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Autore: Amatus    07/11/2017    3 recensioni
I grandi eroi esistono per sconfiggere grandi nemici e pericoli mortali. E se il confine fra eroe e mostro non fosse così evidente? Se l'eroe non sapesse contro cosa realmente combatte? Se il nemico fosse convinto di essere un eroe?
E se il nemico più pericoloso fosse l'eroe pronto a combattere per la propria giusta causa a dispetto di tutto il resto?
Una storia può essere raccontata da diversi punti di vista. Questa storia ne presenta due. Due potenziali eroi. Due potenziali mostri. Distinguere l'uno dall'altro potrebbe essere più difficile di quanto si pensi.
Era troppo tempo che qualcuno non gli rivolgeva una parola gentile e fare nuove conoscenze era una cosa così tanto al di fuori delle sue aspettative che non sapeva come reagire. Quando alla fine pronunciò il suo nome quelle lettere così scandite suonarono buffe alle sue orecchie. Non avevano più nessun significato da tempo immemorabile. Solas. Da quanto tempo nessuno lo chiamava così, sentire quel nome, anche se pronunciato dal nano lo fece sentire meglio.
[IN REVISIONE]
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Inquisitore, Solas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fen'Len - Figlia del Lupo'
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Non ci credevo più neanche io, ma sono arrivata alla fine di questa storia. Non so se sia rimasto ancora qualcuno a leggere o se nel frattempo la gente si è fatta grande, è diventata seria e ha smesso di perdere tempo con le fanfiction, però per me è una grande soddisfazione poter dire di essere arrivata alla fine. Come ho fatto altre volte ho diviso il capitolo in due parti perchè sarebbe stato davvero troppo lungo per essere lasciato intero. La seconda parte arriverà domani in giornata. Grazie a quanti passeranno da queste parti, Dareth Shiral.




Vir Banal'ras the way of the shadow

 

XLIX

“Sospetto che tu abbia delle domande.”
Neanche in un momento come quello aveva saputo mettere da parte quella maledetta ironia e nonostante tutto era lei che continuava a passare per quella incapace di riconoscere quando il tempo per gli scherzi era finito.
Era scintillante nella sua armatura dorata, sembrava più alto, più potente e incredibilmente più vecchio. Fu un attimo, di nuovo un lampo improvviso e un dolore accecante, Lena si ritrovò in ginocchio questa volta. Come il vento che si alza rapido e rischiara il cielo, così in un attimo il dolore scomparve e questa volta completamente, l'ancora sembrava tornata inerte, il dolore persistente che l'aveva accompagnata nell'ultimo periodo sembrava scomparso improvvisamente. Una semplice occhiata e la mano che tentava di ucciderla si era placata, come poco prima uno sguardo e la qunari che era andata così vicina all'ucciderli tutti era stata tramutata in pietra, e non era sola. Non le piaceva che lui avesse tutto quel potere su ciò che minacciava di ucciderla e quello sguardo la disturbava, lo aveva visto in passato una volta e aveva creduto che fosse posseduto da qualche terribile spirito, invece forse era lui stesso il terribile spirito.
Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi del mago tornati normali e ora assurdamente vicini. Il mago si era inginocchiato davanti a lei e la scrutava ora allarmato, a Lena mancò l'aria, Solas aveva fatto qualcosa per alleviare il suo dolore, ma abbandonandosi come al solito al contegno del medico aveva dimenticato di prendere in considerazione la situazione. Lena riusciva a sentire l'odore della sua pelle, non era in grado di distogliere lo sguardo dai suoi occhi chiari di cui aveva così tanto sentito la mancanza e l'istinto le diceva di dimenticare ogni cosa e baciarlo.
Una mano di Solas si bloccò improvvisamente nel gesto di posarsi sul viso di lei, un brivido percorse la schiena di Lena come se quella mano si fosse effettivamente posata sulla sua pelle. Avrebbe voluto afferrare quella mano e portarsela al viso, chiudere gli occhi e respirare a fondo l'odore familiare di lui, ma un timore tutto nuovo la bloccava.
