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Autore: lagertha95    07/11/2017    3 recensioni
Avete presente quelle persone entrate nella vostra vita per caso e che poi, sempre per caso, ne sono uscite, lasciando però dietro di sé un'impronta indelebile?
Se le avete presenti, sapete di cosa sto parlando. Se non le avete, beh spero di riuscire a farvi capire.
Mi chiamo Dalia e questa è la storia di come ho trovato, perso e ritrovato il mio vero amore.
Questa storia è qualcosa che è uscito da un pomeriggio piovoso a base di tè, biscotti al burro e ricordi. La dedico alla me stessa che sarei stata se le scelte fatte fossero state diverse.
Sarà una storia in 3 atti, di lunghezza variabile, che narreranno tre diversi periodi.
Spero che vi piaccia. Fatemi sapere che ne pensate :)
Baci, Lagherta :*
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Salve a tutti/e! 
Sono Lagherta e questa è un'originale frutto di un vaggio nella memoria. Volendo potrebbe essere un What if? della mia vita, ma lasciamo perdere questo aspetto della storia.
Leggete e fatemi sapere, se vi va, che cosa ne pensate. 
Come ho detto, saranno tre atti.
Spero che vi piaccia!
Baci, Lagherta :*

 


Atto Primo
Come tutto è iniziato


 

Avevo 11 anni quando ho incontrato Rafael. Era il primo giorno di scuola e io ero arrivata per prima, sedendomi in un banco vicino alla finestra, in seconda fila. Rafael era arrivato per ultimo e il posto accanto a me era rimasto l'unico libero. Io non avevo amici, in quella classe, e lui neanche: eravamo soli e come tali ci siamo riconosciuti.

All'inizio erano solo poche parole scambiate sottovoce durante le lezioni. Poi erano diventati bigliettini passati sottobanco e scambi di merende, sorrisi complici e parole sussurrate all'orecchio.

Alla fine del primo anno delle medie eravamo diventati migliori amici, inseparabili. Ci prendevano in giro, perché eravamo un maschio e una femmina, dicevano che eravamo fidanzati, ma noi non davamo peso a quelle voci. Nessuno poteva capire quello che c'era tra noi e sinceramente non ci interessava quel che dicevano. Passammo l'estate lontani, ma ci sentivamo ogni giorno.

A settembre a me erano spuntate le tette e le mie forme si erano ammorbidite: dall'essere alta e magra e con i capelli corti ero diventata una ragazzina alta, con fianchi dolci e seno pronunciato. Anche i tratti del viso si erano ammorbiditi.
Rafael aveva guadagnato una ventina di centimetri in altezza e se fino a giugno in altezza lo superavo, a fine estate mi trovavo una decina di centimetri più in basso.
Il cambiamento fisico, almeno inizialmente, non aveva rappresentato un problema, ma evidentemente agli occhi degli altri era stato lampante che qualcosa era mutato.
Io non avevo visto come era cambiato il modo in cui Rafael mi guardava, ma mi ero resa conto che la sua vicinanza, che prima non mi aveva mai turbato, mi dava delle strane sensazioni: stomaco in subbuglio, calore, battito accelerato.
Avevamo ignorato tutto, l'uno di nascosto all'altra, fingendo che ogni cosa fosse rimasta come prima.

A gennaio, per il mio compleanno, Rafael mi aveva regalato una collanina: era d'argento e molto semplice. Aveva un ciondolo a sole che si spezzava nel mezzo. Io lo avevo spezzato e ne avevo dato metà a lui, che da una tasca del giubbotto aveva tirato fuori un laccio in caucciù a cui lo aveva appeso e che poi si era legato al polso sinistro.
Avevo compiuto 13 anni e non avevo idea di cosa significasse quella felicità assurda che sentivo nel cuore.

Per il suo compleanno, ad aprile, avevamo festeggiato in un ristorante vicino al mare. Come ogni compagnia di ragazzini adolescenti avevamo giocato al gioco della bottiglia. Quando Rafael aveva baciato a stampo Bianca, una nostra compagna di classe, io avevo sentito una stretta allo stomaco e una fitta vicina al cuore. Mi ero alzata, spezzando il cerchio e dicendo che dovevo andare in bagno mi ero rifugiata in riva al mare, sedendomi sulla spiaggia umida e osservando le onde.
Rafael mi aveva raggiunto, camminando in silenzio, dopo pochi minuti. Si era seduto di fianco a me e mi aveva abbracciato. Non erano servite parole.
Io mi ero lasciata stringere dalle sue braccia, inspirando il suo odore. Eravamo rimasti lì, abbracciati e in silenzio, finché la luna non era sorta e ci aveva inondati con la sua luce. In quel momento, Rafael aveva sciolto l'abbraccio, mi aveva fatto voltare verso di sé e aveva posato le sue labbra sulle mie.
Era stato il nostro primo bacio.

Ci eravamo messi insieme dopo quel primo bacio e ne erano seguiti molti altri, accompagnati da carezze e sfioramenti. Nulla di che, erano solo i primi approcci di due ragazzini all'alba dell'adolescenza, pieni di curiosità e privi di malizia.
Non eravamo durati molto, però. Dopo qualche mese avevamo litigato per colpa di un nostro amico e ci eravamo lasciati. Io avevo pianto per settimane e non ci eravamo rivolti parola per un mese intero, finché l'affetto che provavamo l'uno per l'altra era risultato più forte di un litigio e di una relazione finita male. Eravamo tornati amici e ci eravamo accontentati di quello.

Lui aveva incontrato una ragazza e io un ragazzo, ma le relazioni a 14 anni hanno la durata di una stella cadente in una notte d'estate e dopo pochi mesi entrambi ci eravamo lasciati. Avevamo avuto altre relazioni, più o meno durature, ma non funzionavano mai.

A 17 anni parlando avevamo capito di non aver provato, con gli altri, quell'elettricità che invece c'era stata tra noi due. Avevamo deciso di riprovarci, di tentare di nuovo di fare coppia.
Avevamo deciso di tastare il terreno, di non dire nulla a nessuno, di uscire un po' senza impegno per vedere come andava e poi decidere che fare.

Niente da fare. Funzionavamo meglio come amici. In un periodo io ero più propensa a instaurare una relazione, in un periodo non lo ero, volevo la mia libertà, volevo fare le mie esperienze. Ne parlammo e lui accettò di cessare quell'esperimento. Ci lasciammo e tornammo ad essere amici.
Non riuscivamo ad evitare di stare insieme, però. Io sentivo il bisogno quasi malato di averne l'odore addosso, di sentirne il sapore sulle labbra, di essere stretta dalle sue braccia. Non eravamo fidanzati, ma ci comportavamo come tali, con gelosie e litigi compresi.
E poi c'era la componente psicologica: separarmi da lui era come perdere un pezzo di me.

Ad un certo punto, però, arrivò Letizia. Una ragazzina più piccola di noi di qualche anno, bassina e rotondetta, che stravedeva per Rafael e che lo venerava. Non era brutta, anzi. Aveva degli splendidi occhi verdi e un sorriso solare ed era anche simpatica. Rafael cominciò a frequentarla e io vedevo che era felice. Mi feci da parte, anche perché lei mi vedeva come un pericolo per la sua neonata relazione e non voleva che Rafael avesse qualche tipo di rapporto con me.

Io mi ero fatta da parte, non senza soffrire, ma avevo detto chiaramente a Rafael che per lui ci sarei stata sempre, anche a costo di aspettare anni.

Era stato il nostro ultimo contatto: un caffè, un abbraccio e un “Mi mancherai” sussurrato contemporaneamente.

   
 
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