduto, guardandolo contento, ma il sorriso svanì a poco a poco nel vedere di non essere ricambiato.
-No, forse la prossima volta. Ora devo andare.- disse pacato, chinando il capo lievemente, in segno di saluto per poi dargli le spalle e prepararsi a spiccare in alto, per vibrare con il vento ancora una volta.
-Mi abbandoni?- sussurrò mogio, stringendo i piccoli pugni contro i lembi dei suoi pantaloncini scuri e poi sospirando come se, in fondo se lo aspettasse.
-No.- si voltò invece il biondo, stavolta accogliendo quelle parole senza ignorarle. -Sarò il tuo angelo da oggi in poi, ma non sarò un angelo custode...- disse pensandoci su. -Facciamo, facciamo che sarò il tuo angelo fenice, contento?- disse sorridendo, lasciando incredulo il minore che arrossì nel sentire un senso di felicità opprimergli il petto con tutto il corpo che si invase di un calore anomalo: perché era contento, qualcuno gli aveva donato un po' di affetto con solo poche parole, dicendogli così, dicendogli in questo modo che non lo abbandonava.
-Aspetta ancora un po'!- reclamò quando lo vide alzarsi in aria, così si affrettò il più possibile.: -Io sono Ace, tu come ti chiami?- gli corse dietro, rallentando appena arrivò alla base della scogliera.
-Lo scoprirai quando ci incontreremo per mare.- sorrise lui, sbattendo con più enfasi le ali e raggiungendo il cielo, recandosi fulmineo verso l'orizzonte fino a fondersi con esso, ed Ace, a quel punto, non lo vide più, e il suo battito rallentò, come l'adrenalina, e scomparve tutto, ma non il ricordo, non quelle parole e quella muta promessa che gli aveva appena fatto. E nemmeno il sorriso scomparve, rimase a fargli compagnia, a farlo stare sereno perché il cuore gli sussurrava, o gli urlava, non lo capiva nemmeno lui per quanta felicità lo circondasse, che lo avrebbe rivisto, e ne era sicurissimo Ace: lo avrebbe rivisto.
Il bambino sorrise deciso, con la convinzione che sarebbe diventato un pirata più forte e viva che mai. E mentre si avviava verso la fitta boscaglia continuò a pensare a quel ragazzo che credeva in lui, a quel nuovo amico prezioso; e non poté che dirsi che Sabo non gli avrebbe mai creduto se gli è lo avesse raccontato; e nemmeno lui ci credeva, ma lo aveva vissuto, e ne era speranzoso che non fosse stato tutto un bel sogno perché non si era ancora svegliato. Ora doveva solo continuare a racimolare denaro per una nave, e poi sarebbe andato alla ricerca di quel biondino: non si sarebbe dimenticato di lui, pensò, anche perché doveva scoprire il suo nome.


The End.
  
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