“Non è una misura definitiva, ma dovrebbe farci guadagnare un po' di tempo.” La voce calda e controllata di Solas la fece tornare in sé, si riportò in piedi e il mago fece lo stesso.
“Tu sei Fen'Harel, tu sei il Temibile Lupo.” Un moto di soddisfazione la riscaldò nel vedere la sorpresa dipingersi sul volto del mago. Quel dubbio l'aveva tormentata durante tutto quello strano viaggio, gli agenti qunari continuavano a parlare dell'Inquisizione come di agenti di Fen'harel, gli scritti in cui si erano imbattuti avevano fatto crescere i sospetti, ma gli affreschi avevano sollevato domande più di ogni altra cosa. Avrebbe riconosciuto quella tecnica ovunque, la mano che aveva fatto quei dipinti era mutata nel tempo, ma era troppo simile per non essere la stessa. Lo aveva osservato dipingere per lunghe ore, troppe per potersi ingannare, anche in tempi lontani e non sospetti quando essere colta ad osservarlo risvegliava in lei un imbarazzo che non sapeva identificare. Era stato così bravo lui a riconoscere i propri sentimenti e a nasconderli, lei non era mai stata brava con queste cose.
Anche ora la sorpresa dipinta sul suo volto fu allontanata in fretta e se Lena non fosse stata abituata da una lunga consuetudine a leggere ogni segno appena percettibile sul bel volto del mago, si sarebbe forse lasciata ingannare dal sorriso leggero che in un attimo aveva preso il posto dello stupore e dalle parole gentili che seguirono.
“La tua intelligenza come al solito ti fa onore.”
“Diciamo che essermi trovata faccia a faccia con Mythal mi ha aiutata a tenere la mente aperta a nuove possibilità.”
Lo vide serrare le mani dietro alla schiena e guardare lontano mentre riprendeva i fili di un discorso che sembrava aver già provato molte volte. Lena si chiese se fosse davvero diretto a lei o se non fosse che una spettatrice casuale.
“Fui solo Solas in principio, Fen'Harel venne dopo un insulto che trasformai in uno stendardo.”
Lena riconobbe le parole che lei stessa aveva pronunciato alcuni anni prima e vide un lampo di complicità negli occhi tristi del mago.
“Non avrei voluto vederti subire lo stesso destino, ma tu sei stata più abile di me nel gestire le conseguenze delle tue azione o forse sei stata più fortunata.”
Fortuna? Osava parlare di fortuna? La faccia tosta dell'elfo le toglieva le parole, Lena sapeva che se avesse aperto bocca avrebbe iniziato a gridare. O a piangere. Quindi tacque.
Solas parlò a lungo svelando davanti a lei i misteri del passato, i segreti dimenticati del mondo antico. Parlò senza guardarla, finché non fece cenno all'immortalità perduta della sua gente. Un rammarico profondo si dipinse sul volto del mago quando i suoi occhi chiari incrociarono quelli stupiti dell'elfa.
“Ho reso libera la mia gente, ma facendolo li ho separati dalla loro stessa natura, li ho costretti a mutare.”

Per sottrarsi a quello sguardo angosciato Lena si sforzò di parlare “Questo è il passato, cosa accadrà in futuro?”
“Venhan, credi che io sia tanto avventato da svelare a te i miei piani?”
Un sorriso leggero aveva spazzato via la tristezza, la dolcezza delle sue parole non combaciava con la freddezza del suo tono. Non avrebbe dovuto fare appello al suo cuore, non poteva credere che si sarebbe lasciata manipolare così facilmente. O forse lo faceva perché sapeva di poter avere successo?
“Il fatto che tu abbia dei piani che non vuoi condividere mi sembra di per sé abbastanza allarmante.”
“Trovarti davanti al Temibile Lupo delle leggende del tuo popolo non è forse sufficiente?”
“È tornato ad essere il mio popolo, ora? Credevo sapessi che le leggende dalish non significano molto per me.”
“Com'è la maledizione dalish? Che il Temibile Lupo ti prenda. Non ti spaventa neanche un po'?” Quel suo modo di giocare con lei era nuovo e un po' inquietante, ma non poteva non riconoscere che fosse quanto meno autentico. Aveva rimosso ogni maschera, non ne aveva più bisogno, e improvvisamente Lena ebbe paura. Era davvero l'antico dio degli inganni l'elfo che la guardava divertito in quel momento? Si sentì in trappola per un attimo e questo l'aiutò a reagire.
“Hai imparato dei trucchi interessanti,” disse l'elfa sprezzante indicando con un gesto la statua della viddasala, “ma non credo di avere niente da temere da te.”
E il dio tornò ad essere per un istante l'apostata, lo sguardo smarrito e le mani tremanti lo tradirono, ma Lena fece un passo nella sua direzione mettendolo in fuga.
“Hai ragione, non devi temere, farò quanto in mio potere per tenerti al sicuro il più a lungo possibile.”
Erano parole stonate e fecero scattare un allarme nella testa della ragazza: “Solas, cosa hai in mente?” La testa affollata da oscuri presagi, possibile che nelle leggende ci fosse infine un fondo di verità?
“Gli elfi hanno sofferto troppo a lungo a causa del mio errore, la grandezza dell'antico popolo deve essere restaurata.” Lo sguardo era triste ma la voce indurita dalla risolutezza: “Non importa quale sarà il costo.”
Lena lo guardò a lungo senza dire una parola, lui non osava rivolgerle uno sguardo. Infine tutto era chiaro, il suo contegno schivo, la testarda ostinazione a non intessere legami, la forza con cui l'aveva tenuta lontana. Questo mondo era sbagliato, lui lo aveva creato mettendo fine a tutto ciò che riteneva bello e degno di essere salvato, lo aveva fatto per preservare quella bellezza, che aveva invece visto distrutta dalle sue azioni sconsiderate. Ora capiva il dolore che affiorava nei suo occhi ogni volta che gli si faceva vicina. Ora che finalmente comprendeva tutto, lui sconvolgeva di nuovo le carte in gioco, che cos'era quella nuova pazzia? Cosa stava cercando di dirle?
Gli si avvicinò e lo afferrò per una spalla nascosta sotto un armatura sottile e fredda, costringendolo a voltarsi verso di lei. Qualcosa dentro di lei le ingiungeva di non fare domande, ma mise immediatamente a tacere quella voce.
“Se vuoi combattere per dare dignità agli elfi, sarò con te. Ho visto cose spaventose da quando sei andato via, sono pronta a intraprendere questa lotta una volta che l'Inquisizione sarà smantellata. Permettimi di lottare al tuo fianco, o per te.”
Lo sguardo che seguì le sue parole le spezzò il cuore. I due occhi chiari del mago, erano colmi di lacrime, ma neanche una rigò il bel volto dell'elfo, il dolore come sempre rimaneva confinato ai suoi occhi senza che lui si permettesse di lasciarlo andare.
“Venhan, questo non è possibile. Il sentiero che percorro porta ad una fine inevitabile ed è cosparso di sangue, per nulla al mondo ti lascerei portare una tale colpa.” Davanti al suo sgomento Solas si sentì in dovere di spiegare ancora “Il velo ha distrutto l'antico mondo ed è solo abbattendolo che potrò vederlo risorgere. Vorrei che tu potessi vedere: Vir Dirthara, l'antica biblioteca, la magia e la bellezza, nessuno più di te sarebbe in grado di apprezzare tanto splendore, nessuno più di te ne sarebbe degno. Vorrei che ci fosse un modo per te di lasciare illesa questo mondo sbagliato, non c'è niente per te qui.” 
“Come puoi nascondere dietro alle lusinghe dei propositi tanto distruttivi. Sei impazzito? Non umiliare me e quello che provo per te cercando di ricavarne un vantaggio. Non lo merito e comunque non funziona.”
Solas la guardò costernato “Non era mia intenzione Venhan.”
La confusione e la paura esplosero in Lena in un moto di rabbia, come le accadeva fin troppo spesso: “Non chiamarmi così. Non puoi dire che sono il tuo cuore e continuare ad allontanarmi, non puoi chiamarmi il tuo rifugio, la tua casa e cercare di distruggere il mio mondo, il mondo per cui ho sacrificato tutto. Tu hai lottato al mio fianco, hai fatto tanto affinché a Corypheus fosse impedito di raggiungere il tuo stesso obiettivo, perché? Che senso ha? Vuoi dare vita a nuove leggende? Fen'harel il distruttore di mondi? Perché hai fatto tanto per proteggere questo mondo se la tua intenzione è sempre stata quella di vederlo bruciare?”
“Perché non sono un mostro!” Il moto d'orgoglio si sciolse in un attimo nel dolore più sincero e Lena sentì il cuore liquefarsi. “Ho sperato ci fossero altre strade, ma non ne ho trovate.”
“Possiamo cercarne insieme.”
“Vorrei fosse possibile. Hai dovuto subire i miei errori fin troppo, non permetterò che tu venga macchiata della mia colpa.”
Lena si fece ancora più vicina, poteva sentire l'odore dell'elfo, quello come il suo sguardo triste non era cambiato affatto, avrebbe potuto riconoscerlo anche solo da quello. Sollevò una mano fino a portarla sul volto del mago e lo vide chiudere gli occhi abbandonandosi a quella carezza. Sciocco e testardo, come sempre.
“Guardami.” Quando il mago riaprì gli occhi continuò: “È alla figlia del lupo che stai parlando, non dimenticare. Hai mai sentito dire che le colpe dei padri ricadono sui figli? Ho abbracciato il mio destino quando ho condannato a morte la mia gente, non sono un dio, ma nel mio piccolo ho distrutto un intero mondo, dovrò convivere con la colpa che tu lo voglia o no. Lasciami venire con te, cercheremo un'altra strada e se davvero non dovessimo trovarne, beh allora vedremo.”
“Io percorro il Din'Ashiral, c'è solo la morte su questo sentiero e non voglio che tu veda ciò che diventerò.”
“Arrogante e testardo. Distruggerai l'intero mondo per provare la tua grandezza, per non ammettere che potresti essere in errore, per non riconoscere che qualcun altro potrebbe riuscire dove tu hai fallito?”
Ma sentì la voce mancarle quando l'ancora tornò a reclamare attenzione e lei finì di nuovo ginocchia a terra sovrastata da troppi tipi di dolore.
“Ci è rimasto poco tempo, averti trascinata qui, mi dà almeno la possibilità di rimediare ad uno dei miei tanti errori. Non morirai, almeno per ora.”
Ma Lena era sorda alle parole del mago, sconvolta dal folle piano che le aveva appena confidato. Solas era una natura gentile, lo aveva visto prendersi cura di malati e derelitti, lo aveva visto battersi per difendere schiavi e servitori, non poteva davvero pensare di distruggere tutto.
Non poteva lasciarlo andare via. Lui si era accosciato davanti a lei e lo afferrò per un braccio con tutta la forza che aveva.
“La morte di questo mondo non può essere una risposta.”
“Non è una buona risposta, è vero. Ma a volte le scelte terribili sono le uniche che ci rimangono”
“Non farlo, non costringermi a combatterti. Se continuerai l'unica scelta che mi rimarrà sarà quella di fermarti.”
“So che ci proverai. Ma per ora permettimi di prendermi cura di te.” Una luce inquietante oscurò di nuovo il suo sguardo e Lena sentì il dolore abbandonare la sua mano. Se avesse prestato maggiore attenzione avrebbe notato che il dolore non era la sola sensazione scomparsa, ma gli occhi dell'elfo erano tornati normali ed erano fissi nei suoi. Lui sembrava riluttante ad andare e Lena sapeva che non avrebbe potuto perdere l'occasione di dire qualche parola in più. Non poteva essere completamente sordo alla ragione. Ma la gola era chiusa e pronunciare anche solo una parola sembrava impossibile. Quando Solas accennò a muoversi riuscì a pronunciare in un sussurro “Sila: Banal Nadas.”
L'elfo si fermò e la guardò ancora per un momento. Perché la stava baciando? Non poteva davvero credere di amarla. Eppure erano lacrime quelle che bagnavano infine il volto dell'elfo, poteva sentirle bagnare anche il suo viso. Ma dopo un attimo lui era scomparso attraverso lo specchio. Fu solo dopo un lungo momento che si accorse che la sua mano era stata tramutata in pietra e che stava iniziando a sgretolarsi.
Si guardò attorno, la statua della viddasala torreggiava poco distante e a valle poteva vedere i molti guerrieri che avevano subito il suo stesso destino. Come poteva essere sconfitto qualcuno con un tale potere. Come poteva essere fermato un uomo con tanti rimpianti e più nulla da perdere? Era ora di tornare indietro e cercare un modo per raccontare a tutti la verità.

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Skyhold si andava svuotando, presto la fortezza sarebbe tornata preda della polvere e delle ingiurie del tempo o magari il suo proprietario sarebbe tornato a reclamarla. Non lo aveva ringraziato per il castello, era stato davvero maleducato da parte sua.
L'Inquisizione era ormai smantellata, Leliana era rimasta contrariata dalla sua scelta, non aveva apprezzato che lei rinunciasse ad un esercito e a preziose alleanze, ma Lena sapeva che quella lotta non avrebbe portato niente di buono. Era giusto mantenere l'Inquisizione pulita, un simbolo di onore e protezione che sarebbe rimasto incorrotto nel tempo. E forse, anche se non lo avrebbe ammesso neanche a se stessa, non riusciva a pensare di poter combattere con un esercito contro di lui. Di certo non è con la forza che si sconfigge un dio.
Quello sarebbe dovuto essere il suo ultimo giorno a Skyhold, ormai non rimanevano più di una dozzina di persone nell'intera fortezza, ma erano giorni che rimandava la partenza e avrebbe potuto trascorrere un'altra notte in quel posto senza sentirsi troppo in colpa. Era decisa a viaggiare da sola, nonostante le proteste di Leliana e della divina in persona. Avere a che fare con Cassandra stava diventando sempre più un'impresa da quando la sua testardaggine poteva essere mascherata da volere divino, ma Lena avrebbe mentito dicendo che non trovava divertente poter discutere con la Divina.
Charter l'aspettava con la bisaccia pronta sulla soglia della sala grande e vedendola si accigliò, doveva aver capito con uno sguardo le sue intenzioni. “Non dirmi che non stiamo partendo?”
Lena sorrise: “Oh sì mia cara, tu stai partendo. Io ti raggiungerò sulla strada.”
“Non pensarci nemmeno, Leliana vorrà la mia testa se ti permetto di viaggiare da sola.”
“E allora tu non dirglielo, sei tu i suoi occhi qui, a meno che non debba temere di essere spiata da qualcun altro. Se tu non parli, di certo non lo farò io. Vinciamo entrambi.”
“Lena, non voglio lasciarti qui.” Il tono della ragazza si era fatto serio. Lena era ormai affezionata a quella strana elfa, era divertente e sopra le righe, irriverente e intelligente si era dimostrata una compagna perfetta quando tutti avevano lasciato Skyhold, ma anche lei aveva una sua vita, nonostante Leliana sembrasse dimenticarsene. Quando gli elfi del Thedas avevano iniziato a dileguarsi Lena aveva temuto che anche la sua nuova amica li avrebbe seguiti, ma lei era rimasta e questo voleva senza dubbio significare due cose: la prima che sarebbe rimasta nei paraggi ancora a lungo ed era piacevole per Lena sapere di poter fare affidamento su qualcuno, ma la seconda era buia e problematica. La scomparsa degli alfi aveva senza dubbio a che fare con luie di certo lui non avrebbe permesso alla fedele assistente della mano sinistra della divina di unirsi alle sue file, proprio come non lo aveva permesso a lei.
Con tono più dolce Lena cercò di confortare l'amica “Non preoccuparti, le strade sono sicure qui oramai. Vi raggiungerò non appena saremo a valle. Credo che Tessa sia felice di averti tutta per lei per un poco, non vorrai mica che inizi ad odiarmi? Sa essere pericolosa la tua ragazza, in caso tu non te ne fossi accorta.”
Charter non era riuscita a trattenere un sorriso, Lena sapeva di averla avuta vinta, come al solito con lei.
“Se ti fai uccidere per strada verrò a prendere a calci il sedere del tuo cadavere.” L'abbracciò e la guardò allontanarsi. Nel cortile inferiore Tessa aspettava l'elfa, le due donne si scambiarono poche parole poi la brunetta si voltò verso di lei e agitò una mano in segno di saluto. Si allontanarono seguite dagli ultimi rimasti, qualche soldato, un paio di cuochi e una guaritrice. Skyhold sarebbe stata solo sua per quella giornata.
Si aggirò per la fortezza silenziosa, i suoi passi leggeri rimbombavano tra le mura ormai vuote. Quella era stata casa sua, per poco tempo è vero, ma pensandoci bene era stato l'unico posto che avrebbe potuto chiamare così. I tempi a venire le avrebbero portato altre case, altri luoghi a cui fare ritorno, ma quella era stata la prima. Varric le aveva donato una casa a Kirkwall e l'idea che la volesse vicina le aveva scaldato il cuore più del gesto in sé. Lena era felice di poter vivere vicino al suo amico, ma sapeva anche che la fine dell'Inquisizione non segnava l'ingresso in una stagione più tranquilla della sua vita. Doveva avere occhi ed orecchie ovunque e mettere radici in un solo posto era per lei praticamente impossibile. Kirkwall sarebbe stato senza dubbio un punto strategico per tenere le comunicazioni con il Tevinter, ma era lontana da Val Royeaux. Per questo Lena aveva chiesto di poter avere un letto nella nuova Haven ancora in via di ricostruzione. Nessuno era ancora incline a rifiutarle nulla, la memoria dell'Inquisizione e della fine del mondo era ancora vicina ma chissà cosa avrebbero detto sapendo che fermare di nuovo la fine del mondo non la vedeva così convinta questa volta. Ora che il nemico non era un mostro, la sua determinazione vacillava.
Si aggirò per un poco nella grande sala centrale combattendo con poca convinzione contro la voglia di dirigersi alla rotonda, e ben presto smise di lottare. Non vi era più neanche lo schiamazzare dei corvi a distogliere i pensieri e Lena se ne lasciò sommergere guidata dalla strana arrendevolezza frutto della malinconia.
Conosceva quegli affreschi meglio del loro stesso autore, ma ne studiò comunque le pennellate e lo stile, soprattutto ancora una volta cercò di penetrarne il significato. Vi era una confessione nascosta, era ovvio, indizi sapientemente mescolati per ingannare. Aveva guardato affascinata il simbolo dell'inquisizione circondato dai lupi, era convinta che quei lupi fossero lì come guardiani, come le statue messe a protezione delle anime dei guerrieri nelle Tombe di Smeraldo. Sbagliava, quei lupi non erano lì come guardiani ma come spie.
Quegli affreschi erano specchio dei dubbi del loro autore, inizialmente aveva provato forse a in modo contorto a confessare, poi aveva rinunciato, troppo preso dalla sua missione e anche gli indizi erano man mano venuti meno. Forse lui aveva cercato di metterla alla prova, ma lei sorda al suo messaggio di aiuto lo aveva deluso e lui aveva desistito.
Lena si accostò infine all'ultimo affresco, quello lasciato incompleto, ne tracciò le linee con un dito, più di ogni altro affresco quelle linee abbozzate le davano l'impressione di essere vive, poteva vederne lo svolgersi attento, i tratti controllati, poteva illudersi osservandolo che l'autore sarebbe tornato da un momento all'altro per portare a termine la sua opera. E forse lo avrebbe fatto, quella era la sua fortezza infondo. Forse lui era lì da qualche parte in attesa che lei liberasse la strada per tornare ad occupare ciò che gli apparteneva, non era forse per questo che non riusciva ad allontanarsi da quelle mura?
Quello sciocco testardo e presuntuoso aveva bisogno di qualcuno che avesse il coraggio di contraddirlo, e, se aveva imparato a conoscerlo un po', sapeva che si sarebbe invece circondato solo di persone pronte ad obbedire senza fare troppe domande. Immaginava che tipo di leader sarebbe potuto essere anche avendolo conosciuto solo come gregario, o forse proprio grazie a questo. Cosa a spettarsi di diverso da qualcuno che porta il nome di Orgoglio?
Lena si sedette infine su una panca accostata alla parete, tirò su le ginocchia al petto e vi appoggiò sopra il mento continuando a guardarsi intorno, non trascorse molto tempo prima di accorgersi di essersi addormentata. I sogni non erano più in grado di ingannarla, in questi infatti aveva ancora entrambe le mani.
Si guardò attorno curiosa, si trovava ancora nella stanza in cui si era assopita ma gli affreschi erano cambiati e la luce era diversa, la luna rischiarava la sala non più il pallido sole autunnale. Le capitava spesso ultimamente di perdersi nei sogni tra antiche memorie, Morrigan le aveva spiegato irritata che il Pozzo doveva aver avuto effetto sulla sua mente in modi imperscrutabili e aveva aggiunto la consueta sequela di insulti nei confronti del suo intelletto limitato. Nonostante il giudizio della strega, l'intelletto limitato le permise comunque di comprendere facilmente dove si trovasse. Non si trovava a Skyhold bensì a Tarasyl'an Te'las, non era più a casa, era arrivata nella tana del Lupo.
Quando si trovava in questi sogni così lucidi la forma di lupo la faceva sentire più a suo agio, avere quattro zampe era meno doloroso che avere indietro la sua mano per qualche momento sempre troppo fugace. In questo sogno in particolare la forma del lupo le sembrò particolarmente coerente, barattò quindi il corpo dell'elfa con quello agile della bestia e uscì dalla rotonda in direzione della sala centrale con passo felpato. Tutto era silenzioso proprio come lo aveva lasciato nel mondo della veglia. La fortezza sembrava altrettanto solitaria sebbene meno antica. Il silenzio era talmente assoluto da permetterle di udire gli artigli ticchettare debolmente sul pavimento di pietra. La sala centrale era a soqquadro sembrava si fosse appena consumata una terribile battaglia, era ingombra di numerosi cadaveri e imbrattata di tanto sangue da dare a Lena il voltastomaco, l'odore di sangue era tanto intenso da soffocarla. Si fece strada verso il cortile alla ricerca di aria fresca e una volta fuori assistette alla fine.
Nel centro del cortile c'era lui, teneva in alto la sua sfera ed era avvolto dalla luce di quello che lei riconosceva come uno squarcio ma che probabilmente era nient'altro che il velo. Il mondo si divideva in quel momento, in quel posto davanti ai suoi occhi. Grida a migliaia le riempirono le orecchie tanto che che si costrinse a tornare umana nella speranza di affievolire i propri sensi, ma non sembrò funzionare.
Si prese la testa tra le mani cercando di tapparsi le orecchie e di affievolire il rumore che rimase però assordante. Fu un momento lunghissimo, poi una luce l'accecò e quando riuscì ad aprire gli occhi di nuovo tutto taceva, solo un sibilo persistente risuonava nelle sue orecchie come a seguito di un'esplosione. Si fece strada stordita verso il cortile scendendo a fatica le scale. Nel posto che lei conosceva come arena di addestramento vi era ora un alone scuro circolare come la terra bruciata da una palla di fuoco, ma non vi era traccia di fuoco solo uno strano residuo magico che rendeva l'aria fosca. Lena continuava a camminare addentrandosi nel fitto cumulo di polvere e pulviscolo magico stentando sempre di più a vedere, infine riconobbe una sagoma e seppe all'istante di cosa si trattava. Lui era lì, la sua sfera poco distante da lui emanava un fioco bagliore e sembrava stesse rinchiudendosi da sola in una sorta di barriera magica. Lena si avvicinò al corpo senza vita. Vestiva la stessa armatura scintillante che gli aveva visto al di là dell'eluvian, la stessa pelliccia di lupo, la stessa maestosità, solo il suo volto era diverso, non vi era vita ma neanche dolore. Era bello e perfetto come una statua, Lena si sedette accanto al corpo prese a delineare con un dito il bel volto, come poco prima aveva fatto con le linee dell'affresco. Ad un tratto le sovvenne l'idea che rimanere lì significava correre un grave rischio. Quello era Fen'Harel, aveva appena compiuto un grande sacrificio, le sue sentinelle sarebbero giunte a breve a difendere il corpo del loro padrone. Ma non si mosse, rimase immobile a studiare quel volto cercando di comprendere a fondo la situazione. Trascorsero lunghi minuti, forse anche di più e Lena continuava a sentire solo il silenzio e il ronzio nella sua testa che le stava scatenando una terribile emicrania. Era innegabile, in quel posto non vi era più nessuno vivo. Il cuore le si strinse e ripensò al demone della paura affrontato molti anni addietro nell'oblio. Quell'essere abietto aveva individuato la paura di morire da solo come la più grande paura di quell'elfo immortale che ora giaceva incosciente davanti a lei. Questa era quindi la materializzazione della sua paura? Aveva creato da solo e per se stesso il mondo più spaventoso possibile. Lena all'improvviso credette di capire, non era ostinato o presuntuoso era terrorizzato e le persone fanno cose folli quando sono spaventate. E lei avrebbe dovuto dare la caccia ad una belva terrorizzata, esiste forse qualcosa di più pericoloso? Lena seppe tutto all'improvviso, guardando al passato seppe leggere nel proprio futuro. I loro sentieri erano collegati indistricabilmente e questo poteva significare solo una condanna per entrambi. La sua paura era morire da solo, quella di Lena era quella di vivere da sola, entrambi avevano forgiato il proprio destino in modo da veder realizzate le paure più profonde. Lena avrebbe vissuto una vita precaria continuamente in bilico, senza radici e senza legami, avrebbe visto la fine nel successo della sua missione o nel suo fallimento. Avrebbe potuto distruggere la sua preda e perdere in questo modo l'ultimo pezzetto della sua umanità trasformandosi in colui al quale dava la caccia, o lasciarlo vincere e guardare morire tutti quelli che amava. Lui di contro amava solo lei in questo mondo, il suo successo o la sua sconfitta lo avrebbero ugualmente condannato a morire da solo. Erano entrambi destinati a divenire ciò che la sua gente a ragione temeva: Is ghi'mya sasha. Colui che caccia da solo.
Un sospiro lasciò la bocca dell'elfo, Lena si riscosse e ricordò che quel sogno era il territorio del vero Solas, non di quello addormentato davanti a lei, doveva allontanarsi, doveva risvegliarsi e prepararsi ad affrontare la caccia.

 

   
 
